Galeotto
sarà l’articolo 5 dello «sblocca-Italia» che “al
fine di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di
potenziamento delle autostrade e tariffe più favorevoli per gli
utenti”, concede alle
società concessionarie di tratte autostradali la possibilità di
presentare entro la fine dell’anno “modifiche
del rapporto di concessione anche attraverso l’unificazione di
tratte interconnesse contigue o complementari al fine di una gestione
unitaria”.
E’ quanto
spera il sindaco della capitale sabauda Pierofassino…
Strano per un ex ministro della giustizia sperare in una legge…
galeotta. Ancor più strano che un uomo noto anche a chi non si è
mai occupato di politica per la sua assai evidente magrezza possa
essere spinto a coltivare una simile speranza dalla sua non meno
proverbiale bulimia di grandi opere…
Tra qualche giorno infatti il
suo vecchio compagno di pci Giancarloquagliotti
dovrebbe consegnargli formalmente il progetto che la società di
ingegneria della Sitaf – la Musinet (il più pregiato dei gioielli
della collana della societarizzazione creata dall’ex AD della
concessionaria del traforo e dell’autostrada del Frejus,
Mariovirano)
ha redatto negli interminabili giorni di pioggia che hanno
caratterizzato l’estate appena archiviata… Un tunnel (tanto per
cambiare) per il sottoattraversamento da sud a nord della città che
dalla rotonda di corso Maroncelli, inabissi la soprelevata di
Moncalieri sotto il fiume per riveder la luce, verosimilmente, al
ridosso del nodo autostradale tra tangenziale nord, autostrade per
Aosta e Milano e la variante della statale 11 per Chivasso…
Vedremo, se e quando uscirà dai cassetti, se sarà quello il
percorso immaginato dagli ingegneri del Gruppogavio
(azionista di riferimento delle concessionarie coinvolte). Quel che
sembra certo è che se la stima a preventivo ipotizza una spesa di un
miliardo e mezzo di euro siamo di fronte alla ennesima fabbrica del
duomo di cui sarà difficile che il sindaco potrà presenziare
l’inaugurazione… (e non solo per le sue rispolverate velleità di
volare oltreoceano).
Ma non solo lui rischia di non vedere la fine
dell’ennesimo cantiere di carta che prima ancora dell’impianto
del suo “campo-base” ha già cominciato a svolgere un ruolo
catalizzatore della rendita finanziaria che di ognuna di queste
grandiopere
è la prima e più importante ragione promozionale: prima ancora di
mostrarci un tracciato che “ci
faccia sognare” si fa
artatamente trapelare l’"architettura"
societario-concessoria che con la scusa del buco sotto il fiume è
destinata a ampliare lo smisurato cratere del debito pubblico.
“Il
ministero delle Finanze ha autorizzato l’Anas ad acquistare le
quote Sitaf di proprietà della Provincia e del Comune di Torino (…)
questo potrebbe essere, però, il primo passo per realizzare una
strategia più ampia che porterà alla nascita di un’unica
concessionaria con l’accorpamento tra Sitaf e Ativa (l’azienda
che gestisce la Torino-Aosta e il sistema tangenziale di Torino e la
cui concessione scade nel 2016). Una società dove la futura città
metropolitana insieme ad Anas giocherà un ruolo decisivo per
individuare i futuri investimenti. Attraverso l’allungamento della
durata delle concessioni, infatti, si potrebbero realizzare alcune
opere strategiche, dal completamento del nodo idraulico di Ivrea a
corso Marche e, soprattutto, il tunnel sotto il Po”. Lo
scriveva Mauriziotropeano
su “la stampa” del 18 settembre ultimo scorso.
Col che il disegno
dovrebbe essere chiaro persino al cronista di Calabresi, visto che
neanche quattro giorni dopo, il 22, si è messo in auto e si è fatto
portare a visitare i cantieri infiniti della tratta oltre Ticino
dell’autostrada Torino-Milano interamente di proprietà del gruppo
che è maggioranza in Ativa ed esprime l’AD (scusate se è poco)
nella Sitaf (rimasta a maggioranza pubblica solo perché serviva la
garanzia dello Stato per assicurare l’equilibrio della
sproporzionata esposizione debitoria)!
Ancora una citazione testuale
dall’inchiesta con cui si informano i lettori che l’ESPOSIZIONE
UNIVERSALE DI MILANO, posto che si riesca ad aprirla tra scandali e
ritardi nei lavori, dovrà fare a meno del completamento
dell’autostrada da e per Torino, che pure (all’altezza di
Rho-Pero) attraversa e collega al resto della rete viaria l’intera
area espositiva!
“La
cappella di San Rocco domina la stazione di servizio poco dopo
Rondissone. Qui il 7 gennaio del 2008, l’allora ministro delle
Infrastrutture, Antonio Di Pietro, elogiando il restauro come modello
di compensazione territoriale (tra le risate dei No Tav)(sic!)
annunciò che i lavori di ammodernamento dell’A4 si sarebbero
completati tra il 2012 e il 2013. «Altrimenti la concessionaria
pagherà una penale». Sono passati 6 anni e 9 mesi, nessuno ha
pagato dazio (c’è stato solo un congelamento dell’aumento del
pedaggio per pochi mesi nel 2013) e i cantieri lungo i 100 chilometri
fra Rondissone e Milano non saranno completati in tempo per l’Expo
2015”.
Ma, come se non
bastasse, è l’impianto stesso dello “sblocca-(SBANCA)-Italia”
dell’accoppiata Lupi&Renzi a mostrare qualche crepa prima
ancora che le casseforme che ne contengono l’imponente volume di
calcestruzzo vengano “disarmate”: qualche giorno fa, infatti, la
Camera ha “audito”
Fabrizio Balassone, vice capo del servizio di struttura economica
della Banca d’Italia, (con lo scopo - paradossalmente – di
accelerare la realizzazione di infrastrutture). Dev’essere stata
una doccia gelata (ben peggiore di quella che - dal premier in giù -
si sono fatti tutti i vip per pubblicizzarsi alle spalle dei malati
di SLA) quanto
si legge nello “stenografico”:
“il cospicuo ricorso a meccanismi derogatori rispetto alla
disciplina ordinaria, pur motivato dal condivisibile obiettivo di
ridurre i tempi in fase di aggiudicazione, si è già rivelato in
passato non sempre pienamente efficace, con ripercussioni negative
sui tempi e sui costi nella successiva fase di esecuzione dell’opera
e vulnerabilità ai rischi di
corruzione“.
Per Balassone, quindi, “andrà garantita la massima trasparenza“. E ha rincarato: “soprattutto nelle procedure speciali, si introduce un sistema generale di deroghe molto pervasivo al Codice dei contratti pubblici sulla base della mera certificazione del requisito della estrema urgenza da parte dell’ente interessato”. Una procedura che sembrerebbe attinta col copia&incolla dalla famigerata gestione-Bertolaso delle grandiopere di competenza o (incomprensibile) delega della “sua” Protezione Civile”!
Per Balassone, quindi, “andrà garantita la massima trasparenza“. E ha rincarato: “soprattutto nelle procedure speciali, si introduce un sistema generale di deroghe molto pervasivo al Codice dei contratti pubblici sulla base della mera certificazione del requisito della estrema urgenza da parte dell’ente interessato”. Una procedura che sembrerebbe attinta col copia&incolla dalla famigerata gestione-Bertolaso delle grandiopere di competenza o (incomprensibile) delega della “sua” Protezione Civile”!
Ma quello che ci riconduce al buco (sotto l’acqua) di
Pierofassino
è il passaggio seguente
dell’alto funzionario di
via Nazionale: “Inoltre,
connettere la durata delle concessioni all’entità degli
investimenti da effettuare è di per sé ragionevole, ma il mancato
passaggio per le gare rischia di indebolire la concorrenza per il
mercato”. Del resto
la “filosofia” dello Sblocca-(SBANCA)-Italia
sulle concessioni autostradali era già stata criticata persino da un
soggetto solitamente “di bocca buona” come l'Authority dei
Trasporti, che aveva scritto: “In
particolare le misure delineano un meccanismo di proroga implicita
delle concessioni, eliminando del tutto e potenzialmente per periodi
significativi un essenziale fattore concorrenziale del settore.
Collocandosi per altro in un contesto in cui molte concessioni sono
già scadute e altre scadranno prima del 2020”.
Una critica forte, che esplicita il timore che si possa perpetuare e
peggiorare un meccanismo perfettamente il linea con la “tradizione”
di un settore “pioniere” nell’adozione ed estensione del
“sistema della
concessione”
(giustificata da sempre con l’esigenza di “coinvolgere
i privati” nel
finanziamento delle opere pubbliche, privati che – secondo i “piani
finanziari addomesticati”
dovevano essere in grado di avere il capitale adeguatamente
remunerato al termine della durata della concessione stessa,
generalmente 30 anni)… Dopodiché l’opera (strada, diga o
ferrovia che fosse) avrebbe dovuto rientrare in alveo pubblico con
l’eliminazione (oltre che della rendita societaria) anche del
pedaggio a carico dei cittadini…
Al riguardo basta ricordare che la
la prima società autostradale, la Milano-Laghi, venne costituita il
18 novembre 1922, poche settimane dopo l’insediamento nel ruolo che
è oggi di Matteorenzi,
di un certo Benito Mussolini. Il quale non perde tempo a capire che
“la realizzazione di
un’opera del genere, peraltro sostenuta da capitale privato e
dunque, per ora,
finanziariamente autonoma, gli consentirà di combattere la
disoccupazione, migliorerà la sua immagine di paladino del
progresso, potrà avere ricadute positive sull’economia, porrà
l’Italia su un gradino di eccellenza rispetto alle altre nazioni
europee… tutti vantaggi che è troppo fine politico per
disconoscere. Anzi, chiede addirittura di poter iniziare egli stesso
i lavori con il primo colpo di piccone…”
(Donatella Biffignandi, “La prima autostrada del mondo”).
Ebbene,
sono stati appena festeggiati novant’anni (il 21 settembre, tra un
articolo e l’altro di Tropeano) dall’apertura al traffico di quei
43,6+31,5 Km che oggi si chiamano A8/A9 e sono finiti nell’orbita
della famiglia Benetton (cui il governo Prodi cedette graziosamente
la concessione di “Autostrade per l’Italia”) e a novantadue
anni da quel primo, sinistramente storico, colpo di piccone la
concessione della “prima
autostrada del mondo”
continua a generare profitti privati dopo che tutti i lavori più
onerosi di ammodernamento sono stati realizzati al tempo in cui la
spesa era elusivamente pubblica, in capo all’IRI!...
E basta vedere
come si va avanti con la “variante
di valico” per essere
certi che – di proroga in proroga la concessione tende
all’infinito… A costo di incappare nell’ennesima, costosissima,
procedura di infrazione UE. Cui dovremo forse spiegare che differenza
c’è, in Italia, tra concessione e proprietà
di fatto di un “bene
pubblico”… E in base a quale criterio le quote di SITAF di quel
che resta della Provincia di
Saitta e del Comune
di Fassino saranno cedute
rispettivamente a 23 e 28 milioni: non fu facile, del resto, per
l’advisor IMISanpaolo (si chiamava così all’epoca), stabilire un
valore congruo per le azioni ATIVA: ci fu anche un qualche interesse
della magistratura al riguardo, ma la privatizzazione (la
prima in Italia) andò in
porto senza indugi sotto la regia dell’allora signore delle tessere
del PSI Torinese; Francesco Coda Zabet (destinato a trasmigrare in
Alleanza Nazionale con l’allora viceministro dei lavori pubblici,
il Geometramartinat). Anche
in questo il Sistema Torino si dimostrò un vero apripista per il
Sistema Italia.
Claudio
Giorno
(1 ottobre 2014)
"Claudio
Giorno è nato e vive in Valle di Susa da oltre sessant’anni, una
buona metà dei quali trascorsi nel mondo delle grandi opere
(nell’ufficio tecnico di progettazione, prima e nel sevizio di
manutenzione, poi) di una SpA a capitale pubblico (poi privatizzata),
concessionaria di una tratta del sistema autostradale italiano.
Ambientalista militante in tutte le associazioni “storiche” (sin
da quando non era di moda esserlo) si è presto convinto che
l’aggressione al territorio e la corruzione che caratterizza da
sempre nel nostro paese sono le due facce (inseparabili) della stessa
medaglia. Dopo aver partecipato con Mario Cavargna – ambientalista
storico di Pro Natura” - a tutte le lotte che sono nate negli anni
in una valle, come quella di Susa, da sempre percorsa da tutti gli
interessi - leciti ma soprattutto non
… In particolare contro la speculazione edilizia con conclamate
infiltrazioni mafiose di quella che oggi va sotto il nome di “valle
olimpica” e contro il traforo e l’autostrada del Frejus. Prova a
portare (con scarso successo) la stessa sensibilità nella CGIL, cui
rimane iscritto per motivi del tutto irrazionali, come si continua a
tifare per la Juve o per il Toro nonostante Moggi “abbia ficcato il
suo ingombrante naso in entrambe”… Con la stesso spirito
masochista partecipa alla nascita delle liste verdi, che abbandona
non appena diventano l’ennesimo partitino. Partecipa - negli anni
90, con molti altri cittadini di buona volontà, - alla fondazione
del Comitato Habitat per la difesa del territorio e delle vivibilità
residua della Valle di Susa, da cui nasce quello oggi universalmente
noto come 'movimento No Tav' ”
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