mercoledì 26 novembre 2014

Intervista a Laura Rodinò, sorella di Rosario, morto il 7 dicembre 2007

Poco dopo l’una  nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007, lungo la linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente. Alle 4 del mattino muore il primo operaio, Antonio Schiavone. Nei giorni successivi moriranno gli altri sei compagni di lavoro: Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino.

Tra pochi giorni ricorrerà il settimo anniversario della strage, qual è la situazione?
A questo punto, dopo sette anni, è molto peggiorata. Sento la mancanza di mio fratello e purtroppo l’anno scorso è morto anche mio padre, perché rifiutava di curarsi. Lui è morto il 13 dicembre di un anno fa, a pochi giorni dalla ricorrenza della strage e, vedi alle volte il destino, il 19 dicembre è il giorno in cui è nato Rosario. La situazione è peggiorata per il dolore, sempre più forte.
Paradossalmente è stata meno dura la parte iniziale di questa tragedia: al principio del processo c’era più attenzione per la sicurezza, avevamo speranza che si potesse fare almeno un pochino di giustizia. Ma, essendo la ThyssenKrupp un’azienda multinazionale, un colosso dell’acciaio, la situazione lentamente, ma inesorabilmente, è cambiata nel tempo. Ci siamo accorti che il clima durante i processi diventava ostile nei nostri confronti e così siamo giunti alla sentenza di Cassazione che di fatto azzera quasi tutto e ci lascia allo stesso punto di partenza. Il Natale del 2007 noi lo abbiamo passato al cimitero mentre i responsabili lo hanno passato a casa.

La Cassazione ha stabilito che il dolo eventuale è inapplicabile ed ha chiesto che siano riformulate le pene in un nuovo processo.
Le pene glie le aveva già abbassate la Corte d’Appello di Torino in secondo grado. La Cassazione ha completato il lavoro, dato che il dolo non è stato riconosciuto. Dovevate esserci quando il procuratore generale parlò con freddezza estrema e bocciò le tesi dei Pm di Torino: per lui non si poteva dare il dolo nel caso ThyssenKrupp perché Guariniello aveva sbagliato. Mi sembrava di assistere a una udienza quando parlava la difesa e che, improvvisamente, gli avvocati difensori fossero diventati giudici.
Queste le parole della Corte che salvano Harald Espenhahn dalla condanna per omicidio volontario con dolo eventuale: «Il fatto - scrivono - è che la holding aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuoco. Espenhahn era un importante dirigente, al quale era stato affidato un ruolo di grande rilievo: nulla induce a ritenere che egli abbia scientemente disatteso tale forte indicazione di politica aziendale».  Il problema è che mio fratello e la sua squadra spegnevano in continuazione incendi pericolosi. La Corte di Cassazione in un passaggio sibillino evidenzia: «la fallacia dell’opinione che identifica il dolo eventuale con l’accettazione del rischio», un’espressione «fra le più abusate, ambigue, non chiare dell’armamentario lessicale della materia in esame». Io, in base a questo, capisco che esiste un rischio consentito che non ha nulla a che fare con la volontà di coloro che operano nelle aziende pericolose. Ed è inaccettabile. Come è possibile pensare che possano esistere dei margini di imponderabilità quando si opera su un linea altamente meccanizzata? Mi pare che con questa interpretazione si scarichi in parte la responsabilità anche sui lavoratori e questo non è giusto. Le manutenzioni non venivano fatte, i fuochi erano continui, non è volontà questa?

Pochi giorni fa c’è stata un’altra sentenza inquietante, sempre della Corte di Cassazione, che di fatto ha azzerato le colpe del padrone della Eternit.
Uno scandalo terribile e ampiamente prevedibile. Gli operai vengono trattati come robot o persone che non hanno diritto di vivere. La Costituzione Italiana parla benissimo del diritto alla vita, non al diritto di vita o di morte del padrone sul lavoratore.  Esattamente come nel nostro caso i diritti dei lavoratori e i diritti alla giustizia sono stai lesi, perché di fronte alla multinazionali lo Stato abbassa sempre la testa. L’aspetto più umiliante nella nostra sentenza della Corte di Cassazione è relativo alla stessa magistratura. I supremi giudici invitano i magistrati a non fare spettacolarizzazioni e ad  accogliere e accettare senza pregiudizi il senso delle cose» rifuggendo da «interpretazioni precostituite» e «di maniera» .

Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ha recentemente scritto: "La situazione della Thyssenkrupp di Terni è indiretta conseguenza della sentenza definita 'esemplare' con cui il tribunale di Torino tempo fa condannò i dirigenti della stessa Thyssen ... "
Parole gravissime.
Le multinazionali possono spostare dove vogliono gli stabilimenti e sapete perché? Vogliono avere mani libere da ogni tipo di regolamentazione. Nei luoghi dove si massimizza il profitto non ci sono tutele e possono fare ciò che vogliono. Ma, noto, che le parole di Belpietro hanno fatto breccia anche tra i sentimenti di alcuni operai di Terni che hanno visto nella sentenza di primo grado un rischio. Mio fratello e i suoi sei compagni sono morti per salvare loro la vita, non mantenergli un posto di lavoro rischiando la vita. Certo la TK minacciò subito la chiusura, ma può esistere un ricatto simile? Ripeto, è grazie alla morte di mio fratello se oggi normativa e controlli sulla sicurezza nel posto di lavoro sono più stringenti.

Cosa ne pensa dell’abolizione dell’Art 18?
Siamo sempre lì. L’articolo 18 non salva la vita a nessuno e, di fatto, che ci sia o non ci sia ormai non cambia più nulla. Il potere ce l’hanno i datori di lavoro sia con l'art. 18 che senza. Inoltre le scappatoie per licenziarti sono già presenti. Trovo assurdo che lo Stato si concentri su questo argomento: che lo lascino, non è giusto toglierlo, è venuto fuori dalle lotte per colpa degli industriali e capitalisti che vessavano i lavoratori. Ma lo Stato si è posto a tutelare le grandi aziende. Invece di toccare i diritti degli operai ridimensioni i costi del personale della pubblica amministrazione, della politica, della burocrazia. Lì si possono trovare i soldi per rendere ogni impresa sicura.

Incontrerete Renzi come hanno fatto i parenti delle vittime Eternit?
Anche noi vorremmo incontrarlo. Vorremmo proporgli di risparmiare sui costi dei processi, abolirli. Perché spendere soldi e tempo quando fin dal principio si sa già che non vi sarà più alcun esito? Nel 2014 gli unici che finiscono in prigione ormai sono i poveracci, gli extracomunitari e i tossici.

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