martedì 8 ottobre 2019

PORTA PALAZZO: IL MURO CHE DIVIDE LA MAGGIORANZA


È giunta in Consiglio Comunale nella giornata di ieri la discussione riguardante il mur…OPS!...jersey (muro non si può dire, la Sindaca non vuole, ci ha sgridato tutti quanti!) tirato su a Porta Palazzo nella giornata di venerdì per impedire lo svolgimento del consueto mercato di libero scambio, al centro di un acceso dibattito dentro e fuori la maggioranza da circa un anno.

Chiara Appendino “apre le danze” arrivando in ritardo dall’ incontro in Prefettura, ove hanno discusso appunto di suk e dintorni: una plastica rappresentazione della distribuzione dei poteri reali e della scala di importanza dei diversi corpi istituzionali. La Sindaca rivendica da subito e senza imbarazzo quel che già era evidente da tempo, soprattutto con la recente redazione del “pacchetto sicurezza cittadino” (quello dei DASPO e delle telecamere con sgravi fiscali): a governare la città ci stanno pensando il combinato disposto Sindaca-Questura-Prefettura, che invitano ai loro tavoli “a dialogare” i soggetti più titolati e “graduati” (non certo i cittadini coinvolti).

La sensazione assistendo al Consiglio è che vi sia un leggero fastidio per la nostra prima cittadina nel dover essere costretta a scendere nell’ agone della Sala Rossa per doversi confrontare (orrore!) con le diverse rappresentanze: lo si intuisce da subito dal suo intervento, che inizia col piglio della maestra dalla penna rossa che spiega a giornalisti, analisti, redattori di post su Facebook, che NO! Quello non si può chiamare muro, perché diamine i muri sono un’altra cosa, studiate la storia e tornare la prossima settimana.

Tale mercato non rientra nei ranghi di liceità perché viene meno alle regole dello Stato, della città e del vivere civile”: l’armamentario del decoro e della “città divisa in due” (ti ricordi Chiara il tuo cartello?) viene subito spiattellato e rivendicato. Lì ci sono gli straccivendoli, le persone ai margini della società, coloro che vivono sul liminare della legalità, legalità che è da sempre il totem pentastellato che prevale su qualsiasi cosa, in primis sulla giustizia sociale.

Chiariamo subito una cosa: i “drop-out” del mercato di libero scambio, come sottolineato in seguito da Eleonora Artesio, sono al di fuori della liceità perché lì li ha posti la Giunta Appendino con una delibera che ha messo fuorilegge da un giorno all’ altro il suk al Canale Molassi. Fino ad allora, Vivibalon gestiva tramite bando l’organizzazione del libero scambio (che non è propriamente un mercato, come ricorda Chiara Foglietta, a differenza di quanto affermato dalla Sindaca), riscuoteva delle quote di iscrizione dai mercatali (che per 38 settimane il Comune non ha potuto incassare a causa dell’incauta delibera) e provvedeva alla pulizia della zona.

“Io credo che l’intervento sia riuscito e la sfida più significativa è far sì che partano percorsi di inclusione, valorizzando il suk perché vorremmo che non fosse un punto di isolamento della città ma un punto di partenza con corsi di formazione sul riuso per gli operatori, comunicazione mirata e trasporto pubblico rafforzato”: ovviamente non si può dire che questi fastidiosi poveri devono essere allontanati dalla vista e dal cuore dai cittadini di Serie A (turisti su tutti), per cui si cerca di addolcire la pillola con un linguaggio distopico che cerca di trasmettere una empatia e un interesse verso “la popolazione del suk” che fino a oggi non si è vista: cosa ha impedito all’ attuale Giunta di investire sui frequentatori del Vivibalon in questi tre anni? 

Fa sorridere anche l’ansia della Sindaca di volersi smarcare, nella conferenza stampa successiva, dalla Lega Nord trionfante in Aula con Ricca: se si agisce (mettiamo dentro anche il pacchetto sicurezza già citato) da leghisti, se si tirano su “confini” tra poveri e “cittadini leciti”, se si parla da “borghesi elitari” (Cit. Lo Russo a simboleggiare un PD che paradossalmente l’ Amministrazione Appendino sta spingendo di riflesso verso sinistra), se si compiono azioni che fanno esultare Ricca sotto la curva che cosa si è nella sostanza politica? Basta definirsi post-ideologici per rimanere estranei al pattume ideologico del decoro destrorso? Noi crediamo di no.

Ci pensa la combattiva Capogruppo pentastellata Valentina Sganga, che interviene a titolo personale, a sottolineare la potenza simbolica lacerante di quel muro-che-non-possiamo-chiamare-muro, eretto (andando dietro “alle discussioni da bar”) contro “un mercato sporco, sudicio, rumoroso”, un muro “che attiva processi di espulsione” nei confronti di chi lì vive(va) e sopravvive(va).

Sganga arriva a mettere (finalmente) in discussione in Aula l’operazione complessiva su quell’ area, lanciando nel frattempo una frecciatina all’ opposizione PD: “sentire ora parlare di gentrification da parte di chi ha soffiato su questo processo mi fa sorridere. Penso però che sia necessario aprire una discussione su quel che questo quartiere vuole diventare: la riqualificazione non può passare dall’ allontanamento di chi vive ai margini. Rendere vivibile uno spazio pubblico si può fare solo coinvolgendo quelli che ci vivono e un mercato come quello del Balon è un tipico esempio di convivenza di comunità diverse.”

Evviva, hanno capito quel che sta succedendo a Borgo Dora! Peccato però che tutti noi ricordiamo l’ afflusso trionfale di consiglieri, assessori e compagnia cantante e strombettante all’ inaugurazione del Mercato Centrale, la voce unica che benediceva gli investimenti privati e la sana convivenza tra il vecchio mercato e quello nuovo, in attesa del potere salvifico dell’ ostello Combo e della “ri-organizzazione” (leggasi Foodification) del mercato del pesce che avverrà a breve.

Risulta un po’ scanziano e fumoso dire che avevamo ragione noi, e che se ne sono accorti troppo tardi: i poveri sono stati cacciati e allontanati (“i poveri non evaporano” tanto per ri-citare un Lo Russo barricadero), sulla zona ci sono pesanti interventi, anche speculativo-immobiliari, che vogliono trasformarla in una attrazione per turisti. In questa cornice, gli straccivendoli stonano, non sono leciti, anzi infastidiscono la vista e il quieto vivere. Andate, andate via lontano poveri, andate con un servizio di navette nel dimenticatoio di Via Carcano, in cambio vi diamo “percorsi di formazione” e qualche evento culturale intorno al mercato per mostrare a tutti che non ci dimentichiamo di chi rimane indietro, attuando una “politica dell' elemosina di chi si lava la coscienza”, tanto per citare Andrea Russi, sostenitore entusiasta della cacciata dal Canale Molassi.

Forse ci sarebbe stato lo spazio nella discussione in Aula per quella minoranza della maggioranza (vedi Albano, Paoli, una Ferrero apparsa molto contrariata durante la diretta) che questi concetti in Aula li ha sempre espressi (certo attraverso penultimatum che mai hanno portato alle dimissioni di nessuno): peccato però che il tempo sia stato “rubato” loro dallo show (il secondo nello stesso pomeriggio dopo quello sull’ affollamento dell’ Anagrafe Centrale) di Antonio Fornari che, privo di argomenti concreti da portare alla discussione, decide di elencare lo stradario con relativi numeri civici dei condomini favorevoli allo sgombero dell’area.

Un sorriso beffardo il suo, mentre le sue colleghe di maggioranza scappano infuriate: una immagine che rattrista e offende l’intelligenza politica di questa città. Si chiude con l’intervento di Eleonora Artesio che è davvero troppo elevato rispetto all’ ambiente che la circonda.
Le opposizioni si sono decimate, la maggioranza è rada e in evidente e conclamata guerra interna: cade il numero legale mentre volano stracci e accuse reciproche, Chiara Appendino non può replicare.


Si chiude così un pomeriggio istituzionalmente triste a cappello di un weekend che ha portato ancora più in basso il livello di civiltà e di integrazione della Città di Torino.
Una Sindaca con “decoro politico” (non è che il decoro vale solo per gli altri eh) forse eviterebbe di andare in conferenza stampa a cercare capri espiatori e si interrogherebbe sulla triste immagine che la sua maggioranza ha dato in Sala Rossa.
Per sua fortuna, il Consiglio comunale, e ancor più la sua maggioranza, contano relativamente poco nelle azioni della sua Giunta: un orpello formale che poco o nulla inciderà su decisioni che la Sindaca sembra sempre più convinta di voler prendere altrove, insieme a quel “Sistema Torino” da lei tanto vituperato un tempo.

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