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martedì 16 novembre 2021

TORINO HA SEMPRE LO STESSO SINDACO: IL DEBITO PUBBLICO

 Sistema Torino nacque anni fa mettendo nel suo primo simbolo un claim tanto semplice quanto di rottura: “rinegoziare il debito comunale”, esploso con le Olimpiadi invernali 2006 che segnarono un punto di non ritorno per la nostra città. Decretarono la fine della one company town di mamma FIAT e l’inizio del luccicante punto d’approdo turistico che avrebbero reso i piemontesi più simpatici e attrattivi: la capitale sabauda si è trasformata in una location per grandi eventi e manifestazioni sportive e culturali che avrebbero dovuto cambiare il mondo del lavoro e la costruzione del PIL nostrano. Chi segue le vicende cittadine, magari tramite il nostro blog, sa che qualcosa, per usare un eufemismo, è andato storto: vizi e virtù sono rimasti pressoché invariati, con una Torino che naviga nelle acque delle Città Metropolitane del Sud per indicatori economico-sociali e vanta i poco invidiabili primati per numero di sfratti (rispetto a decine di migliaia di alloggi vuoti), per disoccupazione giovanile e, giusto per completare il quadro, di città più inquinata d’Europa (che sembrerebbe centrare poco, a meno che non si pensi all’assenza di risorse da destinare alla mobilità pubblica).

E manca l’ultimo e più importante record torinese: l’abnorme debito comunale (anche qui primeggiamo nelle classifiche europee) che impedisce manovre incisive al Sindaco e alla sua Giunta, qualsiasi sia il suo colore.

Per questo motivo, il portale Volerelaluna.it pubblica un prezioso approfondimento sui numeri del debito (che riassumeremo nelle prossime righe) chiedendosi nell’incipit, a proposito della Giunta Lo Russo appena insediata: ci sono le risorse per realizzare i buoni propositi?

Partiamo dal numero più inquietante: Torino ha 3,9 miliardi di debito, ovvero 5 mila euro circa a cittadino. Alla fine del mandato Chiamparino (maggio 2011) era di 3 miliardi e 454 milioni: a dieci anni di distanza il debito vero è aumentato di 533 milioni, nonostante la Città abbia pagato oltre un miliardo di interessi sui mutui e restituito capitali per una somma di poco superiore. Una plastica rappresentazione numerica del perché vengano usate definizioni come “cappio” o “circolo vizioso” come sinonimo di “debito”: è un capitale che non restituiremo mai, è una tassa sul fallimento del sogno olimpico che dovremo pagare per sempre e che lasceremo in eredità ai nostri figli. 

Inutile dire che questo limita la capacità di manovra di una Giunta: prendendo come riferimento l’anno 2019, è rimasto a disposizione per manovre discrezionali, in una versione molto ottimistica, il 4% della spesa corrente dell’anno, vale a dire poco più di una quarantina di milioni. Per gli investimenti la capacità di nuovo indebitamento non supera i 30-40 milioni annui, ovvero briciole. Alla voce “Alloggi sociali e rimborso morosità ATC” era stato destinato per esempio un misero 2% del totale, a proposito di quei record negativi inclusi nel cappio. 

L’ulteriore paradosso è l’ottica perversa con la quale la questione conquista le prime pagine dei giornali: chi l’ha creato? Chi invece lo riduce virtuosamente o è abile a raggiungere il pareggio di bilancio?Ripensate alla marea di post social di Sindaci esultanti per avere ridotto il disavanzo pubblico, senza però chiedersi a che prezzo.

Sono domande capziose, perché la vera domanda è: chi paga il conto di una Amministrazione zoppa? Chi sono i cittadini di Serie B che subiscono le limitazioni economico-finanziarie? Questa è la vera rivoluzione che una nuova Giunta dovrebbe mettere in atto, pensando laterale rispetto ai princìpi neo-liberali che pongono l’equilibrio di bilancio come fine, e non come mezzo per migliorare la qualità della vita dei torinesi.

Non sembra essere l “era Lo Russo” quella che cambierà le carte in tavola, dato che al momento il Sindaco si è semplicemente messo in coda insieme ai suoi omologhi per ottenere una percentuale più ampia possibile dei (tanti) miliardi di euro che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) metterà a disposizione degli enti locali, “che sono la parte che più ha sofferto del blocco della spesa e del ricambio di personale di questi anni”, secondo il settimanale “L’Essenziale”. A proposito dei lavoratori impiegati nell’ente, “il patto di stabilità interno ha avuto come obiettivo primario la riduzione della spesa per il personale: si è così passati dall’ingresso di un nuovo lavoratore ogni due che andavano in pensione al rapporto 1 a 5, fino al blocco del turnover” (Marco Bersani, Jacobin Italia, “Le città ingovernabili”). Non a caso la prima polemica tra il neo-Sindaco e la vecchia maggioranza pentastellata ha riguardato la “scoperta” di Lo Russo che al Comune mancano 5 mila dipendenti. Per tradurre i numeri nella vita quotidiana, pensateci quando dovrete attendere sei mesi per un appuntamento all’Anagrafe per rinnovare la carta d’identità, o se vi trovate a pregare per un impiego pubblico per il vostro giovane figlio disoccupato.

Sempre citando le stesse fonti, “i fondi del PNNR destinati agli enti locali toccheranno una cifra compresa tra i 50 ei 70 miliardi di euro (..) si tratta di un incremento del 26% della spesa media rispetto al 2017”.

Sostenibilità, infrastrutture, riduzione dei divari territoriali sono alcuni titoli del piano e, per farla semplice, a caval donato non si guarda in bocca: quale effetto reale avranno però sulle fasce marginali delle città, e quante risorse libereranno per le politiche sociali di assistenza agli ultimi? Non vediamo capitoli di spesa rivolti al diritto alla casa, a un reddito cittadino per chi è nullatenente, o di sostegno alla formazione e istruzione per chi non ha gli strumenti per competere sul mercato del lavoro.

Campagna ATTAC ITALIA
Sarebbe inoltre interessante sapere quanto di questa pioggia di soldi, tornando a Torino, verrà indirettamente eroso dal pagamento dei diversi mutui accesi dalla Città: ciò rende ancora più evidente qual è il circolo vizioso in cui siamo inseriti e quale l’unico modo per garantire ai governanti locali, chiunque venga democraticamente scelto, di mettere in pratica il proprio modello di sviluppo economico e sociale.

Ci vogliono un taglio e una rinegoziazione reale, un po’ come il CANCELLA IL DEBITO rivolto ai Paesi poveri a inizio millennio, che contrastino “le politiche di austerità imposte dalla teologia della stabilità finanziaria e della trappola del debito” (sempre M.Bersani). Un approccio ben diverso da quanto fatto dalle ultime tre Amministrazioni, che hanno rinegoziato mutui ad alti tassi fuori mercato, più bassi di pochi decimali rispetto ai precedenti, prolungando la durata dei mutui al massimo possibile, rinviando agli ultimi anni la restituzione delle quote capitale, ottenendo un risparmio breve e apparente per tamponare la spesa corrente e un aumento del debito a lunga scadenza.

Rompere le catene del debito è l’unica azione politica che renderebbe davvero libere le nostre città, una azione collettiva che potrebbe anch’essa avere un respiro europeo: un new normal che ci permetterebbe di dire che abbiamo usato gli insegnamenti ricevuti dalla pandemia per uscirne veramente migliori. 



NOTA FINALE: Si ringraziano col cuore e con infinita stima intellettuale gli autori e le testate che abbiamo ampiamente utilizzato per redigere questo approfondimento. 

Sembra proprio il caso di dire “Vi siamo debitori”.



mercoledì 14 marzo 2018

OLIMPIADI BIS: INTERVISTA ALL' AVVOCATO STEFANO BERTONE

Vi ricordate la nostra intervista di due anni fa all' Avvocato Stefano Bertone, autore del libro "Il libro nero delle olimpiadi di Torino 2006"? Bene, di fronte al nuovo entusiasmo olimpico che ha abbracciato tutto l'arco costituzionale cittadino (esclusi alcuni dissidenti pentastellati che non si sono dimenticati le loro origini critiche nei confronti di Grandi Eventi e debiti a cinque cerchi) abbiamo deciso di tornare da lui (ringraziandolo infinitamente per la disponibilità) per "rinnovare" le domande relative a una eventuale candidatura per le Olimpiadi invernali 2026.
Buona gustosa lettura!

1) Incredibile ma vero, Torino ripresenta oggi la candidatura olimpica della città mentre si lecca ancora le ferite per le conseguenze, in termini di debito e di devastazione ambientale, dei Giochi invernali 2006. Stefano Bertone, ti abbiamo intervistato due anni fa, quando Torino si preparava a ricordare il decennale di quel mega evento. Cosa ne pensi di questa inaspettata proposta?

Il presidente del CIO che assegnò le olimpiadi a Torino era Samaranch, il secondo dopo la signora vestita di bianco. Per i non vedenti: fanno tutti il saluto romano.
Non mi stupisce che vi sia gente che si prefigura già nomine, appalti, subappalti e il proprio futuro a posto per i prossimi 40 anni. Credo che, in questo momento, ci siano diverse aspettative. Ci sono sicuramente ideatori mossi da un grande ottimismo. Poi, una piccola fetta di persone che ha ben chiara la questione: avvantaggiarsi, o economicamente o per acquisire peso sociale, in prima persona. Questa è, inoltre, una proposta che potrebbe risvegliare l’appetito delle famiglie ‘ndraghetiste radicate in Piemonte da quasi 50 anni: miliardi di euro pubblici sono pronti a frusciare in mille rivoli. C’è, infine, una grande maggioranza, ignara oggi come 20 anni fa, delle informazioni fondamentali necessarie per poter esprimere una libera e ponderata scelta. In assenza di questo tassello basilare, se intervisti i torinesi, ti diranno in larga parte che, a proposito del 2006, avevano percepito un evento ottimo e non saprebbero indicarti effetti collaterali; ti direbbero dunque perché non bissare? Fin qui, tutto nella norma. Quello che cambia rispetto a venti anni fa sono i Cinque stelle, che però stanno rapidamente prendendo una piega governativa, un atteggiamento molto ordinario.

2) Molti membri della attuale Giunta e della maggioranza consiliare, compresa la sindaca Appendino, quando erano all’opposizione si espressero in modo contrario all’organizzazione di questi grandi eventi: oggi invece, aldilà delle speculazioni giornalistiche, sembrano ondeggiare e tendere verso il Sì. Che cosa sta succedendo secondo te?

Staranno probabilmente dicendo “bene, dimostriamo cosa siamo capaci di fare”. Ripeto quello che ti dissi nell’intervista di due anni fa: sono vittime anche loro di una propaganda fenomenale che ha protetto Torino 2006 per venti anni dipingendola per quello che non è stata. Questo è il punto centrale. Il popolo di tutte le condizioni sociali e reddituali, e quindi anche loro, è rimasto all’oscuro dei veri costi, dei debiti assunti, delle morti sul lavoro, dei disboscamenti, delle compromissioni con produttori di armi, dei conflitti di interesse, delle garanzie non rispettate, dell’identità del CIO e del contratto capestro che impone a tutte le città candidate.

3) Però in termine di pubblico e di immagine massmediatica l’Olimpiade ha funzionato.

Il risultato televisivo di Torino 2006 fu così inferiore alle attese che Nbc si ritrovò con clienti, che avevano acquistato spazi pubblicitari, largamente insoddisfatti, tanto che il network pensò di offrire spazi gratuiti in futuro. Questo l'avete mai letto da qualche parte? I turisti stranieri, rispetto a quel che si è detto negli anni successivi, sono rimasti stabili. Il numero dei biglietti venduti fu mediocre, largamente inferiore alle previsioni. Gli accessi alle piazze e agli stadi furono pesantemente limitati da ordinanze di polizia e autentiche barriere. E tra i divieti per il pubblico ricordo quello di indossare negli stadi indumenti con loghi di produttori diversi dagli sponsor olimpici, oltre al divieto di portarsi panini da casa. Si tratta di condizioni contrattuali imposte cui gli organizzatori diedero il loro assenso già sette anni prima dell’evento. Mi fermo qui con la lista. I due maggiori editori presenti a Torino tacquero, magnificarono, invece, ogni fase del pre e del durante. Sia il proprietario di Repubblica che quello della Stampa hanno avuto interessi immobiliari legati a Torino 2006. RAI 3 regionale fu uno strazio, il che fu peggio essendo in mano pubblica. Come puoi pretendere che l’ambiente cittadino oggi non sia influenzato da questo silenzio che ha lasciato trasparire solo luci? La propaganda dei promotori ha perpetrato una lobotomia collettiva. Questo spiega lo stato di ignoranza, ma non lo giustifica. Quando hai assunto un potere esecutivo locale, e siedi in consiglio comunale, o regionale, hai il dovere di informarti. Qualcuno di loro, leggo, lo sta facendo. Ottimo. Le possibilità, per tutti, oggi sono moltissime, molte di più di venti anni fa. Abbiamo scritto un libro, tenuto aperto un sito internet per quindici anni, di tanto in tanto lo riattiviamo quando escono notizie di questo genere. In rete circola materiale scientifico più che sufficiente per capire che bisogna tenersi al largo.

4) Secondo te come mai a Torino il Movimento 5 Stelle sembra tergiversare, mentre a Roma la Raggi e il suo entourage si espressero in modo contrario da subito?

Vedo un po' di ragioni diverse. Credo che gli M5S romani abbiano fatto un lavoro di studio serio, documentale, e quelli torinesi, quantomeno molti di loro giudicando dai risultati di queste ore, no. Le frasi di Raggi in conferenza stampa sul perché non si dava Roma in pasto al business delle Olimpiadi sono state nette, sfrontate, profondamente giuste, un autentico boato. A Torino sembra di avere a che fare con un’entità distinta, nonostante Torino 2006 sia costata al contribuente più di Atene, Atlanta, Salt Lake City. Adesso c’è anche l’apertura di Grillo che avrebbe dichiarato che sia possibile farle “sostenibili e a costo zero”. Se ha proprio dichiarato così, o è ignorante oppure sta tradendo quella sua parte sana che ha determinato il successo del M5S. Anni fa i cavalli di battaglia del comico erano le tematiche ambientali, il risparmio di denaro pubblico; Grillo ridicolizzava le bugie dei burattinai che, invece, oggi avvalla. L’antitesi di se stesso. In più, fa davvero specie che l’attenzione sia soprattutto sul contenimento dei costi.
E il modello che propongono le Olimpiadi? Gli eventi culturali sponsorizzati da Finmeccanica produttore di armi? Gli sponsor olimpici che entrano nelle scuole pubbliche come pacchetto educativo? Il retaggio nazista della torcia olimpica che prosegue ancora oggi come simbolo di pace? Ma lo sanno chi è stato, e chi è il CIO? L’approccio di Grillo è ancora più grave perché proviene da una persona che negli anni passati aveva espresso idee nette e capacità critica. D’altronde, questa giunta comunale ha accettato e fatto partire la sperimentazione 5G con TIM e in nessuno dei documenti ufficiali che ho visto si cita la questione, estremamente seria, degli effetti sulla salute collettiva dell’inquinamento elettromagnetico. Mentre la riduzione, oltreché essere doverosa sotto molti punti di vista, è anche parte del loro programma! Forse M5S ha dentro un po' di tutto, così trovi chi vuole ipertecnologie moderne, ma anche chi ne combatte i riflessi su salute e ambiente. Ho come l’impressione che nel medio termine si arrivi alla progressiva scomparsa della linea ecologista.

5) Per quello che avete potuto studiare voi, ci sono garanzie che le promesse e gli impegni presi in fase di candidatura siano poi rispettate nella fase di realizzazione, e non ci si ritrovi con strane sorprese? Cosa puoi dire del caso precedente?

Dovresti intervistare Chiamparino, o se vuoi Castellani, Mercedes Bresso, Enzo Ghigo, Saitta, o più in generale tutti quelli che hanno messo le loro firme a favore di Torino 2006. Credo che saresti capace di metterli in enorme difficoltà. In fase di candidatura in documenti ufficiali trovavi scritto, in corrispondenza di molti dei progetti degli impianti: “l’unicità della struttura ne garantisce il riutilizzo futuro”.
Documenti realizzati da un’associazione costituita da enti pubblici e finanziata con soldi pubblici. Hai visto come è andata, sia in città che in montagna. Lo sapevano bene. Dopo, hanno fatto gli equilibristi. Pragelato, fine degli anni ’90. Intervengo in un’assemblea pubblica e chiedo a Castellani, che da un’ora ripeteva “se saremo bravi… se saremo bravi…”: e se invece non sarete bravi, che ne sarà dello stadio del trampolino, chi lo pagherà? E lui, candido.
"Se non saremo bravi, lo vedremo alla fine."
Non disse “pagheremo noi amministratori, di tasca nostra, perché saremo stati incapaci”.
Non disse “visto che non siamo sicuri che saremo bravi, allora questo obbrobrio non lo costruiamo”. Disse vedremo poi.

E proseguirono dritto. Oggi che siamo alla fine, possiamo dire che Castellani e il Toroc non sono stati bravi. Però li senti ancora dire di guardare altrove, dire che non è colpa dei comuni della valle se gli impianti sono abbandonati. Non ci pensano nemmeno a riconoscere una loro grande incapacità. C’è un’intervista a Chiamparino intorno a fine gennaio 2006, L’Espresso gli dice “In ogni Olimpiade, con la costruzione di nuovi impianti, si rischia di creare cattedrali nel deserto...”, e lui: "Il villaggio olimpico sarà adibito in parte a edilizia pubblica, in parte a centro servizi. Il nuovo Palasport avrà una funzione polivalente, ma, insieme con l'Oval, ospiterà soprattutto convegni ed esposizioni".  E di tutti gli altri impianti – trampolino, bob, biathlon, freestyle, per centinaia di milioni di euro? Non parla. Nessuno gli chiede, e lui glissa. La morale è che nessuno li ha mai veramente messi in difficoltà tra quelli che avrebbero potuto causare reazioni pubbliche, ad esempio in quel caso l’Espresso non gli ha chiesto conto delle altre innumerevoli opere con destino segnato, e se questo non fosse ampiamente previsto. Nessuno ha mai preteso che giustificassero un tale collasso rispetto alle premesse. Hanno fatto un debito di un quarto di miliardo di euro,  a favore di un ente privato come Toroc, ma affermano di esserne usciti con solo 11 milioni di disavanzo. Come è possibile? Nessuno chiede loro del marchingegno finanziario creato per far accollare la maggior parte del debito ad altri soggetti, e farli uscire quasi puliti nei loro conti. Castellani oggi riesce anche a dire che Toroc ha restituito dei soldi alla città. Ma che bravi. È anche per questo che puoi trovarli in posizioni di potere, presidenza della Regione, direzione del Museo Egizio, circondati da un’aura di fascino.
Hanno dominato la scena politica, amministrativa e mediatica, senza avversari.

6) Si parla di Olimpiadi lowcost, una parola che sembra tornare di moda per far digerire il debito futuro. Low cost come la Torino Lione. Ti sembra una proposta credibile?

Naturalmente no e questo rende ancora più ridicola l’apertura di Grillo. Ti darò una risposta un po' lunga. Innanzitutto potrà sembrare banale, ma conta molto la moneta, è un po' una mia fissazione. L’unità anziché le decine di migliaia: 1 miliardo, 2 miliardi. Quanto è più forte dire 2.000 milioni, 4.000 milioni? Molto. È la stessa genialità secolare che trovi a ogni trattativa nei suk dei paesi nordafricani ed è la stessa che trovi anche nel caso del progetto Tav. Prima idea: costerà – diciamo – 20 miliardi di euro. E tutti “Ohhh ma è tantissimo”. Valore àncora, con l’accento sulla prima a. Qualche anno e qualche manganellata dopo, i proponenti ti dicono, ok, ci abbiamo ripensato, nuova versione low cost, costerà solo 8 miliardi. E tutti “Wow, grande risparmio!”. Quell’otto miliardi, cioè sedicimila miliardi di lire, diventa piccolissimo, quasi trascurabile, perché tu – è provato da una scienza comportamentale - con la testa continui a rimanere al valore àncora, e vedi quanto hai risparmiato sui 20 miliardi (12 miliardi), non quanto costano 8 miliardi di euro. A proposito, ti consiglio uno splendido libro che si chiama Priceless, The hidden psychology of value, di W. Poundstone (Oneworld, 2010), si raccontano tanti esperimenti compiuti da diversi team di studiosi per dimostrare la totale insensatezza e irrazionalità delle scelte che compiamo ogni giorno intorno ai numeri e ai valori.

Stessa cosa per questa nuova idea di Olimpiadi al ribasso, che peraltro nasce in ambito CIO (non è una proposta dei torinesi) proprio perché è sempre più difficile trovare polli che vogliano farsi spennare. Dicono i promotori: sarebbe costato 3 miliardi di euro in circostanze normali, ma siccome abbiamo già gli impianti, allora ne costa solo 2. Mettiamo che sia vero. Un miliardo di euro risparmiati. Psicologicamente hai come primissima reazione, non l’attenzione ai due miliardi di euro, ma al miliardo risparmiato. Verrebbe quasi da ringraziarli.
Invece io dico, tralasciando per un secondo le questioni culturali: state proponendo di spendere 4.000 miliardi di lire togliendoli agli asili comunali? All’incremento dei medici di pronto soccorso? Mi sembra fenomenale.

7) Beh, ma stavolta è diverso: i 5 Stelle vigileranno!

La storia ha sempre insegnato – e noi lo documentammo prima che iniziassero a piantare il primo chiodo – che le spese crescono sempre vertiginosamente rispetto alle previsioni. È successo anche qui, ma se vai a vedere i bilanci definitivi, quasi non te ne accorgi. Roba che Grillo non avrà letto. A Torino cosa è successo? Come ti dicevo, il Toroc, il Comitato Organizzatore, è fallito e ha avuto bisogno di ricorrere a pesanti finanziamenti pubblici, di diversa origine, alla fine mi pare che fossero nell’ordine del quarto di miliardo di euro. La cosa stupefacente è che nessuno ha mai indagato nonostante una magistratura locale attentissima....su altri temi.

8) Molti sostengono che la formula della doppia Olimpiade negli stessi luoghi è una formula vincente, poiché i costi in qualche modo vengono contenuti a fronte di una doppia esposizione mediatica e turistica: cosa c’è di fondato in questa teoria?

Non so chi lo sostenga e su che basi. Però ricordo bene che la popolazione austriaca delle zone intorno a Innsbruck ha bocciato ripetutamente, l’ultima volta pochi mesi fa con un referendum, qualunque proposta di ricandidatura. E non mi pare che sia l’unico caso. Penso che questa teoria potrebbe avere un senso, mi sto sforzando, se la manifestazione si ripetesse subito dopo, che ne so, a poche settimane di distanza, con impianti ancora agibili e un’organizzazione presente. Anni dopo, è inimmaginabile.
Peraltro, e tocco un altro pezzo di “sogno”, questa famosa esposizione turistica e apertura verso il mondo è stata annunciata, scritta, ma è ancora una volta solo propaganda. Non è provata. I dati regionali del 2012 dimostravano che i viaggiatori stranieri che avevano raggiunto Torino nel 2011 erano 140.000: meno del 2010, del 2007, del 2006, del 2005, del 2002. E si fermavano tutti, in media, sempre tre giorni. Sia prima, che dopo i famosi Giochi. Quindi a cosa era servito? A convincere i torinesi di essere internazionali?



9) La grancassa mediatica sta ricominciando a suonare forte e all’unisono in favore del “nuovo sogno olimpico”: quanto spazio vi sarà per una informazione diversa e alternativa dell’evento?

Si è vero, ho visto che ricompaiono queste parole ingannevoli come ‘sogno’, che tocca le emozioni e induce alla smaterializzazione dei costi sociali, ambientali, economici. Comunque, per quanto riguarda i canali più tradizionali, Stampa e Repubblica, i cui diversi proprietari nel 2006 avevano interessi economici diretti, ora hanno una regia aziendale unica. Dubito che l’editore pretenderà giornalismo d’inchiesta dopo aver volontariamente dormito e con ragione sull’edizione precedente. Me li vedo perciò ripercorrere le loro vecchie tracce. La novità rispetto a vent’anni fa, lancio della candidatura e anni successivi, è il Fatto Quotidiano. Se proprio devo stare ai media tradizionali e più consultati, è il Fatto quello da cui mi aspetterei di più in termini di garanzia di diffusione dell’informazione non allineata.

Passando al pubblico: la RAI è stata una realtà deprimente. Non solo il regionale, ma RAI 3 nazionale riuscì a stoppare un servizio tra l’altro molto equilibrato di Fulvio Grimaldi, un giornalista d’inchiesta vecchio stampo. Il problema Torino però era più vasto. Neanche Report si è attivato quando era l’ora di farlo – e cioè prima che si costruisse e sprecasse -, nonostante avessimo sottoposto di persona a Giovanna Boursier diversi elementi di indagine. Erano gli anni dei progetti e delle prime gare d’appalto, le prime violazioni delle leggi sugli appalti pubblici, e la risposta fu che non vedevano al momento ragioni di interessarsene. Non so se abbiano fatto servizi dopo. Molte testate hanno messo in cantiere servizi critici sulle cattedrali nel deserto, a evento finito. Comprese Repubblica e La Stampa. Facile a stadi abbandonati, ma dov’erano nei dieci anni precedenti, avevano chiuso la redazione di Torino? Sono convinto che Ranucci di Report capirà di avere una responsabilità sociale per denunciare prima che un evento avverso accada e se sarà così potremo aspettarci che Report, ad esempio, indaghi e riporti nella fase di candidatura.

10) Da più parti sembra emergere l’ipotesi di un referendum a riguardo della candidatura, come avvenuto altrove: quante possibilità di successo avrebbe a tuo parere?

Credo che se venisse messa a disposizione un’informazione chiara, il referendum direbbe di no. La storia è per i comitati contrari. Dove non ci sono referendum, dove domina il meccanismo della delega anche a livello locale, si organizzano Olimpiadi sui cittadini, senza la loro condivisione ed appoggio. Comunque, dove si è votato, ti basti ancora il caso di Innsbruck pochi mesi fa, su una proposta “low cost” si è detto "ciao Olimpiadi!". Perché il promotore non deve aver dalla sua solo i capigruppo consiliari e regionali di 3 o 4 partiti, ti ricordo che a Torino in comune votarono tutti a favore tranne tre consiglieri di RC, Avanzi, Contu, Alfonzi, e i caporedattori dei giornali e TV locale. Deve convincere 4 milioni di persone. Su un numero così grande, la maggioranza non crederebbe a garanzie di riutilizzo “basate sull’unicità dell’opera”, non accetterebbe che il pubblico si accolli in bianco, sempre e comunque, come condizione giuridica, ogni deficit del comitato organizzatore a favore di un’associazione privata che sta in Svizzera.

Grazie Avvocato per la disponibilità e alla prossima!

Nota finale: se i nostri lettori volessero "surfare" dentro i vecchi archivi di documenti relativi a Torino2006 può accedere a questo sito:
http://nolimpiadi.mysite.com/mainita.html
con una avvertenza temporanea: dentro il sito dovrete sempre sostituire la prima parte fissa dei link vecchi (http://nolimpiadi.8m.com) con la parte fissa dei link nuovi (http://nolimpiadi.mysite.com)





martedì 31 ottobre 2017

IL CASO GIORDANA: QUANDO ECCESSO DI POTERE FA RIMA CON ABUSO DI POTERE

INTRO: LA CITTÀ SOLIDALE

“La città solidale, per una comunità urbana” è il pamphlet con cui nella primavera del 2015 Chiara Appendino e Paolo Giordana si sono presentati al pubblico come ticket politico in grado di conquistare il potere della città: un libercolo di 80 pagine in cui si passa da Olivetti al solidarismo cristiano, affermando pomposamente che “non si ha infatti un vero cambiamento mutando solamente la persona che ricopre una carica istituzionale, ma modificando la struttura stessa del potere e il ruolo attivo e partecipativo dei cittadini”.
Fa sorridere eh rileggerlo oggi dopo la telefonata che si può riassumere con un “Oh, ci stà sto amigo mio che ha preso ‘na multa, che me la togli tu che sei er capo de GTT e famo risparmià 90 euro a chi ha la fortuna di conoscere er capo der Gabinetto de Torino?” (non so perché ma il romanesco rende di più l’idea del sotterfugio di potere, sarà qualunquismo anti-Kastah anche questo forse).
Aldilà dell’uso strumentale che possiamo fare delle pagine di questo libro rispetto all’intercettazione pubblicata da Repubblica sabato scorso, esso risulta con la razionalità del senno del poi la pietra fondante della diarchia costruita in due anni e rovinosamente caduta in cinque minuti con un inciampo farsesco da Prima Repubblica.
Se volessimo fare un film sulla costruzione del potere di Paolo Giordana, è da qui che dovremmo partire: signori miei, questo libro è la “base ideologica” del Movimento 5 Stelle torinese, lei è la punta di diamante della squadra di Giunta futura (sebbene a quel tempo pochi avrebbero potuto prevedere una vittoria pentastellata), io sono colui che costruirà il suo successo.

IL SUCCESSO DI GIORDANA: LA COSTRUZIONE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

E così è andata: chi ha seguito da vicino la campagna elettorale conosce benissimo il ruolo del funzionario comunale con il dente avvelenato verso il precedente blocco di potere. Quanti giornalisti (intendiamo quelli veri eh, non i blogger improvvisati come noi) potrebbero testimoniarci come il Nostro facesse il bello e il cattivo tempo con interviste concesse spostate non concesse e poi chissà, o di presenze assicurate o forse no a determinati eventi cittadini per non sbilanciarsi salvo poi lasciare la sedia vuota e rimanere “in medio virtus”? Una alternanza di presenze ed assenze costruita con il pendolino, con una accuratezza tanto certosina quanto irrispettosa nei confronti dei corpi intermedi.
Perché diciamo questo? Perché se ci troviamo in questi giorni a commentare un evidente e ammesso abuso di potere, bisogna partire da chi quello stesso potere gliel’ha affidato, in maniera così abnorme da quasi concederne l’utilizzo totale e spropositato.
La strategia comunque funzionò, e l’esito del ballottaggio premiò ampiamente Chiara Appendino e il suo principale stratega: il lavoro paga e si paga, per cui la costruzione del castello di Paolo Giordana comincia neanche un mese dopo la sbornia elettorale. La delibera di Giunta del 19 luglio 2016 gli assegna il ruolo di “Capo di Gabinetto – Portavoce dell’ufficio di Staff” della Sindaca,  cui segue poi una seconda delibera, di settembre, che “amplifica” il suo potere. La novità settembrina è l’istituzione  (senza previa consultazione di personale coinvolto e sindacati) di un nuovo servizio comunale che assomma alle competenze dell'omonimo ufficio già esistente nelle precedenti amministrazioni, quelle relative a tutta la comunicazione del Comune e a manifestazioni ed eventi culturali organizzati sia da Comune che da privati, competenze e personale sottratti ad altri servizi e assessorati dell'Ente.
Il risultato di questo disposto di delibere risulta, aldilà della posizione di ognuno rispetto alla nuova Amministrazione, comunque anomalo, non essendo prassi fare coordinare indirettamente dirigenti comunali da una figura interna all'ente promossa al massimo livello attraverso l’assegnazione di un incarico di fiducia di una amministrazione previsto solitamente per gli esterni. Vero che il ruolo non è sovraordinato gerarchicamente ai dirigenti comunali stessi, ma in qualità di Portavoce della Sindaca e capo di Gabinetto ha de facto più potere di “moral suasion”, se così lo vogliamo definire. Giusto per fare un po’ di storia breve, fino a Chiamparino il Capo Gabinetto era un direttore comunale, mentre Fassino preferì affidare il ruolo a un esterno (in qualità di dirigente), probabilmente per evitare polemiche simili a quelle odierne (e comunque con competenze molto più limitate rispetto alle attuali). (e qua facciamo il primo caso al mondo di auto-cit. dal nostro articolo su Open For Business).

Ci tocca fare gli Scanzi torinesi e dirci che avevamo ragione e avevamo visto lungo (non era così difficile eh): in questo anno e poco più si sono susseguite numerose vicende che hanno palesato il potere mastodontico nelle mani di Paolo Giordana, dall’ apicale accusa di essere l’ Assessore-ombra alla Cultura alla sua sigla sulle principali decisioni relative alla redazione del Bilancio comunale.

DA WESTINGHOUSE A PIAZZA SAN CARLO: IL CASTELLO MOSTRA LE CREPE

Purtroppo per la città, a immensi poteri non corrispondono immense capacità di gestione degli stessi. Oltre alla questione-GTT che ha generato l’intercettazione che galeotta fu per l’ex Portavoce, vi sono il caso Ream-Westinghouse sull’ anticipo messo/non messo a bilancio e la tragedia di Piazza San Carlo sui tavoli della Procura torinese, dalla quale aspettiamo lumi sulle eventuale responsabilità dei governanti torinesi. Sono eventi pesanti, che offuscano il brilling che Giordana aveva nelle mani e cominciano a incrinare la mole di potere ed influenza dello stesso sul Movimento 5 Stelle torinese. I più maligni stanno già pensando all’ altro astro nascente che fiancheggia la Sindaca negli incontri istituzionali maggiormente importanti, l’ Addetto Stampa Luca Pasquaretta che invece in questi mesi ha visto schizzare verso l’alto il suo grado di influenza (e presenza) sulle scelte più rilevanti. Qualche mugugno comincia a serpeggiare tra le fila di attivisti e consiglieri pentastellati, ma la conoscenza che Giordana ha della macchina burocratica comunale è più forte di qualsiasi contestazione che si possa fare al suo modus operandi.
Perché citiamo questi due casi? Beh, ovviamente per la gravità conseguente un atto pubblico che finisce in Procura ma soprattutto per la valenza politica che le gestioni Westinghouse e Piazza San Carlo sembrano sottendere. Premessa doverosa: nessuno di noi vuole fare sciacallaggio sui feriti e sul dramma della morte quella sera della finale di Champions League. Vi è però una leggerezza e una superficialità nelle decisioni e nella organizzazione di quell’evento che sembrano più conseguenza di un potere sempre meno collegiale e sempre più concentrato in poche mani che frutto di una, seppur pesante, “disattenzione collettiva”.
Una leggerezza dettata dalla presunzione di “poter fare da solo” da un lato e dall’ assenza di controllo da parte di coloro che sarebbero stati formalmente i suoi superiori nonché gli eletti dal popolo.
E’ importante notare questo, perché a nostro avviso sono ulteriore segno di un eccesso di potere che concede il retro-pensiero del “vale tutto”.

IL CASUS BELLI: L’INTERCETTAZIONE

E qui arriviamo al colpaccio di Repubblica, che abbiamo già riassunto in precedenza: una telefonata a Ceresa, Presidente di GTT, per far togliere una multa di 90 euro che un amico suo considerava ingiusta.
Una battaglia politica e culturale persa in trenta secondi di telefonata: Appendino ha vinto dicendo che il problema era il modus operandi, il Sistema Torino. Ora Giordana ha fatto lo stesso, non per appalti milionari ma per una multa: il parossismo portato al suo eccesso massimo. Farebbe ridere se non fosse drammatico che dall’altra parte dello smartphone c’era il Presidente di GTT, l’ azienda exemplum del diavolo e l’acqua santa torinesi: il buco gigante creato nel bilancio GTT, il rapporto da chiarire tra Comune e Partecipate nelle Amministrazioni passate, le relazioni tra i Presidenti delle stesse e la Città di Torino. Tutti temi da Sistema Torino, da blocco di potere da indagare, anzi “da aprire come una scatoletta di tonno” tanto per usare un (becero) slogan tanto caro ai grillini più ortodossi: PUFF, tutto vanificato.
Perché ora il tavolo è apparecchiato per il più classico “tutti colpevoli, nessun colpevole”, magari accompagnato da un “tutti intercettati, nessuna intercettazione vale” visto che abbiamo avuto l’onore di leggere sui giornali una vecchia telefonata dell’ex Assessore Stefano Lo Russo che spiega che i problemi dei conti di Torino sono nati con le Olimpiadi, che hanno cercato poi di nascondere le cose e tutto nasce dalla gestione Tom Dealessandri-Chiamparino delle Partecipate. Parlapà!
Ce ne sarebbe per scriverci sopra un trattato, ma patiamo dalle basi: il Capogruppo della minoranza PD dice cose che neanche il più scaltro sistemista direbbe in maniera così becera. Possibile che chi gli subentra nelle stanze del potere chieda favori da 90 euro al telefono col Presidente GTT invece di occuparsi della cosa pubblica? Dobbiamo quindi pensare andreottianamente che il potere logora solo chi non cel’ha, e che sia la poltrona (termine caro anche questo ai grillini oltranzisti) a corrompere l’animo umano?

LE DIMISSIONI: IL CASO È CHIUSO?

“Prendersi la responsabilità dei propri errori è un grande gesto.” scrive su Facebook il Consigliere pentastellato Antonino Iaria, riassumendo un po’ la vulgata pentastellata di questi giorni.
La Sindaca non riferisce a riguardo in Consiglio Comunale e il caso si chiude qui. Onore al vincitore, Paolo Giordana fa già parte del passato e via, si riparte come se nulla fosse successo.
Eh no cari miei, perché potremmo discutere per ore della modalità intercettazione, anzi facciamolo subito per poi andare al succo: non è edificante per la democrazia che sia una telefonata finita sui giornali a chiudere una carriera politica o a rivelarci i dietroscena del debito di Torino secondo un ex Assessore di rilievo. Non ci piaceva quando erano le intercettazioni sui festini di Mr. B. a monopolizzare l’attenzione mediatica rispetto a “quisquiglie” ben più gravi compiute dall’ autocrate di Arcore, certo non ci facciamo ingolosire adesso dalla torta dei pettegolezzi via I-Phone torinesi. Anzi, un po’ ci dispiacciono perché avremmo preferito che la questione politica legata al ruolo di Giordana emergesse in altro modo, e che le enormi contraddizioni del castello di potere di “un semplice passacarte” (Cit.) trovassero evidenza pubblica (trasparenza e partecipazione!) ben prima che lo stesso si facesse pescare con le mani in un barattolo di marmellata della GTT.
La questione, oggi come non mai, è di sostanza: non è un errore, è un abuso di potere. Enorme, imperdonabile, inaccettabile da parte di chi si è fatto portavoce della “Chiara alternativa”.
Perché a questo punto la domanda è solo una, ed è la summa forse delle critiche esprimibili all’ allora “Movimento di lotta” trasformatosi nell’ odierno Movimento 5 Stelle fattosi di Governo cittadino: la retorica contro il Sistema Torino era sinceramente contraria a determinate pratiche, o solo una utile e produttiva strategia di sostituzione dello stesso con un proprio sistema di potere?

Ai posteri l’ardua sentenza.


giovedì 17 novembre 2016

IL MARINO DI TORINO: DA DOVE ARRIVANO GLI ATTACCHI A MONTANARI?

Si può dire che non è stata una bella giornata per Guido Montanari quella di ieri? L’ Assessore all’ Urbanistica nonché Vice-Sindaco si è ritrovato a fronteggiare degli attacchi mediatici molteplici, di uno spessore politico prossimo allo zero: prima il parcheggio disabili della sua auto di servizio, poi il video estratto dal contesto originale trasformato in un “speriamo che Grillo non vinca le elezioni”. Niente di meglio per iniziare una gogna mediatica degna degli scontrini di Ignazio Marino (ve lo ricordate? Tutto cominciò da una bottiglia di vino e, ironia della sorte, da una macchina in divieto di sosta, mica da quel che stava facendo in qualità di Sindaco). I più attenti alla politica torinese sanno che l’attacco nei suoi confronti non è una improvvisazione di due giorni fa, ma siamo all’apice di un processo di delegittimazione iniziato qualche settimana fa.

A settembre si è cominciato politicamente “a fare sul serio” e Guido Montanari era, ed è, il simbolo di cosa significhi tutto ciò: continua e completa aderenza al Movimento NO TAV senza cedimenti, una rivoluzione urbanistica contraria alla cementificazione selvaggia, un tentativo di pratica politica davvero diversa e trasparente negli ambiti che coinvolgono la vita quotidiana di tutti i cittadini. Sono i temi che Sistema Torino ha sempre sostenuto, ed i motivi per cui decidemmo apertamente di esprimere la nostra adesione a questa parte della candidatura a 5 Stelle che il Vice-Sindaco rappresenta.

La sensazione è che questo suo modo di agire sia “fastidioso” a più livelli, ma sia anche la versione per ora più coerente di quanto sostenuto dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale in termini di onestà e trasparenza. Per questo ci aspettiamo una ugualmente vigorosa levata di scudi di tutta l’Amministrazione, in primis di Chiara Appendino, a sua difesa.

Sia chiaro, nessuno vuole sostenere l’infallibilità del Vice-Sindaco, e chi segue Sistema Torino sa che le nostre critiche sono sempre “alte”, dal pasticcio in Consiglio Comunale di lunedì sull’accordo con la Regione per i Palazzi regionali in svendita all’autorizzazione della nuova galleria commerciale in Corso Romania.  Questioni “vere”, di azioni politiche reali, che in un modo o nell’altro condizioneranno la vita di noi cittadini: è su questo che ci piacerebbe giudicare l’azione politica di Montanari, Appendino e soci. E ci piacerebbe che questo fosse l’obiettivo di tutti, oppositori e media, più o meno imbeccati, compresi: perché abbiamo la presunzione di aver agito sempre allo stesso modo, che si tratti di Sistema o presunti anti-Sistema, perché crediamo che la denuncia di chi osserva deve andare nella profondità degli atti e non fermarsi alla superficie che fa audience ma avvelena il clima.

Crediamo fermamente nella lotta politica fatta alla luce del sole: per questo ci teniamo ad esprimere la nostra solidarietà politica e personale a Guido Montanari, con la speranza che questa strada venga da tutti intrapresa al fine di rimettere al centro dell’attenzione la Politica nella sua espressione più alta.

martedì 30 agosto 2016

BENTORNATI DALLE VACANZE AMICI SISTEMISTI!


Salve compagni del Sistema! Avete concluso le ferie in Liguria e al vostro rientro avete trovato solo alghe ad attendervi? Girate per la città spaesati alla ricerca dei segni tangibili di scie pentastellate?

Bene, state tranquilli, abbiamo presidiato la città per tenervi sempre aggiornati sugli eventi della capitale sabauda. Ed è proprio, volenti o nolenti, dalla questione piante tropicali nel Po che bisogna partire, foss'anche per il semplice motivo che i social sono stati invasi da esperti biologi pronti ad edurci sulle migliori pratiche di sradicamento di myriophyllum aquaticum dal fiume. I fatti sono questi: a luglio è emersa questa inedita chiazza verde enorme, visibile soprattuto in zona Murazzi. Bisogna toglierle, ma ci vanno circa 50 mila euro per un intervento tecnico a spese dell' Assessorato alla mobilità, Settore Ponti e vie d'acqua della neo-eletta Maria Lapietra. Peccato che manchino i soldi (aldilà del dibattito ideo-biologico, bisognerebbe riflettere a fondo sul fatto che manchino pochi spiccioli ad un Comune come il nostro) per cui l'idea a Cinque Stelle è quella di affidarsi al volontarismo etico di lavoratori del Comune, attivisti ed ambientalisti. Tutto molto bello, peccato che l'alga sia ancora presente, e chissà se ora quei 50 mila euro caleranno o aumenteranno: lasciando ai tecnici le valutazioni del caso, sembra certamente evitabile la "passeggiata in canoa" che col senno di poi risulta più propagandistica che risolutiva.

Rimaniamo sulle sponde del fiume e proseguiamo verso Moncalieri, prossima sosta: Valentino. Cosa succederà a breve all'interno del polmone verde torinese? A settembre sarà il turno del Salone del Gusto di Slow Food-Terra Madre, già deciso ai tempi in cui Chiampassino regalò il nostro parco al Compagno Carlin Petrini. Beh ma ora le cose cambieranno no? Eh più o meno, perchè (come documentato in un nostro precedente post dedicato all'argomento) nel frattempo il Comune ed il Comitato organizzatore presieduto da Andrea Levy hanno raggiunto l'accordo per il Salone dell' Auto 2017, che continuerà ad utilizzare il nostro amato parco come location principale (la novità è il pagamento per l'utilizzo dello stesso), accompagnata da mini-eventi in periferia. Bene ma non benissimo per una Giunta tratteggiata come un covo di pericolosi ambientalisti ostili ai Grandi Eventi. In questo caso, avremmo preferito la versione macchiettistica a quella reale troppo aderente al recente passato.

Restiamo alla questione saloni, e torniamo sul primo tema pesante, corposo, che la neo-Sindaca Appendino ha dovuto affrontare, cioè lo sconvolgimento del Salone del Libro in seuito all'indagine che ha portato in carcere alcuni importanti interlocutori (anche su questo vi è un nostro post dedicato), alla perquisizione in casa dell'ex Assessore Braccialarghe, ed alla successiva fuga direzione Milano dell' AIE (Associazione Italiana Editori), con relativa contro-fuga dei piccoli editori, che potrebbe portare all'allestimento di un di un salone "alternativo per davvero". Così alternativo che tra i nomi che circolano nel ruolo di direttore del Salone c'è quello di Giuseppe Culicchia, quell' ex scrittore ribelle che nel perioodo elettorale tratteggiava su Internazionale una città priva di problemi (mica la più povera del Nord Italia come dicono quei cattivoni dei dati statistici), dove tutto è very cool grazie ai grandi eventi ed alle Olimpiadi che hanno reso tutto più bello (una versione letteraria della Evelina nazionale tanto per intenderci).

Degna di nota, almeno per il dibattito agostano, la nuova intesa Chiampa-Appendino, che tanto ha smosso la base torinese del Partito Democratico: collaboriamo o combattiamo? Mentre gli organizzatori della Festa dell'Unità sfogliavano i petali della margherita per decidere se invitare o meno la Sindaca della Città (optando, legittimamente, per il no al confronto), il Presidente della Regione ha avviato e sta tenendo in piedi una liason che ha prodotto la nomina del nuovo presidente in pectore della Fondazione per il Libro Massimo Bray, ex Ministro della Cultura e uomo certamente di sistema. Nello stesso tempo, sembra farina della Sindaca la politica giustamente aggressiva nei confronti di GI Events al fine di ottenere l'utilizzo gratuito di alcuni spazi del Lingotto (previsto da passati accordi) e un dimezzamento del costo d'affitto. Vedremo come proseguirà il giallo nostrano, data l'importanza dell'edizione del trentennale del Salone.

Sì va bene, ma gli atti concreti? Uno c’è stato, ed anche molto divertente: il Comune di Torino ha comunicato all’ Osservatorio Torino Lione lo sfratto dai locali della Città Metropolitana (guidata dalla stessa Appendino). Beh, se l’obiettivo dichiarato della Giunta è quella di uscire dal Tavolo stesso, perché concedergli una sede sul nostro territorio? Dopo il mezzo scivolone della solidarietà alle forze dell’ordine maldigerito dal movimento NO TAV, chissà che questa non sia l’anticipazione dell’ uscita del Comune di Torino dall’ente tecnico che valuta la fattibilità della Grande Opera in Valsusa. Questo è quello che auspichiamo tutti.

L’apertura dei lavori della Giunta è invece quanto di più beffardo per gli uscenti Fassino e soci: Chiara Appendino e il suo team tengono fede al mantra delle periferie presentando 1200 pagine di progetto al bando del Governo per l’assegnazione di 18 milioni di euro. Figata no? Peccato che il bando esca quasi interamente dal lavoro della precedente Amministrazione, tanto che il coordinamento dei lavori è stato affidato all’architetto Valter Cavallaro.
Le parole d’ordine ricorrenti nel documento sono le solite che conosciamo benissimo, dal bike sharing alla riqualificazione policentrica passando per il finanziamento del centro per l’innovazione “ex INCET” (altro riconoscibilissimo segno PD). Vediamo se questo documento ibrido e polimorfo riuscirà a farci vincere l’assegnazione dei fondi necessari per far rivivere le nostre periferie.

Attendiamo quindi con ansia la riapertura settembrina del Consiglio Comunale e delle azioni politiche “vere”, dato che tra wifi e diete vegan a base di alga abbiamo avuto fin troppi argomenti da ombrellone da spiaggia, quest’anno purtroppo assente ai Murazzi.

giovedì 14 luglio 2016

TORINO CAPITALE DELLA CULTURA: IL SISTEMA SALONE

E’ quasi imbarazzante trovarsi a scrivere un articolo che rischia di ricalcare lo stile de “Il Fatto Quotidiano”: ci viene difficile fare come Travaglio (tranquilli, non inviteremo nessuna donna ad occuparsi di cellulite) ed esultare per il tintinnar di manette, mentre ci viene forse più facile affermare scanzianamente “noi l’avevamo detto”. 

I rapporti stretti, strettissimi tra GI Events (gruppo francese quotato alla Borsa di Parigi dal 1998, società specialista nella gestione ed organizzazione dei grandi eventi), Fondazione per il Libro e Amministrazione pubblica erano visibili “ad occhio nudo” senza esser necessariamente un gufo gombloddista come noi: quanto emerge sui giornali dalle intercettazioni dell’inchiesta che ha mandato in carcere per turbativa d’asta Valentino Macrì, segretario della Fondazione per il Libro, Regis Faure e Roberto Fantino dirigenti di GI Events, ai domiciliari  Antonio Bruzzone, dirigente di Bologna Fiere, e che vede indagato l'ex assessore comunale alla Cultura Maurizio Braccialarghe, è una fitta trama di potere che ha portato per anni vantaggi di diverso tipo a tutti gli attori coinvolti.

venerdì 17 giugno 2016

BALLOTTAGGIO: LA GUERRA FREDDA DI CIVILTA'


IL SISTEMA VERSUS I BARBARI
Il Direttore de “La Stampa” ha ragione: il ballottaggio per il Sindaco di Torino vede in campo due limpide ed opposte visioni della città. L’ha detto durante il confronto al Teatro Carignano ed è stata la miglior fotografia della campagna elettorale. Ha ragione anche quando chiede a Fassino se sta difendendo il Sistema Torino: ma questa è solo una battuta auto-celebrativa per cui andiamo oltre.
Abbiamo vissuto un mese di scontri violenti, di battaglie verbali all’ultimo sangue tra sordi, di barricate erette in nome del possesso della Verità Assolute. Il motivo? Probabilmente entrambi sono così convinti della propria Weltanschaung (sì, potevamo dire visione del mondo ma Zagrebelsky cita Hegel, Asor Rosa fa elucubrazioni pindariche per cui volevamo adeguarci anche noi) che non riconoscono nell’avversario una legittimità propria. Illuminante in tal senso è stato il post di Ilda Curti in cui ha illustrato la differenza tra doxa ed episteme, ovvero tra opinione e conoscenza. La via semplificatoria, soprattutto dell’idea dell’altro, è stata una scorciatoia spesso utilizzata dagli attori in gioco: “La vostra proposta non sta in piedi!”, oppure “Difendete solo il vostro posto di lavoro!”, fino all’immancabile fascisti. Ecco, diciamolo subito: giocare alla militanza anti-fascista è deprimente. Lasciamo riposare i partigiani in pace, perché mojito&mortaio è un’immagine imbarazzante da visualizzare mentre lanciate i vostri strali da un locale gentry.
Tornando a noi, diciamo subito che entrambi i candidati sono portatori di modelli di sviluppo coerenti, che hanno una base teorica (basta leggere Belligni-Ravazzi sui regimi urbani per capirlo), ed anzi è proprio questa l’origine dell’astio reciproco. Doxa ed episteme sono presenti da ambo le parti e, forse, è proprio questo ad aver portato alla spaccatura della città in due fazioni sulle barricate. Dopo vent’anni di monolite senza alcuna opposizione, riteniamo però che questo sia un bene: al ventennale del piano regolatore, Chiamparino si vantò ai microfoni dell’inesistenza di visioni alternative a quella dominante considerandolo un pregio. Ed invece no, caro Presidente della Regione: con la questione “democrazia” come la mettiamo? Il principio dell’alternanza è qualcosa di molto diverso, e per fortuna non vi sono i cosacchi alle porte della Città Metropolitana in attesa di invaderci domenica notte.
Per questi motivi, sull’onda dei temi che Sistema Torino ha maggiormente trattato in questi anni, proviamo a ricondurci ai programmi di Piero Fassino e Chiara Appendino per come ce li hanno raccontati negli incontri pubblici di confronto, cercando di mettere un po’ d’ordine. Anche e soprattutto per noi stessi. 

POVERI E PERIFERIE
 Quando Fassino ha negato il dato Caritas sull’esistenza dei cento mila poveri in città ha scatenato un cataclisma, favorendo indirettamente la Appendino: aldilà del numero di per sé (che può variare a seconda se si prenda in considerazione il solo Comune o la Città Metropolitana tutta), il Sindaco uscente non ha voluto riconoscere l’esistenza di due città (quella del centro e quella invisibile delle periferie secondo l’Arcivescovo Nosiglia) ma anzi ha citato la crisi come principale deterrente alle azioni in campo sociale della sua Amministrazione. Sulla scorta di queste premesse, la candidata a cinque stelle ha avuto gioco facile a concentrare i propri sforzi proprio sulle periferie abbandonate: l’attenzione certosina ai giri elettorali nei mercati rionali di ogni quartiere (dai quali non si è sottratto neanche Fassino per onor del vero) ne sono un indicatore evidente.
Sistema Torino ha raccontato spesso il disagio delle periferie, perfettamente racchiuso nei dati annuali del Rapporto Rota della Fondazione Einaudi: una sintesi plastica di esso è stato lo sgombero dei senza casa alla Falchera di questa settimana (di cui nessuno dei due ha parlato direttamente). Torino capitale degli sfratti è una delle emergenze cittadine che gridano vendetta.

TAV IN VALSUSA
Dopo alcuni comunicati in parte discordanti tra loro, Chiara Appendino ha riaffermato la radice NO TAV del M5S: con il colpo ad effetto della citazione di un Renzi d’annata, ha affermato molto semplicemente che il Treno ad Alta Velocità non s’ha da fare perché non è conveniente in termini di costi/benefici. E addirittura sarebbe disposta, dopo un confronto sui dati e su alcune evidenze scientifiche, a far uscire il Comune di Torino dall’Osservatorio. Superando anche l’abbacinante paralogismo della Annunziata che in diretta TV è riuscita a pronunciare la seguente domanda: “Lei è laureata alla Bocconi, pensa davvero che il NO-TAV sia davvero una operazione che bisogna tagliare e non produce ricchezza?”
L’essenza NO TAV di Sistema Torino è così profonda che evitiamo di commentare l’assurdo tentativo di far passare per ignorante chiunque si opponga all’ opera.
Ha lasciato perplessi invece dal punto di vista strategico la ostinata difesa del Treno da parte di Fassino: ha sbandierato arditi paragoni con il Frejus e le autostrade negli anni ’60. “Per Torino è considerata vitale e strategica, un’ occasione di sviluppo da cogliere a pieno.” Non capiamo sinceramente come faccia a recuperare voti da sinistra senza porre neanche il minimo dubbio su una questione che la Val Susa trascina avanti da trent’anni ma certamente gli spin doctors avranno fatto i loro calcoli.

TRASFORMAZIONI URBANE (NUOVE CASE)/GENTRIFICATION
Eccoci al punto nevralgico dei regimi urbani a confronto: il mito dello sviluppo incentrato sulle nuove costruzioni è stato il faro illuminante della Giunta uscente, e giurano che continuerebbe ad esserlo in caso di vittoria. La zona grattacielo con sottopasso appena inaugurato sono il fulcro di cosa significhi trasformazione urbana per il PD, soprattutto se lo accostiamo alla gentrification di San Salvario e Vanchiglia.
Qui è nata, con una fortunata formula in termini di strategia del consenso, la “Teoria del NO” che il PD ha applicato al “Modello Torino a 5 stelle”: la Appendino ha detto ai microfoni di Raitre che vuole mettere uno stop alla costruzione di nuovi centri commerciali, che vuole rivedere il progetto di riqualificazione di Palazzo del Lavoro (con una galleria commerciale del lusso) con annessi lavori alla rotonda di Corso Maroncelli (che influirebbe sull’intenso traffico della zona), e che si trova in disaccordo rispetto a future costruzioni di nuove case “sparse” per le periferie della città.
La contrapposizione è elementare: costruire per creare lavoro e sviluppo da un lato, difesa del territorio e riallocazione delle case vuote già esistenti dall’altro. In questa dicotomia rientra anche la disputa riguardante la Città della Salute: sinergia positiva pubblico-privato contro l’opposizione all’ingresso delle case farmaceutiche nelle strutture ospedaliere pubbliche.
Anche in questo caso la storia di Sistema Torino parla chiaro, e non vogliamo certo sottrarci dal palesarla: la rubrica “Sarà un supermercato che vi seppellirà” è stata un giochino divertente oltre che fortunato in termini di interesse dei lettori. La distorsione sociale di questi non-luoghi è una contraddizione che abbiamo cercato di far esplodere da sempre: se percorrete tutta Via Cigna per poi proseguire verso Stazione Dora, vi troverete un panorama urbano costellato di marchi internazionali del largo consumo, intervallati dalla presenza di un solo museo privato (Ettore Fico, tra l’altro molto bello).
Il buon Piero ha difeso a spada tratta il piano regolatore da lui applicato,  tanto che si è lanciato più volte all’attacco dell’eventuale futuro Assessore appendiniano Guido Montanari (membro del Comitato Direttivo dell’Unione Culturale), reo confesso sostenitore della teoria della decrescita felice. Un attacco personale francamente infelice.

CULTURA E GRANDI EVENTI
Dulcis in fundo, la cultura, la parola chiave della rinascita della città, “capitale civile” secondo l’abitante del centro Zagrebelsky: un centro trasformato in una location en plein air di grandi eventi catalizzatori di turisti, e di conseguenza di ricadute economiche sul territorio. Quante ricadute? Questo vorrebbe sapere la squadra di Appendino, che ha detto NO (e te pareva!) ad una organizzazione dei fondi culturali della città incentrata sui grandi investimenti come il Festival del Jazz (150 mila euro pubblici su un totale di 900 mila), diventato una perfetta sintesi del tutto. Secondo il gruppo di lavoro cultura grillino, la spesa non vale la candela ed il Festival, insieme alle spese di promozione della città ad Expo 2015, sono diventati i facili bersagli di questo paradigma turistico-culturale di mercato. Paradigma su cui la squadra di Fassino continua invece a credere con forte convinzione, ritenendolo uno degli aspetti fondamentali della rinascita economica di Torino.
Al contrario, questi soldi andrebbero investiti capillarmente su tutta la città secondo i five stars, secondo un concetto di “cultura diffusa” opposto a quello dominante.
Altrettanto importante è la questione Fondazione della Cultura: un carrozzone utile a tenere in piedi il sistema politico-culturale secondo Chiara, un fondamentale ente di convoglio della sinergia pubblico-privata secondo Piero.

LE CONCLUSIONI IMPOSSIBILI
A questo punto, da buon fenomeno social, dovrebbe arrivare la nostra dichiarazione di voto di rito, coincidente con la chiusura della campagna elettorale che ci offre un quadretto perfetto di quanto scritto: la Appendino è andata alle Vallette insieme a leader nazionali come Roberto Fico e Ale Dibba Di Battista. Fassino si è recato presso la scuola Holden di Baricco e (in parte) Farinetti.
Dunque, cari sistemisti, che fare? Sistema Torino ha deciso di far proprio l’appello del “sistemista ad honorem” Tomaso Montanari (sostenitore del nostro spettacolo Exporto 2022, ci piace sempre ricordarlo) che su Repubblica ha spiegato nel dettaglio i motivi per cui ha rifiutato l’offerta di un Assessorato con la Raggi ma ha invitato i cittadini a votare per lei. E noi facciamo lo stesso, apertamente e senza finti cerchiobottismi, per Chiara Appendino, per le stesse ragioni del Compagno Tomaso: nelle tematiche di sinistra portate avanti in questi anni, abbiamo “sempre trovato dall’altra parte della barricata un sindaco o un presidente di regione del Pd o di Forza Italia (purtroppo spesso indistinguibili). E, invece, dalla mia parte e senza che li cercassi, c’erano immancabilmente i cittadini che si riconoscono nel Movimento Cinque Stelle.” Citazione, più che mai calzante per noi torinesi, del nostro amico fiorentino.
Aggiungiamo come pezzo altrettanto fondamentale per noi questo chi va là sul Movimento nazionale: Mi pare indispensabile che ora i Cinque Stelle accelerino la loro evoluzione: vanno superati al più presto il ruolo incongruo di Beppe Grillo, l’inquietante dinastia proprietaria dei Casaleggio, le inaccettabili posizioni sui migranti, sul cammino dell’Unione Europea e su altre questioni cruciali. Se questo processo continuerà sarà un bene per l’intera democrazia italiana: che rischia di bloccarsi sul mantra dell’assenza di alternative al Pd di Matteo Renzi.Se non avverrà difficilmente potremmo ancora pensare, in caso di altre consultazioni, al Movimento come un'alternativa.
Cosa succederà a Sistema Torino in caso di vittoria di Chiara Appendino? Semplice: dopo essere stati tra i primi a far esplodere le contraddizioni di questo Sistema, affronteremo le incongruenze del “Modello Torino” con la stessa aggressività e con la stessa volontà di disturbare il manovratore. Non vediamo l’ora.

martedì 14 giugno 2016

O’ SISTEMA T’ANCATENA: DA SALZA&SALIZZONI ALLA SCHELLINO

IL SISTEMA TORINO E’ VIVO E LOTTA INSIEME A NOI
E’ stata una campagna elettorale estenuante per tutti. Un rincorrersi di notizie, dichiarazioni, imbeccate, lotte social versus  giri nei mercati. Sfiancante, in primis per Fassino ed Appendino possiamo immaginare: in tutto questo, Sistema Torino si è divertito a giocare il ruolo per cui è nato, cioè individuare come il “Sistema Torino quello vero” si sia mosso all’interno di questo mare magnum. Nel frattempo, constatiamo con piacere che tale formula è entrata ormai nel linguaggio politico nazionale, dalla citazione fatta nel dibattito Sky all’utilizzo diffuso che viene fatto nelle cronache locali dei media mainstream.

PRIMO: MANTENERE LO STATUS QUO
La dichiarazione più importante, e più grave, è senz’altro quella di Enrico Salza, presidente di Intesa San Paolo Hightline, che dall’atrio del “suo” grattacielo ha affermato senza mezzi termini: “Non può non vincere Fassino perché se capitasse questo è finita non solo Torino e il Piemonte ma molte altre cose”. Arriveranno le cavallette! Abbiamo raccontato spesso il legame indissolubile tra la Fondazione e l’Amministrazione ventennale della città (vi basta ricordarvi Sergio Chiamparino Presidente della Compagnia di San Paolo?), per cui ci saremmo stupiti molto di più del contrario. Una investitura che suona scontata se non per la neanche troppo velata profezia di sventura in caso di sconfitta del Sistema: una sorta di profezia che si auto-avvera se consideriamo che sono loro ad avere in mano portafoglio e Welfare (su questo torneremo dopo) del capoluogo sabaudo.
Sempre rimanendo con le mani nel portafoglio, un capitolo importante è quello degli investimenti e delle nuove costruzioni in città, volano dello sviluppo secondo il modello attuale: una delle più importanti è la “Città della Salute”, al centro di scontri verbali anche violenti in questi giorni e possibile catalizzatore di forti investimenti privati (case farmaceutiche comprese?). A tal proposito, i giornali hanno dato ampio risalto all’opinione del cosiddetto re dei trapianti Mauro Salizzoni, Primario  e  attualmente  Direttore del  Centro  Trapianto  di  Fegato  all’Ospedale Molinette  di  Torino . Una figura storica di riferimento, che ha attaccato frontalmente l’idea a Cinque Stelle di ridimensionamento del progetto: una stroncatura cui è stato dato molto risalto, titolando e presentandolo come l’opinione di un tecnico. Salvo poi scoprire, leggendo il testo di Repubblica, che Salizzoni era lì per presentare il progetto sanitario di Fassino.
Per questo è sempre interessante confrontare i titoli sparati con il testo dell’articolo stesso: a volte si svelano diversità imbarazzanti. Il principale quotidiano locale ha giocato sul filo del rasoio un paio di volte nel presentare un apparentamento (che non esiste) tra Lega e M5S, ma resta pienamente coerente tra titolo e testo quando deve presentare “il buon Piero che sta su piazza da quando aveva i pantaloni corti” che si concede del relax bevendo spremuta d’arancia (una questione dirimente diciamo).
Le vette sono state raggiunte dal Buongiorno di Gramellini, che in prima pagina vende come verità assoluta il fatto che “i Fassino e i Giachetti, rispettivamente cresciuti alla grande scuola di Berlinguer e Pannella, siano più preparati e affidabili delle loro rivali a Cinquestelle.” Aggiungendo inoltre nel suo intervento a La7 che candidare due donne giovani (Appendino e Raggi, NdR) è un lascito del berlusconismo perché significa in qualche modo puntare tutto sull'immagine. Verrebbe da dire “buongiorno un caz..” se non fosse già un gruppo di Facebook.
Sul fronte politico resta l’ovvio e scontato appoggio incondizionato di Novelli, la cui rivista “Nuova Società” ha fatto ampiamente da megafono alla campagna del Sindaco uscente: quanto successe nelle elezioni del 1993 sembra ormai acqua passata di fronte al pericolo grillino. Ha fatto però specie la dichiarazione ai giornali di Gianguido Passoni, Assessore al Bilancio uscente, che sembrava quasi stupito dal fatto che parte dell’establishment della “sinistra che si è fatta destra” non fosse più assoldabile tra i sostenitori indefessi del progressismo moderno di Piero Fassino.
Ed il m
ondo della cultura? Sembra difficile immaginarseli sul fronte opposto a quello dominante anche se, tolte le dichiarazione di “pesci piccoli” delle zone gentry, ci saremmo aspettati di più dai grandi nomi del mondo giovanile. In un incontro pubblico al CAP10100, Enzo Frammartino, candidato PD ed ex collaboratore in staff dell'Assessore per la Cultura Braccialarghe, citò le numerose iniziative culturali, soprattutto grandi eventi, come una delle punte di diamante dello sviluppo cittadino. Sono effettivamente molte le realtà che si sono giovate dei finanziamenti privati raccolti dalla Fondazione per la Cultura: ricambieranno ora il favore con un “sostegno indiretto underground”? Staremo a vedere.
Rimane invece scoperto il fronte riassumibile nella formula “i murazziani”: non abbiamo voglia di ritirar fuori le nostre solite polemiche con l’amico Max Casacci, ma certo il suo, salvo l’ appoggio all’idea del Sindaco della Notte, è un silenzio che pesa. A tal proposito, non si può non citare il nuovo bando relativo al locale storico Giancarlo, che sarebbe potuto essere riassegnato proprio in questi giorni, ma il ricorso del vecchio concessionario (beccato con le mani in più offerte per lo stesso lotto) ha bloccato il coup de theatre della riassegnazione di Gianca in pieno ballottaggio. Sempre a proposito del nostro amato lungo fiume, siamo ancora in attesa del “bando culturale” che avrebbe dovuto assegnare alcune arcate alle associazioni più meritevoli dal punto di vista progettuale.
Suona invece scontato l’endorsment di famiglia della Direttrice del Circolo dei Lettori (preferiamo non commentare il post con la dichiarazione di voto del figlio disabile).
Resta invece super partes il mondo spirituale. La questione delle “due città”, fatta emergere dall’arcivescovo Cesare Nosiglia nei mesi scorsi, sembra aver raffreddato i rapporti tra Chiesa e Politica: un tasto troppo dolente quello della città invisibile che soffre per passare inosservato. Tanto che è diventato tema di attualità nazionale con i dati Caritas sulla povertà contestati in diretta su Sky da Piero Fassino: sono cento mila? Di più, di meno? Il presidente Pierluigi Dovis ha richiamato solennemente all’ordine entrambi i candidati, chiedendo che chi soffre venga sottratto dai giochini propagandistici di entrambi.

IL SISTEMA APPENDINO ESISTE?
L’alternativa al Sistema può essere ugualmente Sistema? Questa è la domanda madre, in primis per il nostro collettivo ça va sans dire. Difficile dirlo di chi non gestisce (ancora?) il potere: per cui ci atteniamo ai nomi già fatti rispetto alla potenziale squadra di Assessori di Chiara Appendino.
Il nome che ha smosso maggiormente gli animi sistemici è quello dell’ Assessora al Welfare, politiche sociali, educativa e di cittadinanza Sonia Schellino: dal 1996 al 2000 ha lavorato per la Fondazione Giovanni Agnelli, dal 2001 lavora per la Compagnia di San Paolo. Difficile considerarla una ribelle, più facile unire questo discorso a quello fatto in precedenza su Salza (il quale nella stessa dichiarazione aggiunse “Ho molta stima di Chiara Appendino”): chi detiene il potere finanziario e gestisce buona parte delle politiche di assistenza farebbe fatica (e forse sarebbe tecnicamente impossibile salvo un collasso delle politiche di aiuto) a lasciare dall’ oggi al domani le chiavi della città a qualcun altro.
L’ altra nomina che ha fatto arricciare qualche naso è quella al bilancio di Sergio Rolando: 68 anni, fino a un anno e mezzo fa direttore finanziario della Regione con Cota e Chiamparino e dirigente al bilancio con Ghigo e Bresso. L’uomo famoso per essere un oppositore dell’utilizzo dei derivati da parte delle Amministrazioni pubbliche, ma anche un “tecnico di Sistema”: staremo a vedere come si comporterà in caso di vittoria del Movimento.
Come valutare tutto questo? Dal nostro punto di vista, sembra un tentativo del Sistema di “mettere un piede nella porta” della casa del Movimento a 5 Stelle, perché alla fine non si sa mai: sempre meglio fare qualche complimento ogni tanto, giusto per lasciarsi la possibilità di dire “Comunque ho sempre detto che Chiara è brava”. Saremmo proprio curiosi di vedere come quel piede si potrà trasformare in un influencer del Sistema Appendino,  o se invece la porta verrà sbattuta lasciando il pollicione in mezzo.
Prima di tutto questo c’è però il ballottaggio del 19 giugno, sicuramente il più equilibrato della storia torinese: chi vincerà? Ma la vera domanda è: il Sistema Torino vincerà comunque? Ai posteri l’ardua sentenza.