mercoledì 29 giugno 2016

SISTEMA TORINO INCONTRA TOMASO MONTANARI
: “GRANDI EVENTI? LE CITTA’ NON SONO UN CIRCO EQUESTRE “

Tomaso Montanari è un faro illuminante della cultura e della conservazione dell’arte in Italia. 
E’ un sistemista ad honorem per come si tuffò a sostenere la nostra produzione teatrale “Exporto 2022”. 

E’ un fiorentino che confuta quotidianamente lo storytelling renziano. 
Insegna Storia dell’Arte Moderna all’Università ‘Federico II’ di Napoli, ha scritto alcuni libri che raccontano come la storia dell’arte si sia trasformata da sapere critico a industria dell’intrattenimento ‘culturale’. 
Data l’importanza che questi concetti e parole-chiave hanno rivestito nelle ultime elezioni comunali torinesi, abbiamo subito pensato di andare da Tomaso, che ringraziamo profondamente per l’onore che ci ha concesso.

Venerdì scorso Sistema Torino ha deciso di pubblicare un articolo* con le motivazioni e gli argomenti di sostegno al voto per Chiara Appendino, seguendo (e citando) le tue indicazioni di voto per Virginia Raggi a Roma. Dobbiamo pentirci?
Ti confesso che era da tempo che non ero così felice per motivi politici, domenica sera davanti alla TV ho davvero goduto. Ho avuto la sensazione che per la prima volta abbiano vinto i buoni. Qualsiasi alternativa sarebbe stata peggiore.
Sarà un salto nel buio?

Può darsi; sicuramente il PD è il buio più profondo che io conosca in Italia. Vedo invece molti fasci di luce in questa novità, spero che questi bastino e spero che la luce si allarghi ; citando Calvino, “Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone”: speriamo che questa luce arrivi sempre più lontano. Guardando le persone a sostegno delle due candidate io vedo cittadini, e non poteri forti, a cercar di gestire la cosa pubblica. C’è una alterità quasi antropologica rispetto alla classe politica che ci ha governato fino adesso. Certo, questo vale anche per i rischi intrinsechi, ma forse è arrivato il momento di fidarsi.


Dato che gli auspici sembrano buoni, ti ripropongo la visione di Wu Ming pubblicata nel 2013 su Internazionale*** (e riproposta dopo i risultati dei ballottaggi): il M5S è “un efficiente difensore dell’esistente. Una forza che ha fatto da “tappo” e stabilizzato il sistema”, impedendo in qualche modo la nascita di una sinistra alternativa. E’ una visione da aggiornare? Come si costruisce una alternativa al M5S da sinistra a livello locale? 


Il sottotitolo di questa teoria è “colpa d’alfredo”! Ho profonda stima degli amici Wu Ming, ma mi sento di dire che la sinistra deve smetterla di dare la colpa a qualcun altro. Davvero pensiamo, estremizzando il ragionamento, che la sinistra alternativa avrebbe potuto ottenere il 36% a Roma? I problemi della sinistra sono endogeni non esogeni, altrimenti usiamo la stessa retorica di chi sostiene che i migranti ci portano via il lavoro, mentre il M5S ci porta via l’elettorato.

Però hanno vinto utilizzando tematiche di sinistra, come sostiene lo stesso Giovanni Semi in una intervista**** su “Il Manifesto”.
Beh se usano termini di sinistra meno male. Se la Raggi decide che i Consiglieri in Campidoglio si siederanno a sinistra va bene. Non è un copyright “la sinistra”, figurati che è un termine che usa anche il PD. Il punto è: perché il Movimento Cinque Stelle riesce a convogliare cittadini comuni in un impegno quotidiano politico su idee di partecipazione e gestione dei beni comuni?
Ti faccio un esempio: “Labsus il Laboratorio per la sussidiarietà”, è un progetto che sta facendo approvare un regolamento che permetta di affidare ai cittadini la gestione di spazi pubblici. Sembra una sorta di forma istituzionalizzata delle occupazioni. Su questo tema ho le mie perplessità, d’altro canto essi fanno al momento da salvatori della patria. Ho l’impressione che qualcosa del genere stia accadendo con la politica: certo, ci vorrebbe lo Stato ad occuparsene, ma è anche vero che queste persone ci sono e sviluppano un forte senso di appartenenza. Dobbiamo trovare nuove forme di partecipazione politica dal basso sul modello di questa manutenzione dello spazio pubblico.
Un modello che per il Movimento ha funzionato, dato che a Roma il consenso del PD è stato confinato al Parioli: una conferma che la visione della città e dell’utilizzo dei suoi spazi conta ancora qualcosa.
La Torino Capitale del Turismo e della Cultura è la perfetta metafora della visione prevalente del futuro delle città italiane. I precedenti amministratori vedono nella separazione delle deleghe cultura e turismo un pericoloso salto nel buio. Esiste davvero una alternativa alla gestione odierna?


Se le Giunte Raggi ed Appendino separeranno l’Assessorato alla Cultura dalla delega al turismo io sarò molto felice: la cultura è PER i cittadini, locali e del mondo, non una organizzazione del circo equestre. Le precedenti Amministrazioni targate PD hanno usato una visione mercatista completamente fallace: il mercato non è cultura, questa nuova visione è straordinaria, ed è anche di sinistra. La questione consiste nel cominciare a dire “prima i cittadini”: ridiamo la città ai cittadini ,del territorio e del mondo, e solo dopo ci preoccupiamo del turismo, certo con un occhio alla cultura ma è una altra cosa. 
Mi stupisce che la sinistra faccia obiezioni di tal genere, basti pensare al museo egizio (NdR: primo esempio di museo affidato ad una Fondazione, seguendo una legge del Ministro di Forza Italia Urbani del 2004): non abbiamo fatto i musei per farli gestire ai Signori, come sta avvenendo adesso a Torino. Mi stupisce questo atteggiamento nei confronti dei cittadini, e sono rimasto senza parole nel sentire le dichiarazioni post-voto di Fassino: l’ultimo che ho sentito parlare, durante un dibattito, di invidia sociale è stato il Ministro dei beni e delle attività culturali del governo Monti Lorenzo Ornaghi, di chiaro orientamento di destra.


Eppure “le code ai musei” sono il simbolo di visioni contrapposte della città e dei suoi musei: quali sono i rischi di una esaltazione fine a se stessa dell’immagine del grande pubblico che affolla l’Egizio ogni weekend? 


I musei non si valutano con il pallottoliere  o con il numero di biglietti staccati: torniamo alla visione mercatista. A me non interessa la conta degli ingressi, a me interessa cosa si faccia dentro il museo, con quale arricchimento escano i visitatori da lì, quale spazio venga dato alla ricerca e alla divisione della conoscenza. L’Egizio ora funziona bene perché ha un buon direttore ma con la precedente direttrice abbiamo assistito a danni disastrosi. Torino è stata un sistema che ha incentrato la gestione del potere sul ritorno alle logiche dell’ antico regime: è evidente che a volte l’ antico regime funziona ma io non rivoglio i Savoia, non voglio il sovrano illuminato che dispensa cultura al popolo. Torino ha assistito alla “quasi-chiusura” della Biblioteca dʼArte della Fondazione Torino Musei (Gam), grazie alla ultra-mercatista Patrizia Asproni che si approccia alla cultura come lo farebbero i venditori di panini: come si può non vedere che questo sistema non appartenga a chi sta alle Vallette? Possibile che non si capisca che il ruolo della plebe non sia il semplice applaudire? Se cambieranno queste cose, potremo dire che la Costituzione ha finalmente sostituito lo Statuto Albertino a Torino e potremo festeggiare il compimento dell’articolo 9.


Citando dal tuo libro “Le pietre ed il popolo”, tu auspichi che “il museo venga sottratto al potere del mercato”, per scongiurare “la perdita della funzione estetica dell’opera d’arte”: e allora come campiamo?


Campiamo rifacendo i bilanci pubblici, ridiscutendoli con una spending review che contenga aspetti costituzionali, ridiscutendo le priorità di investimenti. Chi ha detto che la cultura si debba auto-mantenere e non ricevere soldi pubblici? Gli investimenti non ci sono perché tu, gestore del PD, non li hai voluti mettere, con la complicità del tuo stesso Governo nazionale che taglia i fondi.
Mettere i soldi nella cultura significa diventare civili: avrebbero potuto utilizzare i soldi buttati nelle Olimpiadi 2006 per costruire molte biblioteche pubbliche.

Ehm ehm Tomaso, qui a Torino si sostiene che le Olimpiadi hanno rivoluzionato l’immagine della città nel mondo, siamo diventati una meta turistica. Siamo anche diventati più simpatici secondo alcuni.

Beh, dato che si è investito in immagine, potremmo proporre a questi brillanti strateghi di venire ripagati in immagine, e non in denaro. Che ne dici?


Proviamo allora a scendere nel particolare: si sta concludendo l’iter del bando per la concessione in appalto esterno dei servizi accessori della Reggia di Venaria, finora gestita con paghe orarie da fame (5 euro l’ora circa). Qual è la via per uscirne? 

Venaria è l’esempio di ciò che non si deve fare, è stata trasformata in uno scatolone di eventi affidata
a persone come Fabrizio Del Noce. Il patrimonio culturale è visto come una scatola da riempire, ma l’approccio è esattamente opposto: prima di trovare i soldi, si sarebbe dovuto avere un progetto, costruito e in relazione col territorio, e non, come ha fatto Del Noce, chiedere al Ministero un flusso continuo di opere dall’ esterno. Deve diventare un luogo che si sostiene in parte col denaro pubblico in parte con il privato no profit. La Reggia di Venaria non è una location da eventi: stanno facendo lì quel che si faceva prima nelle ville sabaude, con la conseguenza che “l’ evento si mangia il monumento”.


E con i lavoratori che facciamo? Internalizziamo?

Internalizzare il lavoro è fondamentale, per superare la logica dei concessionari e tornare ad una visione locale. I luoghi di cultura vivono se sono i residenti a lavorarci e a costruire insieme un progetto forte e radicato. E’ solo a quel punto che vai alla ricerca dei finanziatori, appunto sia pubblici che privato no profit. Ti faccio un esempio concreto: ieri a Napoli ai quartieri spagnoli ho assistito all’opera della “Fondazione focus” sostenuta da denaro privato no profit. Il quartiere si è trasformato in un luogo favoloso, con scuole, giardini, progetti condivisi e servizi pubblici. Oserei dire che se l’hanno fatto ai quartieri spagnoli, si può fare anche a Venaria.


Politica dei grandi eventi: “senza un evento (culturale) al mese Torino muore” (cit. ex Assessore Braccialarghe*****). Davvero dobbiamo trasformare tutte le città in Disneyland destinate al consumo?


E’ un bene che un assessore che dice queste cose sia stato licenziato dai cittadini, dato che ha agito da amministratore di un circo equestre. L’ Assessorato alla Cultura deve occuparsi delle strutture di produzione di conoscenza, della cittadinanza, di costruire biblioteche nei quartieri aperte fino a mezzanotte. Non di creare un palinsesto di grandi eventi.

 A tal proposito, si parla ora di “cultura diffusa” nelle periferie, e di “produzione culturale” rispetto alla semplice fruizione (queste le parole d’ordine delle vincitrici a Roma e Torino). Qual è la strada da seguire secondo te?  

E’ esattamente quello che stanno facendo in tutta Europa. Nelle periferie non bisogna “portare cose” ma costruire luoghi stabili di produzione della cultura.


Chiudiamo con un consiglio per i futuri Assessori Cultura di Roma e Torino. Sei pentito del tuo rifiuto al ruolo di Assessore alla Cultura di Roma che ti aveva offerto Virginia Raggi?


Ho rinunciato proprio perché ho le idee che ti ho illustrato finora, perché credo fortemente al legame tra comunità e residenza. Non è stato un modo elegante per trarmi d’impaccio, non avevo paura del fallimento né dubbi politici. Ad una Raggi fiorentina avrei detto di sì tanto per capirci, ed ho accettato di far parte dei consiglieri nello staff relativo. Passando a Torino, posso dire che mi fido ciecamente di Guido Montanari (omonimo e non parente): ho chiacchierato spesso con lui all’ Unione Culturale ed è stato sempre un piacere. Premesso che anche per lui ci sarò convintamente nel caso volesse un consiglio, ho la sensazione che questa sia una straordinaria occasione con le persone giuste nei luoghi giusti.
Ormai i cittadini hanno capito che le nostre città sono state sfigurate per interesse di chi ha voluto determinate trasformazioni urbane (vedi nuove case e centri commerciali), comprandosi prima la classe politica e dopo le leggi da essa emanate. I signori del cemento sono i principali nemici della democrazia, per cui mi chiedo: perché chi studia tali questioni è stato sempre escluso dalla gestione del potere, o al massimo invitato a qualche convegno?


Ai posteri l’ardua sentenza.



* http://sistematorino.blogspot.it/2016/06/ballottaggio-la-guerra-fredda-di-civilta.html

** http://articolo9.blogautore.repubblica.it/2016/06/14/perche-ho-detto-no-a-virginia-raggi-e-perche-la-voterei/

*** http://www.internazionale.it/opinione/wu-ming/2013/02/26/il-movimento-5-stelle-ha-difeso-il-sistema-2

**** http://ilmanifesto.info/m5s-a-torino-ha-vinto-su-temi-di-sinistra/
*****http://www.lastampa.it/2016/06/22/cronaca/senza-un-evento-al-mese-torino-si-spegner-ost6G8QQM2ceVNwzhawYPJ/pagina.html

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