lunedì 1 dicembre 2025

LA RIVOLUZIONE NON È UN ASSALTO ALLA STAMPA


Nelle nostre bolle social di questi giorni prevale il tema caldo dell'assalto, stavolta rivendicato via Instagram (un segno dei tempi anche questo) alla redazione de La Stampa da un gruppo di giovani stupidi (sì stupidi!) durante la manifestazione di venerdì scorso. 

Una recita a soggetto in cui tutti hanno giocato la propria parte, secondo la seguente sceneggiatura: 

Frange estreme della sinistra: rivendicare l'azione come avanguardia rivoluzionaria e conquistare le prime pagine dei giornali (ma stavolta, senza saperlo, nel giorno dello sciopero dei giornalisti)

vero obiettivo primario nella logica dell "estetica del conflitto";

Politico di destra estrema: bollare tutto il movimento di opposizione alle guerre come pericolosi terroristi;

Politico di sinistra radicale: mediare tra la sinistra di lotta e la sinistra di Governo ritrovandosi alla fine con il cerino in mano;

Sindaco: dire che a lui va bene tutto, sia quello che dice la sinistra di Giunta sia quello che dice il Tavolo per la Sicurezza;

Questura e Prefetto: mostrare i muscoli, as usual;

Influencer pop radicale: conquistare visibilità sui quotidiani grazie a un post su Facebook (ah, la qualità della carta stampata, impareggiabile!)

Il popolo: non pervenuto, disinteresse totale alla vicenda;

La causa scatenante l'assalto: scomparsa dal dibattito e dall'opinione pubblica;

Diventa quasi difficile aggiungere qualcosa di intelligente, ma soprattutto di diverso e originale sulla questione in sé: è addirittura pleonastico rimarcare la vicinanza e solidarietà ai giornalisti de La Stampa, che resta un organo dirimente per il mantenimento della democrazia. 

Come tutti gli organi di informazione, ed è proprio ed esattamente per questo motivo che le nostre critiche ai contenuti dei giornali sono frequenti, e talvolta anche feroci: il riconoscimento della funzione pubblica di un quotidiano richiede al cittadino una vigilanza attiva e continua, inutile aggiungere che dev'essere pacifica e non violenta, come ricordava il direttore de Il Manifesto che una bomba negli anni '70 l'ha ricevuta veramente, ed era chiaramente di matrice fascista. 

Pensiamo che sia questa la modalità in cui si esprime "un monito" (capito, cara amica Francesca Albanese?), una critica, appunto col presidio democratico e non violento, non certo inviando 80 invasati che non sanno distinguere tra un'azione di lotta e un assalto che nei libri di Storia ha precedenti solo nei movimenti neofascisti. 

Tutto il resto è fuffa, buono per la recita a soggetto di cui sopra, e nella quale i quotidiani hanno sì un ruolo, e dev'essere più elevato di quanto visto finora sul tema Palestina (lo dice in primis  l'autorevolissimo Tomaso Montanari in tutte le TV), e di quanto visto finora anche sul tema in questione.

Se un'opportunità questa dev'essere, per respingere gli assalti fascisti ai quotidiani e per respingere la repressione fascista dei movimenti, allora facciamo una riflessione seria su come i movimenti di lotta non-violenta vengono descritti sui principali quotidiani, su come gli scioperi e le lotte di piazza pacifiche vengono bollate sulle stesse pagine, sulla leggerezza con cui vengono trattati temi come il genocidio a Gaza e il dramma lavorativo per i più giovani. 

giovedì 23 ottobre 2025

PIANO REGOLATORE, BLOOMBERG, LA FINTA PARTECIPAZIONE: LA RISPOSTA DELL'ASSESSORE PLURI-INDAGATO

 Il nuovo piano regolatore è uno dei temi principali sulle cronache torinesi di questi giorni: dopo circa tre anni, l’Amministrazione torinese inizia a distillare qualche “succulente novità” ai quotidiani a lei vicini, cioè tutti. 

La Stampa e Repubblica in primis (a tal proposito, come
si comporteranno dopo l’imminente cessione?) non riescono a utilizzare un tono diverso dall’entusiastico per le novità della smart city torinese, che si svilupperà grazie al fondamentale contributo di BLOOMBERG PHILANTROPIES.

Ricordiamo quanto già scritto in passato: la Fondazione Bloomberg è un po’ la versione americana della filantropia delle nostre fondazioni bancarie. Sul sito https://www.bloomberg.org/founders-projects/ compare in bella vista il faccione di Mike Bloomberg, il magnate dell’ omonima società di servizi finanziari, software e mass media nonché Sindaco repubblicano di NY per 12 anni. Con le “scuole di business” destinate ai Sindaci mondiali stanno imponendo, loro sì, la propria egemonia culturale a colpi di collaborazioni pubblico-privato a forte impronta mercatista.

Una predominanza culturale tale che il Sindaco Lo Russo, all’incontro con la Sinistra del suo Partito a Proxima sabato scorso, non ha avuto problemi a sostenere indirettamente la trickle down economy e la collaborazione con Bloomberg in una rivisitazione del “capitalismo compassionevole” di Bush in salsa sabauda.

Ma la liason con Bloomberg è finita sui giornali (non è vero, tutti zitti e allineati) per un altro motivo, quello dell’accordo ufficiale con il Comune di Torino: come emerso da una interpellanza del consigliere Russi, non si possono conoscere i termini dell'accordo con Bloomberg Philantropies, firmato solo recentemente dopo oltre due anni di collaborazione. Come se non bastasse, i materiali e i software prodotti da questa collaborazione rimangono di proprietà americana, così come i vincoli di riservatezza impongono di non rendere pubblico nessun dettaglio riguardante l’attività di Bloomberg a Torino.

Di converso, i filantropi yankees hanno accesso a molteplici dati nostri, riguardanti urbanistica e cittadini torinesi, e anche qui non possiamo sapere quali vengono forniti loro.

Le limitazioni del potere pubblico vengono giustificate dalla stessa Vice-Sindaca così: “Le attività di collaborazione sono offerte alla città senza corrispettivi di sorta.”

Qualcuno dovrebbe spiegare alla Giunta che “quando non stai pagando un prodotto, il prodotto sei tu” (Cit. The Social Dilemma).

In particolare quello che noi diamo in cambio  è il personale amministrativo torinese che viene formato dal think tank della destra americana (come? secondo quali princìpi?), sono le politiche implementate nel piano regolatore (ora ci arriviamo), e dulcis in fundo il nuovo city branding

Insomma, a decidere come Torino apparirà sul mercato internazionale saranno i Bloomberg’s.

E il modello scelto per la città del futuro è presto delineato: una destinazione turistica aperta e internazionale ove, come sottolinea l’Esimio Prof. insieme al collega Carlo Salone, si potranno “degustare agnolotti sorseggiando prosecco” (Cit. Repubblica) dai tetti cittadini aka rooftops grazie al “libera tutti” del nuovo piano regolatore. 

Si potranno inoltre, stando agli annunci, avere “DEHORS TUTTO L’ANNO COME A PARIGI!” perché i marciapiedi invasi da tavolini e tendaggi fanno bene alla città (ci penserà il collettivo Foodification a confutare questo luogo comune fallace).

E, ancor più inquietante e orwelliano, i nostri consulenti forniranno scelte strategiche per “impedire la desertificazione commerciale dei nostri quartieri”: sembrerebbe che la forte spinta turistica porti alla chiusura delle attività commerciali tradizionali, favorendo il proliferare di Airbnb.

Ohibò, davvero lo scoprite nel 2025, e solo grazie agli stessi sostenitori della svendita della (nostra) città? 

Non per fare gli Scanzi torinesi, ma quando docenti autorevoli, collettivi meno autorevoli, movimenti di cittadini anni fa vi urlavano tali criticità voi vi giravate verso destra ad ascoltare le sirene market-oriented.

Ora, che possa essere Bloomberg a fornirvi le ricette per una città più equa e vivibile è una favoletta a cui può credere solo un centro-sinistra che applica ricette di destra senza neanche accorgersene.

Curioso poi, tornando al city branding, che si cerchi un’identità della città mentre da buoni provinciali le nostre agenzie di comunicazione, i titoli dei giornali e buon ultimo il Sindaco ripetono a pappagallo “TORINO COME… METTERE UNA CAPITALE FIGA A CASO”* in un complesso d’inferiorità e di wannabe-ismo che ereditiamo dal confronto storico con Milano.

Tutti questi aspetti sono stati meglio esplicitati nel succitato commento Semi-Salone sul Corriere Torino: la rappresentazione fornita dal piano “non sembra fare i conti con la realtà certificata negli ultimi rapporti regionali della Banca d’Italia, che ci parlano di crisi persistente in vasti settori della manifattura, di bassa propensione all’innovazione e nella creazione di startup (ma non eravamo la capitale europea dell’innovazione?), di indebolimento dei servizi di base, in particolare la sanità e i servizi pubblici locali.”

Come ha risposto l’Assessore Mazzoleni? 

“Basta nostalgia e categorie obsolete” è l’incipit del suo piccato editoriale, dove evita di rispondere sul suo operato a Milano (forse per i 4 avvisi di garanzia?) e palesa una certa allergia alle critiche; in questo, c’è da dire, si è calato benissimo nella parte dell’uomo di Sistema torinese.

Una risposta sulla difensiva che non espone nulla di nuovo, se non il solito refrain sulla (finta) partecipazione della cittadinanza alla redazione del Piano: ci propone future assemblee pubbliche di discussione, seguite da confronto democratico in Consiglio comunale.

Questa polpetta avvelenata della partecipazione pubblica ma solo quando ormai è già tutto scritto (da altri), era già stata somministrata ai torinesi dall’ Amministrazione Appendino, con i famosi Partecipa-TO diventati col senno di poi Percula-TO

Il nostro Assessore girerà anche per i mercati, ma nei quartieri più periferici la “Città dei 15 minuti” resta uno slogan fine a sé stesso se non porterà per davvero anche alle Vallette i tram pubblici, la pulizia del verde, e soprattutto investimenti per lavori non precarizzati.

Ripensandoci bene, chissà se nelle loro “passeggiate urbane” Amanda Burden e Paolo Mazzoleni hanno attraversato anche Via delle Primule, saremmo curiosi di saperlo.

*Parigi per i dehors secondo Lo Russo, Londra e Berlino per il Sindaco della Notte secondo Lo Russo, New York per il Parco Verticale secondo i Torino Stratosferici, Berlino per la Love Parade secondo Repubblica, Barcellona per la Porta Palazzo-Boqueria secondo la Virano...e così via...


giovedì 6 marzo 2025

IL MODELLO MILANO INVADE TORINO: ASSESSORE MAZZOLENI PLURI-INDAGATO

 “Ammetta, la cucina è più di un sogno” 

Questa è stata la prima domanda al vetriolo fatta all’ Assessore Mazzoleni nell’ultima intervista al Corriere

Il nostro referente politico cittadino per le trasformazioni urbane (in quel momento con tre indagini pendenti a suo carico) è stato interpellato una settimana fa per una questione particolarmente impellente per il nostro mainstream: la pubblicazione del suo primo libro di ricette!

Pane per i denti di Foodification, ben venga, ma le ulteriori news delle ultime 48 ore ci riferiscono di mancanze ben più gravi dell’ autenticità della ricetta del vitello tonnato dell’ Assessore (altro vulnus dibattuto sul Corriere): scopriamo stamane che l’ Assessore all’ Urbanistica della Città di Torino Mazzoleni é indagato per il progetto Twin Palace di Lambrate con l'accusa di falso, lottizzazione abusiva e abuso edilizio.

Ieri però è stata Milano al centro di tutte le cronache nazionali per un fatto particolarmente grave: è arrivato infatti il primo arresto nell’ambito delle plurime indagini relative agli appalti di costruzione di nuovi grattacieli, attività commerciali e terziarie, e via cementificando.

Si tratta di quella onda processuale che gli stessi protagonisti stavano aspettando: per questo motivo avevano proposto e  promosso il cosiddetto “Decreto Salva Milano” che facesse contemporaneamente da sanatoria del passato e apripista per il futuro.

Immaginiamo a questo punto un Sindaco Lo Russo imbufalito, imprecare dallo Studio Ovale di Piazza Palazzo di Città: "Si parla sempre e solo di Milano, così ci rimette il city branding di Torino!!"

Per fortuna ci ha pensato il collezionista di figurine giudiziarie a riequilibrare l'antica disfida: la quarta indagine a carico di Mazzoleni proviene direttamente dalla più pesante delle inchieste milanesi in corso, ovvero quella che ieri ha mandato Giovanni Oggioni, architetto ed ex direttore dello Sportello unico edilizia del Comune di Milano, agli arresti domiciliari per corruzione, frode processuale, depistaggio e falso.

É quello che Barbacetto nel suo ultimo libro ha definito "il nuovo Rito Ambrosiano” urbanistico, ovvero un modello a sé stante di fare riqualificazione urbana:

E oggi? La città (Milano,ndr) continua la sua orgogliosa storia di diversità dal resto del mondo che si ostina a imporre regole. Le aggira, ma con eleganza. Ha un suo stile, niente a che vedere con rozze storie di mani sulla città o aspre vicende da sacco di Palermo... Qui il sacco è griffato, le mani sono fresche di manicure. Il marketing abbellisce i fatti, lo storytelling li nobilita. A Milano riempire i vuoti cementificando ogni spazio residuo di una delle città più inquinate d’Europa e sostituire vecchi magazzini o palazzine malandate con una bella torre residenziale di lusso grande sette volte ciò che c’era prima si chiama «rigenerazione urbana». Suona meglio. Profuma di nuovo, di pulito. A Milano i palazzinari si chiamano sviluppatori e, intervistati, dicono che fanno il bene della città perché abbattono il brutto e costruiscono il bello. Per quale motivo opporsi a questa onda meravigliosa?

Difficile non riconoscersi tanto nell' ironia dell’ autore quanto nel vedere Torino in questa descrizione. 

E allora, abbandonando il Modello Milano e restando sul Sistema Torino, ora che succederà? 

Questa Giunta e questo Assessore all’ Urbanistica cadono in un momento storico importante:siamo all’interno del percorso di scrittura del nuovo piano regolatore (molto contestato dai comitati torinesi che si occupano di territorio a causa della mancanza di indicazioni su quali siano le intenzioni della città), stanno piovendo soldi dal Pnrr e da altri progetti europei che permettono di intervenire massicciamente sulla fisionomia sabauda.

Difficile non citare il Parco del Meisino, l’ Ospedale Maria Vittoria alla Pellerina, la “rinascita” di Barriera (cosa ne sarà dell’ area ex Gondrand?) e Aurora “nel cuore del cambiamento” con un nuovo progetto da 25 milioni lanciato giusto ieri, e mille altri che stiamo dimenticando.

La questione qui è politica: cosa pensa di fare la maggioranza Lo Russo di fronte alla quarta indagine a carico dell’ Assessore all’ Urbanistica Mazzoleni? 

Oltretutto sono tutti processi legati alla sua attività di architetto, e quindi di conseguenza alle funzioni che sta ivi svolgendo. 

Lungi da noi diventare giustizialisti, e ricordiamo bene quanto il tintinnar di manette abbia fatto male alla sinistra che ricercava la scorciatoia giudiziaria come risposta all’ assenza di una alternativa politica. 

Al momento, non si ravvede all’orizzonte nessuna richiesta delle minoranze di discutere le dimissioni dell’Assessore in questione: certo, direte voi, difficile che la maggioranza di centro-sinistra (neanche AVS?) possa muovere un dito contro il suo Assessore, e difficile nel contempo che possa farlo la stessa destra che stava portando avanti il Salva-Milano in Parlamento. Ma a questo punto ci chiediamo: qual è la funzione dell'organo di controllo e indirizzo del Comune, completamente annullata dalla volontà politica tanto della maggioranza che della minoranza (M5S escluso)?

Qui si tratta di opportuni
tà politica, di sgomberare il campo da qualsiasi dubbio o malinteso, di non affidarsi comodamente ai tempi lunghi ahinoi dei processi italiani (ve ne sono altri pare in corso a carico di esponenti della maggioranza): il Sindaco Lo Russo faccia uno scatto di autorevolezza politica, superi nella curva più pericolosa il suo collega PD Sala, e chieda a Mazzoleni un passo indietro finché non avrà dimostrato tutta la sua innocenza. 

Nel frattempo sarebbe una bella ventata di aria fresca sabauda affidare la trasformazione della città a un esperto urbanista locale, che conosca e abbia a cuore il destino di questa sempre più sventurata città.