domenica 12 marzo 2017

UN POMERIGGIO A LINGOTTO17: RENZI DICE CHE...

Sistema Torino ha seguito per voi, amici sistemisti, la prima tappa del tour della rockstar nazionale Matteo Renzi, che dopo una breve pausa di “riflessione”, ha deciso di tornare a convincere – di nuovo -  gli italiani della bontà del suo progetto politico, nonostante la batosta del referendum di pochi mesi fa. Pochi mesi fa, non anni fa.

L’entrata in scena al Lingotto è stata da vera star, tra folla luci flash a destra e manca e soprattutto selfies. Tanti, ma tanti-tanti. Da ogni angolazione e con ogni faccia possibile. E sfatiamo un mito: il selfie non è più una pratica giovanile e l’esperienza al Lingotto ce lo ha ampiamente dimostrato.
Ma veniamo alle cose serie, o almeno così pare. Concentriamoci sul suo arrivo come una perfetta metafora del tutto.
La sala è eccitata, accaldata, intrattenuta da musica pop di sottofondo, e circondata da telecamere ovunque.
Telecamere a braccio, fisse, frontali, laterali, dall’alto, in movimento. E una miriade di fari. Come diceva mio nonno “chissà chi paga la luce qui” (forse con i due euro delle primarie). Tre maxi-schermi, giganti, super colorati.
Insomma sembrava di essere in un programma televisivo di lusso. Maria De Filippi, più Maurizio Costanzo, più Barbara D’ Urso, più Carlo Conti: tutti insieme!
E mentre sei lì che giri attorno come un bambino di otto anni, mentre ridi osservi e saltelli, arriva “preso bene”, “caldo perso”, Matteone Nazionale: niente di più, niente di meno che  una rockstar all’interno di un programma televisivo come un altro, che arriva e poi svanisce fino alla prossima puntata. Tutto il resto è lavoro nell’ombra, con il suo popolo gasato alle spalle.
Se vuoi bere qualcosa c’è l’Autogrill, anche in città, anche in via Nizza, all’interno del Lingotto. Il bar interno è stato dato in mano alla società Autogrill, una novità, pazzesco, come avranno fatto a pensarci!
Renzi viene accerchiato da un gruppo di genitori. Over 60, che è poi la media dei partecipanti. Altro che rottamazione giovanilistica, e chiudiamola qui anche con la parola partecipazione, della quale possiamo cantare il suo De profundis qui al Lingotto. Questo termine va di-men-ti-ca-to.
C’erano tutti ma proprio tutti, per cui come potevano mancare gli strabilianti volontari? Veri anziani e qualche manciata di ragazzetti carini e pieni di vita.
Arriva finalmente il gran momento, mentre la cricca prende posto nelle prime file. Le luci si abbassano un filo, parte l’Inno d’Italia, la gente si alza, mormorio di fondo, molti canticchiano. Agghiacciante.

Renzi entra in scena sul finale del brano musicale n. 15 “Fratelli d’Italia”. Applausi. Luci su di lui.
Come scritto dallo sceneggiatore del programma: “Lo show comincia!”
Il protagonista sale sull’enorme palco, robe da Grammy Award, al centro è posizionato il microfono, il copione è già sul leggio (e chi gli scrive i testi è un fottuto genio del male).

Da lì in poi è stata tutta una scorpacciata di supercazzole, retorica di spicco, per non dire assolutamente niente se non le solite cose dallo stesso identico Renzi di tre mesi fa: capitalismo - Europa - opere inutili - riforme.
Alcune chicche però le abbiamo trascritte e ve le riportiamo (quasi) fedelmente.

Matteo dice che:  “Sembra che la politica sia bloccata da tre mesi.” Certo, da quando non c’è più lui la politica è bloccata. Verrebbe quasi da parafrasare che quando c’era lui la politica decideva in orario.

Matteo dice che: “Il futuro fa paura, ma il presente non esiste, e non esiste.” Scherzetto, non l’ha detto Matteone, ma il gruppo rock MGZ. Però capitene il piano. Il futuro fa paura e il presente esiste eccome ed è un presente tremendo.
L’altro rocker invece, Matteo dice che: Donald Trump ha fatto un discorso “potente, io non l’ho condiviso, ma il discorso era potente”, mentre per Roosevelt - sì, ha citato Roosevelt, che sta bene su tutto, come Calvino per gli urbanisti - “L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa”. Questa è retorica, banale e insipida, dietro la quale si palesa evidente il nulla totale.

Matteo dice che: “Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio. Questo è un sentimento nostalgico. Ed è umano essere nostalgici. E non è vero che il nostro orizzonte sia la catastrofe!
La povertà è scesa. Quello che cresce è il sentimento di disuguaglianza.” Quello che cresce è la disuguaglianza prima del sentimento esimio Matteone.

Matteo dice che: “ci vuole un unico partito che porti tutti avanti. Un po’ come l'indovinello che mi faceva sempre mio nonno ci sono 32 cavalli bianchi e uno rosso che li comanda tutti quanti, che cos’è?” Abbiamo una risposta in mente ma non si può scrivere.

Matteo dice che: “Il nostro paese è affetto da una malattia, che non va più via, è l’antipolitica. Da una parte c’è Grillo con il populame, dall’altra ci sono i tecnici completamente distaccati dalle persone.” Mamma mia meno male che c’è Matteone Nazionale, salvaci tu!

Matteo dice che: “Noi siamo qui per discutere, dialogare, se serve dividerci, ma noi oggi siamo qui per dibattere! Dobbiamo riappropriarci del termine Compagni. Cum-panis, cioè il pane, colui che condivide il vitto. Come facevano le famiglie contadine intorno alla tavola.” A questo punto si è avvertita una lieve scossa tellurica, scaturita dal pantheon della sinistra internazionale che si rivolta nella tomba.

Matteo dice che: “Bruxelles è il centro. L’Europa è il centro. E che basta con queste cose vecchie di una volta, con quei politici che hanno detto tante volte, troppe volte “Ce lo chiede l’Europa”. No!!!!! Oggi siamo noi che lo chiediamo all’Europa.” Che cosa non si sa. Ah si! All’Europa chiediamo “di recuperare quei valori di democrazia.” Certo, come no. Bisogna portare civilizzazione nel mondo - Le guerre in cui è immischiata se non proprio promotrice l’Europa, quindi le guerre in cui ci siamo anche noi. “Per tutelare i nostri cittadini”: ecco che non poteva mancare l’ occhietto strizzato alle destre, probabilmente presenti anche nell’ animus di qualche frequentatore del Lingotto17 .

Matteo dice che:” L’Europa è lo spazio politico. Noi siamo per l’Europa dei valori ideali e non per le poltrone.” Si ma i valori ideali per come li intende Matteone significa che rimarranno sempre e solo nell’etere, mentre nella pratica non vi è corrispondenza, o perlomeno non l’abbiamo ancora vista.

Matteo dice che: “ci vuole il coraggio di fare una proposta concreta: bisogna togliere la gestione della politica europea ai tecnici per riportare all’interno dell'Europa la democrazia. Ci vuole l’elezione diretta del presidente della commissione, un’elezione transnazionale, il Partito Socialista Europeo.” Bravo rocker, pensaci tu alle riforme istituzionali che quelle che hai proposto in Italia hanno spaccato.

Matteo dice che: “anche i giovani hanno bisogno della politica. Io il progetto (progetto,progetto,progetto) ce l’ho pronto, servono 80.000.000 di euro.Chiedo al Governo di avanzare con la proposta. Avete presente il carcere di S.Stefano, ecco bisogna fare dell’isola un luogo d’incontro fra culture diverse, uno spazio per gli studenti, un luogo d’incontro per le università europee.” Effettivamente carissimo Matteone Nazionale quello che manca ai nostri studenti universitari è l’isola dove fare gli scambi culturali, che già detta così non ci crede nessuno, e che poi anche solo per raggiungerla costerà una barcata (sì, abbiamo fatto la battuta con gioco di parole tipicamente renziano). Ma quel che conta è una nuova operaccia inutile in cui far sprofondare soldi pubblici.

Matteo dice che: anche i lavoratori autonomi sono dei patatoni e quindi anche per loro verrà pensato un ampliamento del Jobs Act, perché effettivamente fino ad adesso ci siamo sempre e solo occupati dei lavoratori dipendenti.” E’ tempo di rovinare anche chi vive a partita iva, che effettivamente se la passa così bene da meritare il colpo di grazia.

Matteo dice che: “ll Reddito di inclusione è bene.”
Matteo dice che: “il reddito di cittadinanza è male.
Banalità per banalità, viene da rispondere “I giovani stanno bene, i giovani stanno male” tanto per citare il suo ideologo di riferimento Lorenzo Jovanotti.
Matteo dice che: L’Italia non è un paese fondato sull’assistenzialismo, l’Italia è un paese basato sull’occupazione” - attenzione ai dettagli.  Matteone Nazionale ha di fatto detto il contrario di quello che ha detto. Il reddito di inclusione è il programma elemosina di cui parla lui quando invoca le folle ad applaudire alla battuta “L’Italia non si fonda sull’assistenzialismo”. Il reddito di cittadinanza è totalmente un’altra cosa.

Per concludere, Matteo dice che:
Bisogna parlare con Bob.” Bob è la nuova piattaforma di discussione firmata PD. L’ultimo Bob che ci ricordiamo è il protagonista di una pubblicità progresso che non beve il sabato sera per guidare la macchina da sano. Ecco, dopo un pomeriggio così forse quest'ultimo è l’unico Bob di cui sentiamo davvero il bisogno.

3 commenti:

  1. Articolo vagamente evangelico.

    Mauriz

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    1. Detto dal nostro Pietro fa un certo effetto.

      Paolo Tex

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  2. L'invenzione della politica tv e spettacolo naturalmente arriva dagli USA. il primo a usarla fu JFK per vincere le elezioni del'60. Poi naturalmente i grandi network da lì in poi sono state le vere primarie di chiunque. Inutile dire che avendo copiato questa parte di finta democrazia ha fatto si che si faccia passare per democratico qualcosa che invece è peggio di qualsiasi tipo di politica. Chi ha i soldi va e si presenta ed è il motivo principale che scende in campo certa gente, niente di nuovo sotto il sole se non cambiando la società e la cultura.

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