mercoledì 23 ottobre 2019

QUANTO IL PROGETTO APPENDINO DIFFERISCE DAL PROGETTO PASSONI?

Potrebbe diventare un fulmine a ciel (quasi) sereno l’ articolo di Paolo Coccorese di oggi che illustra alla cittadinanza l’ ipotesi di masterplan relativo a Cavallerizza. Il 31 ottobre il progetto verrà presentato a CDP (Cassa Deposito e Prestiti), e non sappiamo se e quando verrà presentato alla cittadinanza (a proposito di trasparenza e partecipazione).

Un puzzle ben disegnato dall’architetto Agostino Magnaghi (un nome che ritorna spesso nei progetti relativi al bene patrimonio UNESCO) in cui si “intravedono” benissimo le mani sulla città: Compagnia di San Paolo (ancora tu, ma non dovevamo vederci più?), Cassa Depositi e Prestiti e CCT, la società di cartolarizzazione di Torino che sembra essere il vero nodo gordiano del
la vicenda fin dal 2015.
Immagine presa dal Corriere della Sera, 23/10/2019

Recuperiamo proprio da un nostro approfondimento di quell’ anno il suo ruolo nella vicenda e la nascita della società:

L’attore terzo che entra in scena è la CCT, “Cartolarizzazione Città di Torino” s.r.l., creata a novembre 2010 dal Comune stesso ma che, stando a quanto afferma Passoni (Assessore Bilancio), agisce in autonomia completa. In realtà i membri del Consiglio d’Amministrazione della Società sono nominati dal Comune, quindi è facile immaginare che il Municipio mantenga perlomeno un ruolo di indirizzo politico. Nell’atto costituivo della Società, si specifica che la sua nascita “ha per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare del Comune di Torino”: non è quindi una sorpresa che i nostri governanti, sotto la stringente necessità di andare a coprire il passivo dei conti pubblici locali, cerchino maldestramente di fare cassa attraverso la vendita (o svendita?) dei gioielli storici del suolo cittadino. Era già tutto previsto ed organizzato alla perfezione, negli stessi giorni del 2011 in cui Fassino lanciava lo slogan “Torino Bene Comune”. 
Nel nostro caso specifico, il Comune ha ceduto il complesso alla CCT in cambio di un anticipo di cassa di 10 milioni di euro: tale Società dovrà ora occuparsi di vendere il bene al fine di rientrare dell’investimento fatto. Peccato che due aste siano già andate deserte, e così ora si va alla ricerca del miglior offerente.  “

Insomma i famosi 11 milioni che si cercavano all’ epoca per “riscattare” il bene cartolarizzato per quattro spiccioli ma che non si trovavano da nessuna parte. Nei seguenti link (qui e qui ), trovate delle succulenti nostre vecchie interviste proprio di quell’ anno, quando l’ allora Assessore Gianguido Passoni presentava un progetto che stamattina ci è ritornato in mente leggendo la cronaca odierna del Corriere della Sera: quanto dista e quanto potrebbe distare dal vecchio masterplan la proposta della Giunta Appendino? Eppure l‘ allora consigliera di minoranza sembrava maggiormente propensa alla partecipazione e a percorsi partecipativi deliberativi ieri rispetto a oggi: cosa è cambiato in questi quattro anni? 

Giusto per continuare il parallelismo con quattro anni fa (il recupero dello speciale “DALLE STALLE ALL’OSTELLO” ci ha fatto ritornare alle nostre origini) vorremmo umilmente ricordare che l’origine di tutto ciò non sta nell’ occupazione (a prescindere dal giudizio che si voglia dare su di essa), né tantomeno nei troppo frequenti incendi (cosa ovviamente gravissima), né forse nei percorsi a zig-zag delle diverse Amministrazioni che rimbalzano tra benicomunisti (qua l’ottimo lavoro e approfondimento che stanno facendo gli amici di Assemblea21), fondazioni bancarie (sembra che nel masterplan vi sia lo studendato di Camplus, una diramazione di CL) e quel SISTEMA TORINO che ha cambiato interlocutori ma non ha certo cambiato il fine di appropriarsi di tutti gli immobili possibili della città (ex MOI ultimo esempio di “sgombero dolce” e ritorno dei beni a chi di dovere).

L’ origine del tutto sta nel DEBITO soffocante che trasforma l’ attore politico che guida le Giunte in un amministratore di condominio, che prima capisce (e Appendino l’ha capito ben presto) che è altrove (cioè banche e relative fondazioni) che detengono in una mano il borsellino coi risparmi e nell’ altra il welfare della città (sabato il Rapporto Rota ci dirà in che percentuale quest’ anno) ed è a loro che bisogna affidare gli immobili torinesi, pena il fallimento della città tutta.

Per cui, se una battaglia vogliamo fare (lo diceva anche Appendino nella succitata intervista del 2015) è quella sulla rinegoziazione nominale del debito (non la finta ristrutturazione dell’ attuale Assessore Rolando): altrimenti, come sono soliti dirci i politici di turno, TINA, cioè There Is No Alternative, come disse Tatcher con una straordinaria visione profetica quarant’ anni fa.

domenica 20 ottobre 2019

Il PORTAVOCE SI INCAZZA, L'ORRENDO B-MOVIE DI PALAZZO DI CITTÀ.

“O mi risolvete la questione o vi sotterro tutti”. Sembra di essere in un b-movie all'italiana e il titolo potrebbe essere “Il portavoce si incazza”. Ma, invece, siamo nella realtà, quella nuda e cruda, condita di grevi bassezze, quella in carne, ossa e intercettazioni. Per la precisione, nella più apparentemente paludata realtà sabauda, dove un fiduciario della sindaca - in difficoltà finanziarie e legali - tiene sotto scacco i massimi vertici della città. Questo, qui sotto, è un corollario di intercettazioni, che la sindaca definirebbe, con forzato eufemismo, “colorito”. Lui si definisce “un tamarro che sa fare il proprio mestiere”. Uno che quando si incazza “succedono brutte cose”.
La scalata del pitbull di Palazzo di Città è stata rapida e feroce. Nessuna esperienza alle spalle che ne motivasse la scelta come portavoce, ma in dote la raccomandazione del futuro assessore al Commercio (“L'ho conosciuto che era un normale frequentatore della discoteca”), associata a modi spicci e arroganti sfoggiati nelle tv locali, utili per allontanare eventuali rompiballe. E, poi, un'ambizione sconfinata.
Quei 40 mila euro lordi previsti dal suo incarico non gli bastavano, ne voleva altri e lo rivendicava per le responsabilità assunte, per pagare le rate e non “raschiare il fondo del barile”. E, quindi, dalla sindaca al cerchio magico, ad addirittura dirigenti, tutti si sono trovati impegnati nell'affannosa ricerca di una collaborazione per garantire più soldi al pitbull. Pronto a scatenare “brutte cose”. Prima e dopo le sue dimissioni.
Ma perché? Ci chiediamo, senza ancora risposta.
Le dimissioni arriveranno qualche giorno dopo una conversazione in chat con il marito della sindaca che lo avvisava: “Ti vogliono morto, Luca. Se corri nudo su un campo di battaglia ti prendono con un colpo di bazooka”.
Al di là dei toni grotteschi di questa sceneggiatura vintage, siamo di fronte a una situazione grave, a un verminaio vero e proprio, per utilizzare una formula classica. Non siamo di fronte a un linguaggio colorito. L'ex portavoce è indagato, tra l'altro, per estorsione e peculato. La prima cittadina è sotto ricatto? Quali sono gli indicibili segreti – forse legati alla Juve – a cui allude in una conversazione l'ex capo di gabinetto Paolo Giordana?
La sindaca Appendino deve spiegarlo alla cittadinanza e farebbe bene a dimettersi, perché Pasquaretta – l'amico e compagno di movida dell'assessore Alberto Sacco – l'ha scelto lei, non ha vinto un concorso pubblico.
Bang, Bang!
“Fermi tutti, peni in alto, Luca Pasquaretta”
Stop, buona la prima!

martedì 8 ottobre 2019

PORTA PALAZZO: IL MURO CHE DIVIDE LA MAGGIORANZA


È giunta in Consiglio Comunale nella giornata di ieri la discussione riguardante il mur…OPS!...jersey (muro non si può dire, la Sindaca non vuole, ci ha sgridato tutti quanti!) tirato su a Porta Palazzo nella giornata di venerdì per impedire lo svolgimento del consueto mercato di libero scambio, al centro di un acceso dibattito dentro e fuori la maggioranza da circa un anno.

Chiara Appendino “apre le danze” arrivando in ritardo dall’ incontro in Prefettura, ove hanno discusso appunto di suk e dintorni: una plastica rappresentazione della distribuzione dei poteri reali e della scala di importanza dei diversi corpi istituzionali. La Sindaca rivendica da subito e senza imbarazzo quel che già era evidente da tempo, soprattutto con la recente redazione del “pacchetto sicurezza cittadino” (quello dei DASPO e delle telecamere con sgravi fiscali): a governare la città ci stanno pensando il combinato disposto Sindaca-Questura-Prefettura, che invitano ai loro tavoli “a dialogare” i soggetti più titolati e “graduati” (non certo i cittadini coinvolti).

La sensazione assistendo al Consiglio è che vi sia un leggero fastidio per la nostra prima cittadina nel dover essere costretta a scendere nell’ agone della Sala Rossa per doversi confrontare (orrore!) con le diverse rappresentanze: lo si intuisce da subito dal suo intervento, che inizia col piglio della maestra dalla penna rossa che spiega a giornalisti, analisti, redattori di post su Facebook, che NO! Quello non si può chiamare muro, perché diamine i muri sono un’altra cosa, studiate la storia e tornare la prossima settimana.

Tale mercato non rientra nei ranghi di liceità perché viene meno alle regole dello Stato, della città e del vivere civile”: l’armamentario del decoro e della “città divisa in due” (ti ricordi Chiara il tuo cartello?) viene subito spiattellato e rivendicato. Lì ci sono gli straccivendoli, le persone ai margini della società, coloro che vivono sul liminare della legalità, legalità che è da sempre il totem pentastellato che prevale su qualsiasi cosa, in primis sulla giustizia sociale.

Chiariamo subito una cosa: i “drop-out” del mercato di libero scambio, come sottolineato in seguito da Eleonora Artesio, sono al di fuori della liceità perché lì li ha posti la Giunta Appendino con una delibera che ha messo fuorilegge da un giorno all’ altro il suk al Canale Molassi. Fino ad allora, Vivibalon gestiva tramite bando l’organizzazione del libero scambio (che non è propriamente un mercato, come ricorda Chiara Foglietta, a differenza di quanto affermato dalla Sindaca), riscuoteva delle quote di iscrizione dai mercatali (che per 38 settimane il Comune non ha potuto incassare a causa dell’incauta delibera) e provvedeva alla pulizia della zona.

“Io credo che l’intervento sia riuscito e la sfida più significativa è far sì che partano percorsi di inclusione, valorizzando il suk perché vorremmo che non fosse un punto di isolamento della città ma un punto di partenza con corsi di formazione sul riuso per gli operatori, comunicazione mirata e trasporto pubblico rafforzato”: ovviamente non si può dire che questi fastidiosi poveri devono essere allontanati dalla vista e dal cuore dai cittadini di Serie A (turisti su tutti), per cui si cerca di addolcire la pillola con un linguaggio distopico che cerca di trasmettere una empatia e un interesse verso “la popolazione del suk” che fino a oggi non si è vista: cosa ha impedito all’ attuale Giunta di investire sui frequentatori del Vivibalon in questi tre anni? 

Fa sorridere anche l’ansia della Sindaca di volersi smarcare, nella conferenza stampa successiva, dalla Lega Nord trionfante in Aula con Ricca: se si agisce (mettiamo dentro anche il pacchetto sicurezza già citato) da leghisti, se si tirano su “confini” tra poveri e “cittadini leciti”, se si parla da “borghesi elitari” (Cit. Lo Russo a simboleggiare un PD che paradossalmente l’ Amministrazione Appendino sta spingendo di riflesso verso sinistra), se si compiono azioni che fanno esultare Ricca sotto la curva che cosa si è nella sostanza politica? Basta definirsi post-ideologici per rimanere estranei al pattume ideologico del decoro destrorso? Noi crediamo di no.

Ci pensa la combattiva Capogruppo pentastellata Valentina Sganga, che interviene a titolo personale, a sottolineare la potenza simbolica lacerante di quel muro-che-non-possiamo-chiamare-muro, eretto (andando dietro “alle discussioni da bar”) contro “un mercato sporco, sudicio, rumoroso”, un muro “che attiva processi di espulsione” nei confronti di chi lì vive(va) e sopravvive(va).

Sganga arriva a mettere (finalmente) in discussione in Aula l’operazione complessiva su quell’ area, lanciando nel frattempo una frecciatina all’ opposizione PD: “sentire ora parlare di gentrification da parte di chi ha soffiato su questo processo mi fa sorridere. Penso però che sia necessario aprire una discussione su quel che questo quartiere vuole diventare: la riqualificazione non può passare dall’ allontanamento di chi vive ai margini. Rendere vivibile uno spazio pubblico si può fare solo coinvolgendo quelli che ci vivono e un mercato come quello del Balon è un tipico esempio di convivenza di comunità diverse.”

Evviva, hanno capito quel che sta succedendo a Borgo Dora! Peccato però che tutti noi ricordiamo l’ afflusso trionfale di consiglieri, assessori e compagnia cantante e strombettante all’ inaugurazione del Mercato Centrale, la voce unica che benediceva gli investimenti privati e la sana convivenza tra il vecchio mercato e quello nuovo, in attesa del potere salvifico dell’ ostello Combo e della “ri-organizzazione” (leggasi Foodification) del mercato del pesce che avverrà a breve.

Risulta un po’ scanziano e fumoso dire che avevamo ragione noi, e che se ne sono accorti troppo tardi: i poveri sono stati cacciati e allontanati (“i poveri non evaporano” tanto per ri-citare un Lo Russo barricadero), sulla zona ci sono pesanti interventi, anche speculativo-immobiliari, che vogliono trasformarla in una attrazione per turisti. In questa cornice, gli straccivendoli stonano, non sono leciti, anzi infastidiscono la vista e il quieto vivere. Andate, andate via lontano poveri, andate con un servizio di navette nel dimenticatoio di Via Carcano, in cambio vi diamo “percorsi di formazione” e qualche evento culturale intorno al mercato per mostrare a tutti che non ci dimentichiamo di chi rimane indietro, attuando una “politica dell' elemosina di chi si lava la coscienza”, tanto per citare Andrea Russi, sostenitore entusiasta della cacciata dal Canale Molassi.

Forse ci sarebbe stato lo spazio nella discussione in Aula per quella minoranza della maggioranza (vedi Albano, Paoli, una Ferrero apparsa molto contrariata durante la diretta) che questi concetti in Aula li ha sempre espressi (certo attraverso penultimatum che mai hanno portato alle dimissioni di nessuno): peccato però che il tempo sia stato “rubato” loro dallo show (il secondo nello stesso pomeriggio dopo quello sull’ affollamento dell’ Anagrafe Centrale) di Antonio Fornari che, privo di argomenti concreti da portare alla discussione, decide di elencare lo stradario con relativi numeri civici dei condomini favorevoli allo sgombero dell’area.

Un sorriso beffardo il suo, mentre le sue colleghe di maggioranza scappano infuriate: una immagine che rattrista e offende l’intelligenza politica di questa città. Si chiude con l’intervento di Eleonora Artesio che è davvero troppo elevato rispetto all’ ambiente che la circonda.
Le opposizioni si sono decimate, la maggioranza è rada e in evidente e conclamata guerra interna: cade il numero legale mentre volano stracci e accuse reciproche, Chiara Appendino non può replicare.


Si chiude così un pomeriggio istituzionalmente triste a cappello di un weekend che ha portato ancora più in basso il livello di civiltà e di integrazione della Città di Torino.
Una Sindaca con “decoro politico” (non è che il decoro vale solo per gli altri eh) forse eviterebbe di andare in conferenza stampa a cercare capri espiatori e si interrogherebbe sulla triste immagine che la sua maggioranza ha dato in Sala Rossa.
Per sua fortuna, il Consiglio comunale, e ancor più la sua maggioranza, contano relativamente poco nelle azioni della sua Giunta: un orpello formale che poco o nulla inciderà su decisioni che la Sindaca sembra sempre più convinta di voler prendere altrove, insieme a quel “Sistema Torino” da lei tanto vituperato un tempo.