lunedì 11 ottobre 2021

L'ASTENSIONISMO E LA VITTORIA A META DI LO RUSSO


Il risultato più clamoroso di queste elezioni è chiaramente l’astensionismo, che diventa primo Partito con il 52% e trionfa senza bisogno del ballottaggio: “Signor Astensionismo, se pensa di essere così bravo perché non si candida lei a Sindaco?”

Aldilà delle facili battute, la gravità di un dato simile è sotto gli occhi di tutti: disaffezione verso la politica (a “La Stampa” non si capacitano delle periferie che non hanno la stessa passione che provano le aree ricche del centro), delusione verso la Giunta pentastellata, lontananza dalle tematiche trattate. Sicuramente vi è una composizione di fattori complementari tra loro, ma una questione è palese: la gente, il famoso popolo di cui tutti si riempiono la bocca (dai candidati ai commentatori) è ormai così distante che non sappiamo né intercettarlo né comprenderlo.

Questa incapacità di lettura dei punti più distanti trova paradossalmente facile sponda nell’opposta e ugualmente fallace esaltazione di candidature “più vicine” al centro e ai media mainstream che analizzano le campagne elettorali: la pompa magna riservata alla madamina candidata, alla “regina dei comitati” Seymandi passata dal M5S a Damilano, ai civici del centro-sinistra con paginone di interviste sui giornali sono finite nel bluff dello scarso numero di preferenze ricevute dai “candidati pop”.

Le famose previsioni della vigilia davano Damilano trionfante nelle periferie (per la gioia della sinistra anti-PD) e Lo Russo a rappresentare con ancora maggior forza il partito della ZTL: anche questa si è rivelata una semplificazione, in parte fuorviante e in parte errata.

Sono le famose periferie che Chiara Appendino nel 2016 ricordava nei suoi cartelli elettorali: a furia di “hashtag-Torino-Riparte grazie alle ATP Finals e agli investimenti di Ryanair” anche i pentastellati hanno abbandonato i quartieri più lontani. Atteggiamento ricambiato da parte degli elettori, che hanno dato un giudizio negativo netto sull’ operato di questi cinque anni (l’unico Assessore candidato è finito mestamente indietro). Inutile commentare le parole della ormai ex Sindaca che cerca di far passare il flop clamoroso del suo (ex) partito come un numero indipendente dal giudizio sul suo operato, come se la sua Amministrazione fosse da valutare positivamente a prescindere (in questo Appendino ricalca perfettamente il Fassino del 2016).

Rispettate invece le previsioni per quel che riguarda Torino Nord: le Circoscrizioni 5 e 6 (Vallette e Barriera Milano in sostanza) per la prima volta hanno una presidenza di destra-destra (Lega e FdI). Saranno i neo-fasci a doversi occupare dei temi dell’integrazione, dei servizi sociali e dell’attenzione al cittadino dopo che la famosa “agopuntura urbana” appendiniana ha clamorosamente fallito.

Andando invece alla disputa tra Lo Russo e Damilano, la lettura delle mappe elettorali divise per le 92 zone statistiche di Torino mostrano alcuni dati interessanti: il voto di oggi è quella che ha una maggiore compenetrazione di colore tra i due schieramenti nelle diverse zone di Torino, mentre quelle riferite alle elezioni del 2016, 2018 e 2019 sono molto più separate nettamente (di qua i rossi, di là i neri).

L’operazione-Damilano ha permesso alla destra di vincere alcune sotto-zone del centro città (vedi il fortino-Piazza San Carlo) ma nello stesso tempo ha attutito il vantaggio neroverde in periferia, dove Lo Russo ha tenuto botta, perdendo nettamente solo nella Torino Nord già citata. Anzi, il candidato del PD ha vinto in quasi tutta Torino Sud e conquistano Falchera (unico punto rosso in un mare blu).

Dove ha trionfato il candidato della sinistra liberale? Beh ovvio, nelle zone gentry della città! San Salvario, Vanchiglia, Madonna del Pilone e Corso Casale sono state un autentico trionfo per la sua coalizione: insomma, Lo Russo sembra essere il perfetto rappresentante delle classi medio-alte della città.

Ma a sinistra se Atene piange, Sparta (la sinistra-sinistra) non ride. Aldilà del misero 2,5% finale (di cui ovviamente ci dispiacciamo), la distribuzione del voto di D’Orsi è la stessa del PD: nelle zone succitate, Angelo d'Orsi arriva al 4-5 %, con la curiosità di Piazza Madama Cristina dove D'Orsi supera addirittura Valentina Sganga.

Insomma, se è vero che gli elettori hanno scelto nuovamente il Sistema Torino, è altrettanto tristemente vero che la struttura di classe del voto alle diverse sinistre è la medesima: viene scelta dalla classe istruita, mediamente borghese e variamente attratta dal modello “Torino Capitale della Cultura” (parola chiave citata oggi da D’Orsi stesso), quel modello di città che si dimentica delle periferie.

Oggi, per la legge del contrappasso, sono state le periferie invece a dimenticarsi della città.

1 commento:

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