martedì 30 giugno 2015

Mario, Carabiniere con il casco "La Tav? Non so per cosa lavoro"

Stamattina ci siamo imbattuti in un articolo del corriere.it in cui viene pubblicata un' intervista ad una sedicente manifestante, non meglio identificata come Black Block, che pare non avere le idee chiare sulla manifestazione a cui ha partecipato sabato a Chiomonte.
A quanto pare, Mara (la ragazza intervistata) è venuta per tirare delle pietre alla polizia, azione che potrebbe certamente fare in maniera più comoda recandosi al commissariato più vicino alla sua abitazione rispetto che a Chiomonte (pare sia di Roma), un particolare non da poco, a nostro avviso, è difficile farsi 800 km senza sapere dove si sta andando, soprattutto in un luogo, come la Val Susa, dove la protesta e i movimenti di opinione sono famosi a livello nazionale ormai da almeno 10 anni.. Ma queste sono altre considerazioni; quello che troviamo interessante è la pragmaticità di questo articolo.
La pragmatica della comunicazione è quella materia che studia i messaggi comunicativi dal punto di vista di "che cosa vogliono ottenere" e non si sofferma su "che cosa viene detto" nell'azione comunicativa.
A nostro avviso questa persona (Mara) potrebbe essere chiunque, potrebbe avere mentito al giornalista, potrebbe non esistere, potrebbe essere anche reale, ma chi lo sa, non ci basta la sovrastruttura di un giornale serio come il Corriere.it per dare solidità a questo articolo: si dice che l'abito non fa il monaco, alla stessa maniera il sito non fa la qualità del contenuto. La pragmatica della comunicazione di questo articolo ci pare indirizzata a far percepire il movimento No Tav come un raduno di persone senza valori che hanno come unico obiettivo quello di giocare alla rivolta, e ben sappiamo che non è così.
Abbiamo provato, per divertimento, a ricalcare l'articolo ribaltando alcuni dettagli comunicativi ma lasciando in piedi le particelle di senso,  ricostruendo il contesto utilizzando come "soggetto" dell'intervista un fantomatico poliziotto Mario C., 19 anni.
L'articolo originale lo trovate sul corriere.it, è anche firmato e non abbiamo dubbi sulla sua veridicità: però non ci basta, vorremmo un'informazione più consistente... perchè? valutate voi leggendo le righe che seguono.
Qui trovate l'articolo da cui è liberamente tratto il testo sottostante:


CHIOMONTE (Torino) - Tra le mani stringe un fazzoletto bianco, lo schiaccia sulle labbra e chiede se qualcuno lì intorno abbia una bottiglietta d'acqua : «Sono pieno di gas». Gli occhi sono arrossati e lacrimano.
Mario C. è una ragazzo di 19 anni. È la soldato di una guerra di cui non conosce i motivi. Perché è vero che è arrivato qui in Val di Susa vestito in divisa e con il volto coperto da un casco e da una maschera antigas, è vero che lancia lacrimogeni contro i manifestanti, ma ammette candidamente di non sapere nulla della causa No Tav. È lì a combattere perché glielo hanno detto frettolosamente i suoi capi. Una causa vale l’altra. «Io - spiega - vado dove mi chiamano». Come se il lavoro militare fosse un fine in sé, un modo per combattere senza una ragione.

Come un gioco
Domenica si è «perso» due attacchi alle reti del cantiere Tav di Chiomonte. Come se fossero uno spettacolo. I suoi capi gli hanno ordinato di guardare, che poi sarebbe toccato anche a lui. E così è stato. Mario si è preso il gas dei lacrimogeni lanciati dai suoi colleghi, ma non gli è nemmeno passato per la testa di fermarsi. «Voglio ancora andare giù a fare il mio dovere». In fondo, è come un gioco.
Accanto alla centrale elettrica dalla quale si snoda la strada dell’Avanà che porta al cantiere della Maddalena, la vegetazione è fitta e c’è quell’ombra che consente ai ragazzi vestiti in divisa di riposarsi un po’, di bere dell'acqua per poi tornare alla difesa di questo cantiere. «Io sono di Palermo - racconta Mario -, ho perso madre, padre e la mia storia». Qualche soldo in tasca, il primo treno che passa e l’arrivo, circa un anno fa, a Roma. Per fare cosa? " il carabiniere". Dove vivi? «In caserma». Proprio come la ragazza di Ecce Bombo: vede gente, fa cose, non si sa bene perché.

«Della Tav non so niente»
Varca la soglia di una caserma della Capitale, sembra l’approdo più naturale e Mario ne è felice: «Ho conosciuto gente, amici. Si discute di tutto. Se vuoi dormire lì non ci sono problemi». Si vive alla giornata: «Sabato, due miei superiori mi hanno chiesto se mi andava di venire qui in Piemonte. Ho detto di sì, anche se non ho capito bene a fare cosa, della Tav io non so niente. Siamo partiti in pullman e mi hanno spiegato che bisognava reprimere dei contestatori. Che dovevo stare in seconda fila con il lancia lacrimogeni, ma non il manganello perché non sono capace. La prossima volta lo farò anch’io». Per Mario le caserme sono la compagnia e i reparti specili («Non so cosa voglia dire»), gli amici che non tradiscono mai. «Mi hanno detto che è giusto fare così, per aiutare chi vive qui. I no tav distruggono quello che c’è». E basta che glielo abbiano detto perché sia vero. Mario non approfondisce: si fida.

«Ci danno gli scudi per combattere contro le pietre»
Una ragazza gli porge una fazzoletto bagnato, Mario se lo fascia al collo, dietro la nuca lega le estremità trasformando l’indumento in un foulard; Un collega si avvicina: «Tieni...» e le passa la maschera antigas. «Sì - continua Mario - me l’hanno chiesto in tanti se sono liberale o socialista. Per il momento non saprei, non so bene cosa significhi esserlo. Io sono per conto mio. Seguo i miei amici». Per Mario la Val di Susa non è la prima esperienza: «Sono stato anche all’Expo a Milano, ma non mi hanno fatto fare nulla perché era la prima volta». Poi quasi si scusa per l’interruzione: «Adesso vado a lanciare lacrimogeni contro i manifestanti».
L’attacco dura pochi minuti, Mario si confonde nel gruppo e sparisce nella nebbia di lacrimogeni e fumo di petardi. Lo si riconosce da lontano solo per quel fazzoletto che tiene intorno al collo, non si potrebbe ma lui lo ha messo lo stesso. Torna dietro le siepi. Piange ancora, più di prima, la maschera non ha tenuto: «Dammi la medicina», chiede ad un collega. «Mi hanno detto che ne abbiamo - spiega il ragazzo -. Noi andiamo a tirare lacrimogeni dove ci chiamano, andiamo ad aiutare i colleghii. Loro ci stanno vicini, ci dicono dove passare per non finire in pasto ai black block, ci danno gli scudi e le protezioni per difenderci». E lui combatte. Senza sapere perché.


"Comunicare l'un l'altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura" - Johann Wolfgang Goethe (poeta)

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