martedì 28 luglio 2015

Via Asti uguale Cavallerizza. O no?

Sarebbe carino che le seguenti righe non fossero oggetto di alate critiche tipo "affermazioni a un passo dalla Procura".

L'occupazione di via Asti pareva aver preso una via molto positiva. Assegnazione diretta a Terra del Fuoco da parte della proprietà, la Cassa Depositi e Prestiti, con avallo politico del Comune.
Un progetto di assistenza per gli sfrattati la base su cui costruire il futuro.
Bene.
Stonava un po' che l'occupante fosse già assegnatario di vari fondi per progetti sul territorio, e che l'ex presidente Michele Curto sia oggi un valente esponente della maggioranza.
Un conflitto di interessi.

venerdì 24 luglio 2015

4 - POLVERIERA MURAZZI 2015: C'E' VITA DOPO GIANCA? Intervista all'Assessore Gianguido Passoni

La discussione relativa ai Murazzi assume sempre caratteri romantici, a volte nostalgici, o comunque emozionali: è il cuore a parlare per primo quando tiri fuori l’argomento con gli amici. Sguardo perso verso il vuoto e via di ricordi adolescenziali, di serate clamorose e di eventi culturali storici, o più semplicemente di divertimento “da movida”. I Murazzi, e la movida stessa, sono anche, e soprattutto, un argomento da approfondire nella sua natura economico-finanziaria: basti pensare alle centinaia di migliaia di euro che frutteranno i bandi commerciali, o ai costi delle licenze dei locali. Per questo abbiamo pensato di parlarne direttamente con l’Assessore al Bilancio Gianguido Passoni, che risponde ai diversi dubbi ed interrogativi emersi in proposito.

Chi volesse approfondire ulteriormente l’argomento, e capire la natura e la portata del bando di inizio luglio, può andare a “sfogliare” il documento ufficiale sul sito del Comune:
http://www.comune.torino.it/comuneaffitta/bandomurazzi/

martedì 21 luglio 2015

1 - POLVERIERA MURAZZI 2015: C’E’ VITA DOPO GIANCA?

Domenica 23 marzo 2014 decisi di rimanere nel salotto di casa mia, affacciata sul Lungo Po, a girare nervosamente sigarette di Golden Virginia verde davanti al pc portatile e riflettere sul dilemma morettiano (mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte?), mentre la mia compagna apriva le finestre per lasciar entrare le note della musica di Subs, Africa Unite e soci, tutti insieme a suonare per la rinascita dei Murazzi (esatto, sto proprio descrivendo “quel giorno lì”). In quel momento io ero appunto alle prese con la scrittura dell’articolo Murazzi: salviamoci dagli zombie in cui con protervia e sicumera irridevo gli zombie reduci dagli anni 90 che chiedevano, attraverso un maxi concerto in Piazza Vittorio accompagnato da una giornata di attività lungo il fiume, la rinascita delle arcate storiche del nostro Lungo Po. La mia posizione era chiara, netta, così sfrontata da diventare virale e permettermi di conoscere quei ragazzacci che oggi sono i miei compagni di Sistema Torino. Ecco, tutta quella mia certezza di sé oggi svanisce di fronte all’inverosimile: i Murazzi hanno chiuso con il passato e stanno per rinascere grazie ad un bando dal quale sono stati esclusi i vecchi proprietari, Giancarlo è stato occupato dai suoi sostenitori ed attivisti storici per un paio di mesi e sgomberato mercoledì 15 luglio su ordine del PM Padalino (e quindi per via giudiziaria e non per scelta politica), ed infine il CSA Murazzi verrà inserito in un lotto a bando a settembre. Chi l’avrebbe mai detto? Quanti complottisti, pronti a vedere il sistema ovunque (il Sistema Torino appunto), avrebbero scommesso su una ipotesi del genere? Rispondo io per tutti: nessuno. E quanti invece si sarebbero giocati la birra (magari bevuta proprio da Gianca) sul fatto che “i soliti noti” avrebbero trovato un salvacondotto per continuare ad libitum a far rivivere quella terra di mezzo tra Torino del passato e del futuro, tra vita quotidiana ed evasione notturna, e tra movida e cultura? Siamo stati smentiti, tocca ammetterlo: certo, la mia è stata una semplificazione, la realtà è sempre più complessa di come ci appare. Proprio per questo ho deciso di approfondire la questione andando a parlare con i maggiori protagonisti della vicenda, ovvero Beppe  Melchionna a rappresentare “Amici del Po Giancarlo” e la relativa occupazione, Max Casacci che lì vi nacque artisticamente (la sua intervista arriverà nei prossimi giorni) e l’Assessora Ilda Curti, mente e braccio del bando che ha assegnato ai privati le prime arcate della nuova era. L’interrelazione tra eventi, situazioni, culture ed epoche diverse è così ampia che rende difficile assumere una posizione netta ed univoca, in particolar modo se pensiamo allo smarrimento che comunque provoca la scomparsa dei luoghi storici di riferimento.
Partiamo dai fatti acclarati: il bando di luglio ha assegnato le prime arcate per scopi commerciali. Il miglior offerente in termini economici ha vinto la gestione di ogni singolo lotto. Tra questi, vi è anche Giancarlo, ora nelle mani di un “semplice” privato che potrà farne quel che gli pare. E’ stata sventata l’ipotesi gelateria, e sembra che il nuovo gestore vorrà mantenere la vocazione culturale di quel luogo. Già, quanto vi era ancora di culturale in quel luogo? E quanto ce ne sarà ancora? A detta dei vecchi animatori di quelle mura, nulla è possibile senza coloro che conoscono ed hanno vissuto in prima persona quell’esperienza. D’altro canto le epoche, cittadine e musicali, si susseguono ed evolvono, o perlomeno così ha pensato la nostra Amministrazione che ha deciso di recidere i legami con la cultura del passato ed aprire le porte a chi ha deciso, certamente con coraggio e sfrontatezza, di assumersi la responsabilità di agire in prima persona, proprio colà ove nessuna altra aquila aveva mai osato. Siete tra quelli che considerano “Gianca” e “Muri” sinonimi indissolubili? Bene, allora tenetevi forte perché sta per arrivare il colpo del KO: il CSA, il centro sociale ove tutti noi alternativi abbiamo bevuto birre e coca rum solidale ballando al ritmo di concerti di musica underground (certamente di qualità), vedrà il proprio spazio riassegnato all’interno del bando di settembre che valuterà la qualità dei progetti culturali proposti dalle singole associazioni.
La questione è tanto semplice quanto brutale: gli occupanti storici del centro sociale, così come gli operatori del vecchio circolo ARCI Giancarlo, al momento (o comunque a breve) non possono più contare sui loro spazi di riferimento. La novità consiste nel fatto che dovranno concorrere insieme ad altre realtà, e vincere il bando, per poter proseguire la loro attività, artistica culturale e di intrattenimento (parola che forse suona come una bestemmia alle orecchie dei diretti interessati).
Da quanto emerge dalle interviste, il destino di queste due esperienze storiche sembra segnato, o perlomeno ha quell’unica direzione di salvezza. Come si potrà sciogliere questo nodo gordiano? Difficile a dirsi. Personalmente non mi sento di fare il tifo per una esclusione a priori di CSA e vecchia gestione di Gianca (non vi sarebbe motivo alcuno per tale inutile accanimento): tantomeno mi sentirei però di augurarmi una qualche forma di salva-condotto, un corridoio preferenziale in nome del lucente passato. E questo proprio in virtù ed in coerenza con quanto affermammo quando scoppiò la polemica nel marzo scorso: Sistema Torino orgogliosamente rivendicò il successo dell’aver acceso i riflettori su questa vicenda, facendo emergere le potenziali criticità di quel fil rouge che legava i vecchi gestori dei locali all’Amministrazione comunale della città. Ora quei legami sembrano essersi spezzati (e per fortuna oserei aggiungere) e tutto sta accadendo alla luce del sole. Bene, anzi benissimo: quali sono i possibili sbocchi futuri? Il quadro poc’anzi delineato sembra rimandare a settembre il possibile esito della vicenda, quando verosimilmente (mi gioco la stessa birra di prima) gli “esclusi eccellenti” potranno rientrare in gioco dalla finestra del bando che premierà i progetti culturali migliori. Inutile dire che forse nessuno in città ha in mano delle carte così pesanti come quelle che possono calare sul tavolo CSA e Gianca: è un riconoscimento tanto scontato quanto ovvio. Altrettanto banale e sacrosanto è affermare che proprio questa scelta sarà il fulcro, l’anima e il cuore dei Murazzi 2.0 che verranno: da inguaribile ottimista idealista quale io sono, voglio immaginare questo processo decisionale come uno sviluppo che avvenga di fronte “alle luci della ribalta” e con un orecchio teso all’ascolto della volontà della cittadinanza tutta. Mi piacerebbe assistere ad una scelta pubblica priva di condizionamenti del passato e di vicinanze sistemiche tra i diversi protagonisti: se questo avverrà, sarà di sicuro giovamento per la città e per tutte le parti in causa, a prescindere da quanto ognuno di noi attualmente auspica e da quel che sarà l’esito finale.
Paolo Tex



2 - POLVERIERA MURAZZI 2015: C’E’ VITA DOPO GIANCA? Intervista all’Assessora Ilda Curti

I Murazzi - Torino
Luglio 2015, data storica del nuovo corso murazziano: ad inizio mese sono state assegnate le prime arcate tramite asta pubblica, altre concessioni verranno definite nei prossimi mesi. Una prima tappa certo difficoltosa, densa di problematiche e potenziali polemiche infinite. Non a caso la comunicazione dei vincitori dell’asta pubblica è stata preceduta da una sorta di “vademecum per una buona lettura” dell’esito politico, diramato dall’Assessora Ilda Curti: è un risultato parziale (assegnate sei arcate su otto previste per la parte commerciale), che verrà seguito dal bando di settembre relativo agli spazi a destinazione associativa/culturale e mista (commerciale non prevalente ma da reinvestire nelle attività associative). I concessionari sono associazioni/cooperative sociali e piccole società con soci giovani; tra questi vi sono almeno tre progetti belli ed innovativi (dal coworking ad aule studio con caffetteria, attività musicali live, all'affitto di bici e piccole imbarcazioni). Nonostante le voci che circolavano in città, non ci sarà alcuna gelateria (qualcuno paventava il rischio coni misto frutta al posto dei gin lemon da Gianca), nessun Eataly e una sola piccola arcata prevede una hamburgheria (nessuna major, sembra una piccola ditta individuale). Siamo al punto di partenza di una nuova era, quello di un coraggioso strappo col passato del quale Ilda Curti si assume, nel bene e nel male, tutte le responsabilità. Vediamo nell’intervista seguente attraverso quali modalità.

3 - POLVERIERA MURAZZI 2015: C’E’ VITA DOPO GIANCA? Intervista al Presidente Beppe “Grumbi” Melchionna

Il cuore della questione Murazzi palpita da sempre sul lato destro del fiume, verso il fondo: alle arcate 75-77 Giancarlo Cara decine di anni fa decise di aprire un locale che, nel bene o nel male, ha fatto la storia di questa città, soprattutto per quel che riguarda la cultura underground. Da qualche tempo a questa parte si è trasformato nell’epicentro delle polemiche estive relative a questa zona di Torino: nonostante sia stato chiuso quasi tre anni fa, il legame ancestrale tra questo posto mitico se non addirittura mitologico ed i suoi vecchi e nuovi frequentatori ha fatto in modo che Gianca rimanesse in qualche modo vivo. Anche alla faccia di chi, come me, scrisse articoli al vetriolo contro i rappresentanti della cultura, musicale e non, anni ’80-’90 sabauda che scesero in piazza parecchi mesi fa per chiedere che tutto rimanesse immutato a se stesso: il circolo ARCI rappresentativo del nostro amato lungo Po deve vivere, lo urlano in tanti. Per questo abbiamo deciso di andare ad intervistare il rappresentante storico, nonché Presidente in carica degli “Amici del Po” Beppe “Grumbi” Melchionna, che ha animato in questi mesi l’occupazione dei locali in aperta opposizione ai bandi comunali che stanno cercando in qualche modo di far ripartire da zero la vita che scorre da queste parti.

lunedì 20 luglio 2015

Dubitare per costruire: conclusioni su AREA - Festival Internazionale dei Beni Comuni

Inutile negarlo, inutile tergiversare, a Chieri dal 9 al 12 luglio si è parlato di politica. Se n'è parlato negli spazi pubblici del piccolo comune piemontese, nei cortili e per le strade, nelle piazze, sui binari e nei caffè. Si è ragionato insieme sui modi del vivere e produrre in comune, dubitando e costruendo. Un laboratorio di confronto, a cielo aperto, sulle forme della democrazia, sul concetto di proprietà, sul condividere e l'amministrare, sull'esercizio dei diritti, la generazione di valore sociale e il rispetto delle generazioni future.
Diverse e talvolta contrastanti le posizioni emerse, mature e decise nell'assumere come punto di partenza comune il rifiuto dei meccanismi privatistici, la deriva del neoliberismo produttivo e finanziario, la necessità di sottrarre hic et nunc il discorso politico alle logiche del mercato. Prezioso ogni contributo, dai palchi alle platee. Dalle chiacchiere sui prati, alle discussioni accese nelle ore notturne.

Quando non scrivo favolette per Sistema Torino mi occupo di rendicontazione sociale; il mio lavoro consiste nel far emergere, mettere a fuoco e analizzare i risultati prodotti dall'azione dell'uomo sulla società e sull'ambiente. E' il mio mestiere, nel mio caso malpagato e precario, a tratti ancora acerbo, ma è il mio mestiere. Tirare le fila dell'incontro di Chieri, rendere evidente quanto è stato generato, quali valori possono esser messi a patrimonio e da cosa si ripartirà domani dovrebbe risultarmi facile ma non è così. Il discorso sui Beni Comuni non è univoco, non è lineare. Ha implicazioni e sfumature che toccano il piano politico, giuridico, quello economico, sociale e culturale. Cogliere e restituire il portato dei discorsi di Chieri è complesso e questo perché quello dei Beni Comuni è un nuovo paradigma che non ha regole già scritte e non ha dogmi già riconosciuti, è un paradigma che si sta costruendo piano piano e con l'esperienza. La natura paradigmatica dei Beni Comuni, unita alla natura costituente, fa sì che i discorsi e le pratiche non si esauriscano in quattro idee coerenti e concluse ma implica, inevitabilmente un insieme di teorie, modelli, principi e pratiche in fìeri che hanno ricadute concrete in più settori i quali assumono, appunto, i Beni Comuni e la loro difesa a valore di riferimento.
Negli ultimi vent'anni molto lavoro è stato fatto nel nostro paese, dall'esperienza della Commissione Rodotà alle lotte per l'Acqua Pubblica, il referendum del 2011 e la sentenza della Corte Costituzionale contro il decreto Ronchi; la stagione delle occupazioni e il lavoro della Costituente dei Beni Comuni e, più recentemente, il lavoro sugli strumenti amministrativi che consentono la partecipazione dei cittadini nella cura, rigenerazione e gestione dei Commons.

In questi anni si è detto Bene Comune di quasi ogni cosa: la cultura, i saperi, le risorse naturali, il lavoro, la salute, la mobilità, la scuola, il territorio, realizzando a tratti un'identificazione quasi totale tra il dominio dei Beni Comuni e quello dei diritti. La sfiducia nei modelli di governo ci ha fatto dire Bene Comune di beni di cui si sarebbe dovuto dire Bene Pubblico lasciandoci sottrarre, almeno nei discorsi, all'uso privatistico anche statale, quei beni che sono di ciascuno di noi. In questi anni si è anche provato ad immaginare forme diverse di amministrazione mutuando, talvolta, forme giuridiche e processi di governance da altri paesi occidentali, paesi che hanno una storia diversa dalla nostra e che hanno avuto modo, prima di noi, di affinare gli strumenti di resistenza alle privatizzazioni speculative. Oggi parlare di Beni Comuni senza fare una riflessione sui Beni Pubblici non ha alcun senso. La categoria del comune non è sostitutiva e si colloca accanto sia ai beni pubblici che a quelli privati. Se recuperiamo la tassonomia della Commissione Rodotà scopriamo che comune non è una terza forma di titolarità ma è un cappello che non coincide né con ciò che è pubblico né con ciò che è privato. Comune definisce una categoria terza di beni e non di enti, la cui titolarità rimane in capo agli enti pubblici o ai soggetti privati, beni vincolati al perseguimento dell'interesse generale; se di titolarità pubblica, beni inalienabili e cedibili solo temporaneamente che vanno amministrati in maniera da garantire la massima accessibilità sia delle generazioni viventi che delle generazioni future

Come mai il discorso sui Beni Comuni si è allargato così tanto in questi anni? Come mai abbiamo smesso di parlare di Beni Pubblici e trattiamo ogni diritto come se non dovesse essere garantito dallo Stato? Perché e quando lo Stato e gli Enti pubblici sono diventati soggetti privati dotati del potere di svendere risorse e patrimonio? Dubitare, dubitare per costruire. Nei giorni di Chieri si è dubitato ma sul ruolo delle politiche di austerità nella demolizione del welfare pubblico non c'è nessun dubbio.
Gli interventi succedutisi durante il Festival sottendevano tutti un chiaro rifiuto del potere privatistico delle politiche pubbliche. C'è chi si oppone alle privatizzazioni invocando la Costituzione e chi demolendola, c'è chi invoca le riappropriazioni dal basso e chi lavora per umanizzare le amministrazioni, chi va a caccia di un imprenditore politico capace di fare dei Beni Comuni un manifesto e chi intercetta strumenti capaci di vincolare i beni agli scopi di utilità generale. Questo vuol dire per i Beni Comuni essere paradigma. Si tratta di lavorare su piani diversi anche apparentemente inconciliabili, lasciare che i discorsi penetrino e si radichino, muoversi da diverse prospettive in contesti differenti assumendo un solo ed unico valore come riferimento: la difesa dei Beni Comuni. Gli strumenti, i modi e i mezzi a difesa dei Commons non si collocano in una sola dimensione. A questo è servito Chieri: a dimostrare che le azioni dei movimenti, le forme di privato virtuoso, l'amministrazione condivisa e le politiche partecipative sono, nella difesa dei Beni Comuni, portatori di valori e disvalori e solo se lavorano in maniera sinergica e congiunta e solo se lavorano a partire da un ripensamento in primis di ciò che è e deve rimanere pubblico e di ciò che deve tornare pubblico e vincolato all'interesse di tutti, riusciranno a resistere e a raggiungere lo scopo comune. Ripensare i Beni Pubblici significa in primo luogo arginare le politiche di austerità e bloccare, ora e subito l'ondata delle privatizzazioni, significa garantire l'accessibilità e redistribuire i proventi. Prescindere da questo punto è un grosso rischio che farà sì che il discorso sui Beni Comuni divenga solo un altro strumento a servizio delle privatizzazioni, che farà sì che quelli che oggi chiamiamo Beni Comuni domani siano Privati e che quelli che chiamiamo diritti domani siano chiamati esternalità positive di prodotti di mercato, che quelle che chiamiamo persone domani siano consumatori o target di prodotto. O forse siamo già a questo punto. Allo stesso tempo sarà necessario scindere il discorso sui Beni Comuni da quello sull'esercizio pubblico e riconoscere che in quanto tali i Beni Comuni sono forme che, senza giustificare le privatizzazioni, si muovono sul terreno del diritto civile e hanno lo straordinario potere di riassettare il diritto privato su scopi d'interesse generale. 

Chieri è stato un confronto a cielo aperto che ha coinvolto migliaia di persone dalla provenienza più disparata, dal punto di vista geografico, politico e culturale. Il Festival dei Beni Comuni ha messo fianco a fianco ex cattivi maestri e cattolici praticanti, esperti di finanza e attivisti dei movimenti, amministratori pubblici e anarchici convinti.
Per costruire bisogna superare la paura senza smettere di coltivare il dubbio e bisogna farlo insieme.
Chiara Vesce



sullo stesso blog e' pubblicata inoltre la registrazione della lectio magistralis di Stefano Rodotà tenuta al festival di Chieri 



sabato 11 luglio 2015

12 LUGLIO, CHIERI - AREA: FESTIVAL INTERNAZIONALE DEI BENI COMUNI. Dubitare per costruire

Domenica 12 luglio ultimo giorno di condivisione a Chieri, ultimo giorno di dialoghi, scambio e riflessione. Ultime ore per portare i propri dubbi, le domande e le certezze in piazza. Le perplessità resteranno, è certo. Resteranno i dubbi sul vivere e produrre insieme in questo paradigma di pensiero in cui il profitto, la rendita, il PIL e la crescita sono più importanti dell'impatto prodotto. “Utopia è credere che si possa continuare a vivere così” si diceva nel cortile del Comune durante l'inaugurazione del Festival. I dubbi sulla sostenibilità del paradigma neoliberista resteranno e si moltiplicheranno ma accanto ai dubbi resterà anche la consapevolezza che un altro paradigma è possibile, che abbiamo già iniziato a pensarlo e a costruirlo e a viverlo insieme.

Ore 10:00 Sala Conceria Dalle lotte all’innovazione sociale. Esperienze di commoning dal Sud-Est Europa. Siamo soli? Chi coltiva e chi rigenera i Beni Comuni al di là dei confini nazionali? Il potere trasformativo dei movimenti sociali dell'area balcanica.
In contemporanea, nel Chiostro di S. Antonio L’economia politica delle generazioni future. Verso un nuovo paradigma. Ne discutono Andrea Baranes e Maurizio Pallante. Quali obiettivi e quali metriche usa la scienza economica tradizionale? L'utile, la crescita, il PIL sono parametri funzionali al benessere della collettività?

Dalle 12:00 alle 18:00 nella Sala Conferenze della Biblioteca Workshop a cura della Rete Francofona dei beni comuni. Condividere pratiche ed esperienze per la costruzione della Rete europea dei beni comuni urbani.

Alle ore 18:00, Michela Murgia, nel Cortile del Comune terrà la Lectio Magistralis: 2015, Odissea nello Spazio Urbano. Sulle città come spazio comune.

Ore 19.30 Cultura bene comune l'evento, atteso per il 9 luglio e rimandato all'ultimo giorno, vedrà Marco Paolini e Davide Ferrario in un confronto su cosa voglia dire produrre cultura nel nostro contesto sociale. Perché mai preservare la cultura per le generazioni future?

Chieri chiude il Festival dei Beni Comuni con Slurp! Di Marco Travaglio. Come ha fatto l'informazione a costruire consenso intorno ai distruttori del nostro paese? Il Cortile Comunale si farà Piazza per ancora una volta prima di reindossare l'abito istituzionale.

La giornata prevede molti altri incontri, dialoghi, scambi e riflessioni sia scientifici che culturali.
Peri programma completo della giornata: http://www.festivalbenicomuni.it/programma-12-luglio/
Per coltivare i dubbi invece, ci sarà ancora tempo. Dubitare insieme, dubitare tutti! 

giovedì 9 luglio 2015

11 LUGLIO, CHIERI - AREA: FESTIVAL INTERNAZIONALE DEI BENI COMUNI. Dubitare per costruire



Domandare, dubitare, chiedersi, discutere è tappa imprescindibile verso la costruzione di risposte, verso la trasformazione, verso l'affermazione di un nuovo paradigma. In questi giorni lo abbiamo detto, visto e vissuto.
La terza giornata del Festival Internazionale dei Beni Comuni si apre, come al solito, alle 9:30 del mattino con le colazioni musicali sul prato del Comune. Alle ore 10:00 il presidente di Labsus, Gregorio Arena, insieme a Pasquale Bonasora, Daniela Ciaffi e Fabio Ragonese racconteranno i nuovi strumenti amministrativi per la gestione dei Beni comuni. L'incontro, dal titolo I Regolamenti comunali per la cura e la gestione condivisa dei beni comuni, si terrà al Chiostro di S. Antonio. E' possibile ripensare gli enti locali come luoghi di coesione sociale piuttosto che come luoghi dell'austerity? Come legittimare le esperienze di condivisione al di là dei dispositivi di Stato e mercato? Possiamo e come dare esistenza ai Beni Comuni?
Sempre alle ore 10:00, nella Sala Conceria si parlerà di Beni comuni digitali con David Bollier, Simone Aliprandi e Federico Morando. Ci si domanderà come le dinamiche economiche si riflettono sulla rete. Se internet sia il regno del comune o del privato e come il paradigma dei Commons si interfacci con la dimensione digitale.

Dalle ore 11 alle ore 18:00, 2 passi nell'Area ex Tabasso. L'ex cotonificio - luogo di abbandono o di rigenerazione? - ora difeso dal Comitato Tabasso, potrà essere attraversato e rivitalizzato. Per le vistite: http://www.loscoprieventi.it/events/2-passi-alla-tabasso/

Alle ore 12:00 E' possibile una comunicazione benicomunista nell'era del pensiero unico? Carlo Freccero al Cinema Splendor. Comunicazione e Comune hanno la stessa radice lessicale eppure l'informazione e i suoi strumenti, sembrano generare uno scambio ad una dimensione. Come recuperare nelle pratiche della comunicazione le sfumature del linguaggio?

Alle ore 16:00 mentre nel chiostro di S. Antonio verrà affrontato il tema de La ripubblicizzazione dei servizi pubblici in Italia fra esperienze pilota e riforme neoliberali, nella Sala Conceria si discuterà di Community Land Trust con Matteo Robiglio, Kara Breems, Marco Riva e Orlando Sereno Regis. Modera Antonio Vercellone. E' possibile vincolare i Beni Comuni alle esigenze della comunità? Di quali strumenti disponiamo per difendere l'interesse delle generazioni future? Come andare oltre l'assurdo meccanismo della rendita?

Alle ore 18:00 l'attesa Lectio Magistralis: il cibo e l'etica dei beni comuni di Vandana Shiva. Chi determina le politiche alimentari? A chi spetta la sovranità su cibo e acqua? Da chi è prodotto e come il nostro nutrimento? A quale prezzo? Chi gode dei benefici del mercato alimentare?
Come ripensare la produzione, la distribuzione e il consumo di beni fondamentali nel paradigma dei Commons? La lectio si terrà alla tettoia di piazza Dante e sarà introdotta da Fabio Ciconte. Subito dopo alle ore 19:00, stesso luogo, si terrà l'Assemblea pubblica: pratiche di destituenza e di istituenza. L'incontro assembleare sarà un momento di confronto tra le Comunità che dal basso e spontaneamente hanno intrapreso in questi anni un percorso di rigenerazione e cura dei Beni Comuni. E' possibile costruire un'azione comune? Come valorizzare le singole esperienze in una prospettiva condivisa? Come mettere in comune le risorse e potenziare la rete?

Dai Canti autorali di Alessandro Nosenzo, alle Favole al telefono di Gianni Rodari. Dalla Serenata per pendolari dei Tetes de Bois, passando per le proiezioni al Cinema Splendor, fino al Reading/spettacolo “Fontamara” di Ignazio Silone. Il programma culturale della giornata sarà altrettanto ricco e intenso. Alle ore 20:00 nel Cortile Comunale 10% dei 100 violoncelli con Giovanni Sollima e Enrico Melozzi in un confronto su i beni comuni e i luoghi comuni della musica.

Dubitare serve, il dubbio ha potere trasformativo, bisogna dubitare per costruire.

Per i dettagli e il programma completo della giornata:
http://www.festivalbenicomuni.it/programma-2/

 (a cura di Chiara Vesce)

 

10 LUGLIO, CHIERI - AREA: FESTIVAL INTERNAZIONALE DEI BENI COMUNI. Dubitare per costruire


Giornata fitta di eventi quella del 10 luglio al Festival dei Beni Comuni. Giornata fitta di dubbi. Grandi i temi del giorno: dal territorio alla rigenerazione urbana, dal paradigma pubblico/privato alla questione tra trascendenza e immanenza, dai modelli relazionali alle prospettive possibili.
La seconda giornata del Festival sarà una nuova occasione per domandarsi e produrre insieme risposte comuni.

Cura o distruzione? Rigenerazione o sfruttamento? Quale politica, quale approccio, quale strategia, per il territorio? Quali conseguenze e quale impatto?
Il territorio sarà oggetto, a diverso titolo, di due incontri paralleli. Territorio Bene Comune si terrà nel Chiostro di S. Antonio alle ore 10:00 e si focalizzerà sullo spazio sociale come spazio da difendere dalla cementificazione e dalla speculazione. Gli invitati affronteranno l'argomento adottando un approccio teorico e multidisciplinare al tema della rigenerazione ecologica.
Sempre alle ore 10:00 ma nella Sala Conceria, il caso dell'Area Tabasso riporterà al centro la questione territorio. Il Bene rivendicato Comune dalla comunità chierese sarà oggetto di un incontro seminariale dal titolo: Verso l’istituzionalizzazione di un Bene Comune per le generazioni future. Quale regime proprietario per le aree industriali dismesse?
Cosa significa rigenerare le aree industriali in maniera coerente con il paradigma dei Beni Comuni? Come una comunità territoriale può progettare in maniera condivisa il futuro di un bene in disuso? Come si declina il concetto di proprietà nel nuovo paradigma? Tra i propositi dell'incontro quello di disegnare una road map partecipata per l'area Tabasso.

L'incontro: Pubblico e Comune nella gestione degli Spazi Culturali si terrà alle ore 12:00 negli spazi del Cinema Splendor. Ugo Mattei e Tomaso Monatanari ci guideranno attraverso il loro dialogo alla scoperta del modello di gestione più idoneo ai Beni Comuni culturali, confrontando il modello pubblico con il paradigma del comune.
I beni culturali stanno fuori o dentro il dominio dello Stato? Che modello di governance implementa il paradigma dei Commons? Quale accessibilità e quali benefici genera il modello pubblico? E quali il modello di governo comune?

Alle ore 14:30 si terrà, a parere di chi scrive, uno degli eventi più interessanti di tutto il festival: Bene Comune e Beni Comuni, tra trascendenza e immanenza.
Al di là della presenza, tanto discussa, di Toni Negri, che ha messo l'evento al centro dell'attenzione pubblica, l'incontro sarà animato dalla presenza di altre personalità autorevoli, intellettuali e studiosi di rilievo internazionale: Judith Revel, Pierre Dardot, Maurilio Guasco e Sandro Mezzadra. Modera Michele Spanò. Tema dell'incontro sarà la conciliabilità di due approcci apparentemente molto distanti tra loro per radici teoriche e ricadute politiche.
E' davvero conciliabile il principio trascendente del bene comune con le pratiche politiche, e di per sé immanenti, di una società che per esistere passa anche attraverso la conflittualità? Come si conquista e come si pratica il benessere della collettività? L'incontro, consigliatissimo, si terrà presso la Sala Conceria.

Alle ore 16:00 il programma prosegue con due appuntamenti paralleli. Sempre nella Sala Conceria si terrà Politiche estrattive e resistenza globale: dall'America Latina al cortile di casa, un confronto tra Gianni Vattimo e Gilberto Gil. Parallelamente nel Chiostro di S. Antonio si discuterà di Un progetto istituzionale non completato. I beni comuni e l’esperienza della Commissione Rodotà. I relatori, a partire dall'esperienza della Commissione Ministeriale del 2007 per la riforma del Codice Civile, s'interrogheranno sulle prospettive presenti e future di rilanciare il percorso, mai giunto a compimento, inaugurato dalla commissione Rodotà.

Alle ore 18:00, Stefano Rodotà terrà una lectio Magistralis su I beni comuni fra solidarietà e fraternità. Quali legami sociali produce il paradigma dei Beni Comuni, quali principi vigono nelle relazioni di scambio che il paradigma realizza? Se sottraiamo i Beni Comuni al dominio del mercato, inteso in senso neoliberista, quale modello di scambio produciamo? E come questo si riflette sulla dimensione sociale ed economica?

Alle ore 21:00 in Piazza Dante l'evento culturale più atteso del Festival: la prima italiana di Caetano e Gil, Two friends a Century of Music. Le corde vibreranno di sonorità brasiliane, Gilberto Gil e Caetano Veloso ci racconteranno in musica la storia di un amore comune.

La giornata prevede molti altri dubbi, molti altri incontri, sia scientifici che culturali. Per il programma completo della giornata: http://www.festivalbenicomuni.it/programma-10-luglio/
(a cura di Chiara Vesce)

mercoledì 8 luglio 2015

Luca Rastello: il ricordo di Guido Montanari

Pubblichiamo questo ricordo di Luca Rastello scritto dal Professor Guido Montanari. E' molto duro e molto vero, e si pone ad una distanza siderale dai alcuni pietosi e falsi coccodrilli pubblicati in questi giorni. Grazie Guido.

E’ morto un “cattivo”
Quando un personaggio di qualche notorietà muore si sprecano “coccodrilli” ed elogi funebri. E naturalmente questo è ciò che sta succedendo anche per Luca Rastello: in tanti a raccontare quanto era bravo, quanto era impegnato, quanto era amico, ecc. Pochi però ricordano quanto sia stato un personaggio scomodo, controcorrente, fastidioso e “cattivo”.
Pochi ricordano che il suo impegno contro le mafie è culminato nel prendere le distanze proprio da quel mondo del volontariato che aveva contribuito ad organizzare e che ha poi denunciato nel suo libro più “cattivo”: "I buoni", appunto . Pochi ricordano che Il suo impegno di giornalista sul campo di battaglia della Bosnia non si è limitato a denunciare gli orrori della guerra a due passi da casa nostra (da cui il suo libro forse più bello: "La guerra in casa") e a documentare la complicità vergognosa dell’Europa e delle superpotenze nella pianificazione del massacro, ma è diventato eroismo personale nel salvare la vita di decine di bosniaci. Nessuno poi ricorda che probabilmente il cancro che se lo è mangiato viene proprio da quel periodo passato a contatto con i proiettili all’uranio impoverito usati dai bombardieri della NATO che hanno ammazzato nel tempo decine dei nostri soldati, nel silenzio delle gerarchie militari e nell’affossamento degli esiti della commissione preposta alle indagini sul fenomeno.
Pochi ricordano che Rastello è riuscito ad ottenere dalla redazione nazionale del suo giornale di percorrere il tragitto Lisbona - Kief per verificare lo stato di avanzamento del “Corridoio 5” sul quale si basa la retorica dell’“ineludibile” necessità di realizzare la TAV, impegnando ingenti risorse pubbliche. E che di questo viaggio nel nulla ha tratto un libro reportage (Binario Morto, con Andrea De Benedetti) nel quale dimostra la sostanziale inesistenza e inutilità del corridoio e la sua mistificazione giornalistica e politica. Pochi ricordano gli innumerevoli incontri pubblici a cui è stato chiamato dal popolo dei NO TAV e le sue tante prese di posizione contro i politici disonesti e le politiche di distruzione dei servizi pubblici e dei beni comuni. Nessuno ricorda la sua visione critica del grattacielo della Banca Intesa e delle trasformazioni urbanistiche dei nuovi quartieri speculativi nati sulle aree industriali. Nessuno ricorda l’articolo dolente sulla Torino da città industriale a città degli eventi e delle Olimpiadi, pubblicato sulla rivista “Donna” che gli valse le ire da parte dell’allora sindaco Sergio Chiamparino. E nessuno ricorda la sua lontananza dai salotti “buoni” e dalla linea politica della redazione torinese del suo giornale, una delle più in sintonia con le visioni dei poteri locali.
Pochi ricordano che il suo romanzo Piove all’insu è forse uno dei più belli scritti sugli anni Settanta del secolo scorso, per la capacità di porsi al di fuori della consunta retorica “anni di piombo” vs. “utopia rivoluzionaria”, restituendo un quadro umano, quotidiano e antieroico degli anni più belli della sua generazione. 
Allora è necessario ricordare che un intellettuale e un giornalista degno di questo nome, non può che denunciare il potere e prenderne le distanze, non può che lottare per la verità, costi quel che costi. Non può che essere “cattivo”. Di questa "cattiveria" dobbiamo essere riconoscenti a Luca.
Guido Montanari



Recensioni - libri: I buoni, Caselli, Gramsci e il male

martedì 7 luglio 2015

9 LUGLIO, CHIERI - AREA: FESTIVAL INTERNAZIONALE DEI BENI COMUNI. Dubitare per costruire


Il paradigma dei Beni Comuni emerge dalla messa in discussione del modello neoliberista, dei suoi principi e dei suoi valori. La critica che il nuovo paradigma mette in atto investe allo stesso modo il privato speculativo e lo Stato nelle sue forme neoliberiste. Il paradigma dei Beni Comuni nasce, dunque, dalla messa in dubbio del meccanismo delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni, dalla critica a un modello che vede il potere organizzato in senso verticista ed esclusivo a cui chi difende i Beni Comuni oppone meccanismi di diffusione del potere e inclusione.
In mezzo secolo di riflessioni sui Beni Comuni non si è prodotta una teoria dei Commons ma domande a migliaia a cui si sta tentando di rispondere attraverso le pratiche ancor prima che attraverso un impianto teorico unitario. Il Festival di Chieri rappresenta la possibilità di domandarsi e mettere in discussione, di dubitare insieme, primo passo verso la costruzione di un paradigma condiviso.

L'Inaugurazione della prima edizione di Area: Festival Internazionale dei Beni Comuni sarà alle ore 18:00 di giovedì 9 luglio nel Cortile Comunale. Chieri parte dal territorio con l'introduzione musicale della Corale Civica Musicainsieme.

Alle ore 18:30 si terrà l'Incontro di apertura: Beni comuni, un dialogo per le generazioni future con Gustavo Zagrebelsky e Salvatore Settis.
Come preservare il patrimonio comune al di là di noi stessi? Come vincolare i nostri beni alla produzione di benessere per le collettività presenti e future? Come sottrarre alle dinamiche di mercato e all'instabilità del potere politico il destino dei beni che permettono l'esercizio dei diritti fondamentali della persona? Domande, dubbi, quesiti che non esauriscono affatto ma introducono solo le domande che ci attraverseranno nei giorni di Chieri.

Il programma del 9  procederà in serata incrociando musica, cinema e teatro attraverso i canti sociali di Claudio Cormio, la presentazione del progetto del Teatro Valle, Tutto il nostro folle amore, e la prima europea di Art War, pellicola sulla primavera araba e sul potere guerrigliero dell'arte.


La giornata prevede molti altri dubbi, molti altri incontri, sia scientifici che culturali. Per il programma completo: http://www.festivalbenicomuni.it/programma/

venerdì 3 luglio 2015

Quando lo sfratto è dietro l'angolo


Camminando per le strade della città, s'incontrano qui e là persone che dormono sui marciapiedi. Ricordo che una volta, da bambina, stupita dalla cosa, chiesi a mia madre perché quelle persone dormissero così, buttate lì, per la strada. Lei mi rispose che purtroppo non avevano una casa.

Per tanti anni, durante l'infanzia, pensai che io non avrei mai voluto dormire in mezzo a una strada. E ricordo ancora oggi con quanta gioia quella notte m'infilai sotto le coperte, felice di andare a dormire nel mio letto. Una cosa strana, perché ero solita, invece, fare storie.
Oggi ho trent'anni e ancora adesso ogni volta che rientro a casa incontro due o tre persone che passano la notte in strada, persone che noi chiamiamo "senza tetto". Adesso però la domanda che mi faccio è un'altra: quale differenza c'è tra me e loro? Io che a stento ho un reddito, che se dovessi camminare sulle mie gambe da sola non ce la potrei fare.
Penso che il nocciolo di ciò che ci distingue sia la fortuna, tramite cui la vita ci dà o ci toglie.
Io ne ho molta, perché la mia famiglia mi sostiene e aiuta a fare ciò che desidero, nel limite del possibile. La chiave sta tutta in quello: se non ci fosse lei, la famiglia, anche io a quest'ora sarei una senza tetto. E non provo vergogna alcuna a dirlo, perché è un semplice dato di fatto.
Il mondo in cui viviamo è esplicitamente spietato. Se qualcosa va storto, è un attimo perdere il lavoro, non potersi più permettere di pagare l'affitto o il mutuo e ritrovarsi alle interminabili code dello Sportello abitativo del Comune. Che a Torino pare funzioni parecchio male, ma lo stesso accade anche a Milano, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e in tante altre città.
Insomma in quest'Italia pare non ci sia spazio per chi incontra difficoltà sul proprio cammino.
A rincarare la dose ci si mettono poi il Governo Renzi e la politica degli sfratti, che viene applicata come fosse il verbo.
A Torino sono più di 75.000 gli appartamenti vuoti, più di 4.500 le famiglie che nell'ultimo anno sono rimaste senza casa. E ogni settimana il tribunale mette all'asta circa 300 appartamenti alcuni dei quali partono da una base d'asta di un valore minimo (ridicolo?) di 5.000 euro: possibile? Da questo punto di vista la Torino città del grande evento è il peggior esempio in Italia come qualità di cura e tutela dei propri cittadini.
Questi sono dati che nessun sindaco che si ricandida sventolerà mai durante la  campagna elettorale, ancor meno uno come Piero Fassino che regge il gioco renziano in maniera esemplare.
Per cercare di dare una possibilità concreta a tutte queste famiglie in emergenza abitativa ci sono gli sportelli "non autorizzati", come il Prendocasa del Centro Sociale Askatasuna ad esempio, il quale di recente ha occupato, con più di 30 nuclei famigliari composti da genitori e figli (molti di loro davvero piccini),  uno stabile in via Bardonecchia 151 ridenominato Spazio Popolare Neruda.
Ma non si tratta di un edificio qualunque. Lo stabile è stato di proprietà del Comune di Torino fino al 2013, quando l'ente ha deciso di venderlo alla Cassa Depositi e Prestiti, società per azioni finanziaria partecipata dallo Stato all’80% la quale a sua volta lo ha messo in vendita, con ben tre aste pubbliche andate però deserte. Ora l'immobile è vuoto da ormai qualche anno e in preda agli evidenti inizi di decadenza strutturale. Si presenta dinnanzi ai nostri occhi quindi l’ennesima speculazione, nonché l’ennesima immensa contraddizione:  da un lato gli stabili sono vuoti e dall’altro ci sono persone senza casa.
Le famiglie che ora vivono in via Bardonecchia 151, dopo un lungo percorso ricco di sfortune e disperazioni, hanno di nuovo un posto in cui poter riprovare a sorridere, riposare e  fare nuovi progetti.
C'è chi dice che l'uomo senza progetti muore. Com'è possibile, mi chiedo io, infatti, progettare se si è costretti a dormire in un'auto o per strada?
La vita però non è solo fatta di fortuna o di sfortuna, ma anche di possibilità negate: e oggi, nel 2015, ci troviamo di fronte a un neoliberismo sfrenato che indebolisce sempre di più chi già è  debole e  rafforza e arricchisce chi invece ha davanti a sé molte possibilità di sviluppo personale.
Così nella nostra città, in questi giorni, sulla vita di quelle famiglie che allo Spazio Popolare Neruda con fatica hanno trovato un posto in cui ricominciare a immaginare un futuro, pende la minaccia di uno sgombero ventilato dalla Prefettura. Con quale pretesto poi: la mancanza, nella struttura, dell'acqua, un bene comune basilare ma negato a chi già non possiede nulla.
E' dunque questa la politica cittadina cui ci troviamo di fronte, fatta da volti che si nascondono dietro a un dito: e spingere per uno sgombero con un pretesto del genere anziché farsi carico del fatto oggettivo che queste famiglie necessitano di una casa in cui vivere, è un atto volgare.
Così la ruota riprende a girare, per cui chi già non ha nulla poi si ritrova nuovamente senza un tetto e senza prospettive.
Ultimamente mi domando in che modo si può contribuire per cercare di fermare tutto questo e chissà che qualcuno di voi possa sentire sue le mie parole. So che ogni giorno si può andare allo Spazio Popolare Neruda per svolgere delle attività che aiutino quelle famiglie, so che si può lottare contro questa amministrazione comunale e contro questo Stato che si approccia alle persone come fossero oggetti. E francamente penso che siano gli unici strumenti vivi che tengano alto il livello di auto-determinazione, che deve essere tale come contrapposizione all'austerity che ogni giorno, sempre più totalizzante, si para dinnanzi alle classi più povere.
Sabato 4 luglio pomeriggio, alle ore 17.00, è stata indetta una manifestazione che percorrerà le vie del quartiere Pozzo Strada, per dare voce alle famiglie che già vivono in via Bardonecchia 151 e anche a tutte le altre che ogni giorno sono vittime di sfratti.
Essere presenti a questo appuntamento, anche se si possiede una casa, è un gesto di responsabilità importante e spero che come me ci sarete anche voi perché la casa è un diritto fondamentale.
Roberta Bonetto


Comunicato dello Sportello Prendocasa  
Pochi giorni fa avevamo dato notizia della nuova occupazione di uno stabile in via Bardonecchia 151 a Torino, che da spazio abbandonato da tempo è diventato una casa per decine di famiglie sotto sfratto o in difficoltà economiche. In questi giorni sono iniziati i lavori di ristrutturazione per renderlo abitabile, nell’ormai consueto silenzio assordante delle istituzioni che in una delle città col più alto numero di sfratti annuali continua a nascondere la testa sotto la sabbia e a mandare avanti la forza pubblica invece che prendersi le proprie responsabilità di fronte a un’emergenza abitativa dilagante. 
È infatti notizia delle ultime ore che la Prefettura di Torino starebbe procedendo per autorizzare e organizzare lo sgombero della palazzina con la scusa della mancanza di acqua corrente, rimettendo così per strada decine di famiglie, molte delle quali con bambini piccoli. Una decisione inaccettabile e irresponsabile di fronte alla quale le famiglie occupanti, assieme allo Sportello Prendocasa, hanno già annunciato di volersi opporre.
Una decisione che puzza inoltre di speculazione, poiché è noto che il Comune di Torino, per coprire i disastrosi buchi di bilancio, ha intenzione di procedere a una nuova ondata di vendita e cartolarizzazioni di stabili di sua proprietà alla Cassa Deposito e Prestiti, che detiene tra gli altri anche l’edificio occupato di via Bardonecchia. 
Per opporsi allo sgombero gli/le occupanti invitano ad attraversare e conoscere lo spazio e portare solidarietà. Da domani si apriranno tre giornate di iniziative che culmineranno in un corteo per le vie del quartiere sabato 4 luglio, con appuntamento alle 17 davanti allo spazio popolare Neruda – Pozzo Strada.
Per maggiori informazioni rimandiamo alla pagina dell’occupazione, mentre per chi volesse sostenere lo spazio servono materassi e materiale per la cucina. Basta sfratti, basta sgomberi! Difendiamo lo Spazio Popolare Neruda, casa per tutti/e!


Spazio Popolare Neruda su Facebook

                                                                                                 

giovedì 2 luglio 2015

Verso i giorni dei Beni Comuni: Chieri, 9-12 luglio, Commons Festival


...e verranno i giorni dei Beni Comuni e saranno felici. Sulle colline di Chieri, tra Torino e il Monferrato dal 9 al 12 luglio ci si prepara all'avvento. Il piccolo Comune del torinese, scarsi 37.000 abitanti, per quattro giorni si farà scenario internazionale, campo di addestramento verso i giorni gioiosi in cui i Beni Comuni saranno legittimamente e definitivamente tutelati e difesi da tutti.

La prossima settimana Chieri si animerà di incontri, tavole rotonde, musica, cinema e spettacoli teatrali. Saranno giorni di parole e riflessione a cui parteciperanno intellettuali e artisti di rilievo nazionale ed internazionale. Il programma della prima edizione di AREA- festival internazionale dei Beni Comuni si sviluppa seguendo due filoni principali: quello culturale e quello scientifico, incrociando saperi, economia, politica e diritto. Dal 9 al 12 luglio, dalle 9 del mattino fino a notte inoltrata, Chieri sarà luogo di socialità diffusa, d'incontro e di confronto dove anche i più piccoli avranno degli appuntamenti dedicati.

L'espressione 'Beni Comuni', secondo Ugo Mattei “la sola parola chiave messa all'ordine del giorno dal popolo e non dal capitale in questi ultimi vent'anni”, trova sempre più diffusione in contesti semantici trasversali quando non opposti. Contesti che tendono ora a promuovere, ora ad appiattire il valore di quello che ormai va considerato un nuovo paradigma socio-politico. Il tema dei Beni Comuni e le sue implicazioni saranno oggetto di analisi e approfondimento del festival.
Tra gli ospiti: Gustavo Zagrebelski, Salvatore Settis, Marco Paolini, Toni Negri, Stefano Rodotà, Marco Travaglio, Pierre Dardot, Judith Revel, Vandana Shiva, Gilberto Gil e Caetano Veloso. Semplicemente impossibile stilare una lista completa degli invitati. Accanto ad artisti e intellettuali siederanno le comunità nazionali ed internazionali dei Beni Comuni: i comitati e i movimenti che in questi anni hanno concretizzato il concetto di Commons porteranno in piazza le loro esperienze di cura e rigenerazione di beni urbani e rurali. I più giovani verranno guidati alla scoperta del nuovo modello, modello destinato ad affermarsi al di là delle differenze, per realizzare territori sostenibili, attenti alle generazioni future, spazi di diritti e partecipazione, di valori, cura condivisa e collaborazione. Chieri, in attesa dei giorni felici, si prepara e inizia a costruire e praticare uno spazio di condivisione sul tema dei Commons.

Per scoprire il programma completo: http://www.festivalbenicomuni.it/

Sistema Torino ci sarà e vi invita a partecipare, ma non tema chi non potrà esserci perché oltre a segnalarvi gli eventi che riteniamo più rilevanti vi racconteremo quanto accadrà sulle verdi colline di Chieri.
                                                                                              Chiara Vesce


mercoledì 1 luglio 2015

TOMASO MONTANARI SOSTIENE EXPORTO 2022



Tomaso Montanari è storico dell’arte e blogger seguitissimo per Il Fatto Quotidiano: una illuminata voce del nostro Paese che ha deciso di sostenere il progetto “EXPORTO 2022”. E spinge tutti a farlo attraverso il necessario “mecenatismo popolare”, il crowdfunding, perché è per noi che tutto questo viene fatto. Per combattere coi nostri mezzi, e comprarci quel che la Costituzione considererebbe già nostro.
Egli cita Sistema Torino come luogo in cui incontrarsi e parlare, dibattere, avere un confronto, comprendere quel che sta succedendo.
Montanari ci riempie il cuore di orgoglio e commozione vera quando utilizza la parola "resistenza" associata a Sistema Torino: pronunciata da un uomo che è stata nominato "Partigiano della Costituzione” dall'ANPI ha un valore particolare, unico e coinvolgente.
Lasciatevi coinvolgere anche voi, seguite il consiglio del Professor Montanari e sostenete il nostro, il vostro spettacolo teatrale: EXPORTO 2022!