lunedì 23 febbraio 2015

CAVALLERIZZA, DALLE STALLE ALL'OSTELLO/3: intervista a Luca Cassiani, Presidente della Commissione Cultura del Comune di Torino e Consigliere Comunale PD

DALLE STALLE ALL’OSTELLO: "Sono contrario alla privatizzazione di chi occupa uno spazio pubblico”

L’impostazione di fondo del progetto oggi sul tavolo è a grandi linee una tripartizione tra ostello, residenze universitarie e “spazio culturale”. Lei come si immagina quest’ultimo?
Cassiani. Innanzitutto immaginiamo l’ostello come qualcosa di diverso, una residenza giovanile culturale che sopperisca alle deficienze della città in relazione al turismo low cost. Mancano i
campeggi (Villa Rey chiusa per insipienza dei funzionari della Città e per rigidità della Sovrintendenza) e soprattutto non vi sono strutture adatte in centro. Le due maniche destinate attualmente al teatro rimarranno come spazio culturale, anche per sfruttare la vicinanza geografica con Teatro Regio ed istituzioni culturali.

Da chi sarà gestito?
Sarà a gestione pubblica o in convenzione. Io sono contrario alla privatizzazione di chi occupa: se i beni pubblici sono tali vanno gestiti dall’unico ente pubblico esistente. 

Gestione pubblica anche tramite Teatro Stabile o simili?
Anche, perché no, ma deve essere un luogo di  produzione e fruizione della cultura, vocato al dibattito culturale e sociale e aperto a tutti, immaginando un calendario di possibili utilizzi da parte dell’associazione X che lo richiede, anche piccola come già avviene in altri casi a Torino. E’ uno spazio, un  bene comune, e non teatro e basta; chi lo gestisce “come se fosse suo” sbaglia, ma deve farlo “poiché della città, ovvero di tutti”, come effettivamente è.

Domanda che le giro direttamente dal comunicato stampa di Assemblea Cavallerizza 14:45: come si può aprire un percorso partecipato se è già chiaro qual è il progetto, chi partecipa e a chi vanno i soldi? 
Gli occupanti hanno capacità divinatorie a quanto pare, visto che nessuno in Regione e Comune sa ancora nulla rispetto a chi farà cosa. “A chi vanno i soldi” mi sembra proprio una sciocchezza visto che i soldi li dobbiamo ancora trovare;  dire questo significa avere un pregiudizio ed usare l’occasione dell’occupazione della Cavallerizza per fare politica. Il tutto è legittimo, se non si compiono reati, ma la chiusura pregiudiziale e aprioristica ad ogni contatto e confronto con gli enti pubblici mi pare miope e dannosa. Segno di una cultura antagonista e massimalista che non appartiene al DNA  più profondo di questa città. Lì dentro ci sono anche frange di antagonisti che stanno privatizzando uno spazio pubblico per dormirci e che non hanno per nulla a cuore il recupero di un bene comune. Poi ci sono anche associazioni, intellettuali, gruppi spontanei, giovani artisti che invece hanno l’obiettivo di rendere utilizzabile, in sicurezza, quel manufatto. Ed io e altri con loro vogliamo confrontarci, nel merito e nel metodo. Trovo sbagliato e falso dire “a chi vanno i soldi” perché la Città non ne potrà investire molti, li cercheremo, anche in Europa,  grazie ai FES (Fondi Strutturali Europei) e a progetti partecipati, insieme a fondazioni bancarie e investitori istituzionali.

All’interno della sua stessa maggioranza in Comune, vi è chi indirettamente ringrazia “i ragazzi della Cavallerizza” per aver contribuito all’attenzione mediatica nei confronti di questo bene storico. Qual è la sua posizione nei loro confronti? Ritiene credibile l'Assemblea Cavallerizza 14:45 come attore unico di interlocuzione?
C’è una spaccatura culturale e politica all’interno di quel movimento come ho già spiegato: da una parte vi è chi vuole collaborare con l’Amministrazione, discutere, confrontarsi anche criticamente e aspramente,  come, ad esempio, Comitato Emergenza Cultura ed altre associazioni che vogliono fare cultura in maniera seria rapportandosi con l’ente pubblico. Dall’altra parte, lo sappiamo bene, ci sono aree vicino ad Askatasuna e antagonisti che fanno situazionismo cercando di conquistare un’egemonia culturale e la direzione politica per condurre battaglie ideologiche di contrapposizione e che nulla hanno a che spartire col merito dello spazio culturale del quale discutiamo.

Ok, allora provoco e vado oltre: non vedeva l’ora che arrivasse un doppio comunicato. 
Sono venuti entrambi in Commissione e hanno parlato, molto semplicemente. Anzi non me lo aspettavo.

Era previsto il secondo intervento?
Assolutamente no, era concordato un solo intervento a fine Commissione per la lettura della lettera, che esprime la posizione più dura e contraria ad ogni tipo di ragionamento, con un atteggiamento frontale intrinseco. Poi è arrivata la seconda posizione più dialogante che è più consistente ed argomentata nel merito.

Eppure mi sembrava stranito per il secondo intervento sentendo l’audio della Commissione.
Sì, non conoscendo a fondo le dinamiche interne degli occupanti,  non volevo neanche farli parlare poiché era stato eccezionalmente concordato un solo intervento a nome di tutti. Mi ha stupito ascoltare un rappresentante del gruppo che comprende il Comitato Emergenza Cultura oltre ad architetti, artisti,  intellettuali. Loro sono stati la parte più dialogante. Non so bene come si staglia quella partecipazione all’interno del loro movimento, io so solo che c’è stata un’assemblea pubblica in Cavallerizza ma non so come sia andata. Io sono stato lì due volte in passato: una volta sono stato insultato e cacciato come testimoniato dal video de “La Stampa”, a significare che non c’è volontà di dialogare con chi è del PD, ma io non ho paura di nessuno, tantomeno di chi disprezza il confronto e il dialogo. Un atteggiamento controproducente da parte loro: io li ho invitati in Commissione, li ho sentiti per telefono e a seguire ci sarà un’altra Commissione per fare il punto sul percorso amministrativo e sulla bozza di protocollo. 

Ma chi e che cosa ci garantirà un progetto davvero partecipato e non una discussione fine a se stessa?
Il fatto che abbiamo fatto una commissione pubblica nella quale abbiamo ribadito che vi sia solo una bozza che non è il Vangelo, che può essere emendata e modificata con il contributo di tutti, compresa la parte più intransigente che ha fatto della Cavallerizza luogo di antagonismo politico. Per 10 anni il posto è stato abbandonato e nessuno se ne è occupato, salvo arrivare quando il Comune ha deciso di prendersene cura.

Però sono arrivati quando c’è stata la cartolarizzazione e il rischio vendita.
Non è che la cartolarizzazione sia superata, anzi ci sarà, per cui per ora non è cambiato molto: prima ci abitavano persone e c’erano discariche abbandonate, un domani l’area sarà ristrutturata nei modi descritti. Mi sembra un cambio epocale merito dell’Amministrazione Comunale. Certo ci sarà anche ristrutturazione immobiliare: è previsto un investimento di carattere immobiliare per la ristrutturazione di quell’area e una parte della Cavallerizza sarà destinata alle abitazioni. Questo è indubbio, e lo era anche prima.

Come si coniuga col concetto di bene pubblico?
Semplice: noi ci riferiamo alle maniche culturali, all’ostello e alle residenze studentesche quando parliamo di spazio concepito per l’uso pubblico. In particolare i due teatri sono il cuore del bene pubblico Cavallerizza.

Che contraddice però il principio di unitarietà della destinazione del complesso.
Sì ma lì ci sono delle case, e non si possono usare come spazio culturale! Perché nessuno se ne è mai occupato quando c’erano persone dentro che vi abitavano? La nostra idea è riprendere quel filo con un intervento di qualità edilizia e residenziale, non per renderlo la nuova Crocetta ma per riportarlo agli antichi fasti. Parallelamente c’è lo spazio commerciale, in cui vedo bene anche locali pubblici circoli e associazioni che gestiscono locali ristoranti e bar, come avviene dappertutto in Europa.

E’ la nuova Torino da bere questa.
Queste sono cose che dite voi comunisti e antagonisti... Ahahahahha.

Io non sono comunista, lo sono stato come tutti quanti, voi compresi.
E’ una malattia giovanile ma poi si cresce. A 20 anni ci sta, poi si cresce e si diventa riformisti.

E si diventa Consiglieri del PD.
Si diventa Socialisti Europei, come lo sono io. Mi pare che in giro per il mondo questo modello possa funzionare, no? Syriza in Grecia sembra un partito rivoluzionario, ma il suo programma politico non è diverso da  quello dei partiti socialisti europei. Una volta sarebbero stati bollati come pericolosi socialdemocratici.

In qualità di Presidente della Commissione Cultura, quale prevede possa essere l’iter di approvazione del Protocollo d’Intesa? Come si coniugheranno partecipazione democratica e non emendabilità dello stesso?
Il protocollo non è la Bibbia, tanto vero che la scelta di fare un percorso pubblico sottintende che il protocollo è emendabile: chi ha buone idee compatibili con le possibilità economiche e con le scelte delle assemblee istituzionali, venga a proporle. Abbiamo scelto questo percorso in accordo con i Consiglieri Regionali Grimaldi e Valle, anche se so già come finirà: alcuni già dicono che il protocollo è carta straccia, che fa schifo e che vi sarà un centro commerciale, ma ti assicuro che non ci sarà speculazione commerciale. A inizio marzo verrà presentata una bozza emendabile del protocollo, vi saranno le istanze da parte della cittadinanza, magari qualcuna verrà accolta e poi si proseguirà con questo iter. 

E il tavolo di Serie B  potrà quindi emendare quanto deciso da quello di Serie A del Protocollo d’Intesa?
Non ci sono tavoli di serie A e B. Per quanto riguarda le mie competenze, vogliamo portare fino in fondo il percorso partecipato, poi saranno consiglier,i assessori e giunte comunali e regionali a prendere le decisioni finali. 

Prendiamo spunto dall’intervento di Fassino su Repubblica relativo alla Cultura e allarghiamo il campo. Qual è la risposta della città alla mancanza di fondi? Farete della Cavallerizza il simbolo del nuovo paradigma di commistione pubblico/privato nel finanziamento e gestione della cultura a Torino?
Il futuro è quello di un’unione e partecipazione pubblico e privato, con soldi da fondazioni bancarie e privati. E’ un sistema di cui il Comune si fa assolutamente garante e portavoce. Non ci sono risorse pubbliche per fare le cose ed è perciò giusto affidarsi a ciò che non è prettamente privato, ma a enti come la Compagnia di Sanpaolo che non fa altro che gestire i soldi dei correntisti e frutto di utili.

E col concetto di bene pubblico come si sposa questo modello?
Al cittadino interessa la fruibilità del bene, non la proprietà, l’utilizzo dello stesso e non chi detiene il potere su di esso. La proprietà privata non è un furto, ma quel che conta è l’utilizzo per scopo sociale, come la nostra Costituzione prescrive. 

C’è anche scopo di profitto però.
Esattamente come per i militanti di Aska. Non mi sono scandalizzato quando sono andato lì e ho pagato la birra con il ricarico senza scontrino: chi lavora può guadagnarsi uno stipendio in maniera assolutamente lecita.

Chiudiamo con una battuta rapida: alla fine di tutto, quale considerazione emergerà dal cappello della vicenda?  Che “il Sistema Torino che non esiste” ha agito nell’ombra e messo le mani indirettamente anche su questo bene pubblico, o che il Comune ha perso l’ennesima occasione a causa della propria incapacità d’agire all’unisono sulle grandi questioni?
La Spectre a Torino purtroppo non esiste, e dico ironicamente purtroppo perché almeno ci sarebbe qualcosa da combattere. Io ritengo che voi abbiate una posizione che ha delle motivazioni di fondo ma ci costruite sopra un castello che non esiste, perché non esiste più una realtà uni-culturale con un’unica filoso-FIAT che governava tutto. Purtroppo la realtà è molto più composita con interessi diversi che si incontrano e si scontrano, non è più così facile governare la città.

Beh ora convivono tutti all’interno del Partito della Nazione.
Anche quella definizione è troppo semplicistica perché il mondo va aldilà di quello che è il PD: tra l’altro è una definizione smentita dall’elezione di Mattarella e dall’iter delle riforme in Parlamento. Non è così facile, a Torino bisognerà capire se ci sarà un Fassino bis o qualcos’altro. 

Questa sarebbe una bella notizia.
Visti i nomi alternativi che circolano mi tengo stretto Fassino che sul piano dell'investimento sulla cultura ha sempre detto cose condivisibili; se invece ci fosse una svolta davvero innovatrice e generazionalmente a me più vicina la guarderei con interesse. Vorrei capire però chi si propone, con quale progetto  e per fare cosa. Non credo a iniziative nebulose e magmatiche sia politicamente che culturalmente, come neppure penso all’intervento salvifico della cosiddetta “società civile”. Iniziative di posizionamento “tattico” o velleitarie come la recente "Accorciamo le distanze" non penso possano essere la via maestra. Quello è il solito modo di qualcuno, ovviamente non tutti,  per alzare il prezzo per  poi andare col cappello in mano da Fassino a farsi dare un posto. Se si ha un progetto alternativo, si abbia il coraggio di sfidare Fassino alle primarie. Altrimenti ci terremo  l’attuale Sindaco che considera la cultura un asset fondamentale sul quale investire risorse per lo sviluppo della Torino futura.

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