martedì 9 giugno 2015

EXPORTO 2022, l'oratorio: ne parlano gli spettatori

Venerdì 5 giugno sera è andata in scena la prima lettura di fronte a pubblico del testo di EXPORTO 2022. Queste sono due voci a commento che ci sono giunte. Grazie a Fiorenza e a Danilo!

Fiorenza Arisio
Benché si tratti di teatro civile,  EXPORTO 2022 è quasi un mix con un racconto di fantascienza in cui il futuro, abbastanza prossimo, viene usato come escamotage per mettere in luce il surrealismo ed i paradossi del presente in cui viviamo.
Venerdì 5 giugno scorso la lettura a più voci del testo teatrale prodotto da Sistema Torino, che verrà ulteriormente arricchito durante l'estate per essere messo in scena ad ottobre, ha illustrato molto bene il clima della comunicazione drogata da cui siamo quotidianamente bombardati, ma che difficilmente riusciamo ad analizzare con lucidità.
Nello spettacolo, il surrealismo rappresentato dal tipo di "Grande opera" che viene presa come pretesto per risollevare le sorti del Paese, permette di evidenziare bene la retorica con cui, oggi, viene accompagnata di volta in volta la scelta di drenare soldi pubblici per realizzare non ciò che serve veramente al popolo italiano, ma ciò che le varie lobbies decidono di avviare a seconda dei propri interessi.
In un'epoca in cui è sparito l'argomento del "pensiero unico" generato dal possesso/controllo delle Tv da parte del capo del governo, infatti, mettere in scena, in un futuro prossimo, una situazione parossistica come la realizzazione della "Grande Opera Definitiva" mediante il progetto governativo dell'allagamento della Pianura Padana (per portare il mare a Milano e a Torino), permette di approfondire meglio quali sono i subdoli meccanismi comunicativi che vengono usati per promuovere le azioni di governo anche quando, ufficialmente, questo non controlla più i mass media ed ha la faccia pulita del boy scout.
Oltre al filone dedicato alla comunicazione, con la creazione del consenso e la manipolazione delle possibili opposizioni, lo spettacolo, attraverso il taglio dell'inchiesta giornalistica basata su intercettazioni telefoniche, sviluppa anche altri temi che dovrebbero far parte del bagaglio di una cittadinanza attenta, come la salvaguardia del paesaggio, le tutele (sempre più ridotte) dei lavoratori ed i meccanismi economici (di progressivo indebitamento) come il "project financing", ovvero tutti quei temi che, in questi ultimi anni, hanno portato l'Italia ad essere uno dei Paesi più saccheggiati dal neoliberismo imperante in Europa.
Ora, a tutti quelli che hanno assistito all'Oratorio di venerdì scorso (in virtù della partecipazione alla campagna di finanziamento aperta a chiunque voglia partecipare su www.buonacausa.org/exporto2022) e a tutti coloro che amano il teatro di narrazione, non resta che attendere ottobre per vederne compiuta la realizzazione che, nella messa in scena finale, vedrà anche la partecipazione di Tomaso Montanari e Domenico Finiguerra.

Danilo Novajra.

Se avessi pensato al 2022 la prima volta che ho limonato avrei immaginato me stesso alla guida di automobili volanti ad impulso antigravitazionale, e con un sorriso smagliante avrei salutato i contadini intenti a far pascolare le mucche, gravide d'aria pura, nelle campagne circostanti la città. Invece siamo nel 2015 a trasporre, in un futuro vicinissimo, ciò che non siamo riusciti ad impedire in un 2000 e qualcosa qualunque. EXPORTO 2022 è una macchina del tempo a corta gittata. E fa molto male. I dialoghi crudi e la voce assuefatta di Ugo (Massimo Giovara) rivoltano la rabbia che sento direttamente contro me stesso. Sì perché è colpa mia se sento un tale senso d'impotenza di fronte all'arroganza di chi vuole decidere della mia vita, della terra, del destino degli uomini, di chi cancella il nostro passato per pianificare a tempo determinato il nostro futuro. Sì, infatti vorrei alzarmi e picchiare lui, Massimo Giovara, e Mauro Ravarino (Spindoctor del Partito della Nazione) che hanno la sola colpa di essere bravissimi attori perché attori non vogliono sembrare e allora, ed è questa la mia colpa, dovrei uscire dal teatro e andare ad aspettare sotto casa quei personaggi i cui volti sono noti a tutti e con essi le loro malefatte. Ma si parla del 2022, anno in cui verranno iniziati i lavori della nuova Grande Opera Definitiva: l’hub commerciale marittimo che prenderà il posto dell’Expo milanese ormai abbandonato. Un grande canale che, dopo aver attraversato tutta la Pianura Padana, porterà il mare fino a Torino. C'è ancora tempo. Devo rimediare all'accidia che ha permesso al 2000 e qualcosa di diventare il 2015. Devo salvare gli Indiani dallo sterminio delle proto/multinazionali. Il fatto è che questo spettacolo mi ha spaventato. Non posso più accendere la Tv senza vedere una Roberta Bonetto, giornaista di Raiset, che bacchetta la mia coscienza. Mi sento come il narratore (Paolo Tex), che legge la realtà e la lascia lì a macerare, quasi sapesse che l'omuncolo che ha davanti, comodamente seduto, non farà nulla per cambiarla. EXPORTO 2022 non è un bacio, non limonerete, questo è certo. Nel parcheggio pubblico a pagamento per una società privata, ben salda alla terra, c'è la mia auto ad idrocarburi acquistata da quelli a cui vorrei rompere la faccia, ho qualche dente finto e come faccio a salutare sorridente le mucche e i contadini se intorno alla città la campagna non c'è più? Quasi quasi aspetto di andare al mare, anzi, che arrivi il mare.

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