Intervista a Giovanni
Semi, sociologo, docente di Sociologia delle Culture Urbane presso
l'Università di Torino (a cura di Marina Massimello e Maurizio Pagliassotti)
Esistono
diversi tipi di gentrificazione? Quella del Quadrilatero ha le stesse
caratteristiche di quella di Vanchiglia?
Nonostante
l’Italia scopra adesso il concetto, in realtà è esistente dai
primi anni Sessanta e dunque vanta cinquant’anni di storia, di
dibattiti e di mutamenti. Di conseguenza, esistono molte
forme di gentrification e in questo momento il concetto è talmente vasto da indicare la maggior parte delle trasformazioni urbane. Per dire, la definizione più utilizzata ora, descrive la gentrification come “la produzione dello spazio urbano per utenti progressivamente più ricchi”.
forme di gentrification e in questo momento il concetto è talmente vasto da indicare la maggior parte delle trasformazioni urbane. Per dire, la definizione più utilizzata ora, descrive la gentrification come “la produzione dello spazio urbano per utenti progressivamente più ricchi”.
Se dal generale ci soffermiamo sul locale, quello che
è successo nel Quadrilatero è molto diverso da quello che è
accaduto successivamente a San Salvario o Vanchiglia. Nel primo caso,
infatti, quell’area è stata oggetto di una riqualificazione
pensata già negli anni Ottanta, realizzata nel corso dei Novanta e i
cui effetti più significativi si sono visti dai Duemila in poi. In
un certo senso, il Quadrilatero Romano è un esempio “classico”
di gentrification perché vi hanno attivamente partecipato il
pubblico, con attori diversi come il Comune, la Regione o l’Unione
Europea, in forte sinergia con il privato, in particolare la De.Ga.
Nonostante non abbia allontanato direttamente molti abitanti, che
erano già fuggiti dal Quadrilatero degradato degli anni Ottanta, di
sicuro la riqualificazione ha agito da barriera classista nei
confronti di tutta quella fascia di popolazione che non poteva
permettersi affitti e acquisti dagli anni Novanta in poi. San
Salvario e Vanchiglia, invece raccontano una storia diversa. In primo
luogo, i loro cambiamenti non avvengono con un diretto e visibile
intervento pubblico e, in fondo, vi sono pochi interventi urbanistici
in questi due quartieri. In secondo luogo, in entrambe queste aree si
può osservare della gentrification non tanto dal punto di vista
residenziale, ma da quello commerciale. Non è mutata radicalmente la
loro composizione sociale, anche se si è progressivamente
“arricchita”, ma sono diminuiti drammaticamente i piccoli
commerci tradizionali per fare spazio alle nuove attività rivolte a
popolazioni studentesche o comunque più giovani, pensiamo al caso
della movida, o alle nuove classi medie, e qui possiamo pensare
all’offerta alimentare (cibo bio, tradizionale, vinerie…).
Sarebbe però incompleto parlare di questi due tipi di
gentrification, senza menzionare il fatto che tra la riqualificazione
del Quadrilatero Romano e le trasformazioni degli altri due quartieri
ci sono stati i Giochi Olimpici (e soprattutto, la sbornia
successiva, in particolare) e l’arrivo della crisi economica. Il
pubblico si è dunque reso meno visibile negli interventi successivi
perché oggettivamente meno in grado di finanziare come aveva fatto
in passato ed ha assunto il ruolo di arbitro e di facilitatore
(agendo sulle licenze commerciali, sui dehors, sulle viabilità,
etc…), mentre il mercato, nella sua veste commerciale soprattutto,
ha avuto un ruolo più importante.
Porta
Palazzo appare indomabile nonostante gli sforzi. Perché?
Porta
Palazzo ha una storia di irriducibilità che deve, essenzialmente, al
proprio mercato. I mercati sono istituzioni sociali ed economiche che
hanno delle proprie regole e questo mercato in particolare, che
occupa piazza della Repubblica dal 1836, ha una storia eccezionale
oltre che una sua dinamica. Il fatto che continui a nutrire le
popolazioni più vulnerabili e marginali, che offra loro lavori
regolari e irregolari, che faccia incontrare e conoscere persone
diverse, rende questo territorio un caso unico in tutta Europa. Da
ciò discendono molti effetti, compreso quello di garantire una
connotazione “popolare” a un quartiere che è a ridosso del
centro. Se poi prendiamo in considerazione che, fatto salvo per
l’area del Cottolengo e per un paio di palazzi, tutta l’area di
Borgo Dora è caratterizzata da una diffusa e parcellizzata proprietà
privata, ecco che diventa molto complicato operare delle scelte
speculative e rendere Porta Palazzo “cool”.
L’orizzonte
culturale della classe media torinese è cambiato. Dalla villettopoli
della cintura alle varie spine?
Questa
domanda richiederebbe una disamina molto complessa della composizione
della classe media torinese, e non basterebbe un libro probabilmente.
Direi che stiamo parlando di due classi medie, diverse tra loro. Da
un lato quella, più anziana, che ha potuto giovare dei redditi e
delle pensioni della fase espansiva torinese e che, a partire dagli
anni Settanta, si è spostata a vivere nella cintura, contribuendo
alla suburbanizzazione torinese. L’altra, che in molti casi è più
giovane della prima, essendo la generazione dopo o quella dopo
ancora, è invece rimasta più urbana e ha trovato, nelle Spine,
un’offerta abitativa. Detto questo, le Spine sono piuttosto diverse
tra loro e gli abitanti di Spina 1 non sono lo stesso ceto medio di
Spina 3. I primi si agganciano, per così dire, alla Crocetta e
rappresentano senza dubbio un ceto medio superiore, mentre gli
abitanti delle diverse parti di Spina 3 costituiscono una popolazione
molto più mista. Gli orizzonti culturali di questo insieme di gruppi
sociali sono anch’essi frastagliati, anche se direi che sono uniti
dall’importanza che hanno attribuito alla proprietà della casa e
ai valori che ne conseguono, in primo luogo l’indipendenza e il
conservatorismo di chi, anche giustamente, non può permettersi che
il proprio investimento principale perda di valore.
Un
giudizio sulle spine passate e future. Che ne sarà della Variante
200?
Domanda
complessa, in particolare perché non è chiaro se e quando usciremo
dalla crisi che colpisce il nostro paese dal 2008 almeno. La crisi ha
avuto un effetto chiaro e ambiguo: ha fatto crollare il mercato
immobiliare. Si tratta di un effetto ambiguo perché, se è vero che
ha causato dei drammi sociali indiscutibili, in particolare per quei
nuclei familiari che avevano contratto dei mutui e hanno poi perso il
posto di lavoro e stanno quindi rischiando anche di perdere la casa,
va anche detto che ha “sgonfiato” la bolla che dagli anni Novanta
aveva ingiustificatamente fatto esplodere i prezzi delle case (e
delle poche locazioni). Dico questo per ricordare che la Variante
200, e in generale ogni progetto di sviluppo urbano che si basa sulla
costruzione di nuove aree residenziali, non è detto che abbia ancora
realmente una sua domanda di abitazione. Non necessariamente una
domanda rivolta all’acquisto, ad ogni modo. E’ invece chiaro che
esiste una domanda, crescente e fragile, di abitazioni da affittare.
Ed è questo il grande nodo irrisolto e drammatico che dovrebbe
affrontare una città come Torino.
Variante
200: chi investe? Variante 200 per chi? Se siamo a crescita zero
perché persistere sulla via di consumo di suolo?
La
città di Torino, come molte altre città europee, ha spinto molto
sul binomio crescita-intervento urbano. L’idea è quella di
inseguire un volàno, anche solo temporaneo, fatto di occupazione,
oneri di urbanizzazione, attrazione di residenti e turisti, soluzione
di problemi urbani e sociali. In certi casi ha funzionato,
soprattutto in condizioni economiche di crescita, anche ridotta, ma è
evidente che in una condizione di deflazione, con crescita negativa e
consumi in picchiata, il rischio è quello di iniziare delle opere
per non terminarle, aumentare l’indebitamento e scaricare su giunte
e generazioni future il peso di scelte sbagliate. La questione
ambientale, poi, è sempre più urgente. Abbiamo bisogno di nuovi
metri cubi di cemento, di infrastrutture per sostenerli, quando
continuiamo ad avere immense quantità di alloggi vuoti ed edifici
pubblici e privati abbandonati o sotto-utilizzati?
La
rendita fondiaria sarà uno strumento di integrazione al salario per
la nuova classe media?
Non
vi è dubbio sul fatto che “essere una nazione di proprietari di
casa” ha, per molti versi, salvato le famiglie italiane (che sono
in larga misura proprietarie) dal rischio di perdere il proprio tetto
in seguito alla crisi. Le esposizioni finanziarie delle famiglie
italiane non sono, infatti, paragonabili a quelle americane o anche a
quelle spagnole. Di conseguenza possedere la casa o sapere di poterci
contare in futuro, è una risorsa molto importante, soprattutto per
le classi medie. C’è però un “ma” molto importante. La
trasmissione da una generazione all’altra della casa ha beneficiato
i figli del boom economico, i cosiddetti “baby boomers”, ma non è
detto che questi riescano sempre o, in tempo, a trasmetterla ai loro
figli. Non è un caso infatti che molti esposti all’indebitamento
creditizio per un mutuo fossero coppie giovani, dunque più fragili
dei loro genitori se pensiamo al tipo di mercato del lavoro in cui
galleggiano. L’altro “ma”, riguarda tutti coloro i quali la
casa o non sono mai riusciti a comprarla, e penso alle classi
popolari e, in particolare, a quei nuclei che erano ben tutelati in
passato dall’edilizia popolare, o coloro i quali sono arrivati nel
nostro paese come immigrati a partire dall’ultimo trentennio e che,
per definizione, hanno redditi più bassi e non possono contare su
alcuna eredità familiare (non qui in Italia, almeno). Ecco, classi
popolari autoctone e classi popolari immigrate non potranno giovarsi
della rendita fondiaria. E, a giudicare dall’aumento delle
disuguaglianze in corso in tutto il pianeta, la loro posizione non
potrà che peggiorare, a meno di un cambiamento di rotta che
francamente non vedo.
CHI VUOLE COMMENTARE UTILIZZI LA FUNZIONE COMMENTI, CLICCANDO QUI SOTTO SU "NESSUN COMMENTO" OPPURE "COMMENTO/I". NON E' NECESSARIA LA REGISTRAZIONE, E' GRADITA PERO' LA FIRMA :-)
CHI VUOLE COMMENTARE UTILIZZI LA FUNZIONE COMMENTI, CLICCANDO QUI SOTTO SU "NESSUN COMMENTO" OPPURE "COMMENTO/I". NON E' NECESSARIA LA REGISTRAZIONE, E' GRADITA PERO' LA FIRMA :-)
Per la prima volta da quando vivo in Italia (32 anni), zona sta Rita ho visto una persona dormendo sotto i portici di Piazza Montanari ! non ho parole !
RispondiElimina