martedì 30 giugno 2015

Torino è la Grecia.


Può apparire un confronto bislacco, ma tra la nostra città e la Grecia vi è un denominatore comune: il debito.

Non importa come esso sia stato contratto, per investimenti più o meno utili. Torino è strozzata dal suo buco di bilancio e le politiche di austerità che il Comune porta avanti dal 2011 altro non sono che la medicina somministrata alla Grecia negli ultimi anni.
Ovviamente i due contesti sono molto diversi, ma diversi fattori raccontano un percorso parallelo.
Tassazione elevata (IMU e Tasi record in Italia), taglio dei servizi, privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico: Torino è la Grecia.
Oggi qui, e in Grecia fino a gennaio, a portare avanti queste amare medicine sono esponenti della sinistra di governo. Una sinistra che ha sposato completamente l’ideologia neoliberale, cioè quella che fino a pochi anni fa veniva denominata “destra economica”.
I risultati, qui come in Grecia, come ovunque vengano portate avanti politiche di austerity, sono disastrosi.
Passoni ha venduto e privatizzato praticamente tutto, ma rimane legato a un debito che fatica a scendere sotto i tre miliardi. La chiama “soglia psicologica”.
Quelle attuate sono logiche perdenti, qui come ad Atene, perché l’austerity sul debito, come si sa, crea depressione economica. E, come ormai tutti sanno, Torino rimane avvitata nel suo gorgo depressivo.
Perché Torino, e il suo Sistema, hanno deciso di svalutare la città. 
In particolare l’assessore Passoni ha deciso per questa via di destra. C’è chi ha svalutato il valore del lavoro con il Jobs Act e chi lo fa con il territorio, buttando sul mercato ogni giorno un nuovo pezzo, a prezzi sempre più stracciati.
Per fare cassa, per stare dietro agli interessi e al capitale da restituire.
Scelta che ha inflazionato il mercato portando il valore degli immobili pubblici a zero, per di più in un momento di crisi.
Che fare?
E’ una domanda che il nostro assessore dovrebbe conoscere, visto le sue orgogliosamente rivendicate origini comuniste.
Torino dovrebbe fare ciò che sta tentando di fare la Grecia: rinegoziare il suo debito. Noi di Sistema Torino, unici, lo sosteniamo da tempo, da quando siamo nati.
E non stiamo parlando di tagli del tasso di interesse di qualche decimale o un allungamento temporale dei tempi di restituzione, per altro già avvenuti nel 2009 e dall'effetto pressoché nullo.
Noi di Sistema Torino parliamo di taglio del valore nominale.
Dovrebbe essere il caposaldo di qualsiasi organizzazione politica che si presenterà alle elezioni nella prossima primavera. 
Ma questo nella nostra città non è possibile, almeno per chi governa al momento.
L’influenza della Compagnia di San Paolo, primo azionista di IntesaSanpaolo, rende impossibile una ristrutturazione sostanziosa del debito della città. Idem il rapporto con la Fondazione CRT. Questi due soggetti ormai sono gli unici che tengono insieme il welfare cittadino, dato che si sono spinte ben oltre il loro mandato statutario per salvare la baracca dal collasso finanziario. Che senso ha se la Compagnia tiene aperto un asilo e poi la banca madre “rivendica” la Cavallerizza come pegno per un mutuo?
Ristrutturare il debito significa quindi farsi dei nemici nella banche e, a Torino, pare altamente improbabile che qualcuno nella amministrazione voglia fare questo passo.
Eppure o si fanno gli interessi degli istituti che hanno in mano oltre la metà del nostro debito oppure si fanno quelli dei cittadini.
L’esempio greco, ancora una volta, è sotto gli occhi di tutti.
Sarebbe bello discuterne pubblicamente, sentire cosa ha da dire al riguardo il nostro assessore, nonché i vertici della Compagnia e della Fondazione Crt.

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