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martedì 28 giugno 2016

ARCHIVIATO - L'obbligatorietà dell'azione penale in Valsusa

Amici sistemisti vi segnaliamo la presentazione del documentario "ARCHIVIATO - L'obbligatorietà dell'azione penale in Valsusa" che si terrà a Torino martedì 5 luglio 2016 alle ore 20.30 alla GAM.
Dopo la proiezione ci sarà un dibattito con gli interventi di: Marco Revelli e Enrico Zucca, magistrato, già PM nel processo Diaz, G8 di Genova. Coordina il nostro amico Maurizio Pagliassotti. 
Crediamo che sia importante vedere questo documentario per toccare con mano - soprattutto per il pubblico torinese troppo distante dalla Valle - che cosa accade all'interno delle aule del Tribunale di Torino.

Il video, che ha fruito della collaborazione, tra gli altri, di Elio Germano come voce narrante, nasce dall'esigenza di raccontare uno dei molteplici risvolti giudiziari legati alla lotta popolare valsusina. 
Come in tutte le aree di acuito conflitto sociale la contrapposizione, ed a volte lo scontro fisico, tra coloro che protestano e le forze dell’ordine determina l’intervento dell’Autorità Giudiziaria chiamata a perseguire gli autori di condotte violente o comunque illecite da chiunque agite, manifestanti o agenti di polizia.
L’art. 112 della Costituzione sancisce che “il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”: ciò significa che la Procura è tenuta ad indagare su ogni notizia di reato venga denunciata o giunga alla sua attenzione e che ha poi il dovere di chiedere al giudice di verificarne, in un pubblico processo, la fondatezza.
Tale principio è posto a garanzia dell’uguaglianza dei cittadini ed ha lo scopo dichiarato di eliminare ogni possibile valutazione discrezionale del Pubblico Ministero sulle notizie di reato che pervengono alla Procura della Repubblica.
Naturalmente tale imprescindibile obbligo trova un ovvio e giustificato temperamento nella possibilità del Pubblico Ministero di richiedere l’archiviazione di un procedimento penale tutte le volte in cui le indagini che ha svolto abbiano accertato l’infondatezza della notizia di reato o l’impossibilità oggettiva di attribuirla ad un autore.

L’idea del filmato nasce dalla constatazione di come gli illeciti commessi da agenti e funzionari di pubblica sicurezza ai danni di manifestanti o fermati, ampiamente documentati dai media, non determinino i medesimi esiti giudiziari di quelli commessi dai manifestanti.

Nel contenuto ma emblematico contesto valsusino tale discrasia assume caratteri macroscopici: centinaia di denunce e procedimenti penali avviati nei confronti di attivisti e simpatizzanti del Movimento Notav, anche e soprattutto per reati bagatellari, trovano immancabile sbocco in processi e sentenze, mentre le decine di querele, denunce ed esposti per gli abusi compiuti dalle forze dell’ordine, anche gravemente lesivi dei diritti e dell’incolumità dei manifestanti, non sono mai giunti al vaglio di un processo.

Il documentario “ARCHIVIATO. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa” affronta dunque il delicato tema della tutela giudiziaria delle persone offese dai reati commessi dagli agenti e dai funzionari appartenenti alle varie forze dell’ordine e per farlo si avvale di immagini e documenti, per lo più inediti.
Il filmato, all'inevitabile e drammatica rappresentazione delle violenze subite dai manifestanti nel corso delle operazioni di ordine pubblico condotte dalla polizia in Valsusa, fa seguire la narrazione del successivo iter processuale sino al suo disarmante e preoccupante epilogo.

Il lavoro è stato realizzato con il patrocinio di cinque associazioni: Controsservatorio Valsusa; Antigone - per i diritti e le garanzie del sistema penale;    A buon diritto - associazione per le libertà;   Associazione Nazionale Giuristi Democratici; L'altro diritto - Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità. 






mercoledì 2 dicembre 2015

LA LOTTA NO TAV NON E' TERRORISMO: è giunta l'ora di deporre le armi?


C'era una volta un Paese che per cercare di sedare le proteste legittime di una Valle decise non di affidarsi ai classici strumenti della politica (ascolto, dibattito, risoluzioni prese sui numeri e non sugli interessi) ma decise che il CASO VALSUSA doveva finire nelle mani di polizia e magistratura.
E così accadde. La politica se ne lavò le mani. La polizia manganellava e intossicava i manifestanti con i gas CS.
Per completare il quadro repressivo intervenne la Signora Magistratura.
Arrivarono gli arresti, le perquisizioni, i fogli di via, le restrizioni delle libertà personali.
Ma la gente non mollava, forte della bontà delle sue ragioni.
Quindi un giorno Stato, Magistratura e Polizia dissero: "proviamo con il Terrorismo”!
Lo spauracchio, la parola che evoca i periodi più bui del nostro paese. Nella loro testa quella poteva essere la carta vincente per stroncare la protesta della Valsusa.
Così un danneggiamento ad un compressore finì per essere definito un atto terroristico.
Ed è così che 4 ragazzi si fecero il carcere duro per un anno, e altri tre sono ancora alle prese con questo processo.
Un anno fa il Tribunale smontò l’impianto accusatorio della Procura di Torino e condannò gli attivisti per danneggiamento. Niente terrorismo. Ma la Procura, non doma, porta avanti questa sua battaglia, quella di cercare di stroncare la protesta no tav, in questi giorni infatti si apre il processo d’appello per i 4 ragazzi.
La Cassazione ieri si è pronunciata nuovamente su questo caso. Quegli atti non volevano fare del male alle persone ma danneggiare i mezzi. Per questa ragione la Cassazione ha respinto il ricorso della procura di Torino contro l’ordinanza del Tribunale della libertà che aveva disposto la scarcerazione dei tre attivisti No Tav accusati di attentato per finalità terroristiche.
Fuori dalle aule torinesi si respira evidentemente un altro tipo di aria. Dove forse il potere giudiziario rimane all’interno delle proprie competenze.
Forse è ora che la politica riprenda in mano seriamente il dibattito sull’utilità della Torino – Lione, mettendo da parte gli interessi delle lobby, per tornare così ad occuparsi veramente degli interessi di questo Paese.
Luana Garofalo

giovedì 12 novembre 2015

TPP: Caselli completamente fuori tema.

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Ieri Repubblica ha pubblicato un articolo di Giancarlo Caselli in cui l'ex procuratore capo della Procura di Torino commenta e fornisce la sua opinione sulla sentenza emessa dal Tribunale Permanente dei Popoli. Un intervento dall'impianto accusatorio molto debole. 
Ma prima di entrare nel merito è utile contestualizzare cosa sia il Tpp. Nasce a Bologna nel 1979 come diretta prosecuzione del Tribunale Russell, che nel 1967 si espresse sui crimini in Vietnam e nel 1974-76 sulla dittatura cilena. “Per volere dei popoli e delle vittime latinoamericane, l’occasionalità del Tribunale Russell – si legge sulla scheda informativa del Tpp - fu trasformata in tribuna permanente di denuncia per le collettività che si fossero trovare a sperimentare l’assenza e l’impotenza del diritto internazionale”.
Il suo operato si basa sui principi espressi dalla Dichiarazione universale dei diritti del popoli del 1976 e sugli altri strumenti internazionali di protezione dei diritti umani. Il suo funzionamento è semplice. Ogni sessione deriva da una specifica richiesta fatta dalla parte lesa insieme agli attori della società civile, che viene vagliata attentamente dal Tribunale stesso prima di essere messa in cantiere.
Le sessioni sono articolate da più udienze tematiche e sono pubbliche. Le parti accusate vengono avvisate dal Tribunale per essere invitate alla presenza e alla difesa, cui viene riservato uno spazio specifico.

La sentenza emessa, essendo il Tpp un tribunale d’opinione, non ha alcun effetto giuridico. Sono state più di 40 le sessioni in cui il Tpp si è occupato di violazioni di diritti in varie parti del mondo, anche decisamente più gravi di quello che è capitato e capita tutt’oggi in Val di Susa.

La sessione appena conclusa domenica scorsa ad Almese si è occupata di “Diritti fondamentali, partecipazione delle comunità locali e grandi opere”, ed è andata a indagare attraverso numerose testimonianze se siano stati violati i diritti di informazione e partecipazione nei processi decisionali che portano gli Stati a realizzare le cosiddette grandi opere. I giudici hanno ascoltato vari attori in gioco: amministratori, tecnici, avvocati e attivisti.
La parte accusata ha rinunciato a difendersi. 

Ma cosa hanno ascoltato i giudici? I sindaci hanno raccontato la storia dell’Osservatorio, dell’accordo di Pra Catinat, di come siano stati estromessi dal tavolo le amministrazioni No Tav. I tecnici hanno raccontato di come i dati siano stati sistematicamente ignorati, gli attivisti di come abbiano subito la repressione e gli avvocati di come siano stati condotti i processi, dal reato di terrorismo e all’uso spropositato delle misure cautelari. 
Nel suo articolo Caselli non prende in considerazione né il funzionamento né soprattutto lo scopo stesso di questa sessione: decidere se i diritti fondamentali delle comunità locali fossero stati violati oppure no. 
Numerose sono state le violazioni di alcune convenzioni internazionali, come quella di Aarhus del 1998 sull’informazione e partecipazione dei cittadini in materia ambientale. 
Il Tpp non doveva giudicare il comportamento dei manifestanti, su cui si sofferma in maniera spasmodica l'ex magistrato. Ripetiamo, doveva verificare se i governi avessero coinvolto nel modo corretto le popolazioni locali nei processi decisionali. 

In fondo, tra le sue raccomandazioni, il Tpp ha invitato lo Stato italiano a riaprire un vero tavolo di confronto in cui venga presa in considerazione l’opzione zero, cosa che non accadrà al prossimo tavolo Delrio, dove gli amministratori vengono invitati a partecipare ma senza mettere in discussione la linea Torino-Lione.
Invece. l’ex procuratore capo parla di altro nel suo articolo, definendo questo importante Tribunale “sedicente”, di fatto mettendone in discussione legittimità e autorevolezza, ma senza mai entrare nel merito della sentenza. 
Si lascia andare spesso, nei toni e nei termini dimostrando di non aver abbandonato la linea di pensiero che lo ha accompagnato nella fase finale della sua carriera come capo della Procura della Repubblica di Torino.

Luana Garofalo

Ecco l'articolo a firma Caselli:




lunedì 9 novembre 2015

"In Valsusa si sono violati i diritti della popolazione": la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli.


Il Tribunale Permanente dei Popoli ha emesso la sua sentenza: in Valsusa si sono violati i diritti dei cittadini, in riferimento alle prassi di coinvolgimento nei processi decisionali e nella libertà di parola ed espressione.
Ieri il teatro Magnetto di Almese era stracolmo di persone in trepidante attesa del pronunciamento. Una sentenza e una sessione storica perché per la prima volta questo importante Tribunale di opinione si è espresso su “Diritti fondamentali, partecipazione delle comunità locali e grandi opere”.

Accanto alla sentenza il Tribunale ha emanato delle raccomandazioni nei confronti degli stati coinvolti chiedendo una sospensione dei lavori, un tavolo vero di confronto in cui venga presa in considerazione l’opzione zero, la cessazione dell’occupazione militare e della criminalizzazione del dissenso.
Dal 5 al 7 novembre si sono succeduti sul banco dei testimoni attivisti, sindaci, avvocati, ingegneri, naturalisti. Non si è parlato solo di Valsusa ma anche di tanti casi analoghi sparsi in Italia ed Europa: Muos, Mose, le trivellazioni, il passante ferroviario AV a Firenze, il TAV in Francia e nei Paesi Baschi, la miniera a Rosia Montana in Romania, la nuova stazione ferroviaria a Stoccarda, solo per fare alcuni esempi.

Ah no, dimenticavamo anche il Ponte sullo Stretto, magicamente risorto dal Capo Renzi, proprio durante la seconda giornata di lavori. Sembrava quasi una barzelletta invece era la triste realtà.

I denominatori comuni delle realtà che hanno portato la loro testimonianza sono l’imposizione dall’alto di questi grandi progetti, che vengono decisi sulla testa dei cittadini che si organizzano in sistemi di lotta e resistenza, subendo la repressione e la criminalizzazione.  

Per questo motivo la sentenza pronunciata ieri, se pur nel sostanziale silenzio o ridimensionamento dei media, ha un valore importante a livello europeo e mostra questa nuova forma di colonialismo che sta contagiando l’Europa: quello delle lobbies interessate alle Grandi Opere.
Quelle grandi opere propagandate come essenziali per l’interesse generale che si scontra così con quello particolare, quello delle comunità.
 Ma dove sta l’interesse generale? Il 7 dicembre 2005 durante le giornate più calde in Valsusa  Luciano Gallino sulle pagine di Repubblica si interrogava proprio su questo tema, se l’interesse particolare in questo caso potesse essere d’aiuto all’interesse nazionale. Tutto sempre di grande attualità-

E la controparte? Telt nella persona di Virano e Foietta per l’Osservatorio hanno deciso di non partecipare, di non presentarsi per difendersi e portare con loro numeri e prove della necessità di realizzare la Torino-Lione. Le scuse sono le più svariate. Ma quello che conta è il dato di fatto: ancora una volta i proponenti dell’opera si sono sottratti al confronto pubblico e per di più di fronte a un Tribunale d’opinione così importante. Hanno anche provato a ridimensionare il valore di questo tribunale, ma forse è bene studiare la storia del Tribunale Russell prima di giungere a conclusioni affrettate.
 Facendo così hanno dimostrato ancora una volta come il dibattito e il confronto non siano attività proprie di chi propaganda il TAV da decenni.
Quello che rimane impresso è l’emozione delle centinaia di valsusini accorsi ieri ad Almese: il senso di una popolazione che ancora lotta testardamente, forte della bontà delle sue posizioni.  

Per leggere il dispositivo della sentenza potete cliccare qui

Sul sito del Controsservatorio Valsusa troverete i resoconti giornalieri delle varie testimonianze: http://controsservatoriovalsusa.org/
Per conoscere la storia e le sentenze passate del Tribunale permanente dei Popoli potete cliccare qui:

sabato 26 settembre 2015

Torino - Lione: che succede in quel cantiere?

Da oltre più di vent’anni i lavori legati al megaprogetto Alta Velocità in Italia è stato circondato da una nebulosa di malaffare, devastazione ambientale, corruzione, costi gonfiati, manipolazione dell’informazione e, nel caso della Valsusa, anche di repressione.

Si sono scritti decine di libri sul tema, c’è stata qualche inchiesta della magistratura, poche le condanne. A fare da cane da guardia all'affaire Torino-Lione c’è sempre stato il movimento No Tav che da oltre vent'anni, senza retorica, ha denunciato e documentato gli strani interessi che giravano al cantiere della Maddalena, gli strani affidamenti agli amici degli amici. Lo ha fatto mentre subiva una pesante repressione, mentre i media, la politica e la magistratura costruiva l'immagine del No Tav black bloc e terrorista. Tutto questo mentre in quel cantiere, lassù tra i monti, accadevano cose strane, intervallate da passerelle mediatiche del politico di turno. Tipo Fassina. Fassina chi?

Ieri sui maggiori quotidiani nazionali è uscita la notizia di un’informativa dei Ros che cita i maggiori protagonisti del partito Si Tav: Stefano Esposito, Paolo Foietta, Marco Rettighieri, Luigi Massa, Antonio Ferrentino, Ferdinando Lazzaro. Insomma, un bel gruppetto: il senatore, il geometra, il presidente di sempre, un riciclato politico, l’ex notav, l’imprenditore con precedenti.
Nell’informativa dei Ros Ferdinando Lazzaro, imputato nel processo “San Michele” sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte riuscì a far “intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf” sui lavori della Torino – Lione. I fatti risalgono al 2012.

Come si legge sul Fatto Quotidiano,  Esposito “avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di Lazzaro, che si lamentava della «posizione poco indulgente adottata da Cmc nei loro confronti» per l’ottenimento del movimento terra. La questione emerge in una  intercettazione tra Lazzaro e un altro importante imprenditore della Val di Susa Claudio Martina e quelle con Luigi Massa“.
Il percorso che farà la magistratura alla luce di questo documento dei Carabinieri è tutto da vedere...

Il movimento No Tav ha denunciato questi strani incroci e soprattutto ha individuato chiaramente i personaggi che albergano in quella nebulosa. I Valsusini hanno avuto ragione da sempre e oggi c’è stata l’ulteriore conferma della bontà della sue ragioni: quella linea non s’ha da fare.

Repubblica Torino chiede a Esposito che posizione ha ora sulla Torino Lione: “Sempre la stessa, a favore e a maggior ragione”. Ecco, non avevamo alcun dubbio. 

martedì 30 giugno 2015

Mario, Carabiniere con il casco "La Tav? Non so per cosa lavoro"

Stamattina ci siamo imbattuti in un articolo del corriere.it in cui viene pubblicata un' intervista ad una sedicente manifestante, non meglio identificata come Black Block, che pare non avere le idee chiare sulla manifestazione a cui ha partecipato sabato a Chiomonte.
A quanto pare, Mara (la ragazza intervistata) è venuta per tirare delle pietre alla polizia, azione che potrebbe certamente fare in maniera più comoda recandosi al commissariato più vicino alla sua abitazione rispetto che a Chiomonte (pare sia di Roma), un particolare non da poco, a nostro avviso, è difficile farsi 800 km senza sapere dove si sta andando, soprattutto in un luogo, come la Val Susa, dove la protesta e i movimenti di opinione sono famosi a livello nazionale ormai da almeno 10 anni.. Ma queste sono altre considerazioni; quello che troviamo interessante è la pragmaticità di questo articolo.
La pragmatica della comunicazione è quella materia che studia i messaggi comunicativi dal punto di vista di "che cosa vogliono ottenere" e non si sofferma su "che cosa viene detto" nell'azione comunicativa.
A nostro avviso questa persona (Mara) potrebbe essere chiunque, potrebbe avere mentito al giornalista, potrebbe non esistere, potrebbe essere anche reale, ma chi lo sa, non ci basta la sovrastruttura di un giornale serio come il Corriere.it per dare solidità a questo articolo: si dice che l'abito non fa il monaco, alla stessa maniera il sito non fa la qualità del contenuto. La pragmatica della comunicazione di questo articolo ci pare indirizzata a far percepire il movimento No Tav come un raduno di persone senza valori che hanno come unico obiettivo quello di giocare alla rivolta, e ben sappiamo che non è così.
Abbiamo provato, per divertimento, a ricalcare l'articolo ribaltando alcuni dettagli comunicativi ma lasciando in piedi le particelle di senso,  ricostruendo il contesto utilizzando come "soggetto" dell'intervista un fantomatico poliziotto Mario C., 19 anni.
L'articolo originale lo trovate sul corriere.it, è anche firmato e non abbiamo dubbi sulla sua veridicità: però non ci basta, vorremmo un'informazione più consistente... perchè? valutate voi leggendo le righe che seguono.
Qui trovate l'articolo da cui è liberamente tratto il testo sottostante:


CHIOMONTE (Torino) - Tra le mani stringe un fazzoletto bianco, lo schiaccia sulle labbra e chiede se qualcuno lì intorno abbia una bottiglietta d'acqua : «Sono pieno di gas». Gli occhi sono arrossati e lacrimano.
Mario C. è una ragazzo di 19 anni. È la soldato di una guerra di cui non conosce i motivi. Perché è vero che è arrivato qui in Val di Susa vestito in divisa e con il volto coperto da un casco e da una maschera antigas, è vero che lancia lacrimogeni contro i manifestanti, ma ammette candidamente di non sapere nulla della causa No Tav. È lì a combattere perché glielo hanno detto frettolosamente i suoi capi. Una causa vale l’altra. «Io - spiega - vado dove mi chiamano». Come se il lavoro militare fosse un fine in sé, un modo per combattere senza una ragione.

Come un gioco
Domenica si è «perso» due attacchi alle reti del cantiere Tav di Chiomonte. Come se fossero uno spettacolo. I suoi capi gli hanno ordinato di guardare, che poi sarebbe toccato anche a lui. E così è stato. Mario si è preso il gas dei lacrimogeni lanciati dai suoi colleghi, ma non gli è nemmeno passato per la testa di fermarsi. «Voglio ancora andare giù a fare il mio dovere». In fondo, è come un gioco.
Accanto alla centrale elettrica dalla quale si snoda la strada dell’Avanà che porta al cantiere della Maddalena, la vegetazione è fitta e c’è quell’ombra che consente ai ragazzi vestiti in divisa di riposarsi un po’, di bere dell'acqua per poi tornare alla difesa di questo cantiere. «Io sono di Palermo - racconta Mario -, ho perso madre, padre e la mia storia». Qualche soldo in tasca, il primo treno che passa e l’arrivo, circa un anno fa, a Roma. Per fare cosa? " il carabiniere". Dove vivi? «In caserma». Proprio come la ragazza di Ecce Bombo: vede gente, fa cose, non si sa bene perché.

«Della Tav non so niente»
Varca la soglia di una caserma della Capitale, sembra l’approdo più naturale e Mario ne è felice: «Ho conosciuto gente, amici. Si discute di tutto. Se vuoi dormire lì non ci sono problemi». Si vive alla giornata: «Sabato, due miei superiori mi hanno chiesto se mi andava di venire qui in Piemonte. Ho detto di sì, anche se non ho capito bene a fare cosa, della Tav io non so niente. Siamo partiti in pullman e mi hanno spiegato che bisognava reprimere dei contestatori. Che dovevo stare in seconda fila con il lancia lacrimogeni, ma non il manganello perché non sono capace. La prossima volta lo farò anch’io». Per Mario le caserme sono la compagnia e i reparti specili («Non so cosa voglia dire»), gli amici che non tradiscono mai. «Mi hanno detto che è giusto fare così, per aiutare chi vive qui. I no tav distruggono quello che c’è». E basta che glielo abbiano detto perché sia vero. Mario non approfondisce: si fida.

«Ci danno gli scudi per combattere contro le pietre»
Una ragazza gli porge una fazzoletto bagnato, Mario se lo fascia al collo, dietro la nuca lega le estremità trasformando l’indumento in un foulard; Un collega si avvicina: «Tieni...» e le passa la maschera antigas. «Sì - continua Mario - me l’hanno chiesto in tanti se sono liberale o socialista. Per il momento non saprei, non so bene cosa significhi esserlo. Io sono per conto mio. Seguo i miei amici». Per Mario la Val di Susa non è la prima esperienza: «Sono stato anche all’Expo a Milano, ma non mi hanno fatto fare nulla perché era la prima volta». Poi quasi si scusa per l’interruzione: «Adesso vado a lanciare lacrimogeni contro i manifestanti».
L’attacco dura pochi minuti, Mario si confonde nel gruppo e sparisce nella nebbia di lacrimogeni e fumo di petardi. Lo si riconosce da lontano solo per quel fazzoletto che tiene intorno al collo, non si potrebbe ma lui lo ha messo lo stesso. Torna dietro le siepi. Piange ancora, più di prima, la maschera non ha tenuto: «Dammi la medicina», chiede ad un collega. «Mi hanno detto che ne abbiamo - spiega il ragazzo -. Noi andiamo a tirare lacrimogeni dove ci chiamano, andiamo ad aiutare i colleghii. Loro ci stanno vicini, ci dicono dove passare per non finire in pasto ai black block, ci danno gli scudi e le protezioni per difenderci». E lui combatte. Senza sapere perché.


"Comunicare l'un l'altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura" - Johann Wolfgang Goethe (poeta)

venerdì 24 aprile 2015

Lettera a Landini da un sindacalista No Expo

Ciao Maurizio,
sono Paolo Tex, impiegato informatico, sindacalista RSU FIOM. Orgogliosamente. E mi piace chiamarti per nome, anche con un pizzico di ironia nei confronti dei molti compagni che lo fanno per palesare (o millantare?) un' amicizia con te.
Vengo al punto subito con la stessa chiarezza e il tuo stesso modo diretto ed asciutto di comunicare: mi ha deluso profondamente la mancata adesione della FIOM alla manifestazione del Primo Maggio contro l'EXPO*. Mi ha deluso perché non me lo aspettavo proprio: venni a Milano qualche mese fa per aderire allo sciopero nazionale, e dal palco di Piazza Duomo assolata mi avevi fatto emozionare. Avevo i brividi a sentire le tue parole di fuoco con alle spalle lo striscione "Gratis non vi taglieremo neanche un pezzo di torta". Invitasti anche un rappresentante del Social Steike a parlare sul palco: un bel gesto, che apprezzai molto. Un passo verso "il mondo dei giovani", verso quelle realtà che diciamo come Sindacato di voler avvicinare. Un mondo fatto di precariato e di lavoro gratuito o malpagato, come la boutade di Aldo Grasso ha fatto involontariamente emergere anche sui giornali mainstream. Ed il lavoro è chiaramente il tema centrale della mia missiva: non vorrei che, dopo l'errore della sottoscrizione dell'accordo sul lavoro con Expo2015 S.p.A. da parte della Cgil, il messaggio sotteso sia quello di non esporsi troppo perché, in fondo, il Grande Evento porta investimenti, turisti e qualche assunzione. Ecco, quelle che loro chiamano opportunità io le definirei piuttosto briciole, lasciate sul tavolo della grande scorpacciata che unisce politicanti di diverso colore, affaristi e lobbisti di ogni genere. E dell'elemosina del Potere ci siamo stancati. Per questo migliaia di precari, disoccupati, studenti saranno in piazza il Primo Maggio. E, ne sono certo, anche tanti tesserati Fiom: fa parte di quella unione delle lotte che sta alla base della Coalizione Sociale. Saremo in tanti ad opporci alla devastazione ambientale di una cementificazione fine a se stessa, ammantata da un green washing che usa tutte le migliori tecniche comunicative per farci credere che il cibo sano sia veramente al centro dei loro interessi. Una comunicazione che ha utilizzato Slow Food ed il loro accettabile progetto originario per nascondere quello che è il vero obiettivo di Expo: una Fiera dell’1% più ricco del pianeta, che sfila davanti al mondo per celebrare la propria immunità da ogni contestazione, lontanissimi da ogni sensibilità sociale.
Tu stesso, Maurizio, hai denunciato per mezzo stampa la gestione “allegra” degli appalti e di tutto quel fiume di soldi che si è deciso di generare per farle finire nelle mani lobbistiche di affaristi senza scrupoli.
Per cui, caro Segretario, cosa ti voglio chiedere? Non certo di "ribaltare" le decisioni del Comitato Centrale, la democrazia si rispetta sempre e comunque. Il Segretario può però esprimere pareri personali e fare scelte proprie: partecipa alla manifestazione di Milano del Primo Maggio. Invita i nostri compagni a scendere in piazza con il Comitato No-Expo, fallo con l'energia e la vis polemica che ti contraddistingue. Porta il Sindacato, il nostro Sindacato vicino a quei ragazzi e ragazze: è una lotta importante, forse vitale per il futuro del nostro Paese. E come tale va considerata, anche e soprattutto dalla Fiom e dalla Coalizione Sociale.
Opporsi all'Expo e alla retorica dei Grandi Eventi salvifici è fondamentale, e dobbiamo farlo subito. Qui ed ora.
Aiutaci anche tu!
Con immutata stima,
Paolo Tex


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giovedì 12 marzo 2015

Tav, Tribunale Permanente e Partecipazione

Nella fiera delle vanità torinesi è tutto un gran via vai intorno alla parola "Partecipazione".
Ma che bello partecipare, ma che bello.
Totem inarrivabile, auspicio e speranza degli esclusi, prebenda mediatica da spendere nei casi di conflitto sociale, la "partecipazione" ha subito nel tempo un processo involutivo che manco i dinosauri hanno conosciuto.
Il suo significato è ormai più estinto del Triceratopo. 
Un vero peccato.
Ma nella vita c'è sempre un ma.
Ci sono le occasioni in cui i piantagrane come noi possono essere smentiti. 
E quindi noi siamo qua, in attesa di questo ceffone morale che ci meritiamo.
Sabato mattina si apriranno le porte del Tribunale Permanente dei Popoli, ex Tribunale Russel, che dovrà giudicare se i diritti dei cittadini della Val Susa siano stati rispettati relativamente all'annosa vicenda Tav.
Si tratta di un organismo sovranazionale, riconosciuto in tutto il mondo.
Il tribunale ha esaminato, tra gli altri, i casi di: Tibet, Sahara Occidentale, Argentina, Eritrea, Filippine, El Salvador, Afghanistan, Timor Est, Zaire, Guatemala, il Genocidio Armeno, l'intervento degli Stati Uniti nel Nicaragua, Amazzonia brasiliana. In alcuni casi (America centrale, Afghanistan, Pakistan ...), le commissioni di inchiesta hanno condotto indagini sul posto.
Il Tribunale Permanente dei Popoli può usare leggi internazionali sui diritti umani, o la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni adottata dalle Nazioni Unite.
Ma la cosa bella è che coloro che verranno chiamati in causa dal TPP potranno partecipare al processo. La partecipazione è una cosa bella no? Quindi i vari Virano, Fassino, Chiamparino, Cota, Prodi, Berlusconi, Renzi, Lupi, Esposito avranno la possibilità di partecipare ad un processo dove espliciteranno bene, ma bene e una volta per tutte, come hanno fatto a coinvolgere le popolazioni locali nel processo partecipativo che ha portato alla decisione di realizzare il tunnel di base.
Potranno quindi esplicitare meglio concetti quali: ce lo chiede l’Europa, è strategica, è stata votata da cinque governi, saremmo tagliati fuori dai traffici globali, etc etc, abbiamo fatto l’Osservatorio.
Ma secondo noi a questo tavolo partecipativo, dove nessuno rischia nulla se non una figuraccia, non siederanno. Non parteciperanno, non cercheranno il dialogo. Al solito, faranno finta di nulla, i giornali sorvoleranno o diranno che Il TPP è una baraccone dei NoTav.
Se i sopracitati non parteciperanno dimostreranno, per l’ennesima volta, che amano partecipare  solo ai tavoli dove sanno di poter partecipare/comandare, dove sanno che le carte sono truccate: sceneggiate buone per sparate da giornale. La partecipazione vera, quella che prevede l’opzione ZERO in virtù del fatto che le istituzioni non sono padrone dei beni comuni, un concetto inarrivabile per buona parte degli amministratori torinesi e non, necessita di umiltà e capacità di ascolto. Non è un tavolo apparecchiato da cui far cadere qualche briciola.
Vedremo cosa accadrà. Questa mattina si è svolta a Torino la conferenza stampa del Controsservatorio Val Susa che ha annunciato l’apertura del “processo”, sabato mattina presso la Cavallerizza.
Livio Pepino,  presidente Controsservatorio Valsusa,  che sosterrà la parte dell’accusa, ha brevemente introdotto l’appuntamento con queste parole: “Verrà verificato  se nei processi decisionali e nella progettazione ci sia stata violazione dei diritti delle popolazione e una sostanziale mancanza di consultazione. Una tendenza che si sta verificando in altri territori d’Europa come Francia e Romania, dove sono in programma grandi opere pubbliche che vengono contestate dalla popolazione locale. Una tendenza che prima apparteneva a territori coloniali e post coloniali. Abbiamo deciso di rivolgerci al TPP perché gli organi istituzionali non ci hanno mai dato risposta.  Speriamo che possa essere un momento di confronto tra le parti, il movimento NoTav, i soggetti che propongo l’opera.”
Presenti pochissimi giornalisti, gli stessi che si buttano sempre capofitto nella pugnace scrittura quando viene rinvenuta una bottiglia di grappa lungo una ferrovia.

giovedì 12 febbraio 2015

TAV: E VOI, DA CHE PARTE STATE?


NO TAV: manifestazione nazionale a Torino il 21 febbraio


Peccato, a noi sarebbe piaciuto fare questo percorso il 21
Partenza Ospedale Amedeo di Savoia: da chiudere
Ospedale Oftalmico: da chiudere
Cavallerizza Reale: da vendere trasformare in un polo commerciale
Ospedale Maria Adelaide: da chiudere
Arrivo: Ospedale Gradenigo: a rischio chiusura.
O il Tav o la vita

giovedì 29 gennaio 2015

No Tav: abbandonare il campo, vincere la battaglia e perdere la guerra. Il paradosso della partecipazione in Val Susa.

L'estetica delle assemblee popolari di Bussoleno lascia sempre senza parole.
Centinaia di corpi che si stringono, capelli bianchi e bastoni, creste e giacche a vento nere, sciarpe di ogni colore, giovani e vecchi, il benzinaio e il contadino, lo squatter e l'imprenditore.
La dimostrazione plastica di un popolo che non arretra, tignoso, apparentemente indomabile.
Un'immagine retorica, anzi, pletorica, si dirà.
Eppure è così, da anni, da molti anni.
Peccato che i giudici non abbiano tenuto conto di questo processo democratico, con tutti i suoi limiti, e si siano rinchiusi nel recinto ristretto del Codice Penale per giudicare il lancio di un sasso, un insulto, una rete strappata.
Gesti intrinseci ad un sentimento popolare che non capiscono e non conoscono.
D'altronde la val susa raccontata dai media è il luogo più lontano dell'universo dalla realtà, come potrebbe essere diverso?

domenica 18 gennaio 2015

Da Rebibbia a Kobane fino alla Val di Susa – Intervista a Zerocalcare

“La Val di Susa? All’altezza della mitologia e dei racconti ed è un punto di riferimento politico per la dignità che ha saputo esprimere e che ha espresso”. E’ questa la prima impressione di Zerocalcare, da qualche giorno a Bussoleno per la presentazione del suo ultimo libro “Dimentica il mio nome” e il reportage da Kobane uscito venerdì scorso su L’Internazionale.
Venerdì il Palanotav a Bussoleno era strapieno, come nelle grandi occasioni, per Zerocalcare, alias Michele Rech.  L’evento, con aperitivo benefit per le spese legali, è stato organizzato da un collettivo dei Giovani No Tav. Tantissime le persone presenti, che hanno fatto la fila per un disegno del fumettista romano, famoso anche per le lunghissime sessioni di disegni e dediche per i suoi fan. 
“E’ la prima volta che vengo in Valle. Mi è sembrata di conoscerla già, dopo tutti i racconti sentiti dagli amici e i tanti resoconti letti. E’ un posto bellissimo, soprattutto per me che sono cittadino. Quel cantiere, insieme all’autostrada, è un vero e proprio sfregio alla natura”.
Quello in Clarea è stato un giro nel cuore e nella lotta che a Chiomonte va avanti dal 2011: “ho visto i luoghi della resistenza e degli scontri del 27 giugno e del 3 luglio. Ma anche tutta la parte più storica come la zona archeologica, i massi e le grotte, il traliccio dove è caduto Luca”.
La gita si è conclusa con un brindisi e con la consegna della tessera dell’NPA, Nucleo Pintoni Attivi, nonostante Zerocalcare sia rigorosamente astemio. 

mercoledì 14 gennaio 2015

Cari Valsusini, "Il Sistema Torino non esiste" vi aspetta venerdì 23 gennaio ad Avigliana!

Cari Valsusini,
vi scriviamo dal luogo più lontano dell'universo dalla vostra valle, come dice Luca Rastello, Torino.
Vi scriviamo per invitarvi il 23 gennaio alle ore 21 ad Avigliana, presso la Scuola Defendente Ferrari in via Vittorio.
Grazie al Comitato Notav di Avigliana avremo il piacere, e l'onore, di essere ospiti del "Grande Cortile", rassegna che tutti voi conoscete. Lo faremo con il nostro spettacolo teatrale "Il Sistema Torino non esiste", un racconto grottesco, comico, tragico e soprattutto vero del sistema di potere che governa Torino da circa venticinque anni.
E che ve lo diciamo a voi quanti anni ha il progetto strategico per eccellenza, il non plus ultra del "ce lo chiede l'Europa", il campione incontrastato che unirà Torino e la Val di Susa all'universo per nuovi intergalattici traffici di merci?
Vi aspettiamo dunque, lo spettacolo ha fatto il pienone a Torino e di questo siamo contenti. Ma sopratutto ha fatto incazzare un sacco di gente, e di questo siamo ancora più contenti. Significa che vi piacerà.
Introdurrà Claudio Giorno.
Vi aspettiamo

mercoledì 7 gennaio 2015

"Il Sistema Torino non esiste" al Grande Cortile

Sistema Torino arriva in Valle di Susa con il suo spettacolo "Il Sistema Torino non esiste", che verrà rappresentato il 23 gennaio all'interno della rassegna "Il Grande Cortile", ad Avigliana.
Per noi questo è un punto d'arrivo.
Il Grande Cortile è un ciclo di dibattiti, confronti e discussioni che il Movimento NoTav ha avviato nel 2005, in dichiarata e orgogliosa polemica con chi voleva rinchiudere le sue Grandi idee nel ristretto orizzonte dell'egoismo locale.
Sistema Torino e il suo spettacolo sono nati proprio perché abbiamo sentito la necessità di far sentire una voce critica in una città dominata da una monolitica visione politica e culturale. Una visione che, come nel caso della strategicità-indispensabilità-necessità della Torino- Lione, ha scarsa attinenza con la realtà: e così facciamo pure la rima baciata.
"Il Sistema Torino non esiste" racconta senza peli sulla lingua "la città più lontana dell'Universo dalla Val Susa", come ama dire il nostro amico e maestro Luca Rastello.
Vi aspettiamo quindi, il 23 gennaio alle  21 presso l'Auditorium della Scuola Defedente Ferrari, Via Vittorio Veneto 1, Avigliana

"IL SISTEMA TORINO NON ESISTE"
spettacolo di e con Massimo Giovara
in collaborazione con Maurizio Pagliassotti
video Damiano Monaco
luci e consulenza alla regia Francesco Dell'Elba
suono Tino Paratore

introduce Claudio Giorno

mercoledì 12 novembre 2014

Dalla terra del Tav lettera alla terra delle alluvioni e del fango


(Se avete un amico o una amica liguri, condividete  per cortesia. Grazie.)


Caro/a abitante della Liguria, 

ti scriviamo da Torino. Dalle tue parti tutte le volte che piove succedono dei disastri, questo ci dispiace e ti esprimiamo massima solidarietà.

Magari sarebbe giusto che noi tutti prendessimo un treno e venissimo a darti una mano, a togliere fango. Però preferiamo rimanere qua, perché pensiamo che il problema debba essere risolto definitivamente eliminando le ragioni che portano a queste ormai consuete catastrofi.
Da noi stanno facendo un buco nella montagna, si chiama Tav. In quel buco finiscono i soldi che dovrebbero essere utilizzati sul tuo territorio per uno straccio di messa in sicurezza.

martedì 4 novembre 2014

Cosa si fa dei 1000 imputati NoTAV?

Dopo ventitré anni di lotta si chiude la vicenda tunnel di base in Val Susa. Tutte le contraddizioni economiche avanzate dai tecnici del Movimento NoTAV sono state ritenute valide e quindi il progetto verrà definitivamente cassato nei primi mesi dell’anno prossimo.
Ci sarebbe da ragionare sul fatto che il più folle dei sistemi capitalistici, estremamente simile a quello che cento anni fa portò a due guerre mondiali, sia la leva con cui il progetto Tav in vallr di Susa viene superato, ma così è il sistema in cui viviamo.
Renzi un anno fa dichiarava: “Prima lo Stato uscirà dalla logica ciclopica delle grandi infrastrutture e si concentrerà sulla manutenzione delle scuole e delle strade, più facile sarà per noi riavvicinare i cittadini alle istituzioni. E anche, en passant, creare posti di lavoro più stabili” . E sulla Torino-Lione: “Non credo a quei movimenti di protesta che considerano dannose iniziative come la Torino-Lione. Per me è quasi peggio: non sono dannose, sono inutili. Sono soldi impiegati male”.
E il primo ministro si è circondato di consiglieri poco avvezzi al sistema che prevede la catena opera pubblica-cooperativa-finanziamento partito. Roberto Perotti, influente giornalista del Sole 24 ore, uno di coloro che spingono per chiudere, scrisse sei anni fa: “Che cosa sarebbe più utile per l’immagine del Paese: ripulire i treni utilizzati da milioni di turisti stranieri o fare una galleria di dubbia utilità a costi esorbitanti? Nonostante i loro eccessi, gli ambientalisti hanno ragione: deturpare una vallata per ridurre le emissioni dell’1% al costo di 16 miliardi è un buon investimento per le imprese appaltatrici, ma non per il Paese”.
E quindi il movimento aveva ragione? E quindi migliaia di persone sono state denunciate e sono sotto processo con accuse pesantissime ma avevano ragione? Siamo di fronte al paradosso che coloro che sono stati accusati di essere "l'antistato" (ricordiamo insieme le definizioni date nel tempo: terroristi, anarco insurrezionalisti, black block, vetero comunisti, retrogradi, barbari, etc etc) stavano facendo gli interessi dello Stato?
Purtroppo questa realtà è l’unica arma che i proponenti hanno ancora in mano per imporre la loro opera. Non è possibile, dicono, che dopo quanto è successo, dopo la repressione, le botte, le accuse di terrorismo lo Stato ammetta i propri incredibili errori. Non è possibile dare ragione al movimento NoTAV, migliaia di focolari di protesta simili scoppierebbero in tutta Italia. Eppure è così.
Siamo di fronte alla classe politica, più tutti i vari trombettieri dei mezzi di comunicazione, che da sempre hanno negato il valore scientifico delle obiezioni del movimento NoTAV. Venti anni di menzogne, di retorica priva di sostanza, di “ce lo chiede l’Europa”, “collegherà l’Atlantico al Pacifico”, “sarà un’apertura psicologica”. “infrastruttura strategica, senza il Piemonte sarebbe tagliato fuori dai grandi flussi logistici” e tante, infinite altre sparate prive di sostanza.
Tutto questo ha trascinato per i capelli un’intera popolazione dentro un gorgo di violenza. Ammettiamolo: la lotta del movimento NoTAV è stata anche violenta per disperazione.
Perché quando i tuoi ragionamenti sostanziali sono annullati senza logica, senza argomentazione, sono derisi o ignorati, cosa rimane? Cosa avete lasciato alla Val Susa? Le pietre.
Siete contenti oggi delle vostre scelte? Come è possibile che grafici come quello che qui evidenziamo, vecchi di 4 anni (ma oggi la curva della domanda è ancora più bassa) non siano stati accolti?
Le vostre responsabilità storiche sono gravissime. Si chiuderà così, probabilmente non attraverso una brutale parola “fine” la vicenda TAV, ma con un allungamento del brodo all’infinito, un po’ per guai procedurali inventati lì per là, un po’ per finte ricerche di nuovi accordi con la Francia, un po’ nel silenzio.
Nel mentre quasi tutti tenteranno di riposizionarsi. Sicuramente non Mario Virano che resisterà nella giungla come l'ultimo dei soldati giapponesi, ma la mossa di Stefano Esposito, che il Movimento continua erroneamente a considerare come uno scemotto e invece è uomo scaltro e intelligente, è apripista di un flusso di coscienza volto verso le nuove visioni renziane.
Tutto questo nella speranza che il tunnel geognotico di Chiomonte non venga re inventato come discarica di qualche rifiuto tossico. Ormai è lì e sicuramente qualcuno prima o poi dirà “perché non ci mettiamo le ceneri dell’inceneritore?”, oppure “perché non ci mettiamo le scorie di Saluggia?”
Ma oggi,  4 novembre, il processo contro gli imputati NoTAV va avanti, come se nulla fosse successo.
Ripetiamo: a Roma il Governo sta dicendo in queste ore che il TAV è assurdo economicamente  e a Torino si celebra un processo che vede imputate persone che tre anni fa dicevano che il TAV era assurdo?
Come tutto questo sia possibile è un enigma.
Chiusa la partita tunnel di base, pensiamo che il movimento dovrebbe chiedere a gran voce una amnistia per tutti gli imputati, riconoscendo gli eccessi e chiedendo un tavolo dove trovare una soluzione condivisa.Si potrebbe quindi ripartire dalle parole dell'ex procuratore Caselli, implacabile censore del movimento stesso, che alcuni anni fa lamentava come la politica avesse delegato alla magistratura il ruolo di risolvere una situazione che le competeva.

giovedì 3 luglio 2014

Alta velocità e indagini lente in Val di Susa

Punto numero uno. Nel paese dove vivo io quelli che abitano in fondo alla discesa sono conosciuti come gli “'ndranghetisti”. Tutto il paese li definisce così.
Nel paese dove vive il mio amico tutti sanno che quella famiglia fa parte della ’ndrangheta. Tutto il paese li conosce così. 
La parte più sorprendente della vicenda “infiltrazioni malavitose nel cantiere del TAV” è la sorpresa generale che questa suscita. E’ un aspetto comico, grottesco. In qualsiasi bar della Val di Susa i vari nomi finiti sotto gli occhi della magistratura erano oggetto di chiare discussioni.  Anni per scoprire l’acqua calda.  Quando bastava fare una misera ricerca su Google per scoprire che nomi stranoti da decenni erano tranquillamente al lavoro nel cantiere.

giovedì 15 maggio 2014

W l'anarchia! (ovvero: chi davvero tenta di tenere insieme lo Stato)



Viviamo in tempi paradossali, in cui ci sembra di essere all'interno di quelle boccette di plastica che racchiudono il centro città e i fiocchi di neve. Solo che nel nostro mondo la palla è perennemente girata al contrario e i fiocchi cadono dalla terra al cielo.
Sabato pomeriggio abbiamo partecipato con gioia all'ennesima manifestazione NoTAV. Che bello, l'ennesimo corteo immenso e pacifico, ignorato dalla politica, dalla magistratura, dai mezzi di comunicazione. Che bello Il paradosso Jenny a Carogna, il lumpenproletariat che si incazza e fa tremare lo Stato.  E lo Stato, prontamente, si mette in riga e tratta. Con i NoTAV non si tratta, invece. I NoTAV li si stronca e basta proprio perché sono pacifici.
Quello che ci ha sorpreso maggiormente è stata la forte presenza di anarchici. Gli anarchici, per definizione, sono contro lo Stato e ne prevedono il superamento. Noi, quindi, possiamo dire agli amici anarchici: avete sbagliato corteo. Voi volete abbattere lo Stato: unitevi a chi sostiene opere come il TAV, l'Expo, la Variante di Valico. Anzi uniamoci tutti a questa gente. Lasciamo che costruiscano ovunque, cementifichino ovunque, privatizzino tutto come vogliono fare. Lasciamo che rubino tutto, che si strafochino nelle loro tangenti, che la ndrangheta trionfi e ancor più di quanto faccia già. Lasciamo che queste opere mangino tutto il bilancio dello Stato. Uniamoci a questi Unni.
Oggi, nella nostra boccia capovolta, dove nevica al contrario da decenni, chi tenta di tenere insieme lo Stato sono gli Anarchici, gli Antagonisti, coloro che sono accusati di terrorismo.