martedì 21 luglio 2015

3 - POLVERIERA MURAZZI 2015: C’E’ VITA DOPO GIANCA? Intervista al Presidente Beppe “Grumbi” Melchionna

Il cuore della questione Murazzi palpita da sempre sul lato destro del fiume, verso il fondo: alle arcate 75-77 Giancarlo Cara decine di anni fa decise di aprire un locale che, nel bene o nel male, ha fatto la storia di questa città, soprattutto per quel che riguarda la cultura underground. Da qualche tempo a questa parte si è trasformato nell’epicentro delle polemiche estive relative a questa zona di Torino: nonostante sia stato chiuso quasi tre anni fa, il legame ancestrale tra questo posto mitico se non addirittura mitologico ed i suoi vecchi e nuovi frequentatori ha fatto in modo che Gianca rimanesse in qualche modo vivo. Anche alla faccia di chi, come me, scrisse articoli al vetriolo contro i rappresentanti della cultura, musicale e non, anni ’80-’90 sabauda che scesero in piazza parecchi mesi fa per chiedere che tutto rimanesse immutato a se stesso: il circolo ARCI rappresentativo del nostro amato lungo Po deve vivere, lo urlano in tanti. Per questo abbiamo deciso di andare ad intervistare il rappresentante storico, nonché Presidente in carica degli “Amici del Po” Beppe “Grumbi” Melchionna, che ha animato in questi mesi l’occupazione dei locali in aperta opposizione ai bandi comunali che stanno cercando in qualche modo di far ripartire da zero la vita che scorre da queste parti.



1) Nella giornata di mercoledì 15 luglio, su disposizione della Magistratura, i Vigili hanno sgomberato gli occupanti di Gianca. Come commenti questa decisione? Ve l’aspettavate?
Beppe Melchionna. Personalmente me l’aspettavo, nonostante molti speravano che ci lasciassero operare fino a settembre, speranza rafforzata dalla presenza di “informali” voci favorevoli in tal senso. Quando ho visto le assegnazioni con relativa affermazione di sgombero imminente ho avuto la certezza che l’irrimediabile sarebbe avvenuto, sebbene non vi sia stato alcun preavviso nei nostri confronti.

2) Da dove è nata l’idea di occupare Giancarlo rimuovendo i sigilli che hanno mantenuto chiuso il locale per un paio d’anni?
In qualità di Presidente in carica del circolo “Amici del Po”, insieme agli altri compagni , quando venne fatto il sequestro dell’area decidemmo di aspettare di capire che cosa sarebbe successo in conseguenza di tale atto. Il susseguirsi recente degli eventi che tutti conoscono ci ha spinto ad agire. Noi rivendichiamo con forza e convinzione la presenza dell’associazione “Amici del Po Giancarlo”, rivendichiamo la presenza di uno spazio di quel tipo, esistente da ormai trent’ anni, ove dare oggi continuità all’esperienza underground della subcultura murazziana. Da lì nasce ad esempio il nome dei Subsonica , e lì vorremmo continuare la tradizione musicale  e culturale che portò a Torino, giusto per fare due nomi, Almamegretta e Litfiba (pensare a Piero e Ghigo ai Murazzi ha fatto trasalire dall’emozione anche il sottoscritto, lo ammetto, N.d.A). Portammo in scena un “indie ante litteram”, che andava dai Mau Mau agli Africa insieme ad altri mille nomi che presenziarono alle nostre varie rassegne ed iniziative, anche contro la SIAE, nel nome delle libertà musicali a disposizione di tutti.
2.1) E secondo te sarebbe ancora fattibile una esperienza del genere?
All’epoca c’era emergenza culturale, Torino era città grigia descritta ampiamente da numerosi libri e studi sociologici, e dall’altra parte vi erano coordinatori di opportunità per i gruppi musicali. Sono cambiati i linguaggi culturali ma quel tipo di esigenza esiste ancora: pensa all’hip hop odierno, al festival che abbiamo organizzato insieme a “NextOne”, nome conosciutissimo nel mondo delle nuove tendenze. Permane il bisogno di uno spazio, oltre al centro sociale che fa egregiamente la sua parte, sganciato dalle leggi di mercato legate al consumo, uno spazio culturale ed auto-gestito come solo una esperienza di un circolo ARCI può essere.
2.2) Tu conosci meglio di me però le polemiche sui circoli ARCI che spillano birre in nome della cultura.
Io sono il primo a combattere questa tendenza, faccio parte di quelli che non si sono arricchiti con barche ristoranti e ville come molti animatori della “cultura torinese”. Io difendo esperienze come quelle di “Anatra Zoppa”, “Giau”, “Caffè Basaglia” e “Officine corsare”, giusto per fare qualche esempio virtuoso. Credo sia una retorica giusta ma che vada indirizzata verso le singole eccezioni e non sparando nel mucchio.
2.3) C’è quindi un po’ di malizia dietro queste polemiche secondo te?
C’è forse un interesse di categoria nei commercianti, ai quali può dar fastidio un certo tipo di esperienze, apparentemente concorrenziali: ma credo siano due modi diversi di agire che possono convivere tranquillamente. E’ comprensibile il loro punto di vista, ma sono cose molto diverse: noi come ARCI abbiamo una mission da rispettare e chi non la rispetta dovrebbe essere denunciato pubblicamente. Io rispondo per le mie azioni, e considera che al momento c’è un Commissariamento all’ARCI di Torino per cui c’è un vuoto di rappresentanza. Aspetteremo questi sei mesi di indagini per poi ricostruire il comitato torinese e poter ricominciare ad agire anche in questo senso.

3) Gabo Ferraris sostiene in un suo post della scorsa settimana la necessità di mantenere “fuori dai bandi” quel luogo, proponendo l’idea di un Museo della storia del luogo. Non credi che forse sarebbe stato meglio intervenire “dentro il bando” ?
Io so che ci sono stati dei contatti coi vari referenti politici, che io non ho condiviso essendo anche indagato a seguito dell’occupazione, ma si è provato a fare quello che dici tu. Le condizioni che richiedevo io era che quel luogo restasse all’ARCI, fosse anche passando per le condizioni del bando. Tieni però presente che tra costi della SIAE, concerti e gestione non sarebbe stata sostenibile la cifra di 4700 euro al mese (quelli che verseranno i vincitori del bando): a quel costo non sarebbe fattibile una modalità come la nostra. Quelli di Orbassano (Eutourist, azienda specializzata nella produzione di pasti per le mense scolastiche di Torino, N.d.A) hanno affermato di voler mantenere il nome storico del locale: personalmente il solo fatto che qualcuno abbia concorso per l’acquisizione del nostro spazio storico non ce lo rende simpatico. Nessuno può garantire una continuità, non ci sono i vecchi soci, non c’è Giancarlo Cara, si sono mandate a casa una decina di lavoratori regolari coi libretti, cancellando di fatto posti di lavoro in periodo di crisi.

4)  Credi che la vostra resistenza possa continuare nell’immediato futuro?
Stiamo cercando di incontrare un referente politico, tipo gli Assessori Curti o Passoni: se c’è volontà di dialogare bene altrimenti noi andiamo avanti e sappiamo già come muoverci nel giro di qualche giorno. Nulla posso svelare ma non siamo certo scoraggiati.
4.1) Vedo sinceramente difficile un intervento politico quando ci sono già nuovi proprietari/concessionari.
E’ stato annunciato un nuovo bando a breve (quello per i progetti culturali a settembre): noi in questo momento siamo usciti dall’occupazione, abbiamo abbassato le mani e preso le denunce. Se l’amministrazione comunale vuole discutere noi siamo pronti. Ci siamo arresi di fronte allo sgombero, durante il quale ci è stato permesso di portare via le nostre cose (questa è stata la nostra condizione per liberare lo spazio), dischi ed attrezzature varie. Non c’è stata alcuna forma di violenza, chi mi conosce sa che sono un non-violento storico. Le forze dell’ordine si sono comportate in modo civile ed altrettanto pacifico. Se si vuole aprire un canale di discussione bene altrimenti passeremo all’azione. A noi interessa il dialogo, vediamo se ci sarà volontà di venirci incontro.

5) I nuovi proprietari, vincitori del bando comunale, assicurano di rispettare la tradizione storica del locale: cosa auspichi?
Non mi sento di auspicare nulla ai vincitori del bando, se non con Giancarlo Cara direttore artistico del nuovo posto, ma è una ipotesi chiaramente surreale. Siamo noi a rappresentare questa esperienza, noi e basta, nessun altro. Tra l’altro il 18 luglio vi sarà l’udienza del processo con il PM Padalino quindi la nostra lotta rimane attiva . Non ci fermeremo certamente adesso.
Lasciami chiudere l’intervista facendo due precisazioni, la prima rivolta a Gabriele Ferraris: l’uomo col cappello da lui citato (cioè Giancarlo in persona) fa parte della canzone “Subacqueo” degli Africa Unite e non dei Mau Mau come da lui erroneamente affermato. Quando si parla di cultura è doveroso essere precisi.
L’ultimo suggerimento voglio darlo a Paolo Lasagna, il patron della ditta di Orbassano: sarebbe meglio evitare di chiamare quel posto “Giancarlo”, rischierebbe di incorrere in una diffida da parte mia e di tutto il circolo. La storia della subcultura murazziana non può essere portata avanti da altre persone.
(a cura di Paolo Tex)

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