Ci ha mandato questa testimonianza sulla presentazione di Exporto 2022 presso l'Unione Culturale Franco Antonicelli.
All'Unione Culturale Franco Antonicelli, il 1 ottobre 2015
si è svolto un incontro serale che ha visto la partecipazione di Tomaso Montanari,
storico dell'arte e professore ordinario all'Università degli Studi di Napoli;
Domenico Finiguerra, politico ed ex sindaco, ambientalista e blogger; Maurizio
Pagliassotti, giornalista e autore dei saggi “Chi comanda Torino” e “Sistema
Torino Sistema Italia”.
Le discussioni, avvenute sotto la moderazione di Guido
Montanari, si sono concentrate attorno ai seguenti temi: grandi opere, vendita
del patrimonio pubblico, creazione del consenso di massa.
Il tema delle grandi opere è stato introdotto da Maurizio
Pagliassotti e dall'attore Massimo Giovara attraverso la presentazione ironica
e iperbolica di Exporto2022, definita dagli autori come “la grande opera
definitiva”: un ambiziosissimo progetto che ha come scopo l'allagamento di
buona parte della Pianura Padana attraverso la creazione di un enorme corridoio
d'acqua che collegherà Torino con
Venezia e quindi con i maggiori scali del Mediterraneo, permettendo così
il transito di mastodontiche navi merci e passeggeri. In particolare la ex
capitale sabauda, sulla scia delle grandi modificazioni occorse negli ultimi
anni, sarà la città che beneficerà maggiormente delle trasformazioni, in quanto
il centro storico, finalmente baciato dall'acqua di mare, subirà impressionanti
processi di riorganizzazione e valorizzazione degli spazi: si presenterà
così l'occasione, ad esempio, di arrestare la decadenza dello storico complesso
della Cavallerizza Reale che potrà rinascere, per l'occasione, come
Cavallerizza Marina. E di vedere finalmente qualche ombrellone in una Piazza
Vittorio riqualificata da dune di sabbia. Tutto questo assieme
all'avveniristico porto.
La trattazione sarcastica e volutamente esagerata di
Pagliassotti e Giovara non deve trarre in inganno perché contiene i maggiori
spunti di riflessione su cui è stato costruito l'incontro, ovvero: la svendita
del patrimonio culturale, edilizio e storico del paese con il fine di sostenere
il finanziamento delle grandi opere; l'indebolimento progressivo, a scopo di
annientamento, dei servizi pubblici e del concetto di beni comuni in favore di
una privatizzazione forsennata il cui unico obiettivo è il profitto (di pochi);
la propaganda di cui si serve il potere per ottenere il consenso di una
popolazione sempre più passiva e ignara.
La successiva trattazione ad opera del professore Montanari,
infatti, affronta, fra i molti temi, anche quello dei metodi espressivi cui
ricorrono la politica e i suoi amministratori quando si parla di beni culturali
e architettonici; in particolare pone l'accento sulla contrapposizione – e credo
che qui sia il nocciolo della questione – fra le espressioni tutela e valorizzazione (dei
suddetti beni) . Perché se da un lato la tutela, garantita dalla Costituzione
italiana, si configura in sostanza come lo strumento attraverso cui si
garantisce la fruizione di un certo bene al numero massimo di cittadini,
permettendo così quella diffusione culturale tra le diverse generazioni e
categorie di persone che costituisce l'ossatura di un paese che intenda
definirsi tale, al suo opposto la valorizzazione (termine insidioso ma che in
prima battuta può suonare positivo e promettente) viene intesa oggi in senso
meramente economico, ossia come processo di privatizzazione di una certa
struttura, con lo scopo ovvio di far cassa. Detto in altre parole, se la tutela
di un bene (comune, culturale, storico) è “affar di tutti”, ossia della
comunità, del popolo, della nazione, la valorizzazione, invece, costituisce in
pratica un mero processo di privatizzazione, attraverso il quale il bene
usufruisce effettivamente di un recupero – spesso dallo stato pietoso in cui
versa in seguito a decenni di trascuratezza –, ma allo stesso tempo finisce per
essere sottoposto alla giurisdizione del privato, che, almeno in linea di
principio, ne farà ciò che vuole. In questo modo, mi permetto di aggiungere, il
processo di trasformazione da cittadini responsabili a consumatori paganti si
arricchisce di un altro successo.
Domenico Finiguerra, infine, riporta la propria esperienza
da ex sindaco di una cittadina della provincia di Milano e del suo impegno,
allora come oggi, nella salvaguardia del suolo (suo è il libro “8 mq al
secondo. Salvare l'Italia dall'asfalto e dal cemento”). Il consumo compulsivo di suolo agricolo
costituisce uno dei problemi più allarmanti che affliggono il paese: si pensi
che le percentuali di terreni cementificati, e perciò impermeabilizzati, si
collocano, nelle maggiori province italiane, fra il 40 e il 60% (nella
provincia di Torino supera di poco il 60%). Oltre alla distruzione della
bellezza del paesaggio, bene comune, questo atteggiamento sta rivelando la
propria pericolosità anche dal punto di vista geologico, perché il terreno,
reso impermeabile dall'asfalto e dal cemento, non è più in grado di assorbire
l'acqua che si riversa così con sempre maggiore impeto nei corsi d'acqua,
aumentandone a dismisura la portata durante i fenomeni meteorologici.
Perché
allora i comuni si ostinano a destinare ettari di prezioso verde alla
costruzione di strutture private quali centri commerciali, villette a schiera e
parcheggi? La risposta è articolata ma si può riassumere nei seguenti punti: la
mancanza di una visione alternativa e le scarsissime possibilità economiche che
ha il settore pubblico. Quindi, anche volendo cambiare le cose, questo non è
possibile per la scarsità dei fondi, ma con ciò si determina la perniciosa
permanenza in una situazione di dipendenza delle amministrazioni comunali da
opere che, pur danneggiando a lungo termine la collettività (perché modificano
l'equilibrio e la qualità del territorio) portano effimeri benefici economici.
Si è così costretti a concentrarsi solo sul presente, mentre non si concede
nulla alla pianificazione a lungo termine. Questo costituisce un circolo
vizioso che si aggrava sempre di più, obbligando all'odiosa e inaccettabile scelta
fra ambiente/salute e denaro/lavoro.
La serata, che si è svolta alternando con sapienza momenti
di critica appassionata e altri di leggerezza, ha visto la piena partecipazione
del pubblico che ha riempito la sala e si è conclusa con l'invito, da parte di
Pagliassotti, a partecipare allo spettacolo teatrale “Exporto2022”, che
si terrà dal 14 al 17 ottobre 2015.
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