La Stampa e Repubblica in primis (a tal proposito, come
si comporteranno dopo l’imminente cessione?) non riescono a utilizzare un tono diverso dall’entusiastico per le novità della smart city torinese, che si svilupperà grazie al fondamentale contributo di BLOOMBERG PHILANTROPIES.
Ricordiamo quanto già scritto in passato: la Fondazione Bloomberg è un po’ la versione americana della filantropia delle nostre fondazioni bancarie. Sul sito https://www.bloomberg.org/founders-projects/ compare in bella vista il faccione di Mike Bloomberg, il magnate dell’ omonima società di servizi finanziari, software e mass media nonché Sindaco repubblicano di NY per 12 anni. Con le “scuole di business” destinate ai Sindaci mondiali stanno imponendo, loro sì, la propria egemonia culturale a colpi di collaborazioni pubblico-privato a forte impronta mercatista.
Una predominanza culturale tale che il Sindaco Lo Russo, all’incontro con la Sinistra del suo Partito a Proxima sabato scorso, non ha avuto problemi a sostenere indirettamente la trickle down economy e la collaborazione con Bloomberg in una rivisitazione del “capitalismo compassionevole” di Bush in salsa sabauda.
Ma la liason con Bloomberg è finita sui giornali (non è vero, tutti zitti e allineati) per un altro motivo, quello dell’accordo ufficiale con il Comune di Torino: come emerso da una interpellanza del consigliere Russi, non si possono conoscere i termini dell'accordo con Bloomberg Philantropies, firmato solo recentemente dopo oltre due anni di collaborazione. Come se non bastasse, i materiali e i software prodotti da questa collaborazione rimangono di proprietà americana, così come i vincoli di riservatezza impongono di non rendere pubblico nessun dettaglio riguardante l’attività di Bloomberg a Torino.
Di converso, i filantropi yankees hanno accesso a molteplici dati nostri, riguardanti urbanistica e cittadini torinesi, e anche qui non possiamo sapere quali vengono forniti loro.
Le limitazioni del potere pubblico vengono giustificate dalla stessa Vice-Sindaca così: “Le attività di collaborazione sono offerte alla città senza corrispettivi di sorta.”
Qualcuno dovrebbe spiegare alla Giunta che “quando non stai pagando un prodotto, il prodotto sei tu” (Cit. The Social Dilemma).
In particolare quello che noi diamo in cambio è il personale amministrativo torinese che viene formato dal think tank della destra americana (come? secondo quali princìpi?), sono le politiche implementate nel piano regolatore (ora ci arriviamo), e dulcis in fundo il nuovo city branding.
Insomma, a decidere come Torino apparirà sul mercato internazionale saranno i Bloomberg’s.
E il modello scelto per la città del futuro è presto delineato: una destinazione turistica aperta e internazionale ove, come sottolinea l’Esimio Prof. insieme al collega Carlo Salone, si potranno “degustare agnolotti sorseggiando prosecco” (Cit. Repubblica) dai tetti cittadini aka rooftops grazie al “libera tutti” del nuovo piano regolatore.
Si potranno inoltre, stando agli annunci, avere “DEHORS TUTTO L’ANNO COME A PARIGI!” perché i marciapiedi invasi da tavolini e tendaggi fanno bene alla città (ci penserà il collettivo Foodification a confutare questo luogo comune fallace).
E, ancor più inquietante e orwelliano, i nostri consulenti forniranno scelte strategiche per “impedire la desertificazione commerciale dei nostri quartieri”: sembrerebbe che la forte spinta turistica porti alla chiusura delle attività commerciali tradizionali, favorendo il proliferare di Airbnb.
Ohibò, davvero lo scoprite nel 2025, e solo grazie agli stessi sostenitori della svendita della (nostra) città?
Non per fare gli Scanzi torinesi, ma quando docenti autorevoli, collettivi meno autorevoli, movimenti di cittadini anni fa vi urlavano tali criticità voi vi giravate verso destra ad ascoltare le sirene market-oriented.
Ora, che possa essere Bloomberg a fornirvi le ricette per una città più equa e vivibile è una favoletta a cui può credere solo un centro-sinistra che applica ricette di destra senza neanche accorgersene.
Curioso poi, tornando al city branding, che si cerchi un’identità della città mentre da buoni provinciali le nostre agenzie di comunicazione, i titoli dei giornali e buon ultimo il Sindaco ripetono a pappagallo “TORINO COME… METTERE UNA CAPITALE FIGA A CASO”* in un complesso d’inferiorità e di wannabe-ismo che ereditiamo dal confronto storico con Milano.
Tutti questi aspetti sono stati meglio esplicitati nel succitato commento Semi-Salone sul Corriere Torino: la rappresentazione fornita dal piano “non sembra fare i conti con la realtà certificata negli ultimi rapporti regionali della Banca d’Italia, che ci parlano di crisi persistente in vasti settori della manifattura, di bassa propensione all’innovazione e nella creazione di startup (ma non eravamo la capitale europea dell’innovazione?), di indebolimento dei servizi di base, in particolare la sanità e i servizi pubblici locali.”
Come ha risposto l’Assessore Mazzoleni?
“Basta nostalgia e categorie obsolete” è l’incipit del suo piccato editoriale, dove evita di rispondere sul suo operato a Milano (forse per i 4 avvisi di garanzia?) e palesa una certa allergia alle critiche; in questo, c’è da dire, si è calato benissimo nella parte dell’uomo di Sistema torinese.
Una risposta sulla difensiva che non espone nulla di nuovo, se non il solito refrain sulla (finta) partecipazione della cittadinanza alla redazione del Piano: ci propone future assemblee pubbliche di discussione, seguite da confronto democratico in Consiglio comunale.
Questa polpetta avvelenata della partecipazione pubblica ma solo quando ormai è già tutto scritto (da altri), era già stata somministrata ai torinesi dall’ Amministrazione Appendino, con i famosi Partecipa-TO diventati col senno di poi Percula-TO.
Il nostro Assessore girerà anche per i mercati, ma nei quartieri più periferici la “Città dei 15 minuti” resta uno slogan fine a sé stesso se non porterà per davvero anche alle Vallette i tram pubblici, la pulizia del verde, e soprattutto investimenti per lavori non precarizzati.
Ripensandoci bene, chissà se nelle loro “passeggiate urbane” Amanda Burden e Paolo Mazzoleni hanno attraversato anche Via delle Primule, saremmo curiosi di saperlo.
*Parigi per i dehors secondo Lo Russo, Londra e Berlino per il Sindaco della Notte secondo Lo Russo, New York per il Parco Verticale secondo i Torino Stratosferici, Berlino per la Love Parade secondo Repubblica, Barcellona per la Porta Palazzo-Boqueria secondo la Virano...e così via...
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