martedì 11 dicembre 2018

LA PIAZZA NO TAV: DALL’ INTERNAZIONALISMO ALLE 5 STELLE

MA QUANTI SIAMO?

Sabato 8 dicembre, ore 15,30: un nostro sistemista raggiunge la testa del corteo a metà di Via Cernaia e decide, con una flemma decisamente demodè, di fermarsi a guardare... il mare!
No, non il mare attraverso cui passa il 50% del traffico merci in Europa, ma il mare di persone di tutte le età che si è riversato tra le piazze Statuto e Castello. L'avanzare dei partecipanti è incontabile e incontenibile, per cui meglio fermarsi un attimo: ci vorranno ventotto minuti netti e tredici Partiti Comunisti diversi per poter arrivare a vedere l’ ultimo striscione del corteo dedicato a Sole e Baleno, prime vittime della Linea ad Alta Velocità.

Un colpo d’ occhio che è valso più delle mille foto e parole profuse per una guerra dei numeri che lascia il tempo che trova, ma che non può lasciar passare inosservato un particolare tutt’ altro che trascurabile: La Stampa ha cercato da subito di sminuire la portata della manifestazione indicando la presenza di 15 mila persone, mentre Chiamparino ha commentato facendo notare la presenza di numerosi pullman e treni da fuori città, come se il saper organizzare una protesta fosse un dolo.

Certo non stupisce la miopia di quel blocco di potere rappresentato dai media mainstream locali e dal partito progressista neoliberale sempre più prossimo all’ inconsistenza politica: è quella parte di Sistema Torino disorientato e privo di riferimenti che vaga al centro del ring politico come un boxeur suonato.

L’ altra parte del Sistema Torino è quella scesa in piazza un mese fa, che ha provato ad auto-rappresentarsi come “maggioranza silenziosa” che PRETENDEVA ascolto da una Sindaca cui il mondo imprenditoriale e produttivo torinese aveva dato molto più credito di quanto si sospettasse.
Lo sa così bene la Prima Cittadina che, col suo solito garbo e moderatismo molto torinese, si è lasciata scappare una dichiarazione sibillina pre-manifestazione (“L’analisi deve tenere conto anche dei costi per uscire dall'opera”) che, insieme alla sua assenza, ha rischiato di compromettere il clima sostanzialmente pacifico nei confronti del Movimento 5 Stelle di lotta e di Governo.

E’ una singola frase, ma il diavolo sta nei dettagli (aggiungiamo il suo non-voto in Città metropolitana sull' OdG relativo alla TAV): che si voglia ventilare l’ipotesi di una TAV low cost, che sembra una riedizione delle “Olimpiadi sostenibili”, tanto per rimanere sul tema della ossimorica neolingua della propaganda grillina?

LA PRESENZA GRILLINA NEL CORTEO: TANTE TESTE, POCHE BANDIERE

La vignetta di Vauro censurata da "Il Fatto Quotidiano"
A poco è servita la parziale marcia indietro arrivata nel tardo pomeriggio di sabato dalla pagina Facebook di Chiara Appendino con un post che sembrava più un tentativo tardivo di intestarsi il successo della manifestazione che un reale sostegno alle decine di migliaia di torinesi scesi in piazza. Paura di inimicarsi la ben più tranquilla borghesia?
Il giochino social purtroppo per lei non funziona sempre, e forse più di un pentastellato torinese avrebbe gradito maggiormente l’ annuncio di una diretta dalla manifestazione NO TAV che quello di due settimane fa delle ruspe al campo rom di Via Germagnano.

A proposito di ruspe, competitor leghisti e rospi da digerire, si potrebbe dire che il convitato di pietra della manifestazione sia stato il Decreto Sicurezza: era diffuso il fastidio nei confronti delle azioni xenofobe e razziste che il Governo pentaleghista sta perpetrando, soprattutto in una piazza molto più rossa e di sinistra di quel che le narrazioni, sia ex-ante che ex-post, hanno voluto descrivere.

Poche le bandiere del Movimento 5 Stelle, enormemente preponderanti quelle con falce e martello et similia, il tutto in un contesto molto “valligiano” sia dal punto di vista coreografico che di presenza massiccia di abitanti della Valsusa. Si, la Valsusa: il fatto che si siano spostati in massa dal punto di primario interesse lascia un segnale chiaro di come la popolazione locale NON sia convinta dell'operato del Governo e del ministro Toninelli, che sulla TAV, come direbbe Simona Ventura (per citare piemontesi DOC tanto cari al vecchio Chiampa) "ciurla nel manico", palesemente, dal punto di vista di chi il Movimento lo vive da decenni.
Troppe le analogie con il passato per mantenere intatta la grande fiducia offerta dopo anni di opposizione; il passaggio dall' opinione pre-elettorale nettamente contraria a un atteggiamento pilatesco non è sfuggito a noi come a molti altri.
Il segnale dei NO TAV è forte e chiaro verso chi ha chiesto voti nel 2016, e nel 2018 non perde occasione per mettere le mani avanti e avere un atteggiamento interlocutorio: eppure noi ci ricordavamo che l'infrastruttura Torino Lione ferroviaria fosse uno spreco di denaro e un danno per l'ambiente e la società, senza possibili compromessi di sorta. Avevamo capito male, evidentemente.
Non è che la TAV, ora che bisogna resistere alle pressioni di Confindustria, è diventata di colpo un' opzione valutabile? D' altra parte, non è cambiare idea una volta al Governo l'essenza stessa del governare il cambiamento?

Ma giungiamo ora alla domanda politica per eccellenza: può esistere una definizione classista delle due piazze torinesi dell’ ultimo mese?

LOTTA DI CLASSE BORGHESE VS. INTERCLASSISMO

Erano numerosi i cartelli che richiedevano investimenti per la messa in sicurezza del territorio, per la sanità pubblica e l’ istruzione, per le frontiere aperte e i tunnel chiusi, per un futuro dignitoso e salubre per le vecchie e nuove generazioni.
È quell’ insieme di concetti e ideali politici che ha reso il Movimento NO TAV uno dei pochi baluardi rimasti a resistere di fronte al pensiero unico neoliberale, a proporre una visione altra di società da contrapporre al concetto TINA (There is No Alternative) : beh, una alternativa c’è, e nella componente di popolo di sinistra presente sabato vi era una coscienza di classe ben maggiore di quanto ci aspettassimo.

Tuttavia, per quanto nobile e radicale sia la resistenza del popolo valsusino, è difficile intravedere un vero e proprio scontro di classe tra le due piazze: semplicemente non si può trascurare la natura storicamente interclassista del movimento valsusino, così come  interclassista per definizione è il Partito politico più vicino, volenti o nolenti, alla lotta, cioè il Movimento 5 Stelle.
Discorso ben diverso per la borghesia scesa in piazza un mese fa, quella borghesia che prova a celare la propria volontà di primazia politica dietro al sorriso innocuo di sette donne “spuntate dal nulla”: è quella che il sociologo Luciano Gallino definiva “ la lotta di classe dopo la lotta di classe”, cioè quella della classe dominante contro i perdenti.

Una borghesia così lontana dalla realtà popolare che, alla fine, la lotta di classe te la strappa dalle mani: e chissà che non sia stato questo atteggiamento della piazza del 10 novembre a spingere molte più persone del previsto a partecipare per difendere una causa che, forse suo malgrado, è diventata il simbolo del tutto.
E che ha permesso, a fronte di una borghesia focalizzata su un vecchio e anacronistico modello di sviluppo economico, di mantenere il focus sui diritti economici e sociali delle persone, dei quali proprio domenica ricorreva la giornata mondiale.

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