sabato 4 ottobre 2014

Una gita sotto il Po

Galeotto sarà l’articolo 5 dello «sblocca-Italia» che “al fine di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento delle autostrade e tariffe più favorevoli per gli utenti”, concede alle società concessionarie di tratte autostradali la possibilità di presentare entro la fine dell’anno “modifiche del rapporto di concessione anche attraverso l’unificazione di tratte interconnesse contigue o complementari al fine di una gestione unitaria”. 
E’ quanto spera il sindaco della capitale sabauda Pierofassino… Strano per un ex ministro della giustizia sperare in una legge… galeotta. Ancor più strano che un uomo noto anche a chi non si è mai occupato di politica per la sua assai evidente magrezza possa essere spinto a coltivare una simile speranza dalla sua non meno proverbiale bulimia di grandi opere… 
Tra qualche giorno infatti il suo vecchio compagno di pci Giancarloquagliotti dovrebbe consegnargli formalmente il progetto che la società di ingegneria della Sitaf – la Musinet (il più pregiato dei gioielli della collana della societarizzazione creata dall’ex AD della concessionaria del traforo e dell’autostrada del Frejus, Mariovirano) ha redatto negli interminabili giorni di pioggia che hanno caratterizzato l’estate appena archiviata… Un tunnel (tanto per cambiare) per il sottoattraversamento da sud a nord della città che dalla rotonda di corso Maroncelli, inabissi la soprelevata di Moncalieri sotto il fiume per riveder la luce, verosimilmente, al ridosso del nodo autostradale tra tangenziale nord, autostrade per Aosta e Milano e la variante della statale 11 per Chivasso… 
Vedremo, se e quando uscirà dai cassetti, se sarà quello il percorso immaginato dagli ingegneri del Gruppogavio (azionista di riferimento delle concessionarie coinvolte). Quel che sembra certo è che se la stima a preventivo ipotizza una spesa di un miliardo e mezzo di euro siamo di fronte alla ennesima fabbrica del duomo di cui sarà difficile che il sindaco potrà presenziare l’inaugurazione… (e non solo per le sue rispolverate velleità di volare oltreoceano). 
Ma non solo lui rischia di non vedere la fine dell’ennesimo cantiere di carta che prima ancora dell’impianto del suo “campo-base” ha già cominciato a svolgere un ruolo catalizzatore della rendita finanziaria che di ognuna di queste grandiopere è la prima e più importante ragione promozionale: prima ancora di mostrarci un tracciato che “ci faccia sognare” si fa artatamente trapelare l’"architettura" societario-concessoria che con la scusa del buco sotto il fiume è destinata a ampliare lo smisurato cratere del debito pubblico. 
Il ministero delle Finanze ha autorizzato l’Anas ad acquistare le quote Sitaf di proprietà della Provincia e del Comune di Torino (…) questo potrebbe essere, però, il primo passo per realizzare una strategia più ampia che porterà alla nascita di un’unica concessionaria con l’accorpamento tra Sitaf e Ativa (l’azienda che gestisce la Torino-Aosta e il sistema tangenziale di Torino e la cui concessione scade nel 2016). Una società dove la futura città metropolitana insieme ad Anas giocherà un ruolo decisivo per individuare i futuri investimenti. Attraverso l’allungamento della durata delle concessioni, infatti, si potrebbero realizzare alcune opere strategiche, dal completamento del nodo idraulico di Ivrea a corso Marche e, soprattutto, il tunnel sotto il Po”. Lo scriveva Mauriziotropeano su “la stampa” del 18 settembre ultimo scorso. 
Col che il disegno dovrebbe essere chiaro persino al cronista di Calabresi, visto che neanche quattro giorni dopo, il 22, si è messo in auto e si è fatto portare a visitare i cantieri infiniti della tratta oltre Ticino dell’autostrada Torino-Milano interamente di proprietà del gruppo che è maggioranza in Ativa ed esprime l’AD (scusate se è poco) nella Sitaf (rimasta a maggioranza pubblica solo perché serviva la garanzia dello Stato per assicurare l’equilibrio della sproporzionata esposizione debitoria)! 
Ancora una citazione testuale dall’inchiesta con cui si informano i lettori che l’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI MILANO, posto che si riesca ad aprirla tra scandali e ritardi nei lavori, dovrà fare a meno del completamento dell’autostrada da e per Torino, che pure (all’altezza di Rho-Pero) attraversa e collega al resto della rete viaria l’intera area espositiva! 
“La cappella di San Rocco domina la stazione di servizio poco dopo Rondissone. Qui il 7 gennaio del 2008, l’allora ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, elogiando il restauro come modello di compensazione territoriale (tra le risate dei No Tav)(sic!) annunciò che i lavori di ammodernamento dell’A4 si sarebbero completati tra il 2012 e il 2013. «Altrimenti la concessionaria pagherà una penale». Sono passati 6 anni e 9 mesi, nessuno ha pagato dazio (c’è stato solo un congelamento dell’aumento del pedaggio per pochi mesi nel 2013) e i cantieri lungo i 100 chilometri fra Rondissone e Milano non saranno completati in tempo per l’Expo 2015”. 
Ma, come se non bastasse, è l’impianto stesso dello “sblocca-(SBANCA)-Italia” dell’accoppiata Lupi&Renzi a mostrare qualche crepa prima ancora che le casseforme che ne contengono l’imponente volume di calcestruzzo vengano “disarmate”: qualche giorno fa, infatti, la Camera ha “audito” Fabrizio Balassone, vice capo del servizio di struttura economica della Banca d’Italia, (con lo scopo - paradossalmente – di accelerare la realizzazione di infrastrutture). Dev’essere stata una doccia gelata (ben peggiore di quella che - dal premier in giù - si sono fatti tutti i vip per pubblicizzarsi alle spalle dei malati di SLA) quanto si legge nello “stenografico”: “il cospicuo ricorso a meccanismi derogatori rispetto alla disciplina ordinaria, pur motivato dal condivisibile obiettivo di ridurre i tempi in fase di aggiudicazione, si è già rivelato in passato non sempre pienamente efficace, con ripercussioni negative sui tempi e sui costi nella successiva fase di esecuzione dell’opera e vulnerabilità ai rischi di corruzione“. 
Per Balassone, quindi, “andrà garantita la massima trasparenza“. E ha rincarato: “soprattutto nelle procedure speciali, si introduce un sistema generale di deroghe molto pervasivo al Codice dei contratti pubblici sulla base della mera certificazione del requisito della estrema urgenza da parte dell’ente interessato”. Una procedura che sembrerebbe attinta col copia&incolla dalla famigerata gestione-Bertolaso delle grandiopere di competenza o (incomprensibile) delega della “sua” Protezione Civile”! 
Ma quello che ci riconduce al buco (sotto l’acqua) di Pierofassino è il passaggio seguente dell’alto funzionario di via Nazionale: Inoltre, connettere la durata delle concessioni all’entità degli investimenti da effettuare è di per sé ragionevole, ma il mancato passaggio per le gare rischia di indebolire la concorrenza per il mercato”. Del resto la “filosofia” dello Sblocca-(SBANCA)-Italia sulle concessioni autostradali era già stata criticata persino da un soggetto solitamente “di bocca buona” come l'Authority dei Trasporti, che aveva scritto: “In particolare le misure delineano un meccanismo di proroga implicita delle concessioni, eliminando del tutto e potenzialmente per periodi significativi un essenziale fattore concorrenziale del settore. Collocandosi per altro in un contesto in cui molte concessioni sono già scadute e altre scadranno prima del 2020”. 
Una critica forte, che esplicita il timore che si possa perpetuare e peggiorare un meccanismo perfettamente il linea con la “tradizione” di un settore “pioniere” nell’adozione ed estensione del “sistema della concessione” (giustificata da sempre con l’esigenza di “coinvolgere i privati” nel finanziamento delle opere pubbliche, privati che – secondo i “piani finanziari addomesticati” dovevano essere in grado di avere il capitale adeguatamente remunerato al termine della durata della concessione stessa, generalmente 30 anni)… Dopodiché l’opera (strada, diga o ferrovia che fosse) avrebbe dovuto rientrare in alveo pubblico con l’eliminazione (oltre che della rendita societaria) anche del pedaggio a carico dei cittadini… 
Al riguardo basta ricordare che la la prima società autostradale, la Milano-Laghi, venne costituita il 18 novembre 1922, poche settimane dopo l’insediamento nel ruolo che è oggi di Matteorenzi, di un certo Benito Mussolini. Il quale non perde tempo a capire che “la realizzazione di un’opera del genere, peraltro sostenuta da capitale privato e dunque, per ora, finanziariamente autonoma, gli consentirà di combattere la disoccupazione, migliorerà la sua immagine di paladino del progresso, potrà avere ricadute positive sull’economia, porrà l’Italia su un gradino di eccellenza rispetto alle altre nazioni europee… tutti vantaggi che è troppo fine politico per disconoscere. Anzi, chiede addirittura di poter iniziare egli stesso i lavori con il primo colpo di piccone…” (Donatella Biffignandi, “La prima autostrada del mondo”). 
Ebbene, sono stati appena festeggiati novant’anni (il 21 settembre, tra un articolo e l’altro di Tropeano) dall’apertura al traffico di quei 43,6+31,5 Km che oggi si chiamano A8/A9 e sono finiti nell’orbita della famiglia Benetton (cui il governo Prodi cedette graziosamente la concessione di “Autostrade per l’Italia”) e a novantadue anni da quel primo, sinistramente storico, colpo di piccone la concessione della “prima autostrada del mondo” continua a generare profitti privati dopo che tutti i lavori più onerosi di ammodernamento sono stati realizzati al tempo in cui la spesa era elusivamente pubblica, in capo all’IRI!... 
E basta vedere come si va avanti con la “variante di valico” per essere certi che – di proroga in proroga la concessione tende all’infinito… A costo di incappare nell’ennesima, costosissima, procedura di infrazione UE. Cui dovremo forse spiegare che differenza c’è, in Italia, tra concessione e proprietà di fatto di un “bene pubblico”… E in base a quale criterio le quote di SITAF di quel che resta della Provincia di Saitta e del Comune di Fassino saranno cedute rispettivamente a 23 e 28 milioni: non fu facile, del resto, per l’advisor IMISanpaolo (si chiamava così all’epoca), stabilire un valore congruo per le azioni ATIVA: ci fu anche un qualche interesse della magistratura al riguardo, ma la privatizzazione (la prima in Italia) andò in porto senza indugi sotto la regia dell’allora signore delle tessere del PSI Torinese; Francesco Coda Zabet (destinato a trasmigrare in Alleanza Nazionale con l’allora viceministro dei lavori pubblici, il Geometramartinat). Anche in questo il Sistema Torino si dimostrò un vero apripista per il Sistema Italia.

Claudio Giorno
(1 ottobre 2014)

"Claudio Giorno è nato e vive in Valle di Susa da oltre sessant’anni, una buona metà dei quali trascorsi nel mondo delle grandi opere (nell’ufficio tecnico di progettazione, prima e nel sevizio di manutenzione, poi) di una SpA a capitale pubblico (poi privatizzata), concessionaria di una tratta del sistema autostradale italiano. Ambientalista militante in tutte le associazioni “storiche” (sin da quando non era di moda esserlo) si è presto convinto che l’aggressione al territorio e la corruzione che caratterizza da sempre nel nostro paese sono le due facce (inseparabili) della stessa medaglia. Dopo aver partecipato con Mario Cavargna – ambientalista storico di Pro Natura” - a tutte le lotte che sono nate negli anni in una valle, come quella di Susa, da sempre percorsa da tutti gli interessi - leciti ma soprattutto non … In particolare contro la speculazione edilizia con conclamate infiltrazioni mafiose di quella che oggi va sotto il nome di “valle olimpica” e contro il traforo e l’autostrada del Frejus. Prova a portare (con scarso successo) la stessa sensibilità nella CGIL, cui rimane iscritto per motivi del tutto irrazionali, come si continua a tifare per la Juve o per il Toro nonostante Moggi “abbia ficcato il suo ingombrante naso in entrambe”… Con la stesso spirito masochista partecipa alla nascita delle liste verdi, che abbandona non appena diventano l’ennesimo partitino. Partecipa - negli anni 90, con molti altri cittadini di buona volontà, - alla fondazione del Comitato Habitat per la difesa del territorio e delle vivibilità residua della Valle di Susa, da cui nasce quello oggi universalmente noto come 'movimento No Tav' ” 

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