martedì 11 dicembre 2018

LA PIAZZA NO TAV: DALL’ INTERNAZIONALISMO ALLE 5 STELLE

MA QUANTI SIAMO?

Sabato 8 dicembre, ore 15,30: un nostro sistemista raggiunge la testa del corteo a metà di Via Cernaia e decide, con una flemma decisamente demodè, di fermarsi a guardare... il mare!
No, non il mare attraverso cui passa il 50% del traffico merci in Europa, ma il mare di persone di tutte le età che si è riversato tra le piazze Statuto e Castello. L'avanzare dei partecipanti è incontabile e incontenibile, per cui meglio fermarsi un attimo: ci vorranno ventotto minuti netti e tredici Partiti Comunisti diversi per poter arrivare a vedere l’ ultimo striscione del corteo dedicato a Sole e Baleno, prime vittime della Linea ad Alta Velocità.

Un colpo d’ occhio che è valso più delle mille foto e parole profuse per una guerra dei numeri che lascia il tempo che trova, ma che non può lasciar passare inosservato un particolare tutt’ altro che trascurabile: La Stampa ha cercato da subito di sminuire la portata della manifestazione indicando la presenza di 15 mila persone, mentre Chiamparino ha commentato facendo notare la presenza di numerosi pullman e treni da fuori città, come se il saper organizzare una protesta fosse un dolo.

Certo non stupisce la miopia di quel blocco di potere rappresentato dai media mainstream locali e dal partito progressista neoliberale sempre più prossimo all’ inconsistenza politica: è quella parte di Sistema Torino disorientato e privo di riferimenti che vaga al centro del ring politico come un boxeur suonato.

L’ altra parte del Sistema Torino è quella scesa in piazza un mese fa, che ha provato ad auto-rappresentarsi come “maggioranza silenziosa” che PRETENDEVA ascolto da una Sindaca cui il mondo imprenditoriale e produttivo torinese aveva dato molto più credito di quanto si sospettasse.
Lo sa così bene la Prima Cittadina che, col suo solito garbo e moderatismo molto torinese, si è lasciata scappare una dichiarazione sibillina pre-manifestazione (“L’analisi deve tenere conto anche dei costi per uscire dall'opera”) che, insieme alla sua assenza, ha rischiato di compromettere il clima sostanzialmente pacifico nei confronti del Movimento 5 Stelle di lotta e di Governo.

E’ una singola frase, ma il diavolo sta nei dettagli (aggiungiamo il suo non-voto in Città metropolitana sull' OdG relativo alla TAV): che si voglia ventilare l’ipotesi di una TAV low cost, che sembra una riedizione delle “Olimpiadi sostenibili”, tanto per rimanere sul tema della ossimorica neolingua della propaganda grillina?

LA PRESENZA GRILLINA NEL CORTEO: TANTE TESTE, POCHE BANDIERE

La vignetta di Vauro censurata da "Il Fatto Quotidiano"
A poco è servita la parziale marcia indietro arrivata nel tardo pomeriggio di sabato dalla pagina Facebook di Chiara Appendino con un post che sembrava più un tentativo tardivo di intestarsi il successo della manifestazione che un reale sostegno alle decine di migliaia di torinesi scesi in piazza. Paura di inimicarsi la ben più tranquilla borghesia?
Il giochino social purtroppo per lei non funziona sempre, e forse più di un pentastellato torinese avrebbe gradito maggiormente l’ annuncio di una diretta dalla manifestazione NO TAV che quello di due settimane fa delle ruspe al campo rom di Via Germagnano.

A proposito di ruspe, competitor leghisti e rospi da digerire, si potrebbe dire che il convitato di pietra della manifestazione sia stato il Decreto Sicurezza: era diffuso il fastidio nei confronti delle azioni xenofobe e razziste che il Governo pentaleghista sta perpetrando, soprattutto in una piazza molto più rossa e di sinistra di quel che le narrazioni, sia ex-ante che ex-post, hanno voluto descrivere.

Poche le bandiere del Movimento 5 Stelle, enormemente preponderanti quelle con falce e martello et similia, il tutto in un contesto molto “valligiano” sia dal punto di vista coreografico che di presenza massiccia di abitanti della Valsusa. Si, la Valsusa: il fatto che si siano spostati in massa dal punto di primario interesse lascia un segnale chiaro di come la popolazione locale NON sia convinta dell'operato del Governo e del ministro Toninelli, che sulla TAV, come direbbe Simona Ventura (per citare piemontesi DOC tanto cari al vecchio Chiampa) "ciurla nel manico", palesemente, dal punto di vista di chi il Movimento lo vive da decenni.
Troppe le analogie con il passato per mantenere intatta la grande fiducia offerta dopo anni di opposizione; il passaggio dall' opinione pre-elettorale nettamente contraria a un atteggiamento pilatesco non è sfuggito a noi come a molti altri.
Il segnale dei NO TAV è forte e chiaro verso chi ha chiesto voti nel 2016, e nel 2018 non perde occasione per mettere le mani avanti e avere un atteggiamento interlocutorio: eppure noi ci ricordavamo che l'infrastruttura Torino Lione ferroviaria fosse uno spreco di denaro e un danno per l'ambiente e la società, senza possibili compromessi di sorta. Avevamo capito male, evidentemente.
Non è che la TAV, ora che bisogna resistere alle pressioni di Confindustria, è diventata di colpo un' opzione valutabile? D' altra parte, non è cambiare idea una volta al Governo l'essenza stessa del governare il cambiamento?

Ma giungiamo ora alla domanda politica per eccellenza: può esistere una definizione classista delle due piazze torinesi dell’ ultimo mese?

LOTTA DI CLASSE BORGHESE VS. INTERCLASSISMO

Erano numerosi i cartelli che richiedevano investimenti per la messa in sicurezza del territorio, per la sanità pubblica e l’ istruzione, per le frontiere aperte e i tunnel chiusi, per un futuro dignitoso e salubre per le vecchie e nuove generazioni.
È quell’ insieme di concetti e ideali politici che ha reso il Movimento NO TAV uno dei pochi baluardi rimasti a resistere di fronte al pensiero unico neoliberale, a proporre una visione altra di società da contrapporre al concetto TINA (There is No Alternative) : beh, una alternativa c’è, e nella componente di popolo di sinistra presente sabato vi era una coscienza di classe ben maggiore di quanto ci aspettassimo.

Tuttavia, per quanto nobile e radicale sia la resistenza del popolo valsusino, è difficile intravedere un vero e proprio scontro di classe tra le due piazze: semplicemente non si può trascurare la natura storicamente interclassista del movimento valsusino, così come  interclassista per definizione è il Partito politico più vicino, volenti o nolenti, alla lotta, cioè il Movimento 5 Stelle.
Discorso ben diverso per la borghesia scesa in piazza un mese fa, quella borghesia che prova a celare la propria volontà di primazia politica dietro al sorriso innocuo di sette donne “spuntate dal nulla”: è quella che il sociologo Luciano Gallino definiva “ la lotta di classe dopo la lotta di classe”, cioè quella della classe dominante contro i perdenti.

Una borghesia così lontana dalla realtà popolare che, alla fine, la lotta di classe te la strappa dalle mani: e chissà che non sia stato questo atteggiamento della piazza del 10 novembre a spingere molte più persone del previsto a partecipare per difendere una causa che, forse suo malgrado, è diventata il simbolo del tutto.
E che ha permesso, a fronte di una borghesia focalizzata su un vecchio e anacronistico modello di sviluppo economico, di mantenere il focus sui diritti economici e sociali delle persone, dei quali proprio domenica ricorreva la giornata mondiale.

mercoledì 21 novembre 2018

+++CAMPO ROM DI VIA GERMAGNANO, OPERAZIONE STRAORDINARIA DI ABBATTIMENTO BARACCHE ABUSIVE+++

Se la comunicazione è politica (e la politica secondo alcuni è comunicazione), allora il messaggio che oggi la pagina facebook della Sindaca Chiara Appendino vuole trasmetterci è chiaro, e riassumibile in una sola parola: RUSPA!
Si parte con una foto dell’oggetto del desiderio dell’elettorato salviniano che abbatte una baracca abusiva, per poi proseguire con un inedito: il trailer della incipiente conferenza stampa relativa a questa operazione!
Un bel sfondo rosso che attiri l’attenzione e una frase (volutamente?) equivoca: “ABBATTIMENTO DELLE BARACCHE ABUSIVE NEL CAMPO ROM DI VIA GERMAGNANO. TRA POCHI MINUTI IN DIRETTA.”
Quanti animi oscuri saranno stati solleticati da questa comunicazione? Abbastanza verrebbe da dire, basta andare a leggersi i commenti del post in questione: altrettanto interessante è notare come le risposte dello “staff della Sindaca” Aka Chiara Appendino arrivano puntuali quando qualcuno osa contestare l “opportunità morale” del messaggio. È per esempio impeccabile l’istituzionale “Lorenza, l'abbiamo spiegato in diretta durante la conferenza stampa. Le baracche abusive erano vuote, è un'operazione che stiamo gestendo da mesi. Molte persone sono tornate nei loro paesi d'origine.”
Si guardano bene invece dal rispondere agli esultanti fan delle ruspe e della caccia “ai parassiti, che vadano a rubare da una altra parte” (il virgolettato è in realtà un sunto di più commenti, dai quali abbiamo escluso gli insulti più bassi e più infimi e violenti).
Seguirà il post, il terzo in una mattinata scarsa, con il link alla (interessante) conferenza stampa dedicata “all’ennesimo problema di Torino ignorato da anni”: ascoltando le dichiarazioni si capiscono meglio alcuni importanti dettagli rimasti fumosi. Per esempio che le baracche in questione erano già vuote, oltre che abusive, non vi era nessuna famiglia all’interno da allontanare e l’intervento era previsto da mesi (e non dubitiamo affatto su questo).
Viene inoltre fornito un dato importante: molte famiglie sono tornate al Paese d’origine. Oddio “molte” non è propriamente un numero definibile come dato, e neanche felicitarsi per la loro dipartita è così rappresentativo del nostro sentimento politico (per fortuna non indossava la fascia tricolore mentre lo diceva): ci piacerebbe comunque sapere quante sono le famiglie “allontanate” dall’ Italia e quale certezza vi sia della loro reale scomparsa.
L’abbiamo già detto il 5 giugno, in occasione dello sgombero del campo di Corso Tazzoli: è una azione di semplice civiltà. Nulla è più delicato del confine che separa un condivisibile "superamento dei campi rom" (auspicato dall' Unione Europea stessa, sebbene essa richieda una preventiva individuazione della destinazione e rispetto delle condizioni di parità tra i cittadini dei campi e tutti gli altri) e un "RUSPA!" diventato nel frattempo programma di Governo pentaleghista.
Ma se su questo siamo tutti d’accordo, il COME fa tutta la differenza del mondo: fa bene la Sindaca a dire che era tutto previsto nel loro programma elettorale, perché la LEGALITÀ è uno dei fari illuminanti del Movimento 5 Stelle.
Quel che più preoccupa noi sistemisti invece, qui come nel caso di Tazzoli dove invece erano “molte” (i numeri non si sanno mai) le famiglie coinvolte, è il rispetto del principio di giustizia sociale, di tutela delle famiglie presenti in quei campi così come delle famiglie che vivono vicino ai roghi illegali di Via Germagnano.
E soprattutto ci interessa stigmatizzare e condannare con assoluta fermezza ogni comunicazione che voglia strizzare l’occhio al razzismo che una volta definivamo strisciante ma che ora è potuto uscire dalle fogne grazie al Governo pentaleghista e ai suoi ubbidienti esecutori sul piano locale.

giovedì 25 ottobre 2018

RAPPORTO ROTA 2018: USCIRE DAL LABIRINTO DELLA VISION?

INTRODUZIONE: TURISMO E CULTURA NON SALVERANNO IL MONDO

Quale miglior inizio di un rapporto statistico su Torino se non quello di presentare un grafico impietoso sulla relazione tra “turismo e cultura” e il lavoro stabile da essi generati? Ecco qua il primo grafico: retribuzione sull’ ascissa, e stabilità del posto di lavoro sull’ordinata. Il turismo era a sinistra, la cultura addirittura in basso a sinistra, che tradotto dal linguaggio NERD all’ italiano significa che cultura e turismo producono lavoro malretribuito e precario.





Maggiore ilarità ha generato il grafico relativo al calo dei visitatori nei musei, particolarmente accennato nel primo anno domini Appendino: per quanto serva altro alla città per sopravvivere dal punto di vista economico, è questo certamente uno dei grafici più aggiornati (non è una critica a Davico e compagni anzi, non oserei mai dato che per noi il Rapporto Rota è una Bibbia) che ci permette di valutare l’ operato di questa Giunta. Ormai siamo in tanti a dire che turismo cibo e cultura non bastano “per uscire dal buco della crisi” (vedi dichiarazione di Stefano Firpo di Industria 4.0) ma non può essere la confusione nella comunicazione dell’ Amministrazione a creare questo nuovo slancio: a metà mandato la Giunta Appendino deve decidersi e indicare una direzione (“sbagliare forte!” come diceva un mentore cestistico di fronte alle esitazioni dei giocatori). Volete continuare a elencare gli eventi del weekend come segno di salute della città o preferite confutare nettamente la “città luna park” e proporre una “alternativa chiara”? Al momento non si è ancora capito, e lo stesso dossier olimpico era una misticanza di concetti e parole-chiave tra essi molto lontani.


Dato che si è citato il cibo, passiamo subito al tema “foodification della città” e trasformazioni delle destinazioni dei quartieri della città in tal senso, vedi Porta Palazzo: la preponderanza del quadrato “ristoranti” parla da solo, e riassume perfettamente la retorica della Capitale enogastronomica che questa Giunta sta addirittura esacerbando rispetto a quelle precedenti. Passando ai freddi dati statistici, per numero complessivo di imprese che offrono servizi di alloggio e ristorazione, Torino si colloca al quarto posto nel panorama delle città metropolitane, in linea con il peso della sua popolazione. Illuminante che il 94% di esse appartenga all’ ambito del cibo, e sono perlopiù ristoranti: le imprese che guadagnano di più sono, udite udite, Eataly, Smart (licenziataria del marchio McDonald) ed Eutourist Now (se il nome vi dice qualcosa è dovuto al fatto che fu inizialmente una delle vincitrici del bando ai Murazzi).

In tema di ricettività turistica, per quanto nell'ambito dei posti letto disponibili la crescita torinese si attesti in una posizione intermedia coerente con la sua grandezza e il suo posizionamento nella scala turistica, il Rapporto segnala (ripreso ovviamente in pompa magna da La Stampa) una mancanza di alberghi a cinque stelle (nonostante la presenza di una Giunta a 5 Stelle, scusate la battutaccia).
La domanda sorge spontanea: davvero la cittadinanza torinese dovrebbe avvertire questo bisogno? Eppure quelli già esistenti non sembrano andare a gonfie vele, e il turismo luxury è inevitabilmente indirizzato verso Milano, e in parte verso le altre mete storiche italiane. Comunque non disperiamo, l’ ex Palazzo RAI e la vecchia Porta Susa saranno destinati proprio a questo tipo di clientela, ed è stata proprio questa Giunta a promuovere questa trasformazione, rilanciandola recentemente in Sala Rossa come uno dei propri successi urbanistici di maggior vanto.

Se si parla di turismo, non si può non citare Airbnb: 140.800 turisti hanno utilizzato l’ App nel 2017, per una permanenza media di 3,1 giorni. Ogni host ha guadagnato in media 2000 euro l’anno, e il 70% di essi ha offerto in affitto l’ intero alloggio (e non la singola camera): dato che i nostri lettori conoscono la nostra critica alla platform economy, non ci ripetiamo in questo articolo, data anche l’esiguità dei dati a disposizione. Sarebbe infatti interessante sapere quali sono i picchi di guadagno per singolo host e quale e quanta la concentrazione di alloggi in poche mani di medio grandi proprietari immobilitari. E’ un tema certamente ancora acerbo a Torino, ma che non per questo va sottovalutato (le lotte anti-turistification nelle metropoli medio-grandi d’ Europa sta diventando tema mainstream nei mezzi di informazione); inutile dire che la maggior parte dell’ offerta è situata nel centro città, per quanto il dossier olimpico si arrovellò nel tentativo di trasformare ogni quartiere torinese in un potenziale covo di affittacamere online.

Insomma il turismo non sfonda, e il binomio creato con “arte e cultura” fa ridere per non piangere nel corso della mattinata:


“lotterie scommesse”, “parchi tematici”, “fiere e congressi” (voce turistica molto più importante di quanto si possa immaginare) e “discoteche sala giochi” sono le voci macroscopicamente più rilevanti ne settore “cultura e tempo libero”, mentre l'arte incide davvero marginalmente per numero di lavoratori addetti nella città metropolitana. Per quanto il valore aggiunto generato dalla cultura sia molto elevato a Torino (terza dietro Roma e Milano) le altre voci relative al tempo libero sembrano comunque “andare via di tacco”: per dirla con una battuta sentita in sala, Juventus e concerto di Vasco Rossi sembrano essere nei fatti più efficaci (escluso il Salone del Libro che ha storicamente un record certificato di ricadute economiche sul territorio).

LE NOTE DOLENTI: SERVIZI E MANIFATTURA

Senza voler fare la cronistoria della città, tutti sappiamo che negli anni ‘2000 il riorientamento fu dovuto ad alcune tendenze esistenti già da parecchi anni (e non dovuto a un decilno improvviso causato dall’ arrivo delle cavallette pentastellate, per quanto da noi frequentemente criticate su queste pagine): il ritardo cronico di Torino nel settore servizi risale agli anni ’80 (in USA ed Europa erano già preponderanti in termini di PIL)
e la rarefazione della manifattura è il vero vulnus economico che non sappiamo ancora come ricucire. Per ritornare al titolo: qual è la nuova visione per uscire dal labirinto?

I numeri (purtroppo) non mentono mai, e il bilancio post-crisi del 2008 è agghiacciante: il numero di società attive nel torinese è diminuito drasticamente (le chiusure sono state superiori alle aperture in ognuno degli anni esaminati), con picchi negativi per il settore delle costruzioni (-8,3%), e per il manifatturiero (-5,8%). Come se non bastasse,
Torino raggiunge un altro dei suoi ben pochi invidiabili record: la peggior performance tra le città metropolitane nell’ ambito del terziario privato (-2,9%). Siamo infatti una delle poche città che non hanno saputo generare una crescita del valore aggiunto in ambito terziario per compensare il calo negli altri settori. Un bagliore arriva paradossalmente dal comparto a più elevato contenuto di valore aggiunto, quello dei servizi innovativi e alle imprese, dove Torino arriva seconda tra le città metropolitane (ovviamente dietro Milano, tanto per alimentare il tormentone della competizione a due).

Magra consolazione per Chiamparino e soci (artefici chissà quanto consapevoli di questo modello di città) è l’ esaltazione della platea per il termine TAV, ripetuto sei volte tra gli applausi: stupisce il sottoscritto quanto la Grande Opera sia sostenuta con vigore anche da Luca Davico e gli altri, attraverso la presentazione di grafici relativi al traffico merci. A loro modo di vedere il buco nella montagna è l’ unica possibilità (insieme al Terzo Valico) di “contrastare” la concentrazione del traffico su Milano. Lo stesso rapporto statistico indica nel  2029 come data di possibilità inizio di esercizio dell’ Alta Velocità: quel che però maggiormente stranisce è la sensazione di accanimento verso gli oppositori dell’ opera, come se in tutti questi anni (aldilà della nostra adesione e stima infinita al Movimento NO TAV) ci fosse stato qualcun altro al Governo di Città-Regione-Stato e vi siano forze oscure del male che impediscono loro di proseguire sul cammino tanto desiderato.
 Sempre in ambito di commercio e logistica, da segnalare Caselle classificato dodicesimo tra gli aeroporti italiani nel traffico merci: -68% dal 2000 a oggi. Se a questo aggiungiamo lo scarso appeal (per usare un eufemismo) come hub turistico, sembrano più che giustificate le recenti “lamentele” di tutta la Sala Rossa nei confronti del CdA della società del nostro aeroporto.

Nel frattempo, giusto per togliere il sorriso ai pentastellati in ascolto, non sembra subìre inversioni la tendenza alla chiusura, specialmente a Torino rispetto alla cintura, dei negozi di vicinato a favore di una sempre maggiore porzione di territorio destinata alla grande distribuzione organizzata. Sebbene tutto ciò faccia pensare all’ e-commerce come terzo che gode, al momento non sembra essere questa la via del futuro prossimo torinese, che vede anzi le proprie piccole medie aziende incapaci di competere sul “mercato parallelo” internauta.

Insomma c’è ben poco da sorridere e da restare allegri, ma vogliamo chiudere con una nota positiva. Il settore ICT viaggia con buoni indici di crescita e stabilità occupazionale nel torinese, e potrebbe ben saldarsi con le iniziative di “industria 4.0” che potrebbero sorgere sul territorio: una magra consolazione, ma da qualche parte bisogna pur ripartire e chissà che il connubio tra servizi e manifattura di alto livello (come più volte ribadito nel corso della mattinata) non possa essere davvero la chiave per uscire dalla “percezione” (termine ripetuto settecentottantamila volte in tre ore) di una città maldestramente focalizzata sul già citato trinomio “turismo-cultura-cibo”.

CONCLUSIONE

Torniamo agli “umori” della sala di sabato mattina: da segnalare che l’ intervento sembrato più “centrato” e concreto è stato quello di Dario Gallina dell’ Unione Industriale, unico tra le altre cose a parlare di immigrazione come fattore positivo per l’economia e come unico elemento in contro-tendenza rispetto all’ invecchiamento demografico.

E’ stato ovviamente affrontato il tema del rapporto con Milano, con una frase di Chiara Appendino (a grandi linee ha accusato i meneghini di eccessiva rapacità competitiva) subito esacerbata dai giornali: a dir la verità, non è sembrato propriamente il tema centrale del dibattito ma questo testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la Sindaca fosse isolata e distante dalla platea di stakeholder pronti a spellarsi le mani per ogni battuta del Presidente di Regione Chiamparino. Peccato che, per chiuderla con un commento social del Professor Semi, “tra 6-8 mesi non sarà questa sala e questo Chiampa a portare a casa il risultato, ma il contrario. (La mattinata è stata, NdR) una sorta di rappresentazione di fine di ancien régime, con il nuovo che spaventa (e non per ragioni che l'ancien régime capisca o intercetti). E non c'erano nemmeno champagne o brioches per lenire il clima.”

Sì, effettivamente non vi è stato neanche un ricco buffet a seguire: chissà che il pensiero non fosse già volato ai festeggiamenti 2019 del ventennale del Rapporto Rota con un Presidente di Regione leghista al centro del dibattito.
Quanto è grande la paura verso un Piemonte in procinto (combinando Comune e Regione) di tingersi di gialloverde?

mercoledì 19 settembre 2018

LA DONNA, IL SOGNO (OLIMPICO) E IL GRANDE INCUBO


Avete presente quella fastidiosa sensazione di essere costretti a guidare la macchina una volta al mese mentre la tua compagna fa commissioni e ti abbandona letteralmente dentro l’ automobile per intere mezze ore?
E avete presente quello stesso tipo di fastidio che si prova quando annoiato sul sedile inizi a leggere l’ approfondimento su La Stampa di Luigi La Spina che “ci spiega” le cause del fallimento della candidatura olimpica torinese? Sì, è lo stesso giornalista che usò i dati del Rapporto Rota 2014 per “spiegarci” le cause del declino post-insediamento di Chiara Appendino nel 2016.

ALT! Nessuno di noi vuole difendere la Sindaca del cambiamento torinese, anzi: certo, si è ritrovata a passare dal sogno al grande incubo (ringraziamo Max Pezzali e il biondo che gli ballava di fianco, 883 fonte di ispirazione forever!), ma forse potrebbe esserle utile ripassare le tappe di questi mesi per capire dove ha forzato eccessivamente la mano e quanto sia andata oltre l’ essenza, l’anima del suo programma elettorale. Una forzatura che potrebbe costarle caro politicamente ora che dovrà tornare alla “gestione dell’ esistente” con l’ opposizione politica inferocita con lei (oltre ad ASCOM, costruttori e tutti quei corpi intermedi che ben conosciamo), e la fronda interna che non potrà certo ignorare il tradimento di alcuni princìpi che ritenevano al loro interno condivisi.
E a nulla servono le affermazioni cerchiobottiste di alcuni sostenitori “Non c’era scritto da nessuna parte che siamo contro le Olimpiadi”, perché altrimenti la pletora di oscenità più o meno serie non scritte sarebbe infinita. Lasciamo alla vostra immaginazione la più divertente che l’ attuale gruppo consiliare potrebbe essere disposto a portare avanti (ci sarebbe il progetto del food a Porta Palazzo, di fatto ideato dalla passata Giunta e portato avanti entusiasticamente dall’ attuale ma questa è troppo facile).

Il riassunto della vicenda è tanto semplice quanto unanime è la lettura che viene fatta da fonti di più diversa ispirazione: Chiara Appendino ha deciso mesi fa di sostenere in gran segreto una candidatura olimpica di Torino “scordandosi” che il Movimento 5 Stelle nacque quasi sotto la sesta stella della opposizione ai grandi eventi, e in particolar modo alla gestione di Torino 2006 che ha generato così tanto debito da avere ancora conseguenze pesanti sugli attuali e futuri bilanci comunali.

Per nostra fortuna qualche eletto è rimasto fedele ai propri ideali (e promesse), dentro e fuori la maggioranza: se Deborah Montalbano da “fuoriuscita” ha più volte elencato in Consiglio Comunale le priorità delle periferie abbandonate (PRIMA LE PERIFERIE!), delle scuole decadenti, dei micro-interventi necessari sul territorio, nel frattempo i “cinque moschettieri” (in realtà Damiano Carretto è l’unico uomo perché, a quanto pare, “la rivolta è donna” dentro il M5S visto che le altre quattro sono, in mezzo ad alcuni distinguo, Daniela Albano, Maura Paoli, Marina Pollicino e Viviana Ferrero e) si sono dimostrati ostinati e disposti a tutto pur di non votare un sostegno tout court a una candidatura della quale praticamente nessuno conosceva il contenuto.

Ma Chiara Appendino non ha voluto ascoltare queste istanze, se non quando si è trovata di fronte alla “montagna dell’ opposizione olimpica” che produsse il topolino dei dieci paletti e vincoli al “grande sogno” della nostra Sindaca e dei soliti blocchi di potere interessati che sostengono i grandi eventi  di questo tipo, solitamente produttori di ulteriore sperequazione economica. Tutta fuffa, perché per La Spina nella sua articolessa si tratta di semplici “ pregiudizi ideologici della maggioranza dei suoi consiglieri”, perché invece a quanto pare la folla a sostegno di Torino 2026 basa le proprie convinzioni su granitiche realtà.
Eh, ma quali? Sempre per restare al media mainstream sabaudo, sembrerebbe che la nostra città ci potesse credere “contando, tra l’altro, su impianti ed esperienze recenti che costituivano un indubbio vantaggio competitivo rispetto alle altre concorrenti.”

Caspita, verrebbe da pensare che non abbiano neanche letto il dossier (quello affidato all’ architetto amico di Grillo per 50 testoni, do you remember?): basta avere il coraggio di aprirlo per trovare davanti ai propri occhi il costo previsto per il recupero di quelle stesse strutture abbandonate. Oppure fare un giro sulle nostre montagne (o al MOI che il compagno di Governo Salvini vuole sgomberare con la forza) e rendersi conto di persona che l’ ideologia sottende proprio queste affermazioni prive di fondamento numerico e accademico.
Oppure basterebbe chiedersi come mai “l’occasione per un riscatto del nostro Paese era davvero propizia”: che fine hanno fatto gli altri? Lo scrive l’ autore stesso en passant con un “La concorrenza di altre nazioni, col tempo, si era ridotta, sia nei numeri, sia nel valore delle proposte alternative.”
Aaahhh, si sono ritirati perché noi siamo troppo più forti? Eh no, non è proprio così perché nelle altre città potenzialmente candidate vi è stato un referendum cittadino (di quelli che proprio i cittadini PAR-TE-CI-PA-NO e VO-TA-NO) che ha costretto i loro rappresentanti a dire NO.

E tutte queste marce indietro sembrano non aver neanche destato tutto questo scandalo (salvo l’ apprensione del CIO che si trova senza città europee salvo Stoccolma cui affidare il 2026), che invece sembra volerci rivelare l’ autore dell’ articolo quando cita come fatto acclarato la “penosa figura già compiuta dall’Italia di fronte all’opinione pubblica internazionale per il doppio «no» dell’amministrazione capitolina alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024”.

Verrebbe da dire che le penose figure sono ben altre: certamente quella del Movimento 5 Stelle tutto che viene messo alla berlina nella puntata di Agorà su Raitre con la replica delle immagini d’antan di un Beppe Grillo fortemente e convintamente NO OLIMPIADI, esprimendo le stesse motivazioni della Montalbano e dei moschettieri di cui sopra. Una berlina cui è stata messa la stessa Capogruppo in Consiglio Comunale Valentina Sganga da parte della conduttrice e degli ospiti in studio quando ha cercato di spiegare che perlomeno (diamogliene atto) vi fu un voto in Sala Rossa contrario alla “candidatura a tre” e richiedente una preventiva previsione di spesa e di affidamento dei fondi.
Ma per la televisione di stato i voti del Consiglio Comunale sono una noia mortale! “Via con le immagini di Roma 1960!” e il ricordo di quanto siano belle e divertenti,e che splendida occasione di rilancio per il territorio! Ecco parliamone, quali occasioni vi sono in particolare che rendono proficuo l’ investimento pubblico? Siete un approfondimento giornalistico televisivo, vogliamo dei dati! Delle tabelle, dei numeri, delle incidenze statistiche.

Qualcosa che vada oltre la “X crescita di occupazione”, per fare una citazione letterale del dossier  torinese. Un dossier così zoppicante nel testo e nel contenuto (qui la nostra analisi di esso) che ci viene da chiedere con quale coraggio le opposizioni cittadine formate da PD e compagnia possano spingere per una sua “promozione”: forse sanno che in fin dei conti quel dossier non conta nulla, così come non conta la strutturazione della candidatura stessa perché tanto decide il CIO, e l’ unico ruolo degli enti pubblici è quello di cacciare la grana (ah, ora sembra che a cacciarla siano Lombardia e Veneto perché il M5S di Governo si è offeso coi suoi alleati)?

E dire che invece da quest’ altra parte della barricata ne sono stati proposti parecchi di dati accademici da parte di Sistema Torino così come del CONO (il volenteroso Comitato NO Olimpico che sentitamente ringraziamo per il lavoro svolto in questi mesi): basti pensare al dibattito con docenti ed esperti vari che illustrarono le proprie teorie ai cittadini accorsi alle Vallette nella scorsa primavera.

E invece no, tutto ciò non basta perché veniamo accusati di ideologia mentre poche righe dopo La Stampa riesce a chiosare il proprio approfondimento paventando il pericolo di un “«sovranismo» (che sta bene su tutto al giorno d’oggi, NdA) che si riducesse a un domestico provincialismo d’antan.”
Per rimanere all’ attualità e all’imminente futuro, verrebbe da dire “tutto bene quel che finisce bene” se non ci fossero spiragli verso Torino e il Piemonte (il tandem Chiamparino-Appendino sembra funzionare ancora) che si aprono in continuazione, come se il destino dell’ Unità d’ Italia dipendesse dalle Olimpiadi Milano-Cortina-Torino: “grande è la confusione sotto il cielo per cui la situazione è (sarebbe) favorevole” per affermare solennemente e senza tentennamenti la fallacia dei modelli di sviluppo basati su grandi eventi.

Sono cose che il Movimento 5 Stelle conosce perché le ha dette a Roma con Virginia Raggi, che Chiara Appendino conosce perché le ha ripetute nei suoi discorsi in piedi su palchi improvvisati nelle piazzette di Torino nella primavera del 2016. E che probabilmente conosce anche la compagine di Governo pentastellata: peccato che manchi il coraggio e la capacità d’azione autonoma. Molto meglio a quanto pare una democristianissima concessione alla Lega delle Olimpiadi del lombardo-veneto in cambio della sopravvivenza del Governo del Cambiamento… in peggio.

giovedì 6 settembre 2018

ALTA VELOCITA' - perchè non si fermano i lavori? - Lettera aperta del Movimento No Tav al Governo Conte

Non sarà sfuggita a tanti la differenza di "velocità" nel prendere iniziative da parte dei diversi ministri del governo del "cambiamento": tanto "celeri" a bloccare centinaia di migranti sulle navi (violando costituzione, diritti umani ed esponendo a rischio sanitario diverse persone) quanto "distratti" nei confronti della Torino Lione, opera per anni considerata disastrosa ed inutile, che continua a generare spese per le casse dello stato. Il movimento No Tav cerca di fare chiarezza a riguardo e chiede azioni concrete da parte di chi ha fin'ora soltanto guadagnato consensi affermandosi contrario all'opera ma nei fatti, permette la continuazione dei lavori. Buona Lettura!


- Al Presidente del Consiglio, prof. Giuseppe Conte
- Al Ministro delle Infrastrutture, sen. Danilo Toninelli
Oggetto: sollecitazioni circa la necessità di emanare provvedimenti governativi inerenti l’iter procedurale della Nuova Linea Torino Lione (TAV)

Val di Susa, 5 Settembre 2018

In questa fase di attesa dell’esito dell’analisi costi benefici commissionata da codesto Esecutivo per rivalutare appieno l’utilità, la sostenibilità economica e la redditività del TAV Torino Lyon, si rileva come i promotori dell’infrastruttura, a partire dalla società Telt e dal Commissario Foietta, operino in continuità con la determinazione del precedente Governo verso la realizzazione ad ogni costo dell’opera.
A fronte di ciò, l’insieme dei cittadini e delle organizzazioni che costituiscono il Movimento No Tav e da trent’anni si oppongono alla realizzazione della “grande opera” in Val di Susa rivolge ai destinatari della lettera le seguenti domande con riferimento allo stato attuale dei lavori ed ai concreti rischi che questi procedano sotto traccia nelle more dell’analisi governativa in corso.

• Per quale motivo il Governo non emana un atto che sospenda l'efficacia delle delibere 30 e 39 del Cipe (Gazzetta Ufficiale 10 Agosto 2018) che di fatto danno il via libera ai lavori in territorio italiano della tratta internazionale? Si tratta peraltro di delibere in cui la Corte dei Conti ha rilevato irregolarità documentali, e che si pongono in contrasto con l’accordo italo-francese del 30 Gennaio 2012, nelle fattispecie degli articoli 3 (governance paritetica) e 16 (avvio dei lavori consentito solo dopo il completo stanziamento - da parte di Italia, Francia e UE - delle somme necessarie a completare l’opera; requisito ad oggi non soddisfatto): ricordiamo ancora per inciso che l’articolo 18 dell’accordo citato (ripartizione dei costi) pone a carico dell’Italia il 57,9% dell’investimento totale, quando i Km del tunnel di base ricadenti sul nostro territorio sono solo il 21,3%.

• Perché il Governo non sospende tutte le attività propedeutiche agli espropri dei terreni nell’attesa di conoscere i risultati della nuova analisi costi benefici? Risulta che l’ex Ministro delle Infrastrutture Delrio abbia cercato di ottenere dal Consiglio di Stato a fine maggio 2018, pochi giorni prima che si insediasse il nuovo Esecutivo, una sorta di licenza per espropriare i terreni con modalità che violano l'ordinamento giuridico non permettendo il contraddittorio con i legittimi proprietari. Fortunatamente il Consiglio di Stato ha sospeso il proprio parere in merito, richiedendo precisazioni al Ministero: cosa farà l’attuale Ministro delle Infrastrutture in proposito?

• Perché il Ministero delle Infrastrutture non blocca il recente (31 Luglio 2018) progetto esecutivo dei nuovi svincoli dell’autostrada A32 in corrispondenza del Cantiere Tav di Chiomonte, pur sapendo che si tratta dell'atto propedeutico indispensabile all'installazione del più vasto cantiere (estensione nel territorio comunale di Giaglione) per iniziare lo scavo italiano del tunnel di base? Si tratta oltretutto di un progetto che implementa una soluzione logistica assurda, con conseguenti enormi aggravi di costi economici ed ambientali durante la (eventuale) fase costruttiva del Tav: non recependo in sostanza la stessa variante Telt alla tratta internazionale (quella del Luglio 2017, che tra l’altro comporta lo spostamento del cantiere industriale da Susa a Salbertand) ha infatti semplicemente orientato gli svincoli in direzione opposta a quella che sarebbe funzionale a minori percorrenze dei camion a servizio del cantiere (con il progetto pubblicato il totale dei Kilometri risulterebbe più che triplicato).

• Perché codesto Governo non invia una segnalazione alla Procura ordinaria ed a quella della Corte dei Conti relativamente al caso della mancata gara di appalto per la realizzazione del tunnel geognostico di Chiomonte? L’opera fu approvata dal Cipe nel Novembre 2010 con una delibera che richiedeva espressamente di procedere all’assegnazione dei lavori tramite gara, così come previsto da tutta la normativa nazionale e comunitaria, ed esplicitamente dalla stessa Commissione europea che nel 2008 finanziò la progettazione.

• Viste le molteplici dichiarazioni pubbliche di attuali importanti Ministri, nelle quali si ribadisce che “nessuna opera pubblica può essere fatta con il filo spinato e la polizia”, perché codesto Esecutivo non abolisce, per coerenza, lo status di “sito di interesse strategico nazionale” per l’area di Chiomonte, che dal Gennaio 2012 è gravata da un regime di gestione militare operata dall’Esercito e dalle Forze dell’Ordine? Perché codesto Esecutivo non interviene inoltre sulla Prefettura di Torino che da sette anni emette ordinanze di ininterrotta limitazione della circolazione intorno all’area di cantiere, in violazione dell'art. 16 della Costituzione? La legge restringerebbe un siffatto potere del rappresentante del Governo a sporadici casi di durata assai limitata nel tempo.

• Perché codesto Esecutivo non ha ancora provveduto a sostituire l’attuale Direttore generale di Telt, Mario Virano ed i Consiglieri di amministrazione di parte italiana, così come prevede lo statuto della stessa società? Continuando ad espletare il mandato del precedente Governo, l’attuale dirigenza di Telt sta operando per lanciare ed aggiudicare appalti per l’avvio dei lavori inerenti il tunnel di base transfrontaliero; servirebbero invece nuove investiture che interpretino l’attuale linea governativa in merito all’opera.


• Perché il Governo non sostituisce parimenti il Commissario straordinario per la Torino Lione, Paolo Foietta? Questo Commissario del Governo decaduto non rappresenta affatto la nuova linea di programma nei confronti dell’infrastruttura, e impropriamente a nome della Presidenza del Consiglio continua ad operare forzando ed accelerando il processo decisionale in direzione di una rapida ed ineludibile realizzazione del Tav.

Ribadiamo che l’intento di questa lettera è quello di evidenziare a codesto Governo come nei territori interessati si stia tuttora osservando il compiersi di azioni propedeutiche volte a realizzare comunque il Tav Torino-Lione, nonostante sia formalmente in corso la pausa di riflessione per rivalutare l’opera; risulta più che evidente che solo concreti provvedimenti governativi di carattere amministrativo possono evitare fatti compiuti che rappresentino passi irreversibili verso la costruzione della linea.

Nella sua lunga storia, il Movimento No TAV si è confrontato, quando ve ne è stata la possibilità, con molti governi e istituzioni locali, nazionali ed europee. Nel confronto ha sempre portato le ragioni contrarie a quest’opera inutile, devastante e antieconomica. Dopo trent’anni, queste ragioni mantengono la loro validità.
Gli scriventi si augurano di poter vedere presto attuate soluzioni adeguate ai problemi sollevati; nel contempo restano ovviamente disponibili ad un’eventuale interlocuzione che consenta di meglio esplicare ed approfondire i temi esposti.
il Movimento No Tav

lunedì 16 luglio 2018

DOSSIER OLIMPIADI: TUTTO CAMBIA AFFINCHÈ NULLA CAMBI?

Mentre impazza il dibattito olimpico ormai da settimane nella nostra città, Sistema Torino ha deciso di compiere un’ azione autenticamente rivoluzionaria: leggere tutte le 177 pagine del pre-dossier di candidatura della città per le Olimpiadi invernali del 2006, scritto dall’ Architetto Alberto Sasso, amico storico di Beppe Grillo secondo il gossip politico e candidato perdente del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni nazionali del 4 marzo 2018. Costo dell’operazione: cinquanta mila euro. Una cifra e una operazione politicamente così ardita per il Movimento 5 Stelle che merita un’ analisi approfondita dei  contenuti dello stesso, che abbiamo provato a “riassumere” per sommi capi.

CENTRO SINISTRA 2006 – MOVIMENTO 5 STELLE 2018: UNA RAZZA UNA FAZZA

Vi ricordate quando si perculava tutti insieme allegramente l' inglesorum smart&friendly della premiata ditta Fassino&Lo Russo? La nostra irriverenza piaceva ai grillins festanti, pronti a proporsi come alternativa ai Grandi Eventi intrisi di storytelling.
Peccato che la lettura del dossier olimpico ricordi un personaggio di Exporto2022, il nostro ultimo spettacolo teatrale, per il supercazzolamento (in)sostenibile green: la resilienza a base di revamping e "venue manager" per un "Olimpismo come stile di vita" sanno infatti di Storia che si ripropone in farsa. 
Soprattutto perché l'unico elemento di stacco rispetto al passato sono le costruzioni sintattiche zoppicanti, e l'utilizzo ad cazzum delle congiunzioni eufoniche "ed" e "od": per 5 piotte il mio Prof. lo scriveva meglio. (Semi-cit.).

O perlomeno avrebbe evitato, giusto per iniziare con una citazione divertente della nostra lettura domenicale, di situare lo stadio nei pressi di Via Roma: “Lo Stadio Olimpico, situato nel centro di Torino accanto al Palaisozaki, ospiterà la Cerimonia di Apertura e di Chiusura dei Giochi Olimpici”: da quando lo Stadio Olimpico è in centro?

Il concetto chiave del documento è la “doppia legacy”, cioè l’ eredità passata e futura: di fatto una sfacciata marcia indietro sulle valutazioni della gestione politica di Torino 2006, una sorta di rivalutazione ex post del Grande Evento targato PD (più precisamente, degli uomini politici che hanno dato vita al PD l’anno successivo) che già generò qualche mal di pancia alla prima improvvida uscita pubblica durante la quale l’ architetto Alberto Sasso elogiò il mantenimento in buono stato delle strutture precedenti.(vi consigliamo questo album fotografico che illustra il reale stato di abbandono del "parco olimpico).

Questa frase introduttiva del capitolo sull’ organizzazione olimpica spiega meglio di mille peripatetiche il concetto:  “Torino costituisce un punto di riferimento a livello mondiale nell’organizzazione di importanti competizioni sportive internazionali e culturali che ha trovato il proprio climax con l’ospitalità dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006 che ha ospitato oltre 1,1 milioni di persone su Torino e le valli olimpiche.”
Oppure: “L’esperienza vissuta e collaudata sia a livello amministrativo che gestionale, sia del rapporto con il territorio a tutti i livelli di gestione dell’evento Olimpico che del post olimpico, permettono di contare su una straordinaria ottimizzazione che Torino, le sue Montagne e le sue persone sapranno dimostrare al meglio.” Perché, come affermato altrove nel dossier, “La città di Torino, il Piemonte e l’Italia credono fermamente che la candidatura di Torino e del suo territorio sia il vero goal che l’Italia può portare nella competizione olimpica internazionale.” Oh yeah!

LA DOPPIA LEGACY, OVVERO L’ARTE DEL COPIA&INCOLLA

Se questa è la “legacy del passato”, diventa interessante capire come il dossier ritenga esplicare quella del futuro. Il capitolo relativo alle strutture ci fornisce una ampia documentazione a riguardo: prendiamo il paragrafo sul trampolino di Pra Gelato a mò di esempio.
“Il progetto di Legacy è di formulare, sino dalla data di candidatura, un coordinamento ed un impegno da parte dell’organo promotore, delle -federazioni e del CONI, un calendario di sostegno alle attività di trampolino che consenta la continuità fino ai tre anni successivi all’evento olimpico.” Tradotto in italiano, la “doppia legacy” non è nient’altro che affermare che le piste da bob, il trampolino, e i siti di Snowboard freestyle eccetera saranno utilizzati per le gare e per gli eventi sportivi anche dopo le Olimpiadi: in che modo? Manutenuti da chi? Perché l’ affermazione “la legacy è continuare a usarle” sembra ispirarsi più a Lapalisse che a De Coubertin. 
Ed è involontariamente comico il modo che gli estensori del dossier hanno utilizzato per spiegarcelo: un bel copia e incolla sotto ogni paragrafo della frase che vedete nel riquadro qui a fianco. Come se nessuno avesse mai pensato di usare un trampolino proprio come un trampolino, o una pista da bob per farci le gare da bob: spiace comunicarlo così ai sostenitori della novità dell’ eredità post-olimpica, ma vi assicuriamo che ci avevano pensato anche gli organizzatori delle passate Olimpiadi.
Ma forse un trampolino non è un investimento così redditizio una volta passati i quindici giorni di gare.

L' ALTERNATIVA È AIRBNB

"Il progetto è strutturato, in supporto alla base ricettiva organizzata esistente e futura, sullo sviluppo del modello della sharing economy e sull’housing sociale e sulla residenzialità diffusa ma strutturata ed organizzata dove anche i proprietari potranno essere ambasciatori culturali dell’Italia."
Più avanti nel dossier si afferma deliberatamente l’obiettivo di “valorizzare gli immobili vuoti o poco sfruttati”.
Tralasciando la facile ironia che si potrebbe continuare a fare sullo storytelling, questo significa una cosa sola: AIRBNB. Con buona pace di chi sognava un modello alternativo di città, e di tutte le teorie critiche sul nesso tra case sfitte messe a reddito da multiproprietari (“volto alla messa a reddito di alloggi sfitti o sottoutilizzati”, calcolati dal dossier in sessanta mila unità) e l' aumento dei prezzi degli affitti per i poveracci senza case di proprietà in eredità.
Sono le due città dei cartelli di Chiara Appendino nel 2016: abbandonate le periferie una volta conquistati i suoi voti citando il dramma del record torinese degli sfratti a fronte delle case vuote, si può tornare ad abbracciare forte quel Sistema Torino che si arricchisce, attraverso appunto le proprietà immobiliari, grazie alle code davanti ai musei.
La perla in questo stralcio relativo alle strutture ricettive, con citazione diretta della multinazionale accolta a braccia aperte in Comune giusto giusto pochi mesi fa: “ l’impatto delle seconde case in affitto sulla Regione Piemonte si concentra soprattutto in città, nelle località sciistiche, enogastronomiche e lacustri ed, in particolare, sul territorio interessato dai Giochi Olimpici si può garantire una capacità di almeno 4 540 strutture censite ai 3 mesi (fonti AirB&B).”
L’obiettivo dichiarato è trasformarci tutti in affittacamere  e “riscoprire la vocazione turistica” dei nostri quartieri: mettere a reddito la nostra casa o una nostra camera durante le Olimpiadi, per abituarci a farlo anche nel post-olimpico con studenti universitari e turisti.

Vi immaginate i post dei consiglieri pentastellati su Facebook se Fassino avesse osato fare una proposta del genere, con tanto di citazione diretta di Airbnb e dei suoi slogan? (“Il benchmark rispetto al modello qui designato è legato al portale online Airbnb, il quale mette in contatto persone in cerca di appartamenti per brevi periodi e persone che hanno uno spazio extra (in alcuni casi solo alcune camere, in altri case intere) da affittare”).

BENEFICI ECONOMICI E LAVORO: IL VUOTO COSMICO

Nel finale del dossier si sostengono i benefici economici dell’ organizzazione olimpica citando direttamente i buoni risultati delle Olimpiadi di Torino 2006:  “Le spese che le varie istituzioni hanno intrapreso su tutti i livelli pubblici (da molte autorevoli fonti considerate alte) hanno innescato un valore aggiunto per l’Italia di 17,4 miliardi di euro per il 60% distribuito tra gli anni 2005 e 2006. I posti di lavoro creati per l’evento e da tutto l’indotto sono stati 57.000 e tali elementi hanno generato un aumento del PIL annuo dello 0,2%.” Beh dai, solo gli stolti (o i “cretini” per citare l’epiteto scelto da Travaglio per i consiglieri comunali torinesi) non cambiano mai idea, mentre i furbi si adattano alle esigenze di poltrona (mmm il grillismo ha contagiato anche noi con questa affermazione, chiediamo venia).

Le Olimpiadi fanno bene al territorio, il 2006 lo dimostra! Peccato che l’ articolo vecchio ma sempre attuale di Lavoce.info, noto covo di marxisti rivoluzionari, smentisca in maniera semplice questa affermazione priva di fondamenti analitici.
Per quel che riguarda il lavoro generato dall’evento, viene dedicato all’argomento, udite udite, una intera slide! Con grafico annesso! Si dice che “ad “X” crescita si generi un aumento di “Y” occupazione” (ve lo giuriamo, c’è scritto proprio così) , aggiungendo che date le diverse situazioni locali non si può fare una considerazione più precisa a riguardo. Ma come? Maginificate le ricadute positive per il territorio, e quando è ora di dimostrarcelo ci dite che non si può fare e l’unico riferimento matematico è a due incognite?

Che poi effettivamente, perché preoccuparsi di generare lavoro quando abbiamo un esercito di volontari da sfruttar…ehm ehm, da mettere a frutto sull’ onda della fantastica esperienza del 2006? Perché retribuire un lavoro con salario quando hai ventimila persone (a fronte di circa 10 mila occupazioni “vere” stando ai dati del dossier) che ti organizzano l’ Olimpiade in cambio di una giacca a vento? Anche qui le lodi sperticate al “Sistema Olimpiade 2006” (che NON esiste, proprio come il Sistema Torino) non mancano: “prezioso coinvolgimento dei volontari perfettamente coordinati, (elemento essenziale e determinante del successo organizzativo e gestionale anche della passata edizione 2006)(…) Conferma e valorizzazione del bacino di volontari che come già è nel presente ma più rafforzato, potrà essere attivato anche successivamente in occasione di importanti manifestazioni che dovessero aver luogo sul territorio.” A naso, scommettiamo una birretta che potremmo trovare almeno un intervento di critica della Consigliera Chiara Appendino contro lo sfruttamento del lavoro dei volontari, ma lasciamo ai lettori il gusto della ricerca.

DATI ECONOMICO-FINANZIARI: SOLDI PUBBLICI PER PROFITTI PRIVATI

Se possiamo (mal) sopportare la spesa esigua di 50 mila euro per un pre-dossier scritto male, quanto ci costerebbe la candidatura vera e propria? Ecco qua: 5,70 milioni di euro. Mica bruscolini: e chi li spenderebbe? Ovviamente noi, paga Pantalone come direbbero i populisti di un tempo. Quattro milioni e mezzo di soldi pubblici per far guadagnare una percentuale esigua di popolazione, in particolare chi verrà nominato con alti stipendi per redigere la candidatura stessa. Con quale trasparenza e imparzialità verrebbero nominati, se già il pre-dossier è stato scritto da un amico personale di Beppe Grillo appena trombato alle elezioni del 4 marzo? Dal post dell’ ex consigliere pentastellato Vittorio Bertola, le cifre di coloro che certamente trarrebbero beneficio dalla candidatura:

- Coordinatore generale: 210.000€/anno;
- Tesoriere/CFO: 105.000€/anno;
- Responsabile relazioni internazionali: 150.000€/anno;
- Responsabile comunicazione: 150.000€/anno;
- Staff di direzione: 10 persone da 75.000€/anno a testa.

Ma poi sono previsti anche 200.000€/anno per un project manager, e 350.000€/anno da dare a uno studio di architetti per la progettazione preliminare dei siti; nonché 650.000€ di spese di trasferta in un anno (!). Not so bad.

 Per quel che riguarda invece i costi per la preparazione vera e propria dei Giochi, la tabella relativa indica in 648 milioni la spesa pubblica prevista: più volte all’interno di questo capitolo si cita la necessità di NON (lo scrivono maiuscolo per dare più enfasi) creare debito per gli enti locali, “soggetti vulnerabili”. Non si capisce però come faranno a tenerlo a bada, se non attraverso l’utilizzo del blockchain citato come la panacea di tutti i mali relativi agli appalti pubblici: suggerendovi la lettura di “Tecnologie radicali” di Adam Greenfield come utile confutazione dello storytelling a mò di Silicon Valley dell’ innovazione tecnologica come soluzione a qualsiasi politica pubblica, aggiungiamo in relazione al discorso olimpico che non basta il semplice controllo della spesa e l’annuncio nero su bianco di volerlo fare.

L’ ormai fortunatamente celeberrimo studio a cura della Saïd Business School dell’Università di Oxford ci spiega nel dettaglio come la differenza tra previsione di spesa e valutazione ex post dei costi sia così enorme da provocare conseguenze estremamente negative sulle economie dei Paesi organizzatori: basta citare il caso greco delle Olimpiadi estive 2004 per far tremare i polsi di qualsiasi cittadino escluso da benefici diretti. E’ lo stesso studio che la Raggi citò (come ci ricorda questo approfondimento di Valigiablu) due anni fa per rifiutare le Olimpiadi a Roma, per cui dovrebbero conoscerlo anche Sasso & soci.

Il dato più emblematico è quello relativo al superamento dei costi. Le Olimpiadi hanno il più alto tasso tra i mega-progetti con una lievitazione media della spesa pari al 156%. Tutte le edizioni dei Giochi hanno registrato uno sforamento del bilancio previsto inizialmente: quasi la metà delle edizioni estive e invernali (il 47%) ha avuto uno sforamento superiore al 100%: basta e avanza questo per confutare qualsiasi “eccezionalità pentastellata” che i social cercano di trasmetterci.

Restando sul dossier, non vi è comunque traccia di eccezionalità alcuna, dato che vengono più volte citate le Olimpiadi 2006 come modello economico di riferimento,  e in generale i grandi eventi del recente passato, compreso l’ Expo2015 più volte definito “mangiatoia PD” dalla sgangherata propaganda grillina. I numeri e gli studi citati sono quelli del CIO e della Nielsen Sport, partner storico di supporto statistico alla bontà dei grandi eventi, così come sono Coca Cola e Alibaba i top sponsor citati: dove sta la differenza? Nella pletora forse di “Comitati di legacy” e Agenzie post olimpiche che si ispirano al TOROC 2006 tanto caro a Chiamparino e soci?
Spiace, ma non vediamo alcuna differenza marcata rispetto al passato.

IL SISTEMA TORINO 2026 (NON) ESISTE

Uscendo dal dossier ed entrando nel tessuto cittadino, stiamo assistendo in questi giorni alla mobilitazione a favore delle Olimpiadi di quel “Sistema Torino” una volta tanto odiato dall’ attuale maggioranza pentastellata: da Chiamparino stesso in qualità di Presidente della Regione ai costruttori, passando per l’impalcatura culturale cittadina e i media mainstream che pubblicano sondaggi pro-Olimpiadi come supporto alla scelta a Cinque Cerchi di Chiara Appendino, che ha avuto l’ardore di affermare in conferenza stampa che tutti i torinesi sono favorevoli alle Olimpiadi perché basta camminare per la città per accorgersene.
Premesso che è probabilmente, anzi sicuramente reale il sentimento diffuso a favore delle Olimpiadi, non è questo il concetto di trasparenza e partecipazione propagandato dal Movimento durante la campagna elettorale del 2016: nei Paesi europei realmente democratici e favorevoli alla partecipazione dei cittadini, hanno indetto un referendum per scegliere se candidarsi o meno.

Purtroppo per noi, tutte le altre candidature sono cadute sotto i colpi della volontà popolare contraria al Grande Evento Sportivo generatore di debito: in Europa siamo rimasti solo più noi e Stoccolma, la cui popolazione voterà a settembre il referendum relativo. Pazzesco come negli altri Paesi non si accontentino di un sondaggio del Corriere eh? Perché se è reale il sentimento favorevole, altrettanto reali sono i numeri, che purtroppo non mentono mai: ed è solo attraverso un percorso referendario che si può dar vita a un confronto specifico sul tema, basato sui contenuti e non sugli hashtag e i post con emoticon delle pagine Facebook e Instagram della Sindaca.

L’ attuale Giunta ha invece in questi mesi tenuto di fatto nascosto il pre-dossier e lontana dal dibattito pubblico e dai suoi Consiglieri l’idea stessa di candidatura: effettivamente l’unico modo per sostenere questo dossier è non leggerlo.

domenica 15 luglio 2018

MOVIMENTO 5 STELLOLOGY: O CON NOI O CONTRO DI NOI

Il bollettino di guerra pentastellata odierno è il seguente: vi sono tre nuovi nemici, sono donne, e hanno osato alzare la testa in Consiglio Comunale.
Cosa vietata per il Movimento 5 Stelle: lo sa benissimo chi segue le dirette del lunedì in Sala Rossa. Dibattito ridotto al lumicino, Sindaca perlopiù assente, pochissimo spazio per il confronto, se non per richiamare i post su Facebook o aggiornare gli slogan che vanno per la maggiore.

Se sei un Consigliere di maggioranza, puoi intervenire solo per affermare "Eh ma il PD?", oppure "Ah ci state criticando? Rosiconi!", o infine per dare libero sfogo a una sindrome dell' accerchiamento funzionale alla trasformazione degli eletti in soldati(ni) disposti a tutto. Un tutto che in realtà si trasforma in niente: pigiare il bottone quando è ora, intervenire per dire quanto è diverso il Movimento 5 Stelle, digerire la qualunque perché noi la sappiamo fare meglio.

Sì, pure le Olimpiadi. E così la maggioranza pentastellata del Cambiamento rischia di perdere i pezzi: dopo l' uscita di Deborah Montalbano di qualche mese fa, ora a rischiare sono Albano, Paoli, Pollicino.
Chissà se anche oggi ci diranno che i giornali mentono: saremmo però curiosi di capire CHI imbecca i giornalisti mainstream torinesi con notizie di corridoio, dato che vengono pubblicamente vituperati.
Un bel giochino, che tiene in trappola chi balla sull' equilibrio tra il non voler mollare e la memoria dello shit storming e del fango riversato su chi decida "di uscire dal gruppo". Una opzione che la democrazia garantisce, come sa chiunque conosca la Costituzione e l' articolo sul vincolo di mandato.

Ma non c'è tempo per queste quisquilie democratiche: tireremo dritto, abbiamo bisogno di nuove Olimpiadi! Poco importa il dissenso, la mancanza di trasparenza e partecipazione.
Dobbiamo candidarci, costi quel che costi: e così ci ritroviamo inaspettati sostenitori di "Olimpiadi sostenibili green eccetera", gli stessi blablabla del Libro dei Sogni della prima Olimpiade targata Castellani e soci.

Siamo in guerra, ogni cosa è lecita: anche affermare solennemente quanto viene smentito pochi giorni dal dossier stesso.
Ringraziamo gli amici del CONO per questo video, che condividiamo con piacere.

https://www.youtube.com/watch?v=8KAulgXGUE4&feature=youtu.be


mercoledì 4 luglio 2018

NON E' CAMBIATO NIENTE!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di Stefano Bertone (autore di "Il libro nero delle olimpiadi di Torino 2006) alla discussione politica sui giochi olimpici di questi giorni.

Il file del pre-dossier non lo abbiamo ancora letto.
Le dichiarazioni vuote e patinate della sindaca sì, e torniamo indietro di 21 anni, alla velocità della luce.

Bastano le sue parole in conferenza stampa per farci sentire seduti al Salone del Libro nel 1998 con Christillin, Molineri, Ormezzano. Che tuffo al cuore. E’ tutto identico, le stesse parole. Togli Appendino metti Castellani, togli Chiamparino metti Ghigo, togli Saitta metti Bresso, e nulla cambia.

I giovani consiglieri del M5S sono troppo giovani per ricordare.
Già su quello che ha dichiarato Appendino ci sarebbe spazio per un lungo pezzo, ma oggi è meglio stare concentrati su un punto unico.


Il bilancio previsionale, 2,2 miliardi, è già da solo il doppio di quello di Torino 2006, che nel 1998 era di 500 milioni di euro per le opere e 650 per il comitato organizzatore. Questi ultimi 650 avrebbero dovuto essere tutti private ma Toroc fallì, e intervenne lo Stato come speriamo di avervi chiarito.
Perciò la base d’asta di Torino 2026 è il doppio di quella di Torino 2006.


Appendino oggi: “Non costruiremo nulla di nuovo, non inneveremo artificialmente ambienti urbani, non faremo debito e rigenereremo gli impianti e le infrastrutture esistenti”.
E servono 4,500 miliardi di lire? Figuriamoci avessero dovuto costruire!

Lasciamo da parte la base d’asta e vediamo il rateo di crescita, o se preferite di sballo, dei costi olimpici rispetto alle previsioni. Noi arrivammo a calcolare un costo complessivo di 3 miliardi di euro. Il 300% di quanto avevano preventivato. E il 500% della previsione di spesa pubblica (http://nolimpiadi.mysite.com/diseconomie.html).
Se la crescita dovesse restare costante anche in questo caso, potremmo quindi finire a 6,6 miliardi di €.
Non è cambiato proprio niente!

venerdì 29 giugno 2018

Chi ha rubato la tastiera di Travaglio?

Riceviamo e pubblichiamo volentieri queste riflessioni dall'Avv Stefano Bertone, autore de "Il libro nero delle Olimpiadi di Torino 2006"


Consiglieri dissidenti: fate la cosa giusta. Dite no, per i motivi che già conoscete e per gli altri che potrete apprendere da chi si oppone, a Torino e fuori. E insisto, pretendete la commissione di inchiesta su Torino 2006. Seguite il denaro, recuperate soldi per le casse pubbliche da chi ha causato i buchi operativi del Toroc e i deficit continui delle opere nate morte. Un giorno Travaglio capirà di più, e anche lui vi ringrazierà.

CHI HA RUBATO LA TASTIERA A TRAVAGLIO?

Due giorni fa è uscito il pezzo che avrete letto. Le olimpiadi dei cretini. (qui l'articolo)
Per i ¾ iniziali l’articolo è stile suo, dati, numeri, fatti, e la sintesi per chi abbia letto questi ¾ è chiara: le olimpiadi non si possono fare, sono una fregatura.
Poi leggi l’ultimo ¼ e ti perdi: cozza con la lunga premessa e arriva alla proposta politica di farle: “Se si tratta solo di discuterne in Consiglio comunale, come chiedono alcuni dissidenti, lo si faccia subito” e ancora “Ma poi si decida, possibilmente sulla linea della sindaca e di tutte le persone ragionevoli”. Stranezza su stranezza, l’arringa operativa.
Sul serio, pare scritto da due mani diverse, la prima da lui e la seconda da un editorialista di Repubblica, la seconda come quei panini molli che hanno distribuito per 20 anni, declamando ossessivamente le grandi opportunità per “Torino” grazie alle olimpiadi ecc.
Come abbiamo scritto diverse volte, non è che Travaglio si sia mai occupato di criticare Torino 2006 fino al 2006, anzi l’unica nota che mi viene in mente è la recensione, penso fosse su L’Unità, del ns. libro, comunque molto tardiva. Di sicuro non è stata una sua battaglia e potrà avere mille motivi. Mi ha sorpreso questa contraddittorietà e questa apertura al bis olimpico. Contro i fatti, che in parte conosce e in gran parte evidentemente, no.
Qualcuno gli ha rubato la tastiera?

Avv. Stefano Bertone

venerdì 22 giugno 2018

INTERVISTA A CARLOTTA TREVISAN: “LASCIO IL MOVIMENTO, NON SONO Più NEL POSTO GIUSTO”

Carlotta Trevisan, Consigliera del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Consiglio Comunale di Rivoli, ha dato le dimissioni da tutto lunedì 18 giugno, uscendo dal Consiglio Comunale e dal Movimento 5 Stelle. Ha chiuso la sua attività vestendo la fascia tricolore al Gay Pride, rivendicando con orgoglio il suo senso di appartenenza alla lotta per l’affermazione dei diritti civili (insieme ad altre migliaia presenti nel suo “curriculum politico”). Ideali troppo lontani dal Contratto di Governo pentaleghista e dalle affermazioni di questi giorni di molti suoi esponenti.
Carlotta ha deciso così, con coerenza e schiena dritta, di lasciare il suo incarico e il “suo” Movimento. Una scelta di coraggio e di estrema rilevanza politica in un momento in cui il Movimento 5 Stelle è nell’ occhio del ciclone tanto a livello nazionale che a livello locale (vedi candidatura Olimpiadi Torino 2026).

Per questo motivo Sistema Torino ha deciso di andare a intervistare Carlotta Trevisan, ex Consigliera Comunale di Rivoli, che ringraziamo per la disponibilità.

1) Quali sono i motivi che ti hanno spinto a lasciare il Movimento 5 Stelle?

Lasciare il Movimento 5 Stelle è stata dura, una sofferenza che ritorna ogni volta che leggo un commento o guardo il telefono e vedo messaggi o chiamate. Dura perché sono persone che conosci da sette anni, con le quali nel bene o nel male la tua vita si è intrecciata tra affetto, attivismo e amicizia.
Le mie divergenze sono iniziate durante la discussione sulle unioni civili, me ne ero occupata in prima persona insieme ad altri attivisti di Italia con cui avevamo formato l “Osservatorio nazionale m5s per i diritti civili e LGBTQI”. Lascio oggi perché quando le divergenze diventano quotidiane creano solo più contrasto e non discussione costruttiva. Non ho digerito il contratto con la Lega, non ho votato a favore e si sa, non condivido questa scelta. Scelta che ha portato solo a far aumentare i consensi a Salvini, a fare alzare la testa ai nostalgici del ventennio nero che si erano assopiti in una sorta di rassegnazione. Oggi invece si sentono forti e autorizzati a dire qualunque cosa contro i principi fondamentali del rispetto delle persone (tutte!).

La scelta dei Ministri mi lascia basita, una Buongiorno, un Fontana e un Salvini ci portato indietro di anni. Non mi piace nemmeno Bonafede perché ha sempre sostenuto le associazioni dei padri separati (che pretendono modifiche sostanziali su affidamento, condannati dai centri antiviolenza e non solo) che si scontrano con le lotte che invece porto avanti io, ossia avvocatura gratuita per i minori durante le separazioni conflittuali e riattivazione dei gruppi di parola con mediatori familiari (in CM avevo lavorato per far ripartire il progetto provinciale).
Questo è solo uno dei tanti esempi che possono far capire la situazione: la scomparsa della richiesta dei codici identificativi per le forze dell’ordine, la questione Aquarius, la legalizzazione (aberrante) della prostituzione, fino ad arrivare al folle censimento per etnia. Per non parlare della “flat tax”, concetto per me impossibile da sostenere.

Sono tante cose sommate che alla fine ti fanno dire "forse non sono più io nel posto giusto". Siccome non ritengo nemmeno corretto cambiare un’evoluzione del Movimento come non è giusto cambiare se stessi, in sincerità trasparenza e coerenza me ne vado io.
Senza recriminare nulla, perché al M5S devo molto: mi ha permesso di lavorare su questi temi, e sono stata eletta grazie a questo simbolo. Ma se le cose cambiano e non ci si riconosce più è giusto andarsene, anche per permettere a chi invece condivide questi ideali di fondo di andare avanti. Fa male, malissimo ma è inevitabile.

2) Come vedi il futuro del Movimento 5 Stelle?

Come vedo il futuro del Movimento? Bah bella domanda, vedo diverse possibilità, la prima è che si rimanga al 32 % senza crescita, la seconda che per recuperare la parte di base che non condivide certe polis tornerà in campo Di Battista, che piace (anche a me) per la sua capacità comunicativa. Io mi auguro che riescano a portare avanti almeno i due punti fondamentali del programma con il quale le persone il 4 marzo scorso hanno dato fiducia al m5s.

3) Suggeriresti ai consiglieri ribelli di Torino di fare il tuo stesso passo? E voteresti a favore delle Olimpiadi se fossi Consigliera qui?

Se fossi eletta a Torino starei nella stessa situazione di alcuni, ossia lotterei per non far passare la questione Olimpiadi, ci proverei con tutte le forze e poi se non dovessi farcela me ne andrei come ho fatto ora. E no, non voterei mai a favore!

4) È ancora possibile secondo te applicare politiche progressiste per le Giunte cittadine pentastellate?

No perché se già prima era difficile, e se il progetto di cambiamento culturale si è un po' arenato, ora con questa esplosione di “pancisti” lo è ancora di più. Ci salva che la Regione non è più in mano alla Lega altrimenti sarebbe completamente impossibile portare avanti qualsiasi iniziativa progressista, per quel che riguarda i temi che io seguo da vicino.

5) Domanda secca: quanta democrazia c’è all’ interno del Movimento? Perché secondo te lo scontro sui social è così feroce con chi dissente?

Democrazia è concetto nobile, utopistico, forse impossibile oltre certi livelli, ma fondamentale. Credo che la democrazia ci sia, ognuno è libero nel m5s di dire cosa pensa ma poi quante volte viene preso in considerazione? Spesso non avviene. Il problema è sempre uno: organizzazione e comunicazione.
Trovo però molto deludente non essere riusciti a costruire canali di confronto. Se per esempio fai un post contro una linea decisa, ti ritrovi con bulli da tastiera che anziché argomentare confrontandosi oppure esponendo un'altra visone, ti insultano. Questo è il fallimento che vedo, non solo del m5s ma della società tutta.
Nel Movimento ultimamente vedo tanti fans e pochi attivisti, fans da social, ma la politica non è una fede calcistica, è in primis discussione. Se manca, manca tutto.
Dispiace leggere insulti ancora oggi a Debora Montalbano (prendo lei come esempio perché più vicino, ma ci sono altri casi in Italia), non condivido la sua scelta ma la comprendo.

6) Resterai una attivista del Movimento? Quale reazione ti aspetti dai suoi sostenitori?

No, ma rimango in contatto col mio gruppo storico di Rivoli perché sanno che se avessero bisogno di un confronto su temi della Commissione che seguivo, io ci sono. Ho lasciato il m5s come idea politica, ma le persone rimangono persone. Mi ha stupito leggere tanti commenti positivi, forse qualcosa di buono allora l'ho fatto, sono fiera di me perché in questi anni qualche risultato l'ho ottenuto per il mio Comune, per la Città Metropolitana e per tutti gli altri progetti che ho seguito.

7) Ti consideri di sinistra o è una categoria superata come sostiene la leadership pentastellata?

Altra bella domanda. Beh il mio cuore batte da un lato solo si sa, ma la sinistra intesa come 40 anni fa è superata perché il Paese è cambiato, ora si parla di priorità e di visione politica. Vi faccio un esempio: per me agire su politiche di Welfare è anche una visione economica, perché col welfare alla persona si potrebbe indirettamente incrementare il PIL di tre punti in percentuale: un modo per basare la politica economica sulla parità. Sono visti come concetti di sinistra semplicemente perché è la parte politica che ha storicamente sostenuto i più deboli.
Allo stesso modo, un Paese emancipato culturalmente è secondo me più forte sui tavoli di contrattazione. L’ omofobia ci costa tantissimo perché non riconoscere diritti è una spesa, non solo sociale ma anche economica. Ma nessuno capisce che la crescita passa anche da questi temi.
Io sono cresciuta con un nonno che mi diceva "non ti racconto storie di principesse perché non esistono, tu donna devi essere indipendente non una principessa” e mi leggeva pezzi de “Il Capitale” di Marx mentre mi accarezzava i capelli lunghi biondi per farmi addormentare. Le mie estati scorrevano al Nuovo Valentino (Parco Ruffini) alla festa dell'Unità a mangiare piadine romagnole... Beh sì, forse sì, sono proprio di sinistra…e posso dirvelo? Fiera di esserlo!


lunedì 18 giugno 2018

SISTEMA TORINO E L' OPPOSIZIONE ALLO STATUS QUO

Sistema Torino è un collettivo ontologicamente di opposizione al Potere e allo status quo. Restando nel torinese, ci tocca constatare che poco o nulla è cambiato, e basta citare la riproposizione delle Olimpiadi come modello di sviluppo o le piazze auliche affidate a Saloni dell’Auto e della bistecca per supportare questa (amara) considerazione.

La gravità della situazione nazionale e la rapsodia dei riposizionamenti del Movimento 5 Stelle sulle diverse questioni sul piatto, in primis sul dramma dei migranti, ci ha portato a porre attenzione su temi che esulano in parte dalla natura locale del nostro collettivo, ma che restano pregnanti se pensiamo alla cultura politica, di sinistra e libertaria, nostra e dei nostri sostenitori.

Ci spiace dover altresì constatare che la nostra posizione forte e chiara contro il "Governo del Cambiamento" pentaleghista ci abbia resi bersaglio dello shit storming della Rete che raramente ci era capitato di subire.

Molti pentastellati, sia istituzionali che semplici supporters, hanno deciso di dimostrarci il loro disappunto attraverso la denigrazione, l’insulto e talvolta le minacce.

Tutto questo non ci spaventa, anche se ci amareggia: consigliamo a riguardo la lettura del recente libro "Supernova - I segreti, le bugie e i tradimenti del MoVimento 5 stelle”. Una ottima descrizione del trattamento che viene riservato a quelli che i Casaleggio considerano traditori, un trattamento che abbiamo già visto riservare ai consiglieri che "escono dal gruppo", o ai collettivi come il nostro che qualcuno ha supposto organici al Movimento.

Sarebbe banale chiudere il post con un "sempre e per sempre dalla stessa parte ci troverai" ma è effettivamente questo il destino del nostro collettivo: essere opposizione al potere e alle sue storture, rifuggire qualsiasi collateralismo in nome di una critica leale ma ferma e severa.

Siamo comunisti nella definizione marxiana di "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente": ogni tanto giova ricordarlo.

SALONE DELL'AUTO, O L'INSOSTENIBILE COERENZA A 5 STELLE

Compagni sistemisti, avete frequentato il Parco del Valentino per una bella passeggiata in questi giorni? Non ancora?

Beati voi! Vi comunichiamo allora che il nostro polmone verde è occupato da un numero di giorni di cui abbiamo perso ormai il conto da stand e "lavori in corso" per l’inaugurazione dell’avanguardistico Salone dell’Auto "Parco Valentino": sì, è proprio questo il nome ufficiale del Salone e del sito relativo (www.parcovalentino.com). Probabilmente gli organizzatori hanno un gusto recondito per la neo-lingua orwelliana, o più semplicemente ci stanno perculando: noi sgasiamo con le macchine super-lusso, le Jeep e le auto d' epoca dove voi vorreste fare il picnic…e vi rubiamo pure il nome green! Tiè!

Forse meriterebbe comunque fare un giro veloce all' interno di questo revival degli anni ’80-'90, tra flut di spumante, donne in abiti succinti e una carrellata di autentico benessere a quattro ruote. Manca solo Massimo Boldi e "Rhythm Is a Dancer" sparata a massimo volume e il viaggio nel tempo è completato.

Peccato però che siamo nel 2018 a Torino, la Capitale dell’Inquinamento, la città dei blocchi infiniti del traffico, ma soprattutto di una Giunta che ha vinto le elezioni facendosi promotrice della Mobilità Sostenibile, oltre che di un diverso utilizzo delle piazze auliche (dove sgaseranno le fuoriserie per cinque giorni consecutivi) durante i Grandi Eventi (tanto vituperati e contestati in passato dai membri dell’Amministrazione delle Olimpiadi, della conta dei turisti e dei Saloni come occasione di rilancio).

Prima avvertenza: se volete raccogliere il nostro consiglio e vi state recando al parco a piedi o in bicicletta arrivando da Moncalieri non spaventatevi, non siamo in guerra!
Semplicemente gli organizzatori del Salone dello status symbol di trenta anni fa hanno deciso di mettere all’ ingresso ad accogliere i visitatori un bel carro armato che punta il suo bel cannone in direzione delle fioriere.

Peccato che nessuno abbia pensato di chiedere nel 2016 di mettere nel programma il divieto di accesso al Parco del Valentino per i cingolati di guerra. Sono stati inseriti invece alcuni princìpi e obiettivi che stridono fortemente con il Movimento 5 Stelle di oggi, che addirittura sfodera il suo Ministro delle Infrastrutture Toninelli per inaugurarlo in pompa magna.

Per esempio nel Programma Ambiente affermarono il "diritto alla salubrità al silenzio e alla bellezza degli spazi della città": basta e avanza per impedire il Salone delle marmitte dentro il Parco!
Soprattutto se inserisci come tuo obiettivo il "miglioramento degli spazi verdi rendendoli più vivibili e inclusivi": c’è qualcosa di più esclusivo dell’esposizione di Ferrari fiammeggianti e Lamborghini scintillanti?

E dire che non ricordavamo affatto una consigliera di opposizione così favorevole alla concessione delle piazze auliche della città a tutto e tutti, tanto che nell’ ottobre 2015, in seguito a una delibera di Silvio Viale, Chiara Appendino dichiarò: “Non è in questione l’effettuazione o meno di grandi eventi in centro città. Ma è necessario che il Consiglio comunale prenda una posizione limitando il più possibile la concessione di deroghe per l’occupazione delle piazze auliche. Se il regolamento diventa solo un continuo susseguirsi di deroghe, quel regolamento allora non ha più senso di esistere. Serve una valutazione caso per caso, anche in coordinamento con le autorità statali quali le soprintendenze”

Concetto ribadito a La Stampa in piena campagna elettorale (5 giugno 2016), quando solennemente dichiarò: “Le piazze auliche sono un patrimonio di cui i torinesi e i turisti devono godere senza che possano essere continuamente deturpate da orrende e ingombranti strutture come spesso è accaduto in questi ultimi anni. (…) Queste attività andrebbero decentrate per diventare occasioni di rilancio dei quartieri più lontani dal centro storico.”

Altri tempi, quelli in cui si pensava che una alternativa fosse possibile, che eventi del genere venissero valutati “in base alle ricadute turistiche economiche e occupazionali”, e magari accettati o meno in base a consultazioni della cittadinanza, con l’obiettivo di “garantire l’attenzione del Consiglio sulle petizioni popolari”. Quello stesso Consiglio all’ interno del quale il confronto assembleare è ridotto oggi al lumicino e l’unica questione garantita è il granitico voto favorevole di tutti i consiglieri di maggioranza, per lo più silenti e assenzienti in Aula.

Con buona pace del dibattito, del rispetto del programma e di tutte quelle belle parole funzionali alla mera conquista del potere sabaudo.