giovedì 17 marzo 2016

IL DISSENSO E LA DEMOCRAZIA

Nella mattina di mercoledì 16 marzo la polizia si è presentata all'alba a casa di sette studenti di Torino.
A tutti e sette sono state notificate misure cautelari: sei arresti domiciliari con il massimo delle restrizioni e una con l’obbligo di firma.
Due giorni prima, la stessa cosa è accaduta in Val di Susa, dove per sei attivisti NO TAV la perquisizione ha avuto un esito eufemisticamente imprevisto: per quattro di loro sono scattati gli arresti domiciliari con il divieto di comunicare con l’esterno e per gli altri due l’obbligo di firma.
Questi sono solo gli episodi accaduti recentemente, ma tanti sono gli avvenimenti che si sono registrati nell'ultimo anno.

Tutte queste persone, che sono state preventivamente recluse o sottoposte ad obblighi di diversa entità, sono legate tra loro da un unico filo: il dissenso e la volontà di contrapporsi a qualcosa che viene percepito come ingiusto. Un analogo filo sembra unire la seconda parte in causa, la Procura di Torino, intenta a punire e a perseguire qualsiasi forma di dissenso: dal frapporsi ad un’operazione di sfratto, alle iniziative in Valsusa, dalle lotte in università alle contestazioni alla propaganda xenofoba di Salvini.

Stupisce l’eccessivo utilizzo delle misure cautelari come strumento per contenere e controllare il dissenso; persone agli arresti domiciliari, costrette fuori dalla propria stessa città o al contrario impossibilitate ad uscire dal comune di residenza. Gli indagati non possono studiare, fare ricerca, con forti ripercussioni sulla vita quotidiana come andare a lavorare e mantenersi. Nessuno di loro però è stato condannato, nessun processo è arrivato a conclusione, nessun giudice ha pronunciato una sentenza. Utilizzare oggi il termine repressione spesso suona come qualcosa di antiquato, ma purtroppo è la triste verità in cui si muove il nostro tempo: quello che sta accadendo è una guerra silenziosa, che esiste solo per pochi e chela maggioranza delle persone ignora.

Se si osservano gli eventi da una maggiore distanza si può leggere con estrema facilità un disegno più ampio proposto dallo Stato ed applicato dalla Procura, dalla Questura ed infine appoggiato e sostenuto dalla Magistratura. Gli organi che dovrebbero difendere i diritti, sono gli stessi che combattono contro questi ultimi.

Viene da chiedersi l’ovvio: qual è il fine ultimo di quest’odierna repressione? E la risposta che troviamo è altrettanto semplice: distruggere ogni forma di dissenso possibile.
Un mondo senza dissenso non è sinonimo di un mondo perfetto. Il dissenso è l’unica via possibile verso il miglioramento dello status quo ed il mantenimento di quella forma dialettica che qualcuno si ostina ancora a chiamare democrazia.

Per tutti questi motivi Sistema Torino - come collettivo ed i suoi appartenenti come singoli - appoggiano e promuovono l'appello di Agorà Democrazia “Sulla progressiva erosione di alcuni fondamentali diritti di libertà” che riposta le firme autorevoli di Livio Pepino e Roberto Lamacchia, che invita la cittadinanza a riflettere ed agire circa la restrizione dei diritti in corso nel nostro Paese.
Nelle prossime ore pubblicheremo l’appello con le modalità di adesione

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