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giovedì 25 ottobre 2018

RAPPORTO ROTA 2018: USCIRE DAL LABIRINTO DELLA VISION?

INTRODUZIONE: TURISMO E CULTURA NON SALVERANNO IL MONDO

Quale miglior inizio di un rapporto statistico su Torino se non quello di presentare un grafico impietoso sulla relazione tra “turismo e cultura” e il lavoro stabile da essi generati? Ecco qua il primo grafico: retribuzione sull’ ascissa, e stabilità del posto di lavoro sull’ordinata. Il turismo era a sinistra, la cultura addirittura in basso a sinistra, che tradotto dal linguaggio NERD all’ italiano significa che cultura e turismo producono lavoro malretribuito e precario.





Maggiore ilarità ha generato il grafico relativo al calo dei visitatori nei musei, particolarmente accennato nel primo anno domini Appendino: per quanto serva altro alla città per sopravvivere dal punto di vista economico, è questo certamente uno dei grafici più aggiornati (non è una critica a Davico e compagni anzi, non oserei mai dato che per noi il Rapporto Rota è una Bibbia) che ci permette di valutare l’ operato di questa Giunta. Ormai siamo in tanti a dire che turismo cibo e cultura non bastano “per uscire dal buco della crisi” (vedi dichiarazione di Stefano Firpo di Industria 4.0) ma non può essere la confusione nella comunicazione dell’ Amministrazione a creare questo nuovo slancio: a metà mandato la Giunta Appendino deve decidersi e indicare una direzione (“sbagliare forte!” come diceva un mentore cestistico di fronte alle esitazioni dei giocatori). Volete continuare a elencare gli eventi del weekend come segno di salute della città o preferite confutare nettamente la “città luna park” e proporre una “alternativa chiara”? Al momento non si è ancora capito, e lo stesso dossier olimpico era una misticanza di concetti e parole-chiave tra essi molto lontani.


Dato che si è citato il cibo, passiamo subito al tema “foodification della città” e trasformazioni delle destinazioni dei quartieri della città in tal senso, vedi Porta Palazzo: la preponderanza del quadrato “ristoranti” parla da solo, e riassume perfettamente la retorica della Capitale enogastronomica che questa Giunta sta addirittura esacerbando rispetto a quelle precedenti. Passando ai freddi dati statistici, per numero complessivo di imprese che offrono servizi di alloggio e ristorazione, Torino si colloca al quarto posto nel panorama delle città metropolitane, in linea con il peso della sua popolazione. Illuminante che il 94% di esse appartenga all’ ambito del cibo, e sono perlopiù ristoranti: le imprese che guadagnano di più sono, udite udite, Eataly, Smart (licenziataria del marchio McDonald) ed Eutourist Now (se il nome vi dice qualcosa è dovuto al fatto che fu inizialmente una delle vincitrici del bando ai Murazzi).

In tema di ricettività turistica, per quanto nell'ambito dei posti letto disponibili la crescita torinese si attesti in una posizione intermedia coerente con la sua grandezza e il suo posizionamento nella scala turistica, il Rapporto segnala (ripreso ovviamente in pompa magna da La Stampa) una mancanza di alberghi a cinque stelle (nonostante la presenza di una Giunta a 5 Stelle, scusate la battutaccia).
La domanda sorge spontanea: davvero la cittadinanza torinese dovrebbe avvertire questo bisogno? Eppure quelli già esistenti non sembrano andare a gonfie vele, e il turismo luxury è inevitabilmente indirizzato verso Milano, e in parte verso le altre mete storiche italiane. Comunque non disperiamo, l’ ex Palazzo RAI e la vecchia Porta Susa saranno destinati proprio a questo tipo di clientela, ed è stata proprio questa Giunta a promuovere questa trasformazione, rilanciandola recentemente in Sala Rossa come uno dei propri successi urbanistici di maggior vanto.

Se si parla di turismo, non si può non citare Airbnb: 140.800 turisti hanno utilizzato l’ App nel 2017, per una permanenza media di 3,1 giorni. Ogni host ha guadagnato in media 2000 euro l’anno, e il 70% di essi ha offerto in affitto l’ intero alloggio (e non la singola camera): dato che i nostri lettori conoscono la nostra critica alla platform economy, non ci ripetiamo in questo articolo, data anche l’esiguità dei dati a disposizione. Sarebbe infatti interessante sapere quali sono i picchi di guadagno per singolo host e quale e quanta la concentrazione di alloggi in poche mani di medio grandi proprietari immobilitari. E’ un tema certamente ancora acerbo a Torino, ma che non per questo va sottovalutato (le lotte anti-turistification nelle metropoli medio-grandi d’ Europa sta diventando tema mainstream nei mezzi di informazione); inutile dire che la maggior parte dell’ offerta è situata nel centro città, per quanto il dossier olimpico si arrovellò nel tentativo di trasformare ogni quartiere torinese in un potenziale covo di affittacamere online.

Insomma il turismo non sfonda, e il binomio creato con “arte e cultura” fa ridere per non piangere nel corso della mattinata:


“lotterie scommesse”, “parchi tematici”, “fiere e congressi” (voce turistica molto più importante di quanto si possa immaginare) e “discoteche sala giochi” sono le voci macroscopicamente più rilevanti ne settore “cultura e tempo libero”, mentre l'arte incide davvero marginalmente per numero di lavoratori addetti nella città metropolitana. Per quanto il valore aggiunto generato dalla cultura sia molto elevato a Torino (terza dietro Roma e Milano) le altre voci relative al tempo libero sembrano comunque “andare via di tacco”: per dirla con una battuta sentita in sala, Juventus e concerto di Vasco Rossi sembrano essere nei fatti più efficaci (escluso il Salone del Libro che ha storicamente un record certificato di ricadute economiche sul territorio).

LE NOTE DOLENTI: SERVIZI E MANIFATTURA

Senza voler fare la cronistoria della città, tutti sappiamo che negli anni ‘2000 il riorientamento fu dovuto ad alcune tendenze esistenti già da parecchi anni (e non dovuto a un decilno improvviso causato dall’ arrivo delle cavallette pentastellate, per quanto da noi frequentemente criticate su queste pagine): il ritardo cronico di Torino nel settore servizi risale agli anni ’80 (in USA ed Europa erano già preponderanti in termini di PIL)
e la rarefazione della manifattura è il vero vulnus economico che non sappiamo ancora come ricucire. Per ritornare al titolo: qual è la nuova visione per uscire dal labirinto?

I numeri (purtroppo) non mentono mai, e il bilancio post-crisi del 2008 è agghiacciante: il numero di società attive nel torinese è diminuito drasticamente (le chiusure sono state superiori alle aperture in ognuno degli anni esaminati), con picchi negativi per il settore delle costruzioni (-8,3%), e per il manifatturiero (-5,8%). Come se non bastasse,
Torino raggiunge un altro dei suoi ben pochi invidiabili record: la peggior performance tra le città metropolitane nell’ ambito del terziario privato (-2,9%). Siamo infatti una delle poche città che non hanno saputo generare una crescita del valore aggiunto in ambito terziario per compensare il calo negli altri settori. Un bagliore arriva paradossalmente dal comparto a più elevato contenuto di valore aggiunto, quello dei servizi innovativi e alle imprese, dove Torino arriva seconda tra le città metropolitane (ovviamente dietro Milano, tanto per alimentare il tormentone della competizione a due).

Magra consolazione per Chiamparino e soci (artefici chissà quanto consapevoli di questo modello di città) è l’ esaltazione della platea per il termine TAV, ripetuto sei volte tra gli applausi: stupisce il sottoscritto quanto la Grande Opera sia sostenuta con vigore anche da Luca Davico e gli altri, attraverso la presentazione di grafici relativi al traffico merci. A loro modo di vedere il buco nella montagna è l’ unica possibilità (insieme al Terzo Valico) di “contrastare” la concentrazione del traffico su Milano. Lo stesso rapporto statistico indica nel  2029 come data di possibilità inizio di esercizio dell’ Alta Velocità: quel che però maggiormente stranisce è la sensazione di accanimento verso gli oppositori dell’ opera, come se in tutti questi anni (aldilà della nostra adesione e stima infinita al Movimento NO TAV) ci fosse stato qualcun altro al Governo di Città-Regione-Stato e vi siano forze oscure del male che impediscono loro di proseguire sul cammino tanto desiderato.
 Sempre in ambito di commercio e logistica, da segnalare Caselle classificato dodicesimo tra gli aeroporti italiani nel traffico merci: -68% dal 2000 a oggi. Se a questo aggiungiamo lo scarso appeal (per usare un eufemismo) come hub turistico, sembrano più che giustificate le recenti “lamentele” di tutta la Sala Rossa nei confronti del CdA della società del nostro aeroporto.

Nel frattempo, giusto per togliere il sorriso ai pentastellati in ascolto, non sembra subìre inversioni la tendenza alla chiusura, specialmente a Torino rispetto alla cintura, dei negozi di vicinato a favore di una sempre maggiore porzione di territorio destinata alla grande distribuzione organizzata. Sebbene tutto ciò faccia pensare all’ e-commerce come terzo che gode, al momento non sembra essere questa la via del futuro prossimo torinese, che vede anzi le proprie piccole medie aziende incapaci di competere sul “mercato parallelo” internauta.

Insomma c’è ben poco da sorridere e da restare allegri, ma vogliamo chiudere con una nota positiva. Il settore ICT viaggia con buoni indici di crescita e stabilità occupazionale nel torinese, e potrebbe ben saldarsi con le iniziative di “industria 4.0” che potrebbero sorgere sul territorio: una magra consolazione, ma da qualche parte bisogna pur ripartire e chissà che il connubio tra servizi e manifattura di alto livello (come più volte ribadito nel corso della mattinata) non possa essere davvero la chiave per uscire dalla “percezione” (termine ripetuto settecentottantamila volte in tre ore) di una città maldestramente focalizzata sul già citato trinomio “turismo-cultura-cibo”.

CONCLUSIONE

Torniamo agli “umori” della sala di sabato mattina: da segnalare che l’ intervento sembrato più “centrato” e concreto è stato quello di Dario Gallina dell’ Unione Industriale, unico tra le altre cose a parlare di immigrazione come fattore positivo per l’economia e come unico elemento in contro-tendenza rispetto all’ invecchiamento demografico.

E’ stato ovviamente affrontato il tema del rapporto con Milano, con una frase di Chiara Appendino (a grandi linee ha accusato i meneghini di eccessiva rapacità competitiva) subito esacerbata dai giornali: a dir la verità, non è sembrato propriamente il tema centrale del dibattito ma questo testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la Sindaca fosse isolata e distante dalla platea di stakeholder pronti a spellarsi le mani per ogni battuta del Presidente di Regione Chiamparino. Peccato che, per chiuderla con un commento social del Professor Semi, “tra 6-8 mesi non sarà questa sala e questo Chiampa a portare a casa il risultato, ma il contrario. (La mattinata è stata, NdR) una sorta di rappresentazione di fine di ancien régime, con il nuovo che spaventa (e non per ragioni che l'ancien régime capisca o intercetti). E non c'erano nemmeno champagne o brioches per lenire il clima.”

Sì, effettivamente non vi è stato neanche un ricco buffet a seguire: chissà che il pensiero non fosse già volato ai festeggiamenti 2019 del ventennale del Rapporto Rota con un Presidente di Regione leghista al centro del dibattito.
Quanto è grande la paura verso un Piemonte in procinto (combinando Comune e Regione) di tingersi di gialloverde?

lunedì 16 luglio 2018

DOSSIER OLIMPIADI: TUTTO CAMBIA AFFINCHÈ NULLA CAMBI?

Mentre impazza il dibattito olimpico ormai da settimane nella nostra città, Sistema Torino ha deciso di compiere un’ azione autenticamente rivoluzionaria: leggere tutte le 177 pagine del pre-dossier di candidatura della città per le Olimpiadi invernali del 2006, scritto dall’ Architetto Alberto Sasso, amico storico di Beppe Grillo secondo il gossip politico e candidato perdente del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni nazionali del 4 marzo 2018. Costo dell’operazione: cinquanta mila euro. Una cifra e una operazione politicamente così ardita per il Movimento 5 Stelle che merita un’ analisi approfondita dei  contenuti dello stesso, che abbiamo provato a “riassumere” per sommi capi.

CENTRO SINISTRA 2006 – MOVIMENTO 5 STELLE 2018: UNA RAZZA UNA FAZZA

Vi ricordate quando si perculava tutti insieme allegramente l' inglesorum smart&friendly della premiata ditta Fassino&Lo Russo? La nostra irriverenza piaceva ai grillins festanti, pronti a proporsi come alternativa ai Grandi Eventi intrisi di storytelling.
Peccato che la lettura del dossier olimpico ricordi un personaggio di Exporto2022, il nostro ultimo spettacolo teatrale, per il supercazzolamento (in)sostenibile green: la resilienza a base di revamping e "venue manager" per un "Olimpismo come stile di vita" sanno infatti di Storia che si ripropone in farsa. 
Soprattutto perché l'unico elemento di stacco rispetto al passato sono le costruzioni sintattiche zoppicanti, e l'utilizzo ad cazzum delle congiunzioni eufoniche "ed" e "od": per 5 piotte il mio Prof. lo scriveva meglio. (Semi-cit.).

O perlomeno avrebbe evitato, giusto per iniziare con una citazione divertente della nostra lettura domenicale, di situare lo stadio nei pressi di Via Roma: “Lo Stadio Olimpico, situato nel centro di Torino accanto al Palaisozaki, ospiterà la Cerimonia di Apertura e di Chiusura dei Giochi Olimpici”: da quando lo Stadio Olimpico è in centro?

Il concetto chiave del documento è la “doppia legacy”, cioè l’ eredità passata e futura: di fatto una sfacciata marcia indietro sulle valutazioni della gestione politica di Torino 2006, una sorta di rivalutazione ex post del Grande Evento targato PD (più precisamente, degli uomini politici che hanno dato vita al PD l’anno successivo) che già generò qualche mal di pancia alla prima improvvida uscita pubblica durante la quale l’ architetto Alberto Sasso elogiò il mantenimento in buono stato delle strutture precedenti.(vi consigliamo questo album fotografico che illustra il reale stato di abbandono del "parco olimpico).

Questa frase introduttiva del capitolo sull’ organizzazione olimpica spiega meglio di mille peripatetiche il concetto:  “Torino costituisce un punto di riferimento a livello mondiale nell’organizzazione di importanti competizioni sportive internazionali e culturali che ha trovato il proprio climax con l’ospitalità dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006 che ha ospitato oltre 1,1 milioni di persone su Torino e le valli olimpiche.”
Oppure: “L’esperienza vissuta e collaudata sia a livello amministrativo che gestionale, sia del rapporto con il territorio a tutti i livelli di gestione dell’evento Olimpico che del post olimpico, permettono di contare su una straordinaria ottimizzazione che Torino, le sue Montagne e le sue persone sapranno dimostrare al meglio.” Perché, come affermato altrove nel dossier, “La città di Torino, il Piemonte e l’Italia credono fermamente che la candidatura di Torino e del suo territorio sia il vero goal che l’Italia può portare nella competizione olimpica internazionale.” Oh yeah!

LA DOPPIA LEGACY, OVVERO L’ARTE DEL COPIA&INCOLLA

Se questa è la “legacy del passato”, diventa interessante capire come il dossier ritenga esplicare quella del futuro. Il capitolo relativo alle strutture ci fornisce una ampia documentazione a riguardo: prendiamo il paragrafo sul trampolino di Pra Gelato a mò di esempio.
“Il progetto di Legacy è di formulare, sino dalla data di candidatura, un coordinamento ed un impegno da parte dell’organo promotore, delle -federazioni e del CONI, un calendario di sostegno alle attività di trampolino che consenta la continuità fino ai tre anni successivi all’evento olimpico.” Tradotto in italiano, la “doppia legacy” non è nient’altro che affermare che le piste da bob, il trampolino, e i siti di Snowboard freestyle eccetera saranno utilizzati per le gare e per gli eventi sportivi anche dopo le Olimpiadi: in che modo? Manutenuti da chi? Perché l’ affermazione “la legacy è continuare a usarle” sembra ispirarsi più a Lapalisse che a De Coubertin. 
Ed è involontariamente comico il modo che gli estensori del dossier hanno utilizzato per spiegarcelo: un bel copia e incolla sotto ogni paragrafo della frase che vedete nel riquadro qui a fianco. Come se nessuno avesse mai pensato di usare un trampolino proprio come un trampolino, o una pista da bob per farci le gare da bob: spiace comunicarlo così ai sostenitori della novità dell’ eredità post-olimpica, ma vi assicuriamo che ci avevano pensato anche gli organizzatori delle passate Olimpiadi.
Ma forse un trampolino non è un investimento così redditizio una volta passati i quindici giorni di gare.

L' ALTERNATIVA È AIRBNB

"Il progetto è strutturato, in supporto alla base ricettiva organizzata esistente e futura, sullo sviluppo del modello della sharing economy e sull’housing sociale e sulla residenzialità diffusa ma strutturata ed organizzata dove anche i proprietari potranno essere ambasciatori culturali dell’Italia."
Più avanti nel dossier si afferma deliberatamente l’obiettivo di “valorizzare gli immobili vuoti o poco sfruttati”.
Tralasciando la facile ironia che si potrebbe continuare a fare sullo storytelling, questo significa una cosa sola: AIRBNB. Con buona pace di chi sognava un modello alternativo di città, e di tutte le teorie critiche sul nesso tra case sfitte messe a reddito da multiproprietari (“volto alla messa a reddito di alloggi sfitti o sottoutilizzati”, calcolati dal dossier in sessanta mila unità) e l' aumento dei prezzi degli affitti per i poveracci senza case di proprietà in eredità.
Sono le due città dei cartelli di Chiara Appendino nel 2016: abbandonate le periferie una volta conquistati i suoi voti citando il dramma del record torinese degli sfratti a fronte delle case vuote, si può tornare ad abbracciare forte quel Sistema Torino che si arricchisce, attraverso appunto le proprietà immobiliari, grazie alle code davanti ai musei.
La perla in questo stralcio relativo alle strutture ricettive, con citazione diretta della multinazionale accolta a braccia aperte in Comune giusto giusto pochi mesi fa: “ l’impatto delle seconde case in affitto sulla Regione Piemonte si concentra soprattutto in città, nelle località sciistiche, enogastronomiche e lacustri ed, in particolare, sul territorio interessato dai Giochi Olimpici si può garantire una capacità di almeno 4 540 strutture censite ai 3 mesi (fonti AirB&B).”
L’obiettivo dichiarato è trasformarci tutti in affittacamere  e “riscoprire la vocazione turistica” dei nostri quartieri: mettere a reddito la nostra casa o una nostra camera durante le Olimpiadi, per abituarci a farlo anche nel post-olimpico con studenti universitari e turisti.

Vi immaginate i post dei consiglieri pentastellati su Facebook se Fassino avesse osato fare una proposta del genere, con tanto di citazione diretta di Airbnb e dei suoi slogan? (“Il benchmark rispetto al modello qui designato è legato al portale online Airbnb, il quale mette in contatto persone in cerca di appartamenti per brevi periodi e persone che hanno uno spazio extra (in alcuni casi solo alcune camere, in altri case intere) da affittare”).

BENEFICI ECONOMICI E LAVORO: IL VUOTO COSMICO

Nel finale del dossier si sostengono i benefici economici dell’ organizzazione olimpica citando direttamente i buoni risultati delle Olimpiadi di Torino 2006:  “Le spese che le varie istituzioni hanno intrapreso su tutti i livelli pubblici (da molte autorevoli fonti considerate alte) hanno innescato un valore aggiunto per l’Italia di 17,4 miliardi di euro per il 60% distribuito tra gli anni 2005 e 2006. I posti di lavoro creati per l’evento e da tutto l’indotto sono stati 57.000 e tali elementi hanno generato un aumento del PIL annuo dello 0,2%.” Beh dai, solo gli stolti (o i “cretini” per citare l’epiteto scelto da Travaglio per i consiglieri comunali torinesi) non cambiano mai idea, mentre i furbi si adattano alle esigenze di poltrona (mmm il grillismo ha contagiato anche noi con questa affermazione, chiediamo venia).

Le Olimpiadi fanno bene al territorio, il 2006 lo dimostra! Peccato che l’ articolo vecchio ma sempre attuale di Lavoce.info, noto covo di marxisti rivoluzionari, smentisca in maniera semplice questa affermazione priva di fondamenti analitici.
Per quel che riguarda il lavoro generato dall’evento, viene dedicato all’argomento, udite udite, una intera slide! Con grafico annesso! Si dice che “ad “X” crescita si generi un aumento di “Y” occupazione” (ve lo giuriamo, c’è scritto proprio così) , aggiungendo che date le diverse situazioni locali non si può fare una considerazione più precisa a riguardo. Ma come? Maginificate le ricadute positive per il territorio, e quando è ora di dimostrarcelo ci dite che non si può fare e l’unico riferimento matematico è a due incognite?

Che poi effettivamente, perché preoccuparsi di generare lavoro quando abbiamo un esercito di volontari da sfruttar…ehm ehm, da mettere a frutto sull’ onda della fantastica esperienza del 2006? Perché retribuire un lavoro con salario quando hai ventimila persone (a fronte di circa 10 mila occupazioni “vere” stando ai dati del dossier) che ti organizzano l’ Olimpiade in cambio di una giacca a vento? Anche qui le lodi sperticate al “Sistema Olimpiade 2006” (che NON esiste, proprio come il Sistema Torino) non mancano: “prezioso coinvolgimento dei volontari perfettamente coordinati, (elemento essenziale e determinante del successo organizzativo e gestionale anche della passata edizione 2006)(…) Conferma e valorizzazione del bacino di volontari che come già è nel presente ma più rafforzato, potrà essere attivato anche successivamente in occasione di importanti manifestazioni che dovessero aver luogo sul territorio.” A naso, scommettiamo una birretta che potremmo trovare almeno un intervento di critica della Consigliera Chiara Appendino contro lo sfruttamento del lavoro dei volontari, ma lasciamo ai lettori il gusto della ricerca.

DATI ECONOMICO-FINANZIARI: SOLDI PUBBLICI PER PROFITTI PRIVATI

Se possiamo (mal) sopportare la spesa esigua di 50 mila euro per un pre-dossier scritto male, quanto ci costerebbe la candidatura vera e propria? Ecco qua: 5,70 milioni di euro. Mica bruscolini: e chi li spenderebbe? Ovviamente noi, paga Pantalone come direbbero i populisti di un tempo. Quattro milioni e mezzo di soldi pubblici per far guadagnare una percentuale esigua di popolazione, in particolare chi verrà nominato con alti stipendi per redigere la candidatura stessa. Con quale trasparenza e imparzialità verrebbero nominati, se già il pre-dossier è stato scritto da un amico personale di Beppe Grillo appena trombato alle elezioni del 4 marzo? Dal post dell’ ex consigliere pentastellato Vittorio Bertola, le cifre di coloro che certamente trarrebbero beneficio dalla candidatura:

- Coordinatore generale: 210.000€/anno;
- Tesoriere/CFO: 105.000€/anno;
- Responsabile relazioni internazionali: 150.000€/anno;
- Responsabile comunicazione: 150.000€/anno;
- Staff di direzione: 10 persone da 75.000€/anno a testa.

Ma poi sono previsti anche 200.000€/anno per un project manager, e 350.000€/anno da dare a uno studio di architetti per la progettazione preliminare dei siti; nonché 650.000€ di spese di trasferta in un anno (!). Not so bad.

 Per quel che riguarda invece i costi per la preparazione vera e propria dei Giochi, la tabella relativa indica in 648 milioni la spesa pubblica prevista: più volte all’interno di questo capitolo si cita la necessità di NON (lo scrivono maiuscolo per dare più enfasi) creare debito per gli enti locali, “soggetti vulnerabili”. Non si capisce però come faranno a tenerlo a bada, se non attraverso l’utilizzo del blockchain citato come la panacea di tutti i mali relativi agli appalti pubblici: suggerendovi la lettura di “Tecnologie radicali” di Adam Greenfield come utile confutazione dello storytelling a mò di Silicon Valley dell’ innovazione tecnologica come soluzione a qualsiasi politica pubblica, aggiungiamo in relazione al discorso olimpico che non basta il semplice controllo della spesa e l’annuncio nero su bianco di volerlo fare.

L’ ormai fortunatamente celeberrimo studio a cura della Saïd Business School dell’Università di Oxford ci spiega nel dettaglio come la differenza tra previsione di spesa e valutazione ex post dei costi sia così enorme da provocare conseguenze estremamente negative sulle economie dei Paesi organizzatori: basta citare il caso greco delle Olimpiadi estive 2004 per far tremare i polsi di qualsiasi cittadino escluso da benefici diretti. E’ lo stesso studio che la Raggi citò (come ci ricorda questo approfondimento di Valigiablu) due anni fa per rifiutare le Olimpiadi a Roma, per cui dovrebbero conoscerlo anche Sasso & soci.

Il dato più emblematico è quello relativo al superamento dei costi. Le Olimpiadi hanno il più alto tasso tra i mega-progetti con una lievitazione media della spesa pari al 156%. Tutte le edizioni dei Giochi hanno registrato uno sforamento del bilancio previsto inizialmente: quasi la metà delle edizioni estive e invernali (il 47%) ha avuto uno sforamento superiore al 100%: basta e avanza questo per confutare qualsiasi “eccezionalità pentastellata” che i social cercano di trasmetterci.

Restando sul dossier, non vi è comunque traccia di eccezionalità alcuna, dato che vengono più volte citate le Olimpiadi 2006 come modello economico di riferimento,  e in generale i grandi eventi del recente passato, compreso l’ Expo2015 più volte definito “mangiatoia PD” dalla sgangherata propaganda grillina. I numeri e gli studi citati sono quelli del CIO e della Nielsen Sport, partner storico di supporto statistico alla bontà dei grandi eventi, così come sono Coca Cola e Alibaba i top sponsor citati: dove sta la differenza? Nella pletora forse di “Comitati di legacy” e Agenzie post olimpiche che si ispirano al TOROC 2006 tanto caro a Chiamparino e soci?
Spiace, ma non vediamo alcuna differenza marcata rispetto al passato.

IL SISTEMA TORINO 2026 (NON) ESISTE

Uscendo dal dossier ed entrando nel tessuto cittadino, stiamo assistendo in questi giorni alla mobilitazione a favore delle Olimpiadi di quel “Sistema Torino” una volta tanto odiato dall’ attuale maggioranza pentastellata: da Chiamparino stesso in qualità di Presidente della Regione ai costruttori, passando per l’impalcatura culturale cittadina e i media mainstream che pubblicano sondaggi pro-Olimpiadi come supporto alla scelta a Cinque Cerchi di Chiara Appendino, che ha avuto l’ardore di affermare in conferenza stampa che tutti i torinesi sono favorevoli alle Olimpiadi perché basta camminare per la città per accorgersene.
Premesso che è probabilmente, anzi sicuramente reale il sentimento diffuso a favore delle Olimpiadi, non è questo il concetto di trasparenza e partecipazione propagandato dal Movimento durante la campagna elettorale del 2016: nei Paesi europei realmente democratici e favorevoli alla partecipazione dei cittadini, hanno indetto un referendum per scegliere se candidarsi o meno.

Purtroppo per noi, tutte le altre candidature sono cadute sotto i colpi della volontà popolare contraria al Grande Evento Sportivo generatore di debito: in Europa siamo rimasti solo più noi e Stoccolma, la cui popolazione voterà a settembre il referendum relativo. Pazzesco come negli altri Paesi non si accontentino di un sondaggio del Corriere eh? Perché se è reale il sentimento favorevole, altrettanto reali sono i numeri, che purtroppo non mentono mai: ed è solo attraverso un percorso referendario che si può dar vita a un confronto specifico sul tema, basato sui contenuti e non sugli hashtag e i post con emoticon delle pagine Facebook e Instagram della Sindaca.

L’ attuale Giunta ha invece in questi mesi tenuto di fatto nascosto il pre-dossier e lontana dal dibattito pubblico e dai suoi Consiglieri l’idea stessa di candidatura: effettivamente l’unico modo per sostenere questo dossier è non leggerlo.

mercoledì 14 marzo 2018

OLIMPIADI BIS: INTERVISTA ALL' AVVOCATO STEFANO BERTONE

Vi ricordate la nostra intervista di due anni fa all' Avvocato Stefano Bertone, autore del libro "Il libro nero delle olimpiadi di Torino 2006"? Bene, di fronte al nuovo entusiasmo olimpico che ha abbracciato tutto l'arco costituzionale cittadino (esclusi alcuni dissidenti pentastellati che non si sono dimenticati le loro origini critiche nei confronti di Grandi Eventi e debiti a cinque cerchi) abbiamo deciso di tornare da lui (ringraziandolo infinitamente per la disponibilità) per "rinnovare" le domande relative a una eventuale candidatura per le Olimpiadi invernali 2026.
Buona gustosa lettura!

1) Incredibile ma vero, Torino ripresenta oggi la candidatura olimpica della città mentre si lecca ancora le ferite per le conseguenze, in termini di debito e di devastazione ambientale, dei Giochi invernali 2006. Stefano Bertone, ti abbiamo intervistato due anni fa, quando Torino si preparava a ricordare il decennale di quel mega evento. Cosa ne pensi di questa inaspettata proposta?

Il presidente del CIO che assegnò le olimpiadi a Torino era Samaranch, il secondo dopo la signora vestita di bianco. Per i non vedenti: fanno tutti il saluto romano.
Non mi stupisce che vi sia gente che si prefigura già nomine, appalti, subappalti e il proprio futuro a posto per i prossimi 40 anni. Credo che, in questo momento, ci siano diverse aspettative. Ci sono sicuramente ideatori mossi da un grande ottimismo. Poi, una piccola fetta di persone che ha ben chiara la questione: avvantaggiarsi, o economicamente o per acquisire peso sociale, in prima persona. Questa è, inoltre, una proposta che potrebbe risvegliare l’appetito delle famiglie ‘ndraghetiste radicate in Piemonte da quasi 50 anni: miliardi di euro pubblici sono pronti a frusciare in mille rivoli. C’è, infine, una grande maggioranza, ignara oggi come 20 anni fa, delle informazioni fondamentali necessarie per poter esprimere una libera e ponderata scelta. In assenza di questo tassello basilare, se intervisti i torinesi, ti diranno in larga parte che, a proposito del 2006, avevano percepito un evento ottimo e non saprebbero indicarti effetti collaterali; ti direbbero dunque perché non bissare? Fin qui, tutto nella norma. Quello che cambia rispetto a venti anni fa sono i Cinque stelle, che però stanno rapidamente prendendo una piega governativa, un atteggiamento molto ordinario.

2) Molti membri della attuale Giunta e della maggioranza consiliare, compresa la sindaca Appendino, quando erano all’opposizione si espressero in modo contrario all’organizzazione di questi grandi eventi: oggi invece, aldilà delle speculazioni giornalistiche, sembrano ondeggiare e tendere verso il Sì. Che cosa sta succedendo secondo te?

Staranno probabilmente dicendo “bene, dimostriamo cosa siamo capaci di fare”. Ripeto quello che ti dissi nell’intervista di due anni fa: sono vittime anche loro di una propaganda fenomenale che ha protetto Torino 2006 per venti anni dipingendola per quello che non è stata. Questo è il punto centrale. Il popolo di tutte le condizioni sociali e reddituali, e quindi anche loro, è rimasto all’oscuro dei veri costi, dei debiti assunti, delle morti sul lavoro, dei disboscamenti, delle compromissioni con produttori di armi, dei conflitti di interesse, delle garanzie non rispettate, dell’identità del CIO e del contratto capestro che impone a tutte le città candidate.

3) Però in termine di pubblico e di immagine massmediatica l’Olimpiade ha funzionato.

Il risultato televisivo di Torino 2006 fu così inferiore alle attese che Nbc si ritrovò con clienti, che avevano acquistato spazi pubblicitari, largamente insoddisfatti, tanto che il network pensò di offrire spazi gratuiti in futuro. Questo l'avete mai letto da qualche parte? I turisti stranieri, rispetto a quel che si è detto negli anni successivi, sono rimasti stabili. Il numero dei biglietti venduti fu mediocre, largamente inferiore alle previsioni. Gli accessi alle piazze e agli stadi furono pesantemente limitati da ordinanze di polizia e autentiche barriere. E tra i divieti per il pubblico ricordo quello di indossare negli stadi indumenti con loghi di produttori diversi dagli sponsor olimpici, oltre al divieto di portarsi panini da casa. Si tratta di condizioni contrattuali imposte cui gli organizzatori diedero il loro assenso già sette anni prima dell’evento. Mi fermo qui con la lista. I due maggiori editori presenti a Torino tacquero, magnificarono, invece, ogni fase del pre e del durante. Sia il proprietario di Repubblica che quello della Stampa hanno avuto interessi immobiliari legati a Torino 2006. RAI 3 regionale fu uno strazio, il che fu peggio essendo in mano pubblica. Come puoi pretendere che l’ambiente cittadino oggi non sia influenzato da questo silenzio che ha lasciato trasparire solo luci? La propaganda dei promotori ha perpetrato una lobotomia collettiva. Questo spiega lo stato di ignoranza, ma non lo giustifica. Quando hai assunto un potere esecutivo locale, e siedi in consiglio comunale, o regionale, hai il dovere di informarti. Qualcuno di loro, leggo, lo sta facendo. Ottimo. Le possibilità, per tutti, oggi sono moltissime, molte di più di venti anni fa. Abbiamo scritto un libro, tenuto aperto un sito internet per quindici anni, di tanto in tanto lo riattiviamo quando escono notizie di questo genere. In rete circola materiale scientifico più che sufficiente per capire che bisogna tenersi al largo.

4) Secondo te come mai a Torino il Movimento 5 Stelle sembra tergiversare, mentre a Roma la Raggi e il suo entourage si espressero in modo contrario da subito?

Vedo un po' di ragioni diverse. Credo che gli M5S romani abbiano fatto un lavoro di studio serio, documentale, e quelli torinesi, quantomeno molti di loro giudicando dai risultati di queste ore, no. Le frasi di Raggi in conferenza stampa sul perché non si dava Roma in pasto al business delle Olimpiadi sono state nette, sfrontate, profondamente giuste, un autentico boato. A Torino sembra di avere a che fare con un’entità distinta, nonostante Torino 2006 sia costata al contribuente più di Atene, Atlanta, Salt Lake City. Adesso c’è anche l’apertura di Grillo che avrebbe dichiarato che sia possibile farle “sostenibili e a costo zero”. Se ha proprio dichiarato così, o è ignorante oppure sta tradendo quella sua parte sana che ha determinato il successo del M5S. Anni fa i cavalli di battaglia del comico erano le tematiche ambientali, il risparmio di denaro pubblico; Grillo ridicolizzava le bugie dei burattinai che, invece, oggi avvalla. L’antitesi di se stesso. In più, fa davvero specie che l’attenzione sia soprattutto sul contenimento dei costi.
E il modello che propongono le Olimpiadi? Gli eventi culturali sponsorizzati da Finmeccanica produttore di armi? Gli sponsor olimpici che entrano nelle scuole pubbliche come pacchetto educativo? Il retaggio nazista della torcia olimpica che prosegue ancora oggi come simbolo di pace? Ma lo sanno chi è stato, e chi è il CIO? L’approccio di Grillo è ancora più grave perché proviene da una persona che negli anni passati aveva espresso idee nette e capacità critica. D’altronde, questa giunta comunale ha accettato e fatto partire la sperimentazione 5G con TIM e in nessuno dei documenti ufficiali che ho visto si cita la questione, estremamente seria, degli effetti sulla salute collettiva dell’inquinamento elettromagnetico. Mentre la riduzione, oltreché essere doverosa sotto molti punti di vista, è anche parte del loro programma! Forse M5S ha dentro un po' di tutto, così trovi chi vuole ipertecnologie moderne, ma anche chi ne combatte i riflessi su salute e ambiente. Ho come l’impressione che nel medio termine si arrivi alla progressiva scomparsa della linea ecologista.

5) Per quello che avete potuto studiare voi, ci sono garanzie che le promesse e gli impegni presi in fase di candidatura siano poi rispettate nella fase di realizzazione, e non ci si ritrovi con strane sorprese? Cosa puoi dire del caso precedente?

Dovresti intervistare Chiamparino, o se vuoi Castellani, Mercedes Bresso, Enzo Ghigo, Saitta, o più in generale tutti quelli che hanno messo le loro firme a favore di Torino 2006. Credo che saresti capace di metterli in enorme difficoltà. In fase di candidatura in documenti ufficiali trovavi scritto, in corrispondenza di molti dei progetti degli impianti: “l’unicità della struttura ne garantisce il riutilizzo futuro”.
Documenti realizzati da un’associazione costituita da enti pubblici e finanziata con soldi pubblici. Hai visto come è andata, sia in città che in montagna. Lo sapevano bene. Dopo, hanno fatto gli equilibristi. Pragelato, fine degli anni ’90. Intervengo in un’assemblea pubblica e chiedo a Castellani, che da un’ora ripeteva “se saremo bravi… se saremo bravi…”: e se invece non sarete bravi, che ne sarà dello stadio del trampolino, chi lo pagherà? E lui, candido.
"Se non saremo bravi, lo vedremo alla fine."
Non disse “pagheremo noi amministratori, di tasca nostra, perché saremo stati incapaci”.
Non disse “visto che non siamo sicuri che saremo bravi, allora questo obbrobrio non lo costruiamo”. Disse vedremo poi.

E proseguirono dritto. Oggi che siamo alla fine, possiamo dire che Castellani e il Toroc non sono stati bravi. Però li senti ancora dire di guardare altrove, dire che non è colpa dei comuni della valle se gli impianti sono abbandonati. Non ci pensano nemmeno a riconoscere una loro grande incapacità. C’è un’intervista a Chiamparino intorno a fine gennaio 2006, L’Espresso gli dice “In ogni Olimpiade, con la costruzione di nuovi impianti, si rischia di creare cattedrali nel deserto...”, e lui: "Il villaggio olimpico sarà adibito in parte a edilizia pubblica, in parte a centro servizi. Il nuovo Palasport avrà una funzione polivalente, ma, insieme con l'Oval, ospiterà soprattutto convegni ed esposizioni".  E di tutti gli altri impianti – trampolino, bob, biathlon, freestyle, per centinaia di milioni di euro? Non parla. Nessuno gli chiede, e lui glissa. La morale è che nessuno li ha mai veramente messi in difficoltà tra quelli che avrebbero potuto causare reazioni pubbliche, ad esempio in quel caso l’Espresso non gli ha chiesto conto delle altre innumerevoli opere con destino segnato, e se questo non fosse ampiamente previsto. Nessuno ha mai preteso che giustificassero un tale collasso rispetto alle premesse. Hanno fatto un debito di un quarto di miliardo di euro,  a favore di un ente privato come Toroc, ma affermano di esserne usciti con solo 11 milioni di disavanzo. Come è possibile? Nessuno chiede loro del marchingegno finanziario creato per far accollare la maggior parte del debito ad altri soggetti, e farli uscire quasi puliti nei loro conti. Castellani oggi riesce anche a dire che Toroc ha restituito dei soldi alla città. Ma che bravi. È anche per questo che puoi trovarli in posizioni di potere, presidenza della Regione, direzione del Museo Egizio, circondati da un’aura di fascino.
Hanno dominato la scena politica, amministrativa e mediatica, senza avversari.

6) Si parla di Olimpiadi lowcost, una parola che sembra tornare di moda per far digerire il debito futuro. Low cost come la Torino Lione. Ti sembra una proposta credibile?

Naturalmente no e questo rende ancora più ridicola l’apertura di Grillo. Ti darò una risposta un po' lunga. Innanzitutto potrà sembrare banale, ma conta molto la moneta, è un po' una mia fissazione. L’unità anziché le decine di migliaia: 1 miliardo, 2 miliardi. Quanto è più forte dire 2.000 milioni, 4.000 milioni? Molto. È la stessa genialità secolare che trovi a ogni trattativa nei suk dei paesi nordafricani ed è la stessa che trovi anche nel caso del progetto Tav. Prima idea: costerà – diciamo – 20 miliardi di euro. E tutti “Ohhh ma è tantissimo”. Valore àncora, con l’accento sulla prima a. Qualche anno e qualche manganellata dopo, i proponenti ti dicono, ok, ci abbiamo ripensato, nuova versione low cost, costerà solo 8 miliardi. E tutti “Wow, grande risparmio!”. Quell’otto miliardi, cioè sedicimila miliardi di lire, diventa piccolissimo, quasi trascurabile, perché tu – è provato da una scienza comportamentale - con la testa continui a rimanere al valore àncora, e vedi quanto hai risparmiato sui 20 miliardi (12 miliardi), non quanto costano 8 miliardi di euro. A proposito, ti consiglio uno splendido libro che si chiama Priceless, The hidden psychology of value, di W. Poundstone (Oneworld, 2010), si raccontano tanti esperimenti compiuti da diversi team di studiosi per dimostrare la totale insensatezza e irrazionalità delle scelte che compiamo ogni giorno intorno ai numeri e ai valori.

Stessa cosa per questa nuova idea di Olimpiadi al ribasso, che peraltro nasce in ambito CIO (non è una proposta dei torinesi) proprio perché è sempre più difficile trovare polli che vogliano farsi spennare. Dicono i promotori: sarebbe costato 3 miliardi di euro in circostanze normali, ma siccome abbiamo già gli impianti, allora ne costa solo 2. Mettiamo che sia vero. Un miliardo di euro risparmiati. Psicologicamente hai come primissima reazione, non l’attenzione ai due miliardi di euro, ma al miliardo risparmiato. Verrebbe quasi da ringraziarli.
Invece io dico, tralasciando per un secondo le questioni culturali: state proponendo di spendere 4.000 miliardi di lire togliendoli agli asili comunali? All’incremento dei medici di pronto soccorso? Mi sembra fenomenale.

7) Beh, ma stavolta è diverso: i 5 Stelle vigileranno!

La storia ha sempre insegnato – e noi lo documentammo prima che iniziassero a piantare il primo chiodo – che le spese crescono sempre vertiginosamente rispetto alle previsioni. È successo anche qui, ma se vai a vedere i bilanci definitivi, quasi non te ne accorgi. Roba che Grillo non avrà letto. A Torino cosa è successo? Come ti dicevo, il Toroc, il Comitato Organizzatore, è fallito e ha avuto bisogno di ricorrere a pesanti finanziamenti pubblici, di diversa origine, alla fine mi pare che fossero nell’ordine del quarto di miliardo di euro. La cosa stupefacente è che nessuno ha mai indagato nonostante una magistratura locale attentissima....su altri temi.

8) Molti sostengono che la formula della doppia Olimpiade negli stessi luoghi è una formula vincente, poiché i costi in qualche modo vengono contenuti a fronte di una doppia esposizione mediatica e turistica: cosa c’è di fondato in questa teoria?

Non so chi lo sostenga e su che basi. Però ricordo bene che la popolazione austriaca delle zone intorno a Innsbruck ha bocciato ripetutamente, l’ultima volta pochi mesi fa con un referendum, qualunque proposta di ricandidatura. E non mi pare che sia l’unico caso. Penso che questa teoria potrebbe avere un senso, mi sto sforzando, se la manifestazione si ripetesse subito dopo, che ne so, a poche settimane di distanza, con impianti ancora agibili e un’organizzazione presente. Anni dopo, è inimmaginabile.
Peraltro, e tocco un altro pezzo di “sogno”, questa famosa esposizione turistica e apertura verso il mondo è stata annunciata, scritta, ma è ancora una volta solo propaganda. Non è provata. I dati regionali del 2012 dimostravano che i viaggiatori stranieri che avevano raggiunto Torino nel 2011 erano 140.000: meno del 2010, del 2007, del 2006, del 2005, del 2002. E si fermavano tutti, in media, sempre tre giorni. Sia prima, che dopo i famosi Giochi. Quindi a cosa era servito? A convincere i torinesi di essere internazionali?



9) La grancassa mediatica sta ricominciando a suonare forte e all’unisono in favore del “nuovo sogno olimpico”: quanto spazio vi sarà per una informazione diversa e alternativa dell’evento?

Si è vero, ho visto che ricompaiono queste parole ingannevoli come ‘sogno’, che tocca le emozioni e induce alla smaterializzazione dei costi sociali, ambientali, economici. Comunque, per quanto riguarda i canali più tradizionali, Stampa e Repubblica, i cui diversi proprietari nel 2006 avevano interessi economici diretti, ora hanno una regia aziendale unica. Dubito che l’editore pretenderà giornalismo d’inchiesta dopo aver volontariamente dormito e con ragione sull’edizione precedente. Me li vedo perciò ripercorrere le loro vecchie tracce. La novità rispetto a vent’anni fa, lancio della candidatura e anni successivi, è il Fatto Quotidiano. Se proprio devo stare ai media tradizionali e più consultati, è il Fatto quello da cui mi aspetterei di più in termini di garanzia di diffusione dell’informazione non allineata.

Passando al pubblico: la RAI è stata una realtà deprimente. Non solo il regionale, ma RAI 3 nazionale riuscì a stoppare un servizio tra l’altro molto equilibrato di Fulvio Grimaldi, un giornalista d’inchiesta vecchio stampo. Il problema Torino però era più vasto. Neanche Report si è attivato quando era l’ora di farlo – e cioè prima che si costruisse e sprecasse -, nonostante avessimo sottoposto di persona a Giovanna Boursier diversi elementi di indagine. Erano gli anni dei progetti e delle prime gare d’appalto, le prime violazioni delle leggi sugli appalti pubblici, e la risposta fu che non vedevano al momento ragioni di interessarsene. Non so se abbiano fatto servizi dopo. Molte testate hanno messo in cantiere servizi critici sulle cattedrali nel deserto, a evento finito. Comprese Repubblica e La Stampa. Facile a stadi abbandonati, ma dov’erano nei dieci anni precedenti, avevano chiuso la redazione di Torino? Sono convinto che Ranucci di Report capirà di avere una responsabilità sociale per denunciare prima che un evento avverso accada e se sarà così potremo aspettarci che Report, ad esempio, indaghi e riporti nella fase di candidatura.

10) Da più parti sembra emergere l’ipotesi di un referendum a riguardo della candidatura, come avvenuto altrove: quante possibilità di successo avrebbe a tuo parere?

Credo che se venisse messa a disposizione un’informazione chiara, il referendum direbbe di no. La storia è per i comitati contrari. Dove non ci sono referendum, dove domina il meccanismo della delega anche a livello locale, si organizzano Olimpiadi sui cittadini, senza la loro condivisione ed appoggio. Comunque, dove si è votato, ti basti ancora il caso di Innsbruck pochi mesi fa, su una proposta “low cost” si è detto "ciao Olimpiadi!". Perché il promotore non deve aver dalla sua solo i capigruppo consiliari e regionali di 3 o 4 partiti, ti ricordo che a Torino in comune votarono tutti a favore tranne tre consiglieri di RC, Avanzi, Contu, Alfonzi, e i caporedattori dei giornali e TV locale. Deve convincere 4 milioni di persone. Su un numero così grande, la maggioranza non crederebbe a garanzie di riutilizzo “basate sull’unicità dell’opera”, non accetterebbe che il pubblico si accolli in bianco, sempre e comunque, come condizione giuridica, ogni deficit del comitato organizzatore a favore di un’associazione privata che sta in Svizzera.

Grazie Avvocato per la disponibilità e alla prossima!

Nota finale: se i nostri lettori volessero "surfare" dentro i vecchi archivi di documenti relativi a Torino2006 può accedere a questo sito:
http://nolimpiadi.mysite.com/mainita.html
con una avvertenza temporanea: dentro il sito dovrete sempre sostituire la prima parte fissa dei link vecchi (http://nolimpiadi.8m.com) con la parte fissa dei link nuovi (http://nolimpiadi.mysite.com)





giovedì 17 novembre 2016

IL MARINO DI TORINO: DA DOVE ARRIVANO GLI ATTACCHI A MONTANARI?

Si può dire che non è stata una bella giornata per Guido Montanari quella di ieri? L’ Assessore all’ Urbanistica nonché Vice-Sindaco si è ritrovato a fronteggiare degli attacchi mediatici molteplici, di uno spessore politico prossimo allo zero: prima il parcheggio disabili della sua auto di servizio, poi il video estratto dal contesto originale trasformato in un “speriamo che Grillo non vinca le elezioni”. Niente di meglio per iniziare una gogna mediatica degna degli scontrini di Ignazio Marino (ve lo ricordate? Tutto cominciò da una bottiglia di vino e, ironia della sorte, da una macchina in divieto di sosta, mica da quel che stava facendo in qualità di Sindaco). I più attenti alla politica torinese sanno che l’attacco nei suoi confronti non è una improvvisazione di due giorni fa, ma siamo all’apice di un processo di delegittimazione iniziato qualche settimana fa.

A settembre si è cominciato politicamente “a fare sul serio” e Guido Montanari era, ed è, il simbolo di cosa significhi tutto ciò: continua e completa aderenza al Movimento NO TAV senza cedimenti, una rivoluzione urbanistica contraria alla cementificazione selvaggia, un tentativo di pratica politica davvero diversa e trasparente negli ambiti che coinvolgono la vita quotidiana di tutti i cittadini. Sono i temi che Sistema Torino ha sempre sostenuto, ed i motivi per cui decidemmo apertamente di esprimere la nostra adesione a questa parte della candidatura a 5 Stelle che il Vice-Sindaco rappresenta.

La sensazione è che questo suo modo di agire sia “fastidioso” a più livelli, ma sia anche la versione per ora più coerente di quanto sostenuto dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale in termini di onestà e trasparenza. Per questo ci aspettiamo una ugualmente vigorosa levata di scudi di tutta l’Amministrazione, in primis di Chiara Appendino, a sua difesa.

Sia chiaro, nessuno vuole sostenere l’infallibilità del Vice-Sindaco, e chi segue Sistema Torino sa che le nostre critiche sono sempre “alte”, dal pasticcio in Consiglio Comunale di lunedì sull’accordo con la Regione per i Palazzi regionali in svendita all’autorizzazione della nuova galleria commerciale in Corso Romania.  Questioni “vere”, di azioni politiche reali, che in un modo o nell’altro condizioneranno la vita di noi cittadini: è su questo che ci piacerebbe giudicare l’azione politica di Montanari, Appendino e soci. E ci piacerebbe che questo fosse l’obiettivo di tutti, oppositori e media, più o meno imbeccati, compresi: perché abbiamo la presunzione di aver agito sempre allo stesso modo, che si tratti di Sistema o presunti anti-Sistema, perché crediamo che la denuncia di chi osserva deve andare nella profondità degli atti e non fermarsi alla superficie che fa audience ma avvelena il clima.

Crediamo fermamente nella lotta politica fatta alla luce del sole: per questo ci teniamo ad esprimere la nostra solidarietà politica e personale a Guido Montanari, con la speranza che questa strada venga da tutti intrapresa al fine di rimettere al centro dell’attenzione la Politica nella sua espressione più alta.

mercoledì 9 novembre 2016

Sistema Torino incontra Nicoletta Dosio: la lotta NO TAV non si arresta


(Nicoletta Dosio - Foto di Michele Lapini)
L’appuntamento con Nicoletta è all'osteria La Credenza, a Bussoleno, il suo luogo di evasione in questi mesi, da quando a giugno ha iniziato a disobbedire all'obbligo di firma, poi all'obbligo di dimora e infine agli arresti domiciliari. Più si aggravavano le misure cautelari, più forte era il suo gesto di resistenza. “La mia casa non sarà il mio carcere” dichiarò Nicoletta fin dall'inizio.



Ad accoglierci ci sono diversi No Tav che in questo periodo si sono dati il cambio per proteggerla ma anche per condividere con lei questo gesto di disobbedienza e il tempo quotidiano. Giornate fatte di parole, partite a carte, riunioni, colazioni e aperitivi resistenti e proiezioni di film.
“Nicoletta dopo andiamo a farci un giro al mercato” le dice un’attivista. Il lunedì è giorno di mercato a Bussoleno e come ogni settimana, Nicoletta viene accompagnata e, nel tragitto e per i banchi, raccoglie la solidarietà dei cittadini che sempre  più riescono a comprendere il muro contro muro con la Procura di Torino.

Si avvicina con il consueto sorriso e saliamo insieme al primo piano della Credenza, dove ha la sua stanza e ha ricostruito parte del suo mondo quotidiano.  Ci sono soprattutto libri. “Sto creando una piccola biblioteca anche qui - esordisce Nicoletta -  ho comprato questa raccolta di classici greci e ogni sera leggo L’Inferno di Dante, uno dei miei libri preferiti”.
Nicoletta è una professoressa di italiano e latino,  ha 70 anni ed è da qualche anno in pensione. Ha insegnato per tantissimi anni al Liceo Scientifico “Norberto Rosa” di Bussoleno, istituto grande e importante che ha contribuito a far nascere grazie al suo impegno e a quello di altre personalità del paese.

La disobbedienza di Nicoletta nasce a giugno quando, insieme ad altre 19 persone, riceve delle misure cautelari per la partecipazione a una manifestazione del 2015. Prima l’obbligo di firma, poi di dimora, e infine gli arresti domiciliari. Tutte misure disattese.

UNA LOTTA SENZA ETA’
Un movimento -  quello No Tav - composto da varie anime ma anche da varie età. Ora le persone diversamente giovani sembrano essere al centro del mirino della Procura di Torino. Ad esempio Marisa Meyer, settantenne anche lei, è stata colpita dalle misure cautelari per lo stesso episodio di Nicoletta. La sua fotografia, con il bastone mentre va dai Carabinieri per le firme quotidiane, aveva destato clamore su internet. La repressione non guarda di certo la carta d’identità, lo fa in modo cieco.
“Si riscopre una nuova dimensione nella vita, non è che lo facciamo per vitalismo, ma perché finalmente ci sentiamo ancora utili e presenti a noi stessi, cosa che ci dà una botta di vita notevole. Invece di fare i trattamenti nelle cliniche dell’eterna giovinezza consigliamo un giro di lotta non solo al cantiere della Maddalena. Ci sono tanti posti in giro per l’Italia dove portare avanti delle battaglie, ognuno nelle proprie realtà”


IL MURO CONTRO MURO CON IL POTERE GIUDIZIARIO
In questi mesi si è aperta un nuovo fronte di scontro, quello con il potere giudiziario. Sono migliaia gli attivisti No Tav indagati, centinaia i processi che intasano le aule del Tribunale di Torino. In queste settimane si sta discutendo in appello il maxi processo per gli scontri del 27 giugno e del 3 luglio 2011: un calendario serrato di udienze per poter arrivare al più presto a una sentenza di secondo grado. Due pesi e due misure, due diverse velocità anche nel portare a giudizio manifestanti e forze dell’ordine.
Nell'ultimo anno abbiamo assistito ad un uso massiccio delle misure cautelari e non solo riguardanti il movimento NoTav: obblighi di firma, di dimora, arresti domiciliari, dati in grandi quantità anche a distanza di più di un anno dai fatti contestati.

L'INTERVISTA

ST: La tua battaglia mette in luce molte contraddizioni a livello giudiziario e politico.
“Il capitale ha le sue prime file nella polizia che ci fronteggia e le seconde, invece, nei tribunali che ci giudicano. Comunque il partito trasversale degli affari è davvero un’idra che allunga i suoi tentacoli dappertutto. Questa situazione l’avevamo capita fin da subito, da quando nel 2005 abbiamo visto come la legge proteggeva i veri violenti che erano venuti a sgomberare il presidio di Venaus con metodi certo non democratici e garantisti. Lì abbiamo capito che c’era un abisso tra legalità e legittimità. Si perde fiducia in quelli che dovrebbero essere gli organismi di garanzia democratica. E’ chiaro che i tribunali sono un dentellato importante del sistema, lo sappiamo benissimo. Scopriamo sulla nostra pelle quello che gli oppressi da sempre sanno. Le carceri sono più che mai luogo di controllo sociale, di repressione verso chi vede messo in discussione le minime garanzie di vita. Sono tutt’altro che luogo di giustizia popolare.”

(La sagoma di Nicoletta compare a Roma)
La resistenza della professoressa Dosio sta mettendo in crisi Palazzo di Giustizia a Torino. Giovedì Nicoletta è venuta a Torino per partecipare al presidio di solidarietà nei confronti degli imputati al maxi processo che si sta svolgendo in queste settimane.
La polizia non poteva stare a guardare, come ha fatto nei mesi scorsi facendo finta che Nicoletta non esistesse, che non fosse evasa.
Quel giorno era lì davanti. Così la Digos l’ha prelevata, portata in uno stanzino del Tribunale e dopo qualche ora è stata rilasciata con un processo per direttissima per il reato di evasione previsto per sabato 5 novembre.

ST: Raccontaci del processo di sabato
“Sabato è stata giornata strana. Al mattino sono andati a cercarmi a casa mia anche se sapevano che non c’era nessuno.  Sono comunque entrati in casa, controllando dalla soffitta alla cantina.”

ST: Sono entrati senza la tua presenza?
Sì. Non avendo niente da nascondere casa mia è aperta. Hanno aperto il cancello e hanno fatto una perquisizione. Gli animali non so come l’avranno presa… la mia gattina malata di epilessia l’han fatta scappare, poi per fortuna l’ho ritrovata nel pomeriggio. Han lasciato le porte aperte. Quando sono tornata ho provato un senso di violazione, come quando sono venuti la prima volta a giugno.
Poi sono venuti qui in Credenza, dove hanno sempre fatto finta di non vedermi anche se, nella relazione dei Carabinieri, compare il fatto che mi cercavano a casa ma mi vedevano qua in Credenza.
Qui in Credenza non ero sola. Sono entrati a cercarmi, sono scesa subito anche per tutelare le persone che in queste settimane sono rimaste con me, facendo turni e non lasciandomi mai sola. Quello che sto facendo non potrei farlo senza la grande condivisione di tutto il movimento. 
Sono quindi andata a Torino per il processo. Siamo arrivati a sirene spiegate con tanto di paletta fuori. Sembrava tutto davvero un teatrino. Loro erano molto gentili… cercavano di fare conversazione.. pensa che voglia avevo io di farla. Clima fasullo, una rappresentazione.
Arrivati in tribunale si è aperto il grande dilemma, essendo io agli arresti domiciliari, per il processo avrebbero dovuto mettermi nella gabbia degli imputati, ma la mia avvocata si è messa di traverso, mi ha preso per mano e portata accanto a lei durante la discussione.
Lì ho respirato la difficoltà che loro provano di fronte a questa situazione. Perché c’è un appoggio popolare infinito, anche da tutta Italia, come la lettera del Sindaco di Napoli De Magistris, molto forte nei contenuti. Persino dall’America latina è arrivata la solidarietà.
Io ho rifiutato il rito abbreviato. Il significato di quello che si sta facendo è politico: mettere in luce l’uso vendicativo delle misure cautelari. Arresti domiciliari comminati per puro spirito di vendetta e non per vera necessità, anche perché vengono date a distanza di più di un anno dai fatti. E’ un modo per far fuori i manifestanti.
Quello che noto rispetto alla mia storia è la disparità di trattamento che ho ricevuto rispetto a Luca e Giuliano (altri militanti No Tav che sempre nella stessa tornata di misure cautelari avevano disobbedito e sono finiti prima in carcere e poi agli arresti domiciliari). La mia storia è più difficile da gestire per la Procura essendo io donna e di una certa età, ma bisogna andare fino in fondo perché voglio mettere in evidenza questo meccanismo di grande prepotenza, fittiziamente neutro, dietro cui si nascondono. La legge, se fosse giusta, dovrebbe tutelare i diritti di tutti in modo equo. Così non è stato: il giovane sconosciuto può essere portato in carcere tranquillamente mentre la persona anziana no.
(Nicoletta al presidio di Borgone per un caffè d'evasione.
Foto Claudio Giorno)
Ecco, questa questione mi dà veramente fastidio. Io devo dimostrare che anche una 70enne può essere una bomba ad orologeria che può scoppiare tra le mani del potere.
Sono davvero serena, sento di essere dalla parte del giusto e di avere la condivisione non solo qua in valle ma anche di tante realtà, che forse trovano un momento di orgoglio in questa azione che stiamo facendo.
C’è una foto di me con in braccio una cagnolina al processo, un segno della lotta che si fa anche per la natura e per le generazioni future. Mi sembrava anche un risarcimento per le mie bestiole che in questo periodo non mi stanno vedendo a casa.”

Sabato il giudice ha rigettato la richiesta del PM di spostare il luogo dei domiciliari alla Credenza e ha ribadito che la misura fosse scontata a casa sua, in attesa del processo fissato per il 23 novembre.
I domiciliari sono stati chiaramente disattesi una volta tornata a Bussoleno.

ST:  Da giugno è partito il “No Tav Tour – Io sto con chi resiste” che ha toccato diverse città italiane. Quali sono state le impressioni che hai raccolto?
La nostra storia è conosciuta e c’è condivisione. Diventa un punto di lotta per tante realtà che sembrano non trovare soluzione. Si percepisce il malessere diffuso rispetto alla situazione politica, economica e sociale che non risponde ai bisogni reali delle persone. Nella nostra lotta si riversa spesso tanta solitudine e tanto senso d’impotenza. Molti vedono in noi l’antidoto a tutto questo.
Ho sentito anche l’indignazione delle persone soprattutto dopo la proiezione del documentario “ARCHIVIATO – L’obbligatorietà dell’azione penale” che abbiamo portato in giro in questi mesi. Dopo la visione la gente non parla, è un documentario che è un vero pugno nello stomaco. Anche se c’è qualcuno che non conosce bene la situazione oppure pensa che la ingigantiamo, alla fine della proiezione del film viene e ti dice che è indignata.


ST: La questione Tav sta diventando sempre di più un problema giudiziario dato che la politica pare abbia abdicato al suo ruolo, cosa ne pensi?

La percezione è che il potere giudiziario sia strumento politico che a sua volta è strumento del potere economico. Il tribunale fa gli interessi delle banche e del grande capitale mica della giustizia. Tutto si concentra sulla repressione perché politicamente le loro ragioni sono distrutte. Dato che non possono più usare la retorica prendono il manganello e aprono le carceri. Una repressione così forte è il segno che non solo non hanno ragione ma non hanno più la forza di imporre, con una fittizia democrazia, cose che ormai appaiono intollerabili alle persone. Quando ti aprono un cantiere per far guadagnare pochi e nel frattempo chiudono gli ospedali, anche le persone comuni capiscono la bontà della tua battaglia.
Siamo arrivati a uno snodo, al momento in cui non bisogna parare i colpi: non cerco di mettermi in difesa, ma sto portando un attacco rivendicando le azioni. Bisogna andare senza rete perché la nostra forza deve essere il senso della nostra resistenza, di qualcosa che va assolutamente fatto: non si tratta di alzare lo scudo della difesa ma di andare all’attacco.
Ed è proprio questo che li mette in difficoltà perché se alziamo lo sguardo ci si accorge che il re è nudo. Sono grandi e potenti perché pensiamo che loro lo siano. Continuiamo ad interiorizzare una sconfitta che non ha ragione di essere, se noi recuperiamo la percezione della nostra forza che non è mai individuale: ognuno di noi ci mette se stesso, ma la vera forza è quella collettiva. Allora bisogna riscoprire la socialità, il senso della collettività che progetta, agisce e lotta.
Prima si andava a tagliare le reti, poi abbiamo rivendicato il sabotaggio e ora siamo arrivati nel cuore di quella giustizia così ingiusta”.

ST: Raccontaci i momenti più belli e divertenti di questi mesi …
Sicuramente l’allegria e le partite a briscola qui alla Credenza, la tanta gente che è venuta a trovarmi. Ma ciò che mi ha dato più adrenalina è quando sono andata a Roma all’assemblea per la costruzione del No sociale al Referendum costituzionale. Molto entusiasmante è stato anche l’ingresso nell’aula dove si svolgeva l’assemblea, la sorpresa di tutti ma anche l’affetto spontaneo. La mia sagoma mi aspettava alla porta, per cui siamo entrate insieme. E’ stata la vacanza romana più breve della mia vita: in 24 ore sono partita da Bussoleno, arrivata a Roma, 20 minuti in assemblea e siamo ritornati a casa. Li abbiamo veramente beffati. Voglio sottolineare il coraggio delle persone che mi hanno accompagnata a Roma"

ST: Come vedi il futuro?
Per me questa è un’esperienza bellissima che mi dà gioia e serenità, che mi fa vedere queste giornate di sole come la metafora di un’evasione felice, in cui ci credo per davvero.
Non mi sento in ginocchio, assolutamente. Con le mie vecchie gambe che camminano e che vanno verso un futuro che, forse non vedrò, ma che c’è.  Vorrei morire in santa pace vedendo che qualcosa è cambiato… Non pretendo la rivoluzione però insomma vorrei vedere la fine di questo buio fitto e che si possa percepire l’alba di un mondo diverso. Questo sì, lo vorrei proprio vedere".

martedì 30 agosto 2016

BENTORNATI DALLE VACANZE AMICI SISTEMISTI!


Salve compagni del Sistema! Avete concluso le ferie in Liguria e al vostro rientro avete trovato solo alghe ad attendervi? Girate per la città spaesati alla ricerca dei segni tangibili di scie pentastellate?

Bene, state tranquilli, abbiamo presidiato la città per tenervi sempre aggiornati sugli eventi della capitale sabauda. Ed è proprio, volenti o nolenti, dalla questione piante tropicali nel Po che bisogna partire, foss'anche per il semplice motivo che i social sono stati invasi da esperti biologi pronti ad edurci sulle migliori pratiche di sradicamento di myriophyllum aquaticum dal fiume. I fatti sono questi: a luglio è emersa questa inedita chiazza verde enorme, visibile soprattuto in zona Murazzi. Bisogna toglierle, ma ci vanno circa 50 mila euro per un intervento tecnico a spese dell' Assessorato alla mobilità, Settore Ponti e vie d'acqua della neo-eletta Maria Lapietra. Peccato che manchino i soldi (aldilà del dibattito ideo-biologico, bisognerebbe riflettere a fondo sul fatto che manchino pochi spiccioli ad un Comune come il nostro) per cui l'idea a Cinque Stelle è quella di affidarsi al volontarismo etico di lavoratori del Comune, attivisti ed ambientalisti. Tutto molto bello, peccato che l'alga sia ancora presente, e chissà se ora quei 50 mila euro caleranno o aumenteranno: lasciando ai tecnici le valutazioni del caso, sembra certamente evitabile la "passeggiata in canoa" che col senno di poi risulta più propagandistica che risolutiva.

Rimaniamo sulle sponde del fiume e proseguiamo verso Moncalieri, prossima sosta: Valentino. Cosa succederà a breve all'interno del polmone verde torinese? A settembre sarà il turno del Salone del Gusto di Slow Food-Terra Madre, già deciso ai tempi in cui Chiampassino regalò il nostro parco al Compagno Carlin Petrini. Beh ma ora le cose cambieranno no? Eh più o meno, perchè (come documentato in un nostro precedente post dedicato all'argomento) nel frattempo il Comune ed il Comitato organizzatore presieduto da Andrea Levy hanno raggiunto l'accordo per il Salone dell' Auto 2017, che continuerà ad utilizzare il nostro amato parco come location principale (la novità è il pagamento per l'utilizzo dello stesso), accompagnata da mini-eventi in periferia. Bene ma non benissimo per una Giunta tratteggiata come un covo di pericolosi ambientalisti ostili ai Grandi Eventi. In questo caso, avremmo preferito la versione macchiettistica a quella reale troppo aderente al recente passato.

Restiamo alla questione saloni, e torniamo sul primo tema pesante, corposo, che la neo-Sindaca Appendino ha dovuto affrontare, cioè lo sconvolgimento del Salone del Libro in seuito all'indagine che ha portato in carcere alcuni importanti interlocutori (anche su questo vi è un nostro post dedicato), alla perquisizione in casa dell'ex Assessore Braccialarghe, ed alla successiva fuga direzione Milano dell' AIE (Associazione Italiana Editori), con relativa contro-fuga dei piccoli editori, che potrebbe portare all'allestimento di un di un salone "alternativo per davvero". Così alternativo che tra i nomi che circolano nel ruolo di direttore del Salone c'è quello di Giuseppe Culicchia, quell' ex scrittore ribelle che nel perioodo elettorale tratteggiava su Internazionale una città priva di problemi (mica la più povera del Nord Italia come dicono quei cattivoni dei dati statistici), dove tutto è very cool grazie ai grandi eventi ed alle Olimpiadi che hanno reso tutto più bello (una versione letteraria della Evelina nazionale tanto per intenderci).

Degna di nota, almeno per il dibattito agostano, la nuova intesa Chiampa-Appendino, che tanto ha smosso la base torinese del Partito Democratico: collaboriamo o combattiamo? Mentre gli organizzatori della Festa dell'Unità sfogliavano i petali della margherita per decidere se invitare o meno la Sindaca della Città (optando, legittimamente, per il no al confronto), il Presidente della Regione ha avviato e sta tenendo in piedi una liason che ha prodotto la nomina del nuovo presidente in pectore della Fondazione per il Libro Massimo Bray, ex Ministro della Cultura e uomo certamente di sistema. Nello stesso tempo, sembra farina della Sindaca la politica giustamente aggressiva nei confronti di GI Events al fine di ottenere l'utilizzo gratuito di alcuni spazi del Lingotto (previsto da passati accordi) e un dimezzamento del costo d'affitto. Vedremo come proseguirà il giallo nostrano, data l'importanza dell'edizione del trentennale del Salone.

Sì va bene, ma gli atti concreti? Uno c’è stato, ed anche molto divertente: il Comune di Torino ha comunicato all’ Osservatorio Torino Lione lo sfratto dai locali della Città Metropolitana (guidata dalla stessa Appendino). Beh, se l’obiettivo dichiarato della Giunta è quella di uscire dal Tavolo stesso, perché concedergli una sede sul nostro territorio? Dopo il mezzo scivolone della solidarietà alle forze dell’ordine maldigerito dal movimento NO TAV, chissà che questa non sia l’anticipazione dell’ uscita del Comune di Torino dall’ente tecnico che valuta la fattibilità della Grande Opera in Valsusa. Questo è quello che auspichiamo tutti.

L’apertura dei lavori della Giunta è invece quanto di più beffardo per gli uscenti Fassino e soci: Chiara Appendino e il suo team tengono fede al mantra delle periferie presentando 1200 pagine di progetto al bando del Governo per l’assegnazione di 18 milioni di euro. Figata no? Peccato che il bando esca quasi interamente dal lavoro della precedente Amministrazione, tanto che il coordinamento dei lavori è stato affidato all’architetto Valter Cavallaro.
Le parole d’ordine ricorrenti nel documento sono le solite che conosciamo benissimo, dal bike sharing alla riqualificazione policentrica passando per il finanziamento del centro per l’innovazione “ex INCET” (altro riconoscibilissimo segno PD). Vediamo se questo documento ibrido e polimorfo riuscirà a farci vincere l’assegnazione dei fondi necessari per far rivivere le nostre periferie.

Attendiamo quindi con ansia la riapertura settembrina del Consiglio Comunale e delle azioni politiche “vere”, dato che tra wifi e diete vegan a base di alga abbiamo avuto fin troppi argomenti da ombrellone da spiaggia, quest’anno purtroppo assente ai Murazzi.

martedì 28 giugno 2016

ARCHIVIATO - L'obbligatorietà dell'azione penale in Valsusa

Amici sistemisti vi segnaliamo la presentazione del documentario "ARCHIVIATO - L'obbligatorietà dell'azione penale in Valsusa" che si terrà a Torino martedì 5 luglio 2016 alle ore 20.30 alla GAM.
Dopo la proiezione ci sarà un dibattito con gli interventi di: Marco Revelli e Enrico Zucca, magistrato, già PM nel processo Diaz, G8 di Genova. Coordina il nostro amico Maurizio Pagliassotti. 
Crediamo che sia importante vedere questo documentario per toccare con mano - soprattutto per il pubblico torinese troppo distante dalla Valle - che cosa accade all'interno delle aule del Tribunale di Torino.

Il video, che ha fruito della collaborazione, tra gli altri, di Elio Germano come voce narrante, nasce dall'esigenza di raccontare uno dei molteplici risvolti giudiziari legati alla lotta popolare valsusina. 
Come in tutte le aree di acuito conflitto sociale la contrapposizione, ed a volte lo scontro fisico, tra coloro che protestano e le forze dell’ordine determina l’intervento dell’Autorità Giudiziaria chiamata a perseguire gli autori di condotte violente o comunque illecite da chiunque agite, manifestanti o agenti di polizia.
L’art. 112 della Costituzione sancisce che “il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”: ciò significa che la Procura è tenuta ad indagare su ogni notizia di reato venga denunciata o giunga alla sua attenzione e che ha poi il dovere di chiedere al giudice di verificarne, in un pubblico processo, la fondatezza.
Tale principio è posto a garanzia dell’uguaglianza dei cittadini ed ha lo scopo dichiarato di eliminare ogni possibile valutazione discrezionale del Pubblico Ministero sulle notizie di reato che pervengono alla Procura della Repubblica.
Naturalmente tale imprescindibile obbligo trova un ovvio e giustificato temperamento nella possibilità del Pubblico Ministero di richiedere l’archiviazione di un procedimento penale tutte le volte in cui le indagini che ha svolto abbiano accertato l’infondatezza della notizia di reato o l’impossibilità oggettiva di attribuirla ad un autore.

L’idea del filmato nasce dalla constatazione di come gli illeciti commessi da agenti e funzionari di pubblica sicurezza ai danni di manifestanti o fermati, ampiamente documentati dai media, non determinino i medesimi esiti giudiziari di quelli commessi dai manifestanti.

Nel contenuto ma emblematico contesto valsusino tale discrasia assume caratteri macroscopici: centinaia di denunce e procedimenti penali avviati nei confronti di attivisti e simpatizzanti del Movimento Notav, anche e soprattutto per reati bagatellari, trovano immancabile sbocco in processi e sentenze, mentre le decine di querele, denunce ed esposti per gli abusi compiuti dalle forze dell’ordine, anche gravemente lesivi dei diritti e dell’incolumità dei manifestanti, non sono mai giunti al vaglio di un processo.

Il documentario “ARCHIVIATO. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa” affronta dunque il delicato tema della tutela giudiziaria delle persone offese dai reati commessi dagli agenti e dai funzionari appartenenti alle varie forze dell’ordine e per farlo si avvale di immagini e documenti, per lo più inediti.
Il filmato, all'inevitabile e drammatica rappresentazione delle violenze subite dai manifestanti nel corso delle operazioni di ordine pubblico condotte dalla polizia in Valsusa, fa seguire la narrazione del successivo iter processuale sino al suo disarmante e preoccupante epilogo.

Il lavoro è stato realizzato con il patrocinio di cinque associazioni: Controsservatorio Valsusa; Antigone - per i diritti e le garanzie del sistema penale;    A buon diritto - associazione per le libertà;   Associazione Nazionale Giuristi Democratici; L'altro diritto - Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità. 






venerdì 17 giugno 2016

BALLOTTAGGIO: LA GUERRA FREDDA DI CIVILTA'


IL SISTEMA VERSUS I BARBARI
Il Direttore de “La Stampa” ha ragione: il ballottaggio per il Sindaco di Torino vede in campo due limpide ed opposte visioni della città. L’ha detto durante il confronto al Teatro Carignano ed è stata la miglior fotografia della campagna elettorale. Ha ragione anche quando chiede a Fassino se sta difendendo il Sistema Torino: ma questa è solo una battuta auto-celebrativa per cui andiamo oltre.
Abbiamo vissuto un mese di scontri violenti, di battaglie verbali all’ultimo sangue tra sordi, di barricate erette in nome del possesso della Verità Assolute. Il motivo? Probabilmente entrambi sono così convinti della propria Weltanschaung (sì, potevamo dire visione del mondo ma Zagrebelsky cita Hegel, Asor Rosa fa elucubrazioni pindariche per cui volevamo adeguarci anche noi) che non riconoscono nell’avversario una legittimità propria. Illuminante in tal senso è stato il post di Ilda Curti in cui ha illustrato la differenza tra doxa ed episteme, ovvero tra opinione e conoscenza. La via semplificatoria, soprattutto dell’idea dell’altro, è stata una scorciatoia spesso utilizzata dagli attori in gioco: “La vostra proposta non sta in piedi!”, oppure “Difendete solo il vostro posto di lavoro!”, fino all’immancabile fascisti. Ecco, diciamolo subito: giocare alla militanza anti-fascista è deprimente. Lasciamo riposare i partigiani in pace, perché mojito&mortaio è un’immagine imbarazzante da visualizzare mentre lanciate i vostri strali da un locale gentry.
Tornando a noi, diciamo subito che entrambi i candidati sono portatori di modelli di sviluppo coerenti, che hanno una base teorica (basta leggere Belligni-Ravazzi sui regimi urbani per capirlo), ed anzi è proprio questa l’origine dell’astio reciproco. Doxa ed episteme sono presenti da ambo le parti e, forse, è proprio questo ad aver portato alla spaccatura della città in due fazioni sulle barricate. Dopo vent’anni di monolite senza alcuna opposizione, riteniamo però che questo sia un bene: al ventennale del piano regolatore, Chiamparino si vantò ai microfoni dell’inesistenza di visioni alternative a quella dominante considerandolo un pregio. Ed invece no, caro Presidente della Regione: con la questione “democrazia” come la mettiamo? Il principio dell’alternanza è qualcosa di molto diverso, e per fortuna non vi sono i cosacchi alle porte della Città Metropolitana in attesa di invaderci domenica notte.
Per questi motivi, sull’onda dei temi che Sistema Torino ha maggiormente trattato in questi anni, proviamo a ricondurci ai programmi di Piero Fassino e Chiara Appendino per come ce li hanno raccontati negli incontri pubblici di confronto, cercando di mettere un po’ d’ordine. Anche e soprattutto per noi stessi. 

POVERI E PERIFERIE
 Quando Fassino ha negato il dato Caritas sull’esistenza dei cento mila poveri in città ha scatenato un cataclisma, favorendo indirettamente la Appendino: aldilà del numero di per sé (che può variare a seconda se si prenda in considerazione il solo Comune o la Città Metropolitana tutta), il Sindaco uscente non ha voluto riconoscere l’esistenza di due città (quella del centro e quella invisibile delle periferie secondo l’Arcivescovo Nosiglia) ma anzi ha citato la crisi come principale deterrente alle azioni in campo sociale della sua Amministrazione. Sulla scorta di queste premesse, la candidata a cinque stelle ha avuto gioco facile a concentrare i propri sforzi proprio sulle periferie abbandonate: l’attenzione certosina ai giri elettorali nei mercati rionali di ogni quartiere (dai quali non si è sottratto neanche Fassino per onor del vero) ne sono un indicatore evidente.
Sistema Torino ha raccontato spesso il disagio delle periferie, perfettamente racchiuso nei dati annuali del Rapporto Rota della Fondazione Einaudi: una sintesi plastica di esso è stato lo sgombero dei senza casa alla Falchera di questa settimana (di cui nessuno dei due ha parlato direttamente). Torino capitale degli sfratti è una delle emergenze cittadine che gridano vendetta.

TAV IN VALSUSA
Dopo alcuni comunicati in parte discordanti tra loro, Chiara Appendino ha riaffermato la radice NO TAV del M5S: con il colpo ad effetto della citazione di un Renzi d’annata, ha affermato molto semplicemente che il Treno ad Alta Velocità non s’ha da fare perché non è conveniente in termini di costi/benefici. E addirittura sarebbe disposta, dopo un confronto sui dati e su alcune evidenze scientifiche, a far uscire il Comune di Torino dall’Osservatorio. Superando anche l’abbacinante paralogismo della Annunziata che in diretta TV è riuscita a pronunciare la seguente domanda: “Lei è laureata alla Bocconi, pensa davvero che il NO-TAV sia davvero una operazione che bisogna tagliare e non produce ricchezza?”
L’essenza NO TAV di Sistema Torino è così profonda che evitiamo di commentare l’assurdo tentativo di far passare per ignorante chiunque si opponga all’ opera.
Ha lasciato perplessi invece dal punto di vista strategico la ostinata difesa del Treno da parte di Fassino: ha sbandierato arditi paragoni con il Frejus e le autostrade negli anni ’60. “Per Torino è considerata vitale e strategica, un’ occasione di sviluppo da cogliere a pieno.” Non capiamo sinceramente come faccia a recuperare voti da sinistra senza porre neanche il minimo dubbio su una questione che la Val Susa trascina avanti da trent’anni ma certamente gli spin doctors avranno fatto i loro calcoli.

TRASFORMAZIONI URBANE (NUOVE CASE)/GENTRIFICATION
Eccoci al punto nevralgico dei regimi urbani a confronto: il mito dello sviluppo incentrato sulle nuove costruzioni è stato il faro illuminante della Giunta uscente, e giurano che continuerebbe ad esserlo in caso di vittoria. La zona grattacielo con sottopasso appena inaugurato sono il fulcro di cosa significhi trasformazione urbana per il PD, soprattutto se lo accostiamo alla gentrification di San Salvario e Vanchiglia.
Qui è nata, con una fortunata formula in termini di strategia del consenso, la “Teoria del NO” che il PD ha applicato al “Modello Torino a 5 stelle”: la Appendino ha detto ai microfoni di Raitre che vuole mettere uno stop alla costruzione di nuovi centri commerciali, che vuole rivedere il progetto di riqualificazione di Palazzo del Lavoro (con una galleria commerciale del lusso) con annessi lavori alla rotonda di Corso Maroncelli (che influirebbe sull’intenso traffico della zona), e che si trova in disaccordo rispetto a future costruzioni di nuove case “sparse” per le periferie della città.
La contrapposizione è elementare: costruire per creare lavoro e sviluppo da un lato, difesa del territorio e riallocazione delle case vuote già esistenti dall’altro. In questa dicotomia rientra anche la disputa riguardante la Città della Salute: sinergia positiva pubblico-privato contro l’opposizione all’ingresso delle case farmaceutiche nelle strutture ospedaliere pubbliche.
Anche in questo caso la storia di Sistema Torino parla chiaro, e non vogliamo certo sottrarci dal palesarla: la rubrica “Sarà un supermercato che vi seppellirà” è stata un giochino divertente oltre che fortunato in termini di interesse dei lettori. La distorsione sociale di questi non-luoghi è una contraddizione che abbiamo cercato di far esplodere da sempre: se percorrete tutta Via Cigna per poi proseguire verso Stazione Dora, vi troverete un panorama urbano costellato di marchi internazionali del largo consumo, intervallati dalla presenza di un solo museo privato (Ettore Fico, tra l’altro molto bello).
Il buon Piero ha difeso a spada tratta il piano regolatore da lui applicato,  tanto che si è lanciato più volte all’attacco dell’eventuale futuro Assessore appendiniano Guido Montanari (membro del Comitato Direttivo dell’Unione Culturale), reo confesso sostenitore della teoria della decrescita felice. Un attacco personale francamente infelice.

CULTURA E GRANDI EVENTI
Dulcis in fundo, la cultura, la parola chiave della rinascita della città, “capitale civile” secondo l’abitante del centro Zagrebelsky: un centro trasformato in una location en plein air di grandi eventi catalizzatori di turisti, e di conseguenza di ricadute economiche sul territorio. Quante ricadute? Questo vorrebbe sapere la squadra di Appendino, che ha detto NO (e te pareva!) ad una organizzazione dei fondi culturali della città incentrata sui grandi investimenti come il Festival del Jazz (150 mila euro pubblici su un totale di 900 mila), diventato una perfetta sintesi del tutto. Secondo il gruppo di lavoro cultura grillino, la spesa non vale la candela ed il Festival, insieme alle spese di promozione della città ad Expo 2015, sono diventati i facili bersagli di questo paradigma turistico-culturale di mercato. Paradigma su cui la squadra di Fassino continua invece a credere con forte convinzione, ritenendolo uno degli aspetti fondamentali della rinascita economica di Torino.
Al contrario, questi soldi andrebbero investiti capillarmente su tutta la città secondo i five stars, secondo un concetto di “cultura diffusa” opposto a quello dominante.
Altrettanto importante è la questione Fondazione della Cultura: un carrozzone utile a tenere in piedi il sistema politico-culturale secondo Chiara, un fondamentale ente di convoglio della sinergia pubblico-privata secondo Piero.

LE CONCLUSIONI IMPOSSIBILI
A questo punto, da buon fenomeno social, dovrebbe arrivare la nostra dichiarazione di voto di rito, coincidente con la chiusura della campagna elettorale che ci offre un quadretto perfetto di quanto scritto: la Appendino è andata alle Vallette insieme a leader nazionali come Roberto Fico e Ale Dibba Di Battista. Fassino si è recato presso la scuola Holden di Baricco e (in parte) Farinetti.
Dunque, cari sistemisti, che fare? Sistema Torino ha deciso di far proprio l’appello del “sistemista ad honorem” Tomaso Montanari (sostenitore del nostro spettacolo Exporto 2022, ci piace sempre ricordarlo) che su Repubblica ha spiegato nel dettaglio i motivi per cui ha rifiutato l’offerta di un Assessorato con la Raggi ma ha invitato i cittadini a votare per lei. E noi facciamo lo stesso, apertamente e senza finti cerchiobottismi, per Chiara Appendino, per le stesse ragioni del Compagno Tomaso: nelle tematiche di sinistra portate avanti in questi anni, abbiamo “sempre trovato dall’altra parte della barricata un sindaco o un presidente di regione del Pd o di Forza Italia (purtroppo spesso indistinguibili). E, invece, dalla mia parte e senza che li cercassi, c’erano immancabilmente i cittadini che si riconoscono nel Movimento Cinque Stelle.” Citazione, più che mai calzante per noi torinesi, del nostro amico fiorentino.
Aggiungiamo come pezzo altrettanto fondamentale per noi questo chi va là sul Movimento nazionale: Mi pare indispensabile che ora i Cinque Stelle accelerino la loro evoluzione: vanno superati al più presto il ruolo incongruo di Beppe Grillo, l’inquietante dinastia proprietaria dei Casaleggio, le inaccettabili posizioni sui migranti, sul cammino dell’Unione Europea e su altre questioni cruciali. Se questo processo continuerà sarà un bene per l’intera democrazia italiana: che rischia di bloccarsi sul mantra dell’assenza di alternative al Pd di Matteo Renzi.Se non avverrà difficilmente potremmo ancora pensare, in caso di altre consultazioni, al Movimento come un'alternativa.
Cosa succederà a Sistema Torino in caso di vittoria di Chiara Appendino? Semplice: dopo essere stati tra i primi a far esplodere le contraddizioni di questo Sistema, affronteremo le incongruenze del “Modello Torino” con la stessa aggressività e con la stessa volontà di disturbare il manovratore. Non vediamo l’ora.