giovedì 11 febbraio 2016

INCHIESTA CASE AI ROM: LE RISPOSTE DI TERRA DEL FUOCO E DEL COMUNE

Lungo  Stura Lazio, 19 novembre 2015
Lo scorso pomeriggio ho partecipato alla prima conferenza stampa della mia vita. Dato il prestigio del battesimo personale, ho indossato la mascherina anti-smog elegante, sono salito sulla mia Vespa rispolverata a lucido per l’occasione e mi sono recato nel prestigioso studio dell’Avvocato Giampaolo Zancan, difensore di Alotto e per estensione dell’operato di Terra del Fuoco. Di fronte ai giornalisti presenti, il Presidente ed il tesoriere Matteo Saccani, in presenza dell’Avvocato stesso, hanno aperto il loro “archivio delle rimostranze” nei confronti del Comune facendo un excursus storico del progetto “La Città Possibile”, nato in seguito ad un bando europeo di evidenza pubblica relativo allo sgombero di alcuni campi rom ed al reinserimento sociale delle famiglie presenti all’interno. Causa scatenante della conferenza è la notizia di indagine da parte del pm Padalino, nata da un esposto portato in Consiglio Comunale (ed in procura) da Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia).

Andando in ordine cronologico, il tutto è stato preceduto dalla seduta di lunedì 8 febbraio del Consiglio Comunale , dove il Sindaco e la Vice Sindaco Elide Tisi sono intervenuti per comunicare il loro punto di vista relativo alla notizia di indagine a carico dei Presidenti delle due cooperative (Terra del Fuoco e Valdocco) considerate, almeno mediaticamente, capofila della R.T.I. (Rete Temporale d’Impresa) del progetto. Il terzo indagato è Giorgio Molino, “fornitore” delle case di Corso Vigevano 41.
Prendiamo spunto dall’intervento dell’Assessora per fornirvi alcuni numeri “spicci” relativi ad un bando che prevedeva un investimento totale di 5 milioni di euro, provenienti da risorse inizialmente stanziate dal Ministro Maroni per risolvere la cosiddetta “emergenza rom” in alcune città italiane.
Lungo Stura Lazio, 19 novembre 2015   
   
Il totale dei beneficiari coinvolti assomma a 633 persone, di cui 255 rispedite (sarebbe curioso scoprire quanto volontariamente) in Romania attraverso rimpatrio assistito e 378 seguite direttamente sul territorio. Per quel che riguarda le soluzioni abitative previste (che è il vero nocciolo dell’indagine relativa ad eventuali irregolarità nel reperimento degli alloggi) l’Assessora riferisce, oltre ai numeri di persone distribuite tra  contratti di locazione (che chissà poi come si pagheranno una volta terminata l’assistenza)e la ventina di famiglie inserite in accoglienze accompagnate (luoghi messi a disposizione da congregazioni religiose o con educativo sociale), soprattutto l’esistenza di diciassette soluzioni abitative “saltate” per mancanza di disponibilità a fronte di conoscenza della tipologia dell’ utenza o altri impedimenti. E qui rientra il coinvolgimento del Signor Molino, noto alle cronache come “il ras delle soffitte” già indagato per abusi edilizi, che mise a disposizione gli immobili di Corso Vigevano, già messi sotto sequestro nell'aprile 2012 per essere stati "ristrutturati ad uso abitativo" e messi in affitto senza alcun progetto di riconversione o cambio di destinazione d'uso. Oltre allo snocciolare dei numeri, tutti i rappresentanti istituzionali Comunali, dal Sindaco al Capogruppo del PD Paolino, hanno rivendicato con orgoglio il successo esemplare dell’intera operazione, testimoniata dall’avvenuto sgombero totale del campo “storico” di Lungo Stura Lazio senza l’utilizzo di ruspe (che forse gli auto-proclamatisi “tutori della legalità” Marrone e Ricca avrebbero di gran lunga preferito) secondo i tempi previsti: è stato sottolineato il fatto che non vi sono indagini in corso a carico della città (vedremo se alla conclusione delle indagini il Comune deciderà di porsi come parte lesa) e “non favoriamo amici che non ci sono” (ipse Fassino dixit). 

Lungo  Stura Lazio, 19 novembre 2015
La sensazione che emerge dalla seduta della Sala Rossa è una sostanziale difesa a spada tratta del progetto,
associazioni coinvolte dalla procura comprese. Tutto bene quel che finisce bene quindi? L’indagine riguarda solo presunte irregolarità procedurali “prive di sostanza”, e tutte a carico di Terra del Fuoco (e di Valdocco) e di chi ha dato garanzie poi rivelatesi prive di fondamento? Manco per niente, stando alle risposte secche e precise da parte dei rappresentanti della Cooperativa. Partiamo dalla questione dirimente e scottante: stando alle parole del tesoriere Saccani, nei tavoli di coordinamento RTI-Comune è stato fatto notare che gli appartamenti in questione fossero di Molino ma i rappresentanti comunali hanno a quanto pare soprasseduto. Il ché stupisce poco conoscendo i precedenti collaborativi tra l’immobiliarista e la Giunta Fassino (rifugiati nel suo housing sociale di via Aquila 21 e ampia collaborazione con LO.CA.RE., centro servizi comunale)*. Matteo aggiunge di più e dice che il contatto di Molino è stato portato al tavolo da AIZO (Associazione Italiana Zingari Oggi, parte della rete di progetto) che ha fatto rientrare il contratto di locazione tra le sue competenze. Stando a “La Stampa”, lo stesso Ibrahem Younes, rappresentante della Consulta, avrebbe disconosciuto la sua firma. Il mistero si infittisce: ma come si è finiti a Molino? Era previsto nel bando iniziale? In realtà no, dato che le ipotesi riguardavano innanzitutto un terreno del Comune di Settimo Torinese dato per certo da una lettera del Sindaco PD Corgiat, lettera alla quale il Comune di Torino nella persona di Elide Tisi non ha voluto dare seguito, finché le elezioni settimesi non hanno portato ad un cambio di maggioranza che ha affondato definitivamente il progetto. L’altro spazio, “portato” dalla Cooperativa Valdocco, riguardava invece il residence che si è poi scoperto essere di proprietà di Gianluigi Cernusco, Lega Nord, a suo tempo indagato dalla procura di Ivrea per sfruttamento della prostituzione, sinistramente in quello stesso spazio.

Insomma ce ne è per tutti i gusti, e qui sorge la nostra prima domanda: dove era il Comune in tutto questo tempo? Se, dato anche il clima da notte dei lunghi coltelli, è sgomberato il campo dall’ ipotesi di un Sistema Torino (che non esiste), ci chiediamo allora come abbia fatto l’attore istituzionale ad abdicare dal ruolo di vigilanza rispetto alle prospettive portate avanti dalle cooperative operanti sul terreno. Leggerezza e superficialità sono forse ipotesi di colpa meno gravi? Dalle risposte di Saccani, emerge inoltre una sorta di “abbandono” da parte dell’Amministrazione che non ha dato seguito agli impegni di accompagnamento all’azione in numerosi casi: dalla realizzazione di nuove realtà abitative in Corso Tazzoli alla pulizia di Via Germagnano (per non parlare del busillis della pulizia del campo di Lungo Stura Lazio, la cui bonifica e rimozione dei rifiuti non era tra i compiti citati nel capitolato di appalto) le mancanze sembrano numerose, e tutte denunciate da Terra del Fuoco durante la conferenza stampa. Viene inoltre messa agli atti una lettera del 22 ottobre 2014 destinata al Sindaco, in cui la Cooperativa stessa segnala gravi deficienze del Progetto, in primis dal punto di vista dall’obiettivo finale: si perde la centralità dell’auto-recupero e dell’auto-costruzione come percorso di inclusione sociale delle popolazioni rom.

Ultimo “capo d’accusa” che Terra del Fuoco gira al Comune è quello relativo all’utilizzo dei cinque milioni di “euro ministeriali”: l’inerzia comunale nell’ investimento di tale somma ha portato alla perdita di una parte sostanziosa di questi fondi, tornati così al Ministero senza possibilità di spesa sul territorio torinese.
La sensazione che emerge è quella di una certa fretta da parte dell’ Amministrazione nel chiudere il prima possibile l’emergenza (nel 2016 ci sono le elezioni più incerte degli ultimi vent’anni) e fornire alla città il trofeo del campo di Lungo Stura Lazio perfettamente e completamente sgomberato.
In tutto questo però ci si “dimentica” di considerare il coinvolgimento delle settecento persone di cui sopra che, una volta abbattute le baracche (“c’erano bambini che giocavano coi topi!” esclama il Capogruppo PD Paolino in Consiglio) si ritrovano in situazioni abitative perlopiù d’emergenza e con la difficoltà (per non dire impossibilità) di trovare un inserimento lavorativo di sostentamento. Le parole chiave “integrazione” e “disagio abitativo” non sono state propriamente al centro del dibattito comunale questa volta.

Per quanto nessuno di noi sia un fine giurista (né vogliamo esserlo), la realtà sembra essere più politica che giudiziaria: il conflitto tra cooperativa ed Amministrazione potrebbe proseguire “con altri mezzi” durante la campagna elettorale che vede candidati il Sindaco Fassino e Giorgio Airaudo, rappresentante della sinistra torinese in cui confluisce la stessa SEL, il cui rappresentante comunale Curto ha rivendicato il passato “terrafuochista” in Aula. Dopo la presa di posizione netta e frontale presa nel corso della conferenza stampa sotto gli occhi vigili dell’ Avvocato Zancan, vediamo difficile un proseguimento collaborativo da parte degli attori coinvolti nel Progetto. Per quanto il Presidente Alotto abbia confermato la sua volontà di non candidarsi per le elezioni comunali di maggio, è evidente a tutti (e rinnegato da nessuno) la vicinanza tra la cooperativa e quella SEL che per cinque anni ha fatto parte della coalizione a sostegno della Giunta Fassino. Ora quel patto tra il PD e la sinistra istituzionale non esiste più, e la sua deflagrazione sarà il tema scottante di questa lunga campagna elettorale. I fuochi d’artificio cui abbiamo assistito non ne sono altro che un (gustoso?) antipasto.

 
*Ringraziamo i compagni di infoaut.org ed il loro articolo a riguardo, denso di dati precisi e puntuali.

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