“La Val di Susa? All’altezza della mitologia e dei racconti ed è un punto di riferimento politico per la dignità che ha saputo esprimere e che ha espresso”. E’ questa la prima impressione di Zerocalcare, da qualche giorno a Bussoleno per la presentazione del suo ultimo libro “Dimentica il mio nome” e il reportage da Kobane uscito venerdì scorso su L’Internazionale.
Venerdì il Palanotav a Bussoleno era strapieno, come nelle grandi occasioni, per Zerocalcare, alias Michele Rech. L’evento, con aperitivo benefit per le spese legali, è stato organizzato da un collettivo dei Giovani No Tav. Tantissime le persone presenti, che hanno fatto la fila per un disegno del fumettista romano, famoso anche per le lunghissime sessioni di disegni e dediche per i suoi fan.
“E’ la prima volta che vengo in Valle. Mi è sembrata di conoscerla già, dopo tutti i racconti sentiti dagli amici e i tanti resoconti letti. E’ un posto bellissimo, soprattutto per me che sono cittadino. Quel cantiere, insieme all’autostrada, è un vero e proprio sfregio alla natura”.
Quello in Clarea è stato un giro nel cuore e nella lotta che a Chiomonte va avanti dal 2011: “ho visto i luoghi della resistenza e degli scontri del 27 giugno e del 3 luglio. Ma anche tutta la parte più storica come la zona archeologica, i massi e le grotte, il traliccio dove è caduto Luca”.
La gita si è conclusa con un brindisi e con la consegna della tessera dell’NPA, Nucleo Pintoni Attivi, nonostante Zerocalcare sia rigorosamente astemio.
Questa è sì la prima gita in Valsusa, ma è come se fosse stata sempre parte della sua formazione politica, come lui stesso racconta: “in effetti la lotta No Tav è stato uno dei primi motivi per cui mi sono avvicinato alla politica. Era il 1998 ed ero a un concerto dei Chumbawamba, punk band anarchica inglese. Il gruppo era in formazione ridotta e la cantante non poteva esibirsi perché aveva la mascella spaccata dalla polizia italiana. Era morto Baleno e c’era stata una manifestazione a Torino, in cui la polizia aveva caricato e ne avevano fatto le spese anche loro. Fecero salire dei compagni per spiegare gli avvenimenti e la ragione della protesta. Fu un fatto che mi colpì tantissimo”
A quando una storia sul movimento? “E’ da un po’ che vorrei scrivere qualcosa sui No Tav, ma non è così semplice. All’interno del movimento ci sono molteplici sensibilità, non solo quelle dei miei compagni. Sensibilità che vorrei quindi cercare di rappresentare. Voglio fare qualcosa di più ampio, un racconto collettivo”
Non solo Valsusa in questo weekend, ma anche l’esperienza di Kobane, raccontata sulle pagine dell’Internazionale. A metà settembre Zerocalcare è andato a Mesher, a due passi dalla città di Kobane, nel nord della Siria, insieme alla staffetta romana che ha portato sul posto aiuti materiali, come cibo e medicine, occupandosi tanto dell'assemblaggio dei pacchi che della loro distribuzione nei diversi campi profughi.
L’altro importante compito della carovana è stato quello di fare contro informazione, o meglio, cercare di raccontare in Italia quello che succede in quell’angolo di mondo, spesso dimenticato dai mezzi di informazione mainstream.
Da qui anche l’idea del reportage, proposto poi a Internazionale. “Ho raccontato quello che ho visto, non solo la loro lotta di resistenza ma l’esperienza della Rojava, un modello di società davvero interessante che ho cercato di restituire. Soprattutto perché in Italia abbiamo visioni parziali e spesso folkloristiche di quel luogo”.
Come il primo impatto con un combattente di ritorno dal fronte: “abbiamo spesso il mito dei miliziani e quindi mi aspettavo dei Rambo. In realtà sono persone comuni che stanno lottando per la loro sopravvivenza. Loro non hanno un immaginario di violenza, non vedi bambini con il mitra inmano, non c’è questo tipo di culto. Sono persone che non ti aspetti, facce sorridenti”. Particolare attenzione viene dedicata anche alla descrizione del modello Rojava, nel quale la donna ha saputo emanciparsi, trovare uno spazio sociale fulcro all’interno dei villaggi.
Come il primo impatto con un combattente di ritorno dal fronte: “abbiamo spesso il mito dei miliziani e quindi mi aspettavo dei Rambo. In realtà sono persone comuni che stanno lottando per la loro sopravvivenza. Loro non hanno un immaginario di violenza, non vedi bambini con il mitra inmano, non c’è questo tipo di culto. Sono persone che non ti aspetti, facce sorridenti”. Particolare attenzione viene dedicata anche alla descrizione del modello Rojava, nel quale la donna ha saputo emanciparsi, trovare uno spazio sociale fulcro all’interno dei villaggi.
“Ho vissuto emozioni forti - continua il fumettista romano, orgogliosamente di Rebibbia e che fa fatica ad abbandonare il suo quartiere per più di due giorni, ma - a Kobane mi sono sentito al centro del mondo”.
Luana Garofalo
(nella prima fotografia il lupo No Tav disegnato in Clarea per il Komitato Giovani No Tav)
Nessun commento:
Posta un commento
Il commento ai post del blog di Sistema Torino è libero e non richiede registrazione. E' comunque gradita la firma. Commenti ritenuti inopportuni oppure offensivi verranno rimossi dagli amministratori