giovedì 16 marzo 2017

ELEONORA ARTESIO, CONSIGLIERA DI "TORINO IN COMUNE", PARLA DELL’EMERGENZA-CASA

1. "Torino Capitale degli sfratti" è stato uno dei tristi primati cittadini degli ultimi anni: il censimento delle case pubbliche e private sfitte può essere un primo passo per combattere il paradosso del continuo aumento parallelo di famiglie senza casa e di case vuote?
Vi è stata una edilizia destinata all'acquisto che ha soddisfatto l'esigenza abitativa delle fasce medio e medio-alte. Simmetricamente una parte di popolazione si è impoverita non potendo più mantenere la spesa del mutuo né il contratto di locazione, cadendo nell'area dell'emergenza abitativa. E’ una anomalia sul panorama europeo la condizione italiana. Perché questo è il Paese che inverte tutti i rapporti tra case in affitto e case in proprietà che ci sono invece nel resto d’Europa. L'Italia e Torino in particolare hanno un altissimo numero di case di proprietà, e basso numero di case disponibili in affitto.
Certamente rendere disponibile alle popolazioni di basso reddito il patrimonio abitativo pubblico è una condizione necessaria. Anzi primo dovere dell’amministrazione. Il patrimonio pubblico riguarda le case comunali che possono essere date in gestione all’ATC, riguarda gli alloggi comunali che era messi a valore e che quindi erano affittati a canoni di mercato. Per quello che riguarda il rapporto con il privato, oggi la Città fa un’azione di mediazione attraverso l’ATC, facendo incontrare la domanda di casa magari di quelle famiglie che non rientrano nei requisiti dell’edilizia residenziale pubblica ma che sono al limite economico. Questo incontro tra domanda e offerta tra privati viene garantita dall’Agenzia che fa anche da garante rispetto agli eventuali problemi degli inquilini.

2. Nell'incontro pubblico del 21 gennaio (al quale Artesio era presente) i movimenti per la casa chiesero un freno all'uso, e abuso recente, dell''articolo 610. È possibile una azione politica in tal senso? Lei che ne pensa? (aumento dell’utilizzo  di questo articolo proprio mentre aumenta il problema casa)
Io vedo soltanto due azioni possibili: una riguarda l’intervento di carattere normativo a livelli che non sono alla portata dell’amministrazione comunale e  l’altra invece è una relazione della Città di Torino che può essere giocata soltanto dalla sindaca e dai rappresentati della giunta che è il tavolo prefettizio che occupandosi certamente e prevalentemente di sicurezza dovrebbe a mio modo di vedere occuparsi di sicurezza sociale. La sicurezza non è solamente declinabile in termini di controllo militare del territorio, ma anche dal punto di vista di gestione del contenimento delle difficoltà e dei conflitti sociali che si scatenano. E lì che si dovrebbe discutere delle modalità di applicazione dell’articolo 610.
Quindi forse c’è anche un modo di fare le cose non soltanto il rispetto delle leggi penso che questo potrebbe essere argomento del comitato di pubblica sicurezza per l’ordine pubblico sempre che si voglia declinare il termine sicurezza come ho spiegato prima.

3. Sospensione degli sfratti e azioni di sostegno per le famiglie con problema-morosità delle utenze: sono solo slogan elettorali? Cosa può fare il Comune oggi con effetti immediati?
Il problema ha a che vedere con la capacità economica dei singoli e dei nuclei famigliari. Sicuramente tutti quanti stiamo convenendo, maggioranze e minoranze, sulla necessità di rivedere i criteri dell’assistenza economica, anzi è stato approvato recentemente un Ordine del Giorno in Consiglio comunale che, mentre poneva il tema del sostegno al reddito, impegnava la giunta a rivederne i criteri.  Il tema del reddito diventa oggi fondamentale e urgente anche leggendolo dal punto di vista del diritto del diritto alla casa e dell’emergenza abitativa . Bisogna accelerare questa operazione che io chiamo reddito minimo garantito e altri chiamano reddito di cittadinanza e il governo chiama REIS che spero possa andare in questa direzione.

4. Il ruolo della Compagnia di San Paolo nel welfare è il perno centrale del Sistema Torino quello vero: c'è una possibilità di scardinare questa predominanza ritornando al pubblico?
Temo che siamo oltre alla soglia. Nel senso che ormai il pubblico ha ceduto la vera e propria gestione di pezzi significativa del sistema di protezione sociale della Città a cominciare dai servizi educativi, sul disagio e sull’adolescenza, sull’inserimento scolastico, ma penso anche a parti rilevanti delle politiche sociali. Forse non è nemmeno detto che le fondazioni bancarie siano cosi contente di dover svolgere questo ruolo di supplenza, perché una delle caratteristiche con le quali si sono presentati sulla scena del welfare era quello di essere i portatori dell’innovazione, cioè tutto sommato svolgere quel ruolo completare di chi può permettersi di provare e sperimentare e poi consegnare le modalità più stabili, più strutturate e continuative e di maggiore efficacia-
Quindi tutte le prospettive del cambiamento stanno fuori dall’ente pubblico, non stanno sotto il governo se non in termini di partenariato e questo significa una cosa gravissima. Poiché le politiche sociali accompagnano le dinamiche sociali - e si chiamano dinamiche perché sono in movimento - se non si è al governo di questo movimento si rischia davvero di produrre quello di cui lo Stato viene sempre rimproverato, cioè il welfare assistenziale, di conservazione.
Io sono rimasta letteralmente basita quando ho sentito la Sindaca annunciare in Consiglio Comunale le modalità di gestione della questione MOI dicendo che Compagnia di San Paolo avrebbe selezionato e retribuito il project manager. Ma le relazioni sociali possono avere una soluzione tecnocratica? Può essere la migliore persona, il più qualificato professionista del mondo, ma non è cosi che si accompagnano i governi dei processi sociali.

5. Il 18 marzo si svolgerà una importante manifestazione del Movimento per la casa: lei come si pone nei loro confronti?
In linea di massima cerco di essere dentro alle situazioni e di poter garantire la presenza. È sempre per me abbastanza difficile leggere tutte le dimensioni che si misurano in questo tipo di politiche in questo tipo di organizzazioni. Mi pare che ci sia un mix molto forte, perché appunto il diritto alla casa rimanda alla questione della ridistribuzione del reddito, rimanda alle politiche territoriali. E’ insomma un intreccio di tutte le politiche, che in questo momento non si misura con una dimensione politica quale a cui ero abituata cioè o politica liberale di o  una politica sociale di sinistra. Ci si misura con un contesto politico come il nostro, dove questa dimensione, almeno per quanto riguarda il governo di Torino, tra destra e sinistra non è definita.
Quindi i movimenti hanno un interlocutore che non corrisponde a una visione definita del mondo e che quindi può poco accompagnare certe richieste. magari tracciare delle soluzioni ma contestualmente non inquadra in una soluzione di sistema gli stessi interventi che è disponibile ad realizzare.

6. Due settimane fa l'Assessora al Welfare Schellino ha presentato il bando per l'acquisto di alloggi a destinazione sociale. Cosa pensa di queste azioni prospettate dalla Giunta Appendino?
Stanno cercando di governare il governabile con uno sforzo apprezzabile di ampliamento del parco dell’offerta pubblica. Si utilizzano tra l’altro fondi derivanti dagli alloggi di edilizia residenziale pubblica, altra grandiosa contraddizione delle nostre politiche per la casa, che in passato immaginavano il patrimonio di edilizia residenziale pubblica come patrimonio transitorio e non permanente, come invece è tornato a essere necessario negli anni della crisi.
Ho invece abbastanza obbiettato sulla mozione di accompagnamento che il movimento 5 stelle ha prodotto in consiglio su questa delibera, perché in questa mozione si è impegnata la giunta a stornare una quota parte di quelle risorse verso la manutenzione straordinaria delle case di edilizia pubblica: se l’emergenza è l’emergenza abitativa e se questi fondi nascono esattamente per aumentare l’offerta di alloggi, dirottare una quota parte verso alloggi già abitati mi sembra una sottrazione di risorse. L’avrei trovata ragionevole se fosse stato per manutenere gli alloggi che una volta dismessi sono in condizioni così decadenti da non poter essere riassegnati. Allora questo sarebbe andato nella direzione di aumentare il parco alloggi. Ma dato che su questo versante mediamente ogni anno c’è una copertura economica per riadattare alloggi dismessi e rimetterli nel circuito, il fatto di andare a orientare in manutenzione straordinaria mi è sembrato un taglio piccolo, ma comunque significativo in un’epoca in cui con il bando del progetto periferie sono state destinate risorse all’ ATC per la manutenzione straordinaria degli alloggi.

7. Secondo lei perché è stata fatta questa mozione?
Pubblicamente è stata espressa una preoccupazione che era quella dei fondi che vengono usati per gli alloggi di risulta, fondi che si esauriscono nell’autunno e  quindi sarebbe stato necessario recuperarne il maggior numero possibile per coprire l’ultimo trimestre dell’anno finanziario  avendo così delle risorse aggiuntive. E’ evidente che ci sia un tema di radicamento territoriale e di risposta alle sollecitazioni che arrivano dai quartieri. Nel senso che sappiamo benissimo che il Movimento ha avuto un consenso politico forte nelle aree periferiche e in quelle aree in cui c’è maggiore presenza di edilizia abitativa pubblica. Mi rendo anche conto che probabilmente ci sono delle sollecitazioni per la qualificazione di quegli alloggi, istanze raccolte con questa mozione.

8. La Sindaca Appendino è stata a Roma per firmare il bando periferie, all'interno del quale vi è una destinazione alle case popolari. Sarà una svolta per le periferie, decisive in campagna elettorale?
Quel bando per le periferie ha tante maternità e tante paternità e ciascuno rivendica un pezzo. Oggettivamente è l’esito di uno stanziamento del governo Renzi fatto in zona cesarini prima delle elezioni amministrative e naturalmente fatto così velocemente non ha una filosofia puntuale. Nel senso che diversamente dai programmi Urban dai programmi di quartiere e di recupero urbano che chiedevano determinati preliminari per la candidatura (ad es. individuare un ambito territoriale, spiegare le ragioni di quell’individuazione sulla base di determinanti sociali ed economici, caratterizzare su alcuni profili di progettazione integrata, quindi collegare sempre investimento sulla componente fisica e sulla componente sociale) questo bando in realtà chiedeva sostanzialmente di presentare dei progetti che fossero o allo stato esecutivo o definitivo. Quindi che cosa è successo? Oggettivamente si è pescato nei cassetti della progettazione del comune e da qui nascono le seconde paternità e maternità. La scelta di questa giunta è stata quella di raccogliere i progetti candidabili e di farlo con quella logica che la sindaca chiama di agopuntura, cioè non concentrare in alcune parti del territorio che posso essere  soltanto Vallette o piuttosto soltanto Falchera, ma distribuire le opportunità soprattutto sulla parte fisica degli interventi in modo disseminato.
Però io non credo che da questo progetto arrivi una percezione da parte delle periferie di un altro modo di essere rispetto a Torino, credo che continui ad esserci un sentimento di separazione. Quel che mi preoccupa invece di più è che sentiamo pochissimo parlare di tutte le programmazioni sociali. Perché ci sono assi di intervento scritti all’interno del progetto. Quindi confido un po’ nel ruolo che potranno avere le case di quartiere come ruolo di rete che queste possono attivare perché sono quelle che lavorano sulle relazioni, arrivando quindi le componenti di comunità e sono anche quelle che hanno avuto l’incarico di coordinare l’applicazione del regolamento dei beni comuni e dei patti di condivisione.

Vai alle altre interviste:

Elide Tisi, consigliere comunale PD
Sonia Schellino, Assessore al Welfare (siamo in attesa delle sue risposte)
Fabio Cremaschini, rappresentante ASIA-CUB (ASsociazione Inquilini Abitanti)


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