Nelle nostre bolle social di questi giorni prevale il tema caldo dell'assalto, stavolta rivendicato via Instagram (un segno dei tempi anche questo) alla redazione de La Stampa da un gruppo di giovani stupidi (sì stupidi!) durante la manifestazione di venerdì scorso.
Una recita a soggetto in cui tutti hanno giocato la propria parte, secondo la seguente sceneggiatura:
Frange estreme della sinistra: rivendicare l'azione come avanguardia rivoluzionaria e conquistare le prime pagine dei giornali (ma stavolta, senza saperlo, nel giorno dello sciopero dei giornalisti)
vero obiettivo primario nella logica dell "estetica del conflitto";
Politico di destra estrema: bollare tutto il movimento di opposizione alle guerre come pericolosi terroristi;
Politico di sinistra radicale: mediare tra la sinistra di lotta e la sinistra di Governo ritrovandosi alla fine con il cerino in mano;
Sindaco: dire che a lui va bene tutto, sia quello che dice la sinistra di Giunta sia quello che dice il Tavolo per la Sicurezza;
Questura e Prefetto: mostrare i muscoli, as usual;
Influencer pop radicale: conquistare visibilità sui quotidiani grazie a un post su Facebook (ah, la qualità della carta stampata, impareggiabile!)
Il popolo: non pervenuto, disinteresse totale alla vicenda;
La causa scatenante l'assalto: scomparsa dal dibattito e dall'opinione pubblica;
Diventa quasi difficile aggiungere qualcosa di intelligente, ma soprattutto di diverso e originale sulla questione in sé: è addirittura pleonastico rimarcare la vicinanza e solidarietà ai giornalisti de La Stampa, che resta un organo dirimente per il mantenimento della democrazia.
Come tutti gli organi di informazione, ed è proprio ed esattamente per questo motivo che le nostre critiche ai contenuti dei giornali sono frequenti, e talvolta anche feroci: il riconoscimento della funzione pubblica di un quotidiano richiede al cittadino una vigilanza attiva e continua, inutile aggiungere che dev'essere pacifica e non violenta, come ricordava il direttore de Il Manifesto che una bomba negli anni '70 l'ha ricevuta veramente, ed era chiaramente di matrice fascista.
Pensiamo che sia questa la modalità in cui si esprime "un monito" (capito, cara amica Francesca Albanese?), una critica, appunto col presidio democratico e non violento, non certo inviando 80 invasati che non sanno distinguere tra un'azione di lotta e un assalto che nei libri di Storia ha precedenti solo nei movimenti neofascisti.
Tutto il resto è fuffa, buono per la recita a soggetto di cui sopra, e nella quale i quotidiani hanno sì un ruolo, e dev'essere più elevato di quanto visto finora sul tema Palestina (lo dice in primis l'autorevolissimo Tomaso Montanari in tutte le TV), e di quanto visto finora anche sul tema in questione.
Se un'opportunità questa dev'essere, per respingere gli assalti fascisti ai quotidiani e per respingere la repressione fascista dei movimenti, allora facciamo una riflessione seria su come i movimenti di lotta non-violenta vengono descritti sui principali quotidiani, su come gli scioperi e le lotte di piazza pacifiche vengono bollate sulle stesse pagine, sulla leggerezza con cui vengono trattati temi come il genocidio a Gaza e il dramma lavorativo per i più giovani.