Una piccola saletta accogliente, molti striscioni di protesta, sorrisi tirati, occhi stanchi e una grande paura del futuro.
Sono i lavoratori precari della ex Provincia di Torino che rischiano grosso.
Di fianco a loro, appena attraversata la strada, si erge maestoso il grattacielo di Intesa San Paolo a dimostrare plasticamente chi comanda in città e chi no.
"Rinnoveremo il contratto ai precari della Provincia. Il problema è cosa accadrà da qui all'approvazione del provvedimento." Sono le parole del Sindaco Piero Fasisno, pronunciate il 9 gennaio. Nel mentre non è accaduto molto e ancora oggi il futuro di ventitrè lavoratori precari della ex Provincia è molto fosco.
A Torino i contratti non sono stati ancora prorogati, differentemente da quanto accaduto a Milano dove il sindaco Pisapia, capo della città metropolitana, ha mantenuto fede alla promessa fatta.
Così qui nella nostra smart city è scattato un per nulla smart sciopero della fame, volto a richiamare l'attenzione su un problema che appare più complesso di quanto pensi Fassino, capo della Città Metropolitana, il guazzabuglio nato dall'abolizione delle Province.
Uno sciopero della fame a staffetta che, partito da Torino (due lavoratori precari e un dipendente fisso) si è spostato in Toscana ed ora è approdato a Milano.
Uno sciopero della fame a staffetta che, partito da Torino (due lavoratori precari e un dipendente fisso) si è spostato in Toscana ed ora è approdato a Milano.
Strano caso, tipicamente italiano di contenimento della spesa pubblica. Dovevano essere tagliati i costi della politica, vengono tagliati i lavoratori atipici, i più deboli.
Dopo anni di lavoro precario rischiano di essere buttati via come un calzino vecchio che non serve più.
Pare che sia il nuovo corso del diritto del lavoro, quello che renderà tutti più felici e gioiosi. Ma tutti tutti: perché a rischiare nell'immediato sono i precari della pubblica amministrazione, ma nel mirino del nuovo concetto di progresso ci sono migliaia di dipendenti pubblici "normali".
Che magari non si mobilitano perché pensano che a loro non potrà mai accadere, ma sarebbe meglio che cominciassero a preoccuparsi.
I giorni passano e nulla pare muoversi.
Nonostante le promesse solenni.
Faccenda simile, ma con molta meno visibilità, è quella che sta accadendo ai lavoratori precari del Comune di Torino. Meno visibilità perché il comune esiste ancora, ma ugualmente problema serio. La frase del vostro articolo che mi ha colpito di più per la sua sincera verità è la seguente: "Dovevano essere tagliati i costi della politica, vengono tagliati i lavoratori atipici, i più deboli".
RispondiEliminaE' così. la canea scatenata contro i lavoratori pubblici non ha alcun collegamento con la realtà. E' vero, ci sono i fannulloni, quelli che si imboscano, certo lo sappiamo bene. Ma cosa valgono tutti costoro rispetto la montagna di consigli di ammnistrazione totalmente inutili, la montagna di personale politico eletto e non? Che dire, forse solo che i dipendenti pubblici, tutti, non si rendono conto di essere i prossimi agnelli sacrificali che verranno colpiti per salvare il sistema.
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