Secondo una versione caricaturale dei quartieri del divertimento notturno fornita da alcuni comitati di residenti, le nostre strade si sono trasformate in uno spazio libero di alcool, schiamazzi e piscio fino all'alba. Quanto è vicino alla realtà questa immagine? E come si può contrastare?
Negare il fatto che vi siano zone specifiche del divertimento notturno che siano totalmente fuori controllo significa non avere contezza di quello che succede a Torino. E parliamo di zone come Via Baretti o Largo Saluzzo in San Salvario o Piazza Santa Giulia e alcuni tratti di Corso San Maurizio in Vachiglia. D’altra parte, riteniamo che catalogare tutto il divertimento notturno sulla base di alcune zone in cui la cosiddetta “malamovida” ha preso il sopravvento sia assolutamente sbagliato. L’errore più comune che si compie quando si parla di questo argomento è quello di schierarsi pro-movida o contro-movida. Riteniamo che la questione debba essere affrontata in modo organico partendo dall’analisi dei soggetti interessati. Solitamente, quando si parla di “movida” si fa riferimento ai tre principali attori coinvolti: i residenti, gli operatori commerciali e culturali e non ultimi i consumatori. Tutti soggetti portatori di legittimi interessi sul tema.
A questi occorre però sommare altri tre soggetti: la politica, le forze dell’ordine e coloro che infrangono la legalità (operatori commerciali fuori legge, spacciatori, abusivi, ecc). Come soggetto politico, il Movimento 5 Stelle ritiene che il divertimento notturno (con tutte le ricadute economiche, culturali e sociali che ne derivano) non sia da demonizzare, ma che debba essere governato pragmaticamente senza cadere in ideologie o demagogia. Il diritto al riposo, alla qualità della vita e alla fruizione dello spazio pubblico deve coniugarsi con l’economia e gli investimenti legati alla vita notturna e col diritto di chi voglia uscire e divertirsi e vivere la città. L’amministrazione pubblica deve essere garante dei diritti di tutti i cittadini. In quest’ottica, anche a seguito dell’esperienza maturata sul tema in 5 anni in Consiglio Comunale e nelle Circoscrizioni, abbiamo affrontato un percorso che ci ha portato a incontrare professori universitari, associazioni commercianti e associazioni di residenti, proprio per arrivare a delle proposte che potessero in qualche modo essere un punto d’unione tra tutte le esigenze dei soggetti coinvolti. Le nostre proposte di articolano su due livelli: breve e lungo periodo. Sul breve periodo riteniamo che non debba essere contrastato il divertimento notturno. Quella che deve essere contrastata è l’illegalità: riteniamo necessaria una maggiore presenza di forze dell’ordine nelle zone critiche del divertimento notturno, non in ottica repressiva, ma come deterrente sia per i fruitori che abbiano comportamenti che arrecano disturbo ai residenti, sia per agire sui soggetti che non rispettano la legalità. Riteniamo che sia importante il rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti e che vadano garantiti la sicurezza e l’ordine pubblico. Proponiamo che nelle zone di movida una parte della sosta sia riservata ai residenti (con conseguenti controlli) e che venga contrastata la sosta selvaggia. È importante spingere le persone a raggiungere le zone di movida attraverso i mezzi pubblici (creando parcheggi di interscambio e servizi navetta, prolungando l’orario della Metro nel weekend, ecc) e attraverso la mobilità ciclabile (aumentando le piste ciclabili e rendendo sicuro lo spostamento in bici). È importante governare il modo in cui le persone raggiungono le zone di movida e il modo in cui se ne vanno. Sul fronte del commercio, intendiamo instaurare un rapporto collaborativo e costruttivo con gli esercenti virtuosi e contrastare quelle realtà commerciali che non rispettano le regole. Sul lungo periodo occorre ripensare la città in ottica policentrica, governando i processi di trasformazione della città e creando zone attrattive anche in zone periferiche della città. Occorre immaginare di creare dei centri del divertimento notturno in aree industriali dismesse, recuperandole e rendendole motore per l’imprenditoria giovanile. Occorre puntare su modelli di divertimento e protagonismo giovanile che possano anche essere diversi,
A questi occorre però sommare altri tre soggetti: la politica, le forze dell’ordine e coloro che infrangono la legalità (operatori commerciali fuori legge, spacciatori, abusivi, ecc). Come soggetto politico, il Movimento 5 Stelle ritiene che il divertimento notturno (con tutte le ricadute economiche, culturali e sociali che ne derivano) non sia da demonizzare, ma che debba essere governato pragmaticamente senza cadere in ideologie o demagogia. Il diritto al riposo, alla qualità della vita e alla fruizione dello spazio pubblico deve coniugarsi con l’economia e gli investimenti legati alla vita notturna e col diritto di chi voglia uscire e divertirsi e vivere la città. L’amministrazione pubblica deve essere garante dei diritti di tutti i cittadini. In quest’ottica, anche a seguito dell’esperienza maturata sul tema in 5 anni in Consiglio Comunale e nelle Circoscrizioni, abbiamo affrontato un percorso che ci ha portato a incontrare professori universitari, associazioni commercianti e associazioni di residenti, proprio per arrivare a delle proposte che potessero in qualche modo essere un punto d’unione tra tutte le esigenze dei soggetti coinvolti. Le nostre proposte di articolano su due livelli: breve e lungo periodo. Sul breve periodo riteniamo che non debba essere contrastato il divertimento notturno. Quella che deve essere contrastata è l’illegalità: riteniamo necessaria una maggiore presenza di forze dell’ordine nelle zone critiche del divertimento notturno, non in ottica repressiva, ma come deterrente sia per i fruitori che abbiano comportamenti che arrecano disturbo ai residenti, sia per agire sui soggetti che non rispettano la legalità. Riteniamo che sia importante il rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti e che vadano garantiti la sicurezza e l’ordine pubblico. Proponiamo che nelle zone di movida una parte della sosta sia riservata ai residenti (con conseguenti controlli) e che venga contrastata la sosta selvaggia. È importante spingere le persone a raggiungere le zone di movida attraverso i mezzi pubblici (creando parcheggi di interscambio e servizi navetta, prolungando l’orario della Metro nel weekend, ecc) e attraverso la mobilità ciclabile (aumentando le piste ciclabili e rendendo sicuro lo spostamento in bici). È importante governare il modo in cui le persone raggiungono le zone di movida e il modo in cui se ne vanno. Sul fronte del commercio, intendiamo instaurare un rapporto collaborativo e costruttivo con gli esercenti virtuosi e contrastare quelle realtà commerciali che non rispettano le regole. Sul lungo periodo occorre ripensare la città in ottica policentrica, governando i processi di trasformazione della città e creando zone attrattive anche in zone periferiche della città. Occorre immaginare di creare dei centri del divertimento notturno in aree industriali dismesse, recuperandole e rendendole motore per l’imprenditoria giovanile. Occorre puntare su modelli di divertimento e protagonismo giovanile che possano anche essere diversi,
che non abbiano il loro perno nell’alcol e nelle droghe, ma nella cultura, nelle arti, nel rispetto reciproco, nella crescita come individui e come cittadini.
La legge 248 del 2006 ha liberalizzato le licenze inerenti le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi comprese la somministrazione di cibi e bevande. Vanchiglia e San Salvario inondate di locali ne sono la manifestazione lampante: cosa può fare l’ Amministrazione pubblica per arginare e gestire tale fenomeno? Quali sono le vostre proposte in merito?
In questi anni si è osservato un quasi totale disinteresse dell’Amministrazione riguardo alle conseguenze dell’apertura incontrollata di esercizi commerciali (e conseguente proliferazione di dehors) in alcune zone della città. Occorre quindi ripensare il sistema degli addensamenti commerciali come strumento di programmazione, arginando così l'apertura di nuovi locali in zone già sature e incentivando quella in zone dismesse. Nelle zone sature intendiamo riportare le attività economiche diurne, desertificate dal proliferare incontrollato di locali notturni. Come detto in precedenza, sul lungo periodo occorre immaginare una città policentrica attraverso un decentramento della movida con utilizzo di aree industriali dismesse e creando zone di attrazione nelle periferie decentrando funzioni ed eventi culturali accessibili a tutti.
La parola chiave delle serate torinesi è, manco a dirlo, “cultura”: si può ancora parlare di ricca e florida produzione culturale in città o è solo una comoda etichetta? E soprattutto: esiste il Sistema Torino nel mondo culturale sabaudo?
Il Sistema Torino, come ho già più volte affermato, esiste e non è nient’altro che una categoria particolare dei cosiddetti “regimi urbani”. In particolare nell’ambito culturale abbiamo assistito ad una progressiva desertificazione dell’offerta, concentrando i contributi pubblici, o para pubblici, e la loro concessione nelle mani di pochi soggetti. Noi abbiamo proposto un nuovo regolamento per i contributi, ma ci è stato bocciato dalla maggioranza. Credo che il primo modo per riaprire Torino alle competenze, alle capacità ed alla creatività sia avviare un sistema trasparente e meritocratico di assegnazione delle risorse, tante o poche che siano, disponibili. Detto questo, si può affermare che a Torino esista un fittissimo sottobosco di artisti che producono cultura, spesso di ottimo livello, ma che raramente riesce a raggiungere la visibilità che meriterebbe proprio per il fatto di essere al di fuori del Sistema. Questa città avrebbe bisogno di più meritocrazia, non solo nel campo della cultura.
L’“economia simbolica” dei colorati quartieri ricchi di artisti e poliedrici startupper può essere una delle vie di sviluppo della Torino del futuro?
La crescita di un luogo, di uno spazio urbano, di un quartiere e, perché no di una città, può passare anche attraverso la valorizzazione del capitale culturale che si esprime mediante operazioni di marketing urbano. La nascita di un turismo fortemente settoriale, attratto dalle specificità di un luogo che sono frutto anche del fermento sociale/culturale che viene generato da alcuni soggetti, può anche ritenersi positivo, a patto che i benefici ricadano sulla collettività. I quartieri devono rimanere inclusivi e non esclusivi: mix sociale, spazi per l'aggregazione e la cultura diffusi, piccolo commercio di vicinato, aree per l'insediamento di piccole attività artigianali, aree verdi attrezzate.
Qualcuno definì il patrimonio storico-artistico il “petrolio d’Italia”. Si può secondo te parafrasare questa definizione dicendo che la cultura e la produzione di eventi possono diventare l “oro nero di Torino”?
A livello di patrimonio storico e artistico la città di Torino può tranquillamente essere inquadrata tra le principali città europee. Torino ha la possibilità di rigenerarsi partendo dal patrimonio ambientale, storico-architettonico e paesaggistico, senza dimenticare il suo passato industriale, valorizzandolo e tutelandolo senza nasconderlo, svenderlo o peggio ancora distruggerlo. Cultura e produzione di eventi possono sicuramente essere una delle leve economiche dei prossimi anni, ma di certo non possono essere l’unica. In questi anni post-olimpici invece ci hanno fatto credere che fosse l’unica direzione da intraprendere. Il sistema della cultura torinese deve essere sostenuto con interventi strutturali che favoriscano e valorizzino la produzione culturale e non solo tramite grandi eventi che abbiano come unico scopo le ricadute commerciali. Occorre, inoltre, un potenziamento del sistema museale per renderlo accessibile a tutti. Come Movimento 5 stelle riteniamo che le leve dello sviluppo della città possano essere molteplici: occorre mantenere le attività produttive esistenti e pensare a nuove attività produttive a basso impatto ambientale, mediante il sostegno all’innovazione tecnologica, al manifatturiero, al comparto meccanico di alta qualità (aerospaziale e automotive), unito alla crescita del comparto eno-gastronomico, allo sviluppo della green economy, alla creazione di nuove forme di turismo sostenibile attraverso lo sviluppo di un sistema di parchi urbani. Torino può crescere come polo di innovazione attraverso gli incubatori di imprese, i centri di ricerca e i parchi tecnologici.
Il processo di gentrification ha plasmato i quartieri di San Salvario prima, e di Vanchiglia poi: come valuti tale trasformazione? Quale ritieni essere il ruolo dell’ attore pubblico, e quindi della tua futura Amministrazione, di fronte a questo fenomeno urbano?
In questi anni si è visto il soggetto pubblico arretrare progressivamente e arrendersi al mercato (per altro in pieno stallo) a causa della mancanza di risorse. Le scelte urbanistiche vengono dettate più dagli investitori privati che da un progetto pensato e condiviso di città. Il Movimento 5 Stelle ritiene che la prossima Amministrazione avrà il compito di riportare il processo decisionale in mano ai cittadini creando quartieri che siano inclusivi e non esclusivi, governando gli investimenti privati mettendo sempre al primo posto i bisogni dei cittadini e garantendo loro i servizi necessari, partendo da una politica concreta che affronti seriamente la questione del diritto alla casa.
Gentrification fa rima, secondo molti suoi teorici, con speculazione edilizia: è possibile a tal proposito affermare esplicitamente l’esistenza di un “piano di rendita immobiliare” in questi ed altri quartieri di Torino?
Nell’epoca della finanziarizzazione dell’edilizia è palese che la rendita immobiliare sia diventata il motore principale delle trasformazioni (o dei tentativi, spesso falliti, di trasformazione) dell’ambiente urbano. La città si trasforma sulla base di quella che è la rendita, non sulla base di quelli che sono i reali bisogni dei cittadini. In quest’ottica Torino non fa eccezione.
Infine, un tema di attualità: come valuti la decisione dell’artista BLU di coprire le sue opere a Bologna dopo aver appreso che sarebbero state “sfruttate” a fini commerciali? Quale è secondo te il rapporto corretto che dovrebbe istituirsi tra forme d’arte pensate per essere “pubbliche” ed eventi “privati” ?
Ritengo che vada rispettata la volontà di un artista che sceglie di rendere fruibile gratuitamente la propria arte. Credo che opere d’arte “pubbliche” ed eventi privati non debbano per forza escludersi a vicenda a patto che vi siano ricadute positive per la collettività e che venga rispettata la volontà dei creatori delle opere d’arte.
Nessun commento:
Posta un commento
Il commento ai post del blog di Sistema Torino è libero e non richiede registrazione. E' comunque gradita la firma. Commenti ritenuti inopportuni oppure offensivi verranno rimossi dagli amministratori