DALLE STALLE ALL’OSTELLO: "Giusto fare battaglia comune con chi si muove sul territorio”
Ricordo un tuo intervento molto appassionato e partecipe all’assemblea pubblica di luglio in Cavallerizza. Qual è stato il ruolo del Movimento 5 Stelle nell’evoluzione della questione dalla scorsa estate ad oggi?
Chiara Appendino: All'interno dell'istituzione, come facciamo su tutti gli atti, ci battiamo per bloccare ciò che reputiamo dannoso e tentiamo di migliorare ciò che può essere emendato, consapevoli delle risorse che abbiamo: siamo consiglieri di opposizione e solo 2 su 40. Ma l'attività non si esaurisce solo nelle aule consiliari. Ho seguito con interesse i vari dibattiti di approfondimento sul tema che si sono svolti in questi mesi. Quando si è fatta concreta l'ipotesi di uno sgombero ho voluto essere presente per seguire da vicino la vicenda.
Se dovessi scegliere tu il modello di partecipazione ai tavoli da parte della cittadinanza, quale via seguiresti?
La partecipazione costituisce uno dei pilastri della nostra azione e, anche a fronte delle esperienze in altri ambiti, ammetto che è difficile trovare un modello perfetto. Questo, però, non deve essere una scusa per evitare di attuarla. Sono fortemente convinta del fatto che la democrazia rappresentativa debba essere sempre accompagnata da forme di democrazia partecipativa deliberativa. In un momento di crisi economica, sociale e anche di rappresentanza come quello che stiamo vivendo, l’esigenza è più attuale che mai. Abbiamo, per esempio, fortemente sostenuto la scelta della città di sperimentare il bilancio deliberativo in Circoscrizione 7 e nell'ambito del nuovo disegno delle circoscrizioni abbiamo spinto affinché quei luoghi possano divenire luoghi reali di partecipazione e confronto, cosa che oggi non sono.
Le Commissioni Consiliari preposte possono essere un ottimo luogo per dare spazio alle istanze dei comitati spontanei e delle associazioni, ma non sono sufficienti. Sono anche necessari i momenti di confronto in assemblee esterne e tavoli costituiti ad hoc. Allo stesso modo, oltre a processi di partecipazione “consultivi“, sono indispensabili percorsi partecipativi che si concludano con votazioni di cui l’amministrazione deve prendere atto e tradurre in azioni concrete (i cosiddetti percorsi partecipativi deliberativi). Tutto ciò avviene nella consapevolezza che il confronto non elimina eventuali vincoli esterni imprescindibili, ma siamo fermamente convinti che il processo partecipativo debba avere come obiettivo l’inclusione nel procedimento democratico di elaborazione della decisione, questione che ho posto anche in commissione appena ho avuto la sensazione che ci fossero due “tavoli di lavoro” paralleli con scopi differenti, uno aperto alla partecipazione ed uno inclusivo solo di alcuni soggetti predeterminati.
In Commissione Cultura abbiamo assistito alla Frediani che si lamentava di non saper nulla e a un tuo successivo intervento “frettoloso”. Qual è la vostra strategia di monitoraggio delle azioni delle prossime Commissioni?
Non ho sentito l’intervento della mia collega ma credo si riferisse solo al fatto che spesso le intenzioni politiche della Giunta – magari preconfezionate - si apprendono tramite i giornali prima ancora che venga avviata la discussione nelle commissioni competenti. Ricordo addirittura un caso in cui un Assessore non disse nulla di preciso in commissione in merito a cosa intendesse fare su un’area della città (era il parco Michelotti) e lo leggemmo il giorno dopo sui quotidiani. Rimanemmo tutti basiti, compresi alcuni consiglieri di maggioranza.
Sul mio intervento, invece, purtroppo correvo su e giù per le scale, perché nonostante ci fosse contemporaneamente in discussione in consiglio una mia interpellanza, ci tenevo ad essere presente anche in commissione vista l’importanza del tema all'ordine del giorno. Avevamo cercato di far approvare all'aula una mozione che chiedeva di procedere con l'istituzione formale di un tavolo per discutere del futuro dell'immobile, garantendo un percorso partecipativo. Accanto a ciò si sarebbe dovuta operare una verifica e ricognizione degli immobili disponibili, attualmente nella titolarità della Città di Torino, da proporre alla Società Cartolarizzazione Città di Torino per l'inserimento nel portafoglio immobiliare da alienare con l'intento di riappropriarsi della Cavallerizza; siamo infatti consapevoli del fatto che sia attualmente impossibile trovare più di 10 milioni di euro per riacquistarla. Purtroppo in Aula la mozione è stata bocciata. Visto il contesto, le prossime settimane la nostra azione politica sarà finalizzata a costituire quel tavolo unico istituzionale di cui ho accennato. É evidente che non sarebbe corretto avere interlocutori di serie A che assumono le decisioni e di serie B che le recepiscono.
Su determinate questioni socio-culturali, il M5S sembra stare a guardare “il conflitto interno alle sinistre”, istituzionale e di movimento: non credi che sia giunto il momento di uscire dal ruolo di “marginalità” e andare a occupare politicamente gli spazi di maggiore partecipazione cittadina, come la Cavallerizza ma non solo?
Hai perfettamente centrato il punto. Noi abbiamo, circa un anno fa, presentato una proposta di regolamento sul riordino del finanziamento al sistema culturale torinese. Questa nostra proposta, da sottoporre a tutte le sedi formali ed informali, è un passo per dimostrare che abbiamo idee nostre per governare bene questa città e, cosa ancora più importante, siamo pronti ad ascoltare le buone idee indipendentemente da chi ce le propone. Lo stesso stiamo facendo sul decentramento e abbiamo fatto in passato su altri temi locali. Cerchiamo il più possibile di rapportarci con comitati e realtà che pongono questioni territoriali che ci accomunano e di portarle all'interno delle istituzioni.
E le istituzioni direttamente sul territorio invece come le portate? Non è giunta l’ora di andare ovunque la cittadinanza si manifesti direttamente?
Penso che sia giusto fare battaglia comune con chi si muove sul territorio, come si è fatto per la Cavallerizza stessa. Se questo succede, si trasforma in modo naturale in una collaborazione reciproca. Sono altresì molto rispettosa dei luoghi assembleari come Cavallerizza e altri; voglio rispettare la loro autonomia e non mettere bandierine. Se si lavora insieme poi è naturale che la collaborazione abbia seguiti futuri. Quando ci fu il rischio sgombero ero stata l'unica a presentarmi li a cercare di dare una mano a gestire la situazione. Secondo me sono quelli i momenti in cui come consigliere puoi fare qualcosa in più rispetto a non esserlo. Ma, ripeto, bisogna sempre mantenere un equilibrio che rispetti l'indipendenza. Dei luoghi e dei movimenti.
Al centro della questione Cavallerizza e beni pubblici troneggia il totem del concetto di debito: come valuteresti l’ipotesi di una ulteriore rinegoziazione e ristrutturazione dello stesso da parte del Comune di Torino?
E' certamente complesso fare politica in un momento di crisi e difficoltà sociale come quello attuale e lo è ancora di più se si ha un debito pesante come il nostro sulle spalle. Non è nemmeno semplice per chi, come me, ha un approccio keynesiano e ritiene che in momenti di difficoltà debba essere proprio l’intervento pubblico a far ripartire la domanda. Non solo, il combinarsi dell'elevato indebitamento con i tagli di Stato e Regione ai Comuni sta fortemente limitando la capacità di fare scelte politiche: non a caso in passato ho più volte parlato di emergenza democratica e di sostanziale commissariamento, tanto del Consiglio quanto della Giunta.
Comunque, per rimanere sul punto, reputo siano indispensabili due azioni: la ricognizione dell'ammontare del debito della Città e degli enti ad essa collegati (recentemente si è parlato di 126 milioni di euro per un prestito bullet alla finanziaria Città di Torino), e l'analisi della sua composizione. Un eventuale rinegoziazione la si potrà fare successivamente andando anche a ricercare eventuali forme di anatocismo a danno dell'ente pubblico.
In questo periodo si moltiplicano le mobilitazioni di solidarietà al popolo greco ed alla svolta impressa dall’elezione di Tsipras. Cosa pensi degli “inviti reciproci” tra M5S, SEL ed altri movimenti che si oppongono alle politiche restrittive della Troika? Credi che sia possibile una futura alleanza anti-austerity?
Sicuramente sono molte le idee che ci accomunano con l'esperienza greca di Tsipras. La questione centrale, che spesso si dimentica, è che la politica, qualunque essa sia, e le scelte economiche che ne derivano devono essere compiute per procurare del benessere al maggior numero possibile di persone. Noi abbiamo assistito per anni a politiche completamente slegate da una valutazione di benessere per i cittadini e focalizzate a "far tornare i conti". Questo non può continuare, ancora di più in un momento di crisi come questo. Quando si tratta di far fronte comune e riunire le forze su una battaglia condivisa, non ci tiriamo indietro. Questo è uno dei motivi per cui sono scesa in piazza la scorsa settimana a manifestare in solidarietà alla Grecia.
E cosa hai trovato in piazza?
Mi aspettavo una risposta maggiore da parte della città, un maggior attaccamento alla causa che ci univa tutti, e soprattutto un minor attaccamento alla forza politica che rappresentavamo in quel momento. La presenza imponente delle bandiere mi ha colpito, io la nostra non l'ho portata, e credo che l’alta densità di simboli diversi rispetto al numero di persone sia indicativa di quello che stiamo vivendo.
Se chiudo gli occhi e penso alla futura Cavallerizza, visualizzo questo: ristorante bio targato Eataly, negozietti semi-artigianali con souvenir e prodotti Kilometro zero, mega ostello internazionale stellato (di quelli che il sottoscritto evita accuratamente nei propri viaggi zaino in spalla) e “recinto culturale” in cui di fianco ai soliti nomi verrà concesso uno spazietto di rappresentanza per le piccole associazioni. Quanto sono distante secondo te? Se tu facessi lo stesso gioco, cosa vedresti?
Temo che a occhi chiusi tu riesca a vedere meglio il futuro rispetto ad altri che credono di tenere gli occhi ben aperti. Dando per scontata la vocazione culturale del luogo e lasciandoci alle spalle speculazioni commerciali, ci vedrei una foresteria per operatori culturali e non un mega ostello di lusso, vedrei qualche bottega artigianale e non semi artigianale, vedrei spazi gestiti dal piccolo associazionismo culturale, vedrei il giardino retrostante aperto gestito magari in forma sussidiaria con coloro che gestiscono gli spazi, vedrei un luogo di richiamo e ritrovo per giovani universitari e appassionati di cultura. In passato ho anche immaginato che potesse essere la sede per la nuova Biblioteca Civica e delle funzioni ad essa collegate (luogo che avrebbe avuto senso anche rispetto alla Nazionale in piazza Carlo Alberto, alla Biblioteca Reale, e alle biblioteche del nuovo Campus Einaudi e Palazzo Nuovo). Ma soprattutto, al di là di come possa disegnare io l’area nel suo complesso, immagino un processo partecipativo deliberativo in cui venga allestito un progetto condiviso, che individui le parti da vincolare all'uso pubblico e le parti da cedere eventualmente a privati per attività commerciali e culturali, ripartendo da un esame delle diverse porzioni. Ma non so se in questo caso gli occhi siano chiusi o aperti.
(a cura di Paolo Tex)
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